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Autore: yokuccia    25/07/2008    7 recensioni
Questo voleva dire solo una cosa, che avevo dormito… ma i vampiri non dormono. Cosa ero? Forse quella capacità era insita in me, come Jasper, Edward e Alice. Si, ma cosa era? Cosa vedevo? Il futuro? Perché allora non vedevo il mio angelo al mio fianco? E poi c’era il mistero di Edward che non riusciva a leggermi nella mente e quella sensazione di calore come se fossi ancora viva. Quando la mia immagine si riflesse sullo specchio dell’anta appena aperta soffocai uno strillo. I capelli…i capelli erano di pochissimo più ramati di prima. Allora funzionava così, ogni volta che mi fossi concessa di dormire loro sarebbero diventati sempre più rossi. Mi lasciai cadere sulle ginocchia, terrorizzata. E se non fosse stato tutto così semplice? Se Edward si fosse disgustato di me? O ancora peggio …se avesse provato paura per ciò che stavo diventando? Non potevo permetterlo, lo amavo con tutta me stessa e il solo pensiero di non averlo più accanto mi mandava in pezzi.
Genere: Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Beh…avevo detto che avrei fatto aggiornamento doppio e poi alla fine mi sono presa un giorno per riguardarlo un attimo ^^””” eccovelo qui, tutto vostro!
Sono quasi sicura che è il capitolo che aspettavate eh eh
p.s.: grazie sammy cullen^^ leggi qui e dimmi se non ti ho fatta felice, dopotutto se soffri quando Edward soffre non sei felice quando lui è felice? XD

….

Guardai Bella inorridito, quanto ancora le rimaneva prima di diventare del tutto umana? I residui incrostati delle lacrime sulle guance arrossate non erano un buon segno. Ora capivo la rabbia di Isgard, il senso di impotenza è in grado di torturarti l’anima.
Un singhiozzo soffocato arrivò lieve alle mie orecchie, e fu quello a darmi il coraggio, o forse semplicemente a infondermi la pazzia necessaria, di incamminarmi a passi decisi verso quelle statue di cera dagli occhi spenti. Rahel mi afferrò un braccio, bloccandomi.
“Ti ha dato di volta il cervello? Se anche solo li sfiori loro continueranno a massacrarti finché non avranno finito con te.” Si sentiva in dovere di fermarmi, ma la sua principale preoccupazione non ero di certo io.
Divincolai piano il braccio dalla sua morsa. “Non ho intenzione di stare a guardarla morire con le mani in mano.”
Senza più dare ascolto alle voci che tentavano di bloccarmi raggiunsi con determinazione la mia meta. Il vampiro che avevo davanti alzò lo sguardo vacuo a incontrare il mio, poteva sentirmi? Soppesai per alcuni istanti la cosa, tentar non nuoce.
“Mi fareste passare? Vorrei portarla via di qui, in un luogo più sicuro. Non voglio farle del male.” Rimase immobile senza darmi segno alcuno di aver o meno recepito le mie parole.
Lo guardai fisso cercando di trasmettergli tutta la mia determinazione e le mie buone intenzioni, poi avanzai ancora di un passo. Si mosse, e per un secondo, per un singolo istante, credetti di poter sentire il fiato della morte sul collo; ma lui si scostò di lato allungando una mano in direzione dello spazio che aveva lasciato vuoto.
“Ti stava aspettando.” La voce gli uscì rauca, come se non fosse stata usata da tempo.
Di tutto quello che mi ero aspettato che facesse quella era senz’altro l’ultima cosa.
Rimasi a fissarlo allibito; probabilmente quelli dietro di me dovevano essere rimasti a bocca aperta. Se mi concentravo potevo riuscire a cogliere una sferzata di rabbia mista a gelosia, ero certo di sapere a chi apparteneva.
Mi precipitai verso Bella con la paura che il vampiro ci ripensasse. Quando mi inginocchiai davanti a lei potei vedere che aveva lo sguardo coperto da una patina, come se fosse cieca. Le accarezzai piano il viso con il dorso della mano, eravamo di nuovo insieme. Anche così, sporca e stremata, rimaneva il mio dolce fiore, la cosa più bella che avrei mai potuto concepire in vita mia. Uno spaventato rifiuto ruppe i miei sogni, scansò con uno scatto il viso e un tremito terrorizzato la percorse. Poteva sentirmi dunque! Si era chiusa in se stessa, ma se la si sfiorava riusciva a percepire il tocco sulla sua pelle. Come farle capire che ero io? Come riportarla da me, come!
Lanciai un rapido sguardo alle mie spalle. Rahel a mani giunte sembrava pregarmi di fare la cosa giusta mentre gli altri sembravano non riuscire a stare fermi per la forzata impotenza, ne dedussi che non avevano nessun buon consiglio da darmi. Quello che invece mi fece scendere un brivido di paura giù per la schiena furono dieci occhi impassibili puntati nella mia direzione, i cinque vampiri avevano riformato il muro difensivo spostandosi quel tanto da tenermi costantemente sotto tiro.
Riportai la mia attenzione all’esile figura che rimaneva rannicchiata in quell’angolo, il vestito strappato in più punti e le gambe nude rannicchiate al petto. Le posai delicatamente un bacio su un ginocchio, come prima cercò di scostarsi ma questa volta le afferrai saldamente la caviglia impedendole di muoversi. Sembrò andare nel panico, prese a scalciare con l’altra gamba e a dimenare le mani per allontanarmi.
Inghiottii pesantemente, speravo solo di non aver fatto la mossa sbagliata.
Continuavo a depositarle teneri baci sulla pelle, incurante della dita che mi strattonavano con violenza i capelli, poi usai la lingua. Con movimenti lenti, ma precisi, le tracciai umide parole lungo la linea della tibia. Ti amo, scrivevo, e lo ricalcai ancora e ancora. Speravo capisse che chiunque fossi non le volevo fare del male, visto che limitavo le mie attenzioni alla sua gamba, e che si rilassasse un poco cercando di intuire cosa stavo facendo. Quando sentii allentarsi la presa sulla mia nuca fu difficile autoimpormi di continuare a muoverle la lingua sulla pelle piuttosto che iniziare a pronunciare il suo nome.
Passò poco prima che le sue labbra si mossero incerte a pronunciare senza suono quello che stavo scrivendo. Come in una muta risposta scrissi il mio nome, una sola volta, poi alzai il viso a guardare il suo. Gli occhi ripresero a poco a poco la loro luminosità e uno sguardo stanco si posò su di me accompagnato da un debole sorriso tirato.
“Edward…” La sua voce era flebile, doveva essere stremata.
“Si Bella, sono qui, siamo tutti qui.” Attirai quel corpo senza forze contro il mio e baciai le lacrime che le erano sfuggite prima di posare le labbra sulle sue.
Vidi la fame nei suoi occhi e seppi subito cosa dovevo fare, le misi una mano dietro alla nuca e la indirizzai verso il mio collo.
“N-no…” Le mani che cercavano di respingermi avevano la forza di un uccellino.
“Va tutto bene” Le bisbigliai, posandole un bacio dietro all’orecchio.
Sentii i denti affondarmi nella carne con ferocia voracità, capii che la prima volta era stata volutamente delicata perché in quel momento potevo quasi sentire il sangue scorrere dolorosamente veloce nelle vene per riversarsi nella sua bocca. Attraverso i suoi sensi riuscivo a percepire tutta la sua stanchezza e la sensazione di sicurezza che le davano le mie braccia strette intorno al corpo.
Si staccò con un sospiro e depose la testa contro il mio petto. Con un dito le pulii le labbra mentre queste si incurvavano un’ultima volta in un sorriso prima che sprofondasse in un sonno ristoratore. La raccolsi da terra e mi alzai in piedi. I non-morti che formavano il piccolo muro difensivo si sgretolarono in polvere sotto i miei occhi lasciando libero accesso agli altri di raggiungermi.

Correre fino a casa loro con quel dolce fardello tra le braccia si rivelò più arduo del previsto dopo aver nutrito Bella col mio sangue, ma non impossibile.
La camera che mi indicarono come sua era quasi tre volte la mia. L’ampio letto a baldacchino dove l’avevo deposta si sposava perfettamente col resto dell’arredamento, un misto di oggetti che probabilmente aveva accumulato nell’arco dei suoi quasi dieci secoli. Il più nuovo ad occhio e croce era un portatile appoggiato a una scrivania che doveva essere del tredicesimo secolo, mentre il più antico era quasi sicuramente un quadro che la ritraeva sorridente in mezzo a un gruppo di persone. Sbuffai, non avevo manco la metà dei suoi anni, Isgard non aveva poi così sbagliato a definirmi un ragazzino.
Dando le spalle all’ampia vetrata posai lo sguardo sulla delicata creatura che dormiva adagiata sulla trapunta ed un sorriso mi si abbozzò sulle labbra. Il mio cuore riusciva a stare tranquillo solo quando era con me, solo quando i miei occhi potevano saziarsi della sua figura. Mi avvicinai al letto e mi distesi accanto a lei, abbracciandola teneramente a cucchiaio. Le sistemai meglio il cuscino sotto la testa e, posandole un bacio nell’incavo del collo, mi rilassai ad occhi chiusi ispirando il suo odore.

[fine quarantacinquesima parte^^]


  
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