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Autore: OpheliaBlack    09/05/2014    2 recensioni
NUOVI CAPITOLI DOPO ANNI DI ASSENZA.
SPERIAMO BENE.
GRAZIE MILLE...
-Dal capitolo 4:
Quanti?”, chiese Kòre non appena riprese il controllo dei suoi pensieri.
“Non lo sappiamo. Non molti però, quello per fortuna è certo. A dire il vero, non crediamo che sia il caso di prendersi male, forse non riusciranno nemmeno a superare le difese della casa. Ma SuperSilente ha deciso di limitare al massimo i possibili danni. Quindi tu e Malfoyuccio sloggiate. Sai, io l’ho detto al Vecchio che due o tre Punitori non sono niente a confronto delle feste alla Tana, ma non mi ha preso molto sul serio.”[...]
-Dal capitolo 13:
“Senti, Voldemort non c’è più, nessuna nuova minaccia ammazza Mezzosangue sembra presentarsi all’orizzonte e questi sono solo sogni"[...]
-Dal capitolo 18:
"Per me si va ne la città' dolente,
per me si va ne l' etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.”
-Dal capitolo 19:
"Per loro è solo un libro, è fantasia. Un capolavoro di fantasia ad essere sinceri. Ci sono varie teorie su questa faccenda:c'è chi sostiene che Dante, l'autore del libro, rubò alcuni volumi di storia della magia e ne prese spunto per scrivere la sua verità.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Famiglia Weasley, James Sirius Potter, Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Astoria, Draco/Hermione, Harry/Ginny, Ron/Hermione, Rose/Scorpius
Note: Otherverse | Avvertimenti: Non-con | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Allora. Le scuse per la mia totale mancanza di professionalità sono sotto. Qui vi annuncio che (squillo di trombe) questo che segue è il penultimo capitolo! Ebbene sì, ancora uno e poi puff! La storia sarà temporaneamente finita. Dico temporaneamente perché come avevo già anticipato ho intenzione di fare un sequel. Questa storia avrà un finale aperto appunto perché andrà avanti, sempre qualcuno sia disposto a seguirla. Ora vi lascio alla lettura dello scempio qui..non badate agli errori. Prima o poi, li riguardo tutti!XD


Un gran mal di testa.
Kòre Dolohov si era svegliata quella mattina come se l'avessero presa a pugni tutta la notte, malmenata sino allo svenimento e poi buttata malamente in un angolino aspettando che il dolore la facesse svenire.
Era vestita come il giorno prima, il leggero trucco che era solita mettere sugli occhi era colato sul suo viso, come se avesse pianto per ore.
Si guardò intorno cercando di capire cosa diamine fosse successo a lei e alla sua stanza: c'erano specchi in frantumi, sedie e mobili per aria, la finestra spalancata. Fortunatamente, la leggera calura di maggio le aveva impedito il congelamento durante la notte anche se non riusciva a capacitarsi del perché la finestra fosse rimasta aperta. Portando una mano alla testa, Kòre si rese conto che il suo braccio era pieno di lividi scuri e la manica della sua maglietta era sporca di sangue. Si diresse velocemente in bagno dove forse vi era l'ultimo specchio interamente intatto di quella camera. Il dubbio che si era appena insinuato in lei trovò presto una risposta: c'era riuscita.
I suoi occhi, in precedenza entrambi rosso sangue, si erano trasformati di nuovo e stavolta perennemente. L'occhio sinistro era tornato ad essere viola mentre nel destro il rosso non era più così intenso.
“Stronza.”
Kòre uscì imbestialita dalla sua stanza, direzione alte sfere. Non c'era tempo per parlarne con Erin, le serviva Legacy immediatamente. Schivando una miriade di Punitori che non facevano altro che farle perdere tempo con inutili convenevoli, la ragazza cercò di rimettere i pezzi in ordine per capire come diavolo avesse fatto la vecchia Kòre a riprendere controllo di una parte del suo corpo. Qualcosa doveva essere successo la notte precedente e, a giudicare dal casino della sua camera, aveva lottato con le unghie e con i denti.

FLASHBACK
Quella giornata era stata particolarmente impegnativa. Erin la fece allenare due ore in più rispetto al solito, segno inequivocabile che Legacy era ansioso di avere a portata di mano la sua arma segreta al più presto possibile.
Nonostante desiderasse prima passare dalla Rookwood a vedere come se la passava e giocare un po' con i suoi sentimenti da nobile Grifondoro, era troppo stanca anche solo per camminare fin sopra quella torre e optò quindi per andarsene direttamente a letto. Inoltre, vi era una buona probabilità che la ragazza stesse intrattenendo il suo Re.
Arrivata in stanza, si soffermò a guardare la sua immagine riflessa nell'ampio specchio accanto all'armadio dove notò qualcosa di inusuale scendere dal suo occhio sinistro: una lacrima.
Si passò velocemente la mano sulla guancia, per cancellare ogni traccia di quello che era sicuramente un fatto sporadico, dovuto forse alla polvere presente nella stanza.
Purtroppo per lei, la situazione sarebbe peggiorata.
Dei crampi allo stomaco la fecero piagare e mettere in ginocchio, sembrava che qualcuno le stesse dando ripetutamente dei calci. Non appena i dolori all'addome iniziarono a farsi più sopportabili, la sua testa venne presa d'assalto. Fitte prolungate e un fastidiosissimo fischio nelle orecchie la stava facendo impazzire. Voleva urlare, chiamare aiuto ma la sua gola era bloccata, come se qualcuno le stesse impedendo di usare le corde vocali. Stava succedendo di nuovo, quella dannata ragazzina si stava ribellando alla magia oscura per l'ennesima volta. Strisciando, la ragazza riuscì ad arrivare a pochi passi dalla porta ma qualcosa o meglio, qualcuno le si piazzò davanti bloccandole il cammino.
“Da qui non si passa.”
Fred Weasley Senior se ne stava lì, presenza e spirito, a bloccare la sua uscita. Kòre doveva trovare la sua bacchetta anche se non aveva idea di come o cosa fare. Fred era uno spirito, uno che già era bello che morto!
“Tu...non...puoi fermarmi!”, disse a fatica la strega.
“Sicura?”
Improvvisamente, il corpo di Kòre fu sollevato da terra e proiettato indietro fino allo specchio che si ruppe all'istante, lasciando solo un pezzo di lastra ancora incastonato nel legno. La schiena e le braccia di Kòre sanguinavano e tutto il suo corpo era ridotto male. Evidentemente, lei non poteva scalfire quello stupido fantasma ma lui invece sì.
“E' così che tratti la tua protetta, Weasley?”, disse sadica e a fatica la ragazza che continuava ad essere preda di atroci dolori.
“Mai stato uno di tante parole. Preferisco far trapelare le mie intenzioni con i gesti.”, le rispose avvicinandosi.
“Quindi? Ora ci ucciderai?”, chiese ridendo cinicamente.
“Questi erano i patti. Se Kòre avesse perso il controllo, avrei dovuto trovare un modo per ucciderla.”
“Molto bene Weasley. Permettimi di suggerirti una morte a portata di spirito: con il tuo giochetto di prima, mi catapulti fuori dalla finestra e in trenta secondi abbiamo finito! Lo strapiombo di venti metri e le scogliere faranno il resto!”, disse incurante della morte Kòre.
“Il fatto è...”, disse Fred accovacciandosi affinché potesse guardarla negli occhi, “che non sono mai stato nemmeno uno affidabile.”
Lo spirito del gemello Weasley prese tra le mani il volto di Kòre, premendo con una forza tale da farlo sembrare umano.  Il dolore che sentiva era inesprimibile, cercava in qualche modo di liberarsi da quella presa ma senza successo.
Sentì venir meno le forze e si abbandono a terra poco a poco. Fred si allontanò dalla ragazza, lievemente spaventato e non del tutto convinto che il suo piano avesse funzionato. Lo spirito guida, prendendole il volto tra le mani, aveva fatto sì che nella mente di Kòre si riproponessero tutti i suoi ricordi più belli, le sensazioni positive che aveva provato nella sua vita, tutto l'affetto che egli provava per quelle che era come una sorellina minore.
Il respiro affannoso di Kòre gli fece per lo meno capire che era ancora viva ma dalla sua bocca provenne anche una risata aspra e malvagia.
“Stupido spirito di un altrettanto stupido ragazzo...cosa credi di poter fare eh? I suoi ricordi positivi non valgono niente se confrontati con quelli negativi. Noi abbiamo ingannato, noi abbiamo tradito”, disse sadica, “noi abbiamo ucciso.”
La reazione che si aspettava di vedere in Fred Weasley non si avvicinava minimamente a quella che in realtà ebbe. Un sorriso vittorioso apparve sul volto dello spirito, tanto sospettoso da far rialzare Kòre nonostante il dolore.
“Ti fa tanto ridere la morte?”, chiese seccata.
“Tutto il contrario. A me fa ridere la vita.”, rispose indicando quello che rimaneva dello specchio.
Kòre non poteva crederci. L'occhio viola era tornato a campeggiare su quel volto.
“E' passeggero! Non resisterai a lungo.”, urlò il riflesso dentro allo specchio.
Fred Weasley ne aveva viste tante, sia quando era in vita che dopo la sua morte ma non avrebbe mai immaginato di trovarsi dinnanzi ad una scena così assurda. Kòre era una persona sola ma in quel momento sembrava essersi sdoppiata. La sua seconda personalità era intrappolata nello specchio mentre lei cercava di combatterla.
“Fred vattene! Trova il modo di avvisare gli altri spiriti. Sta per arrivare il momento.”, disse la Kòre fuori dallo specchio con tutta la fermezza di cui era capace.
Lo spirito non se lo fece ripetere due volte, scomparve dalla stanza nel giro di un secondo.
Kòre si mosse a fatica, in cerca della sua bacchetta.
“Che vuoi fare??!”, urlò lo specchio, “Non so come tu sia riuscita ad intrappolarmi qui ma sai che non durerà! Tornerò nel mio corpo!”
“E' IL MIO CORPO!”, le rispose arrabbiata la ragazza, “E' il mio corpo, la mia vita, la mia anima. Sei sicura che non durerà? Sento la tua preoccupazione, la tua paura! Lo sai di essere compromessa ormai!”
Era vero. Qualsiasi cosa Kòre e Fred Weasley avessero fatto, la forza oscura che si era impossessata della Guardiana si era indebolita, aveva perso intensità ed aveva reso Kòre meno controllabile.
“Potrai anche essere riuscita a riprendere una parte di te stessa ma non puoi sconfiggermi! L'unico modo per farmi sparire è ucciderci.”, disse sadico lo specchio.
“Smettila di parlare al plurale! Non c'è nessun noi! Siamo solo io e te, due entità separate e, se sarà necessario, MORIRÒ!”, rispose coraggiosamente Kòre che finalmente era riuscita a trovare la sua bacchetta.
Spalancò la finestra, puntando la bacchetta verso il cielo.
“Vorresti evocare il tuo Patronus?!”, chiese ridendo scettica l'altra Kòre, “sul serio? Credi davvero di farcela? Tutti i bei ricordi che quello spirito idiota ti ha inculcato in testa stanno già svanendo. Io lo posso sentire!”
“Sta zitta!”
“Non vuoi che si usi il plurale? Bene! TU sei solo un'assassina, una traditrice, un essere spregevole! Hai abbandonato tutti, la famiglia Malfoy, i tuoi amici, Ebony, Jocelyn! Hai lasciato che la Rookwood diventasse la puttana di Legacy!”
“Basta! Basta! BASTA!”, urlò Kòre cadendo in ginocchio sotto il peso di quelle parole.
“Loro non ti perdoneranno mai! Fred Weasley non ti guarderà nemmeno più in faccia! E cosa dirà il prode Noah? Lui forse sarebbe in grado di perdonare la tua parentesi da omicida ma non credo sarà felice di sapere che non lo ami, che non lo hai mai amato e di essere stato scartato per chi?  Quel sempliciotto di Fred Weasley!”
Kòre sembrava essere definitivamente sconfitta, la testa bersagliata da tutte quelle cose orribili che sapeva di aver fatto.
“Sei solo una ragazzina debole, insicura, un fallimento di Guardiana. Senza di me, sei solo la strana nipote bastarda di Antonin Dolohov!”, disse vittorioso il riflesso.
“Hai ragione...”, disse flebile Kòre, “sono un omicida, una traditrice, una bugiarda, la strana nipote di un Mangiamorte.”
La ragazza si rialzò da terra, stringendo la bacchetta con forza e determinazione.
“Non riesco a ricordare nemmeno un frammento di felicità. La mia mente è pervasa da immagini oscure.”, continuò con uno strano sorriso in volto che fece insospettire il riflesso.
“Ma l'equilibrio del mondo si regge sui pilastri di odio e amore, egualmente potenti.”
“Cosa stai facendo?!”, chiese allarmata la Kòre nello specchio, vedendo i movimenti della bacchetta della sua nemesi.
“Ti sei dimenticata di dire una cosa mentre elencavi tutto ciò che sono...”, disse Kòre che nel frattempo stava riportando alla mente tutti i ricordi negativi della sua vita.
“Non è possibile!!!”, esclamò il riflesso.
Kòre Dolohov sorrise. Aveva battuto l'oscurità con la sua stessa arma.
“Io sono Kòre Dolohov. E sono una Corvonero. EXPECTO PATRONUM!”

FINE FLASHBACK

Era riuscita a creare una specie di Patronus utilizzando solo i ricordi negativi. Come diamine aveva fatto quella ragazzina a portare a termine quell'incantesimo? Era praticamente impossibile!
Correva tra i corridoi di quell'enorme villa nella speranza di riuscire a scovare Legacy.
“Kòre? Siamo mattiniere vedo...”, disse Erin che le stava venendo incontro.
Non era il Re ma lei forse avrebbe saputo cosa fare. Stava per aprir bocca quando improvvisamente la sua mano si mosse senza il suo controllo, prese la bacchetta e schiantò la strega con un solo colpo.
“Ora si gioca con le mie regole.”
***  

“Non ne sono sicuro al cento per cento ma credo che stia per succedere qualcosa di grosso.”
Lorcan Scamandro se ne uscì con queste illuminanti parole nel momento in cui assistette, insieme ai suoi amici, a quella che aveva tutta l'aria d'essere la preparazione ad un'imminente battaglia. Auror che correvano ovunque per la scuola, pozioni e piccole armi magiche di vario tipo, professori sfuggenti che non fornivano spiegazioni. C'erano addirittura due draghi che riposavano bellamente sul nel campo da Quiddich.
“Ma non mi dire Lorc...”, rispose ironico il fratello.
“Qualcuno di voi ne sa qualcosa? Rose?”, chiese James Potter.
“Perché io?”, chiese stizzita la ragazza.
“Perché tu sai sempre tutto.”, rispose Fred Weasley guadagnandosi uno sguardo inceneritore da parte della cugina.
“Scorpius non è tornato in stanza ieri...”, disse meditabondo Albus Potter.
“Senti...qualcosa?”, chiese titubante Jocelyn Green.
“Intendi forse se sento che uno psicopatico stia prendendo il controllo del mio corpo? No, per adesso direi di no ma per sicurezza...”, disse Albus porgendo la sua bacchetta ad Alexander Zabini.
“E di questa che me ne faccio?”
“Se Legacy decide di farsi un giro nella mia testa non ho intenzione di rendergli la vita facile e fornirgli un'arma.”
Alexander annuì alle argomentazione del compagno e infilò la bacchetta accanto alla sua.
James scorse il padre tra la folla e lo raggiunse intenzionato a farsi dire cosa stesse succedendo.
“Papà!”
“James...non è proprio il momento.”, disse un indaffarato Harry Potter.
“Invece è proprio il momento! Cosa sta succedendo?”, chiese con fermezza il giovane.
Harry sospirò pesantemente. Sapeva che non sarebbe mai riuscito a convincere James a lasciar perdere e quindi si arrese alle richieste del figlio.
“Sappiamo dove si trovano Kòre ed Ebony, il rifugio di Legacy e dei Punitori. Stiamo andando a stanarli.”
James Potter provò una serie di sentimenti discordanti. C'era la gioia di sapere finalmente dove fossero finite le ragazze ma allo stesso tempo c'era preoccupazione e ansia per quello che sapeva sarebbe stato un duro scontro.
“Lo so a cosa stai pensando figliolo...ma abbiamo delle carte a nostro favore! Legacy non ha la minima idea che stiamo per arrivare e se le cose stanno davvero come ha detto Jocelyn potremmo avere la complicità di Ebony...sempre che la ragazza sia ancora viva.”, disse tristemente pensieroso Harry Potter.
“Lei è viva!”, rispose deciso James.
“James-...”, iniziò a dire il padre, cercando di trovare le parole per spiegare al figlio che il lungo periodo di prigionia poteva esserle stato fatale.
“No! Papà la mia non è cieca convinzione! Sono certo che sia vive perché a Legacy serve Ebony. E' l'unica che può in qualche modo contrastare la magia oscura di Kòre! L'ho visto quando ero nel Regno dei Morti...”
Suo figlio aveva ragione. C'erano buone possibilità che la ragazza fosse ancora viva, dopotutto Legacy non poteva pretendere di avere il controllo assoluto su una ragazzina che lo aveva odiato sino a quel momento. Per quanto Kòre potesse essere controllata dal male, qualcosa di buono doveva essere rimasto in lei e la prova era quel Patronus assurdo ma geniale che era riuscita a far pervenire ad Hogwarts.
“Voglio venire con te!”
Harry Potter guardò al suo primo genito con comprensione e un pizzico di orgoglio. Era proprio tale e quale a lui.
“No James. Ti ho già visto morire una volta e vorrei evitare che si ripetesse.”
“Ma...”, provò a protestare il figlio senza successo dato che il padre si era già incamminato lontano da lui.
James ritornò dai suoi amici, visibilmente alterato e nervoso.
“Quindi ce ne dobbiamo stare qui fermi senza fare nulla?!”, sbottò Rose Weasley.
“Almeno tuo padre ti ha detto dove siano diretti?”, chiese Alexander.
Prima che James potesse rispondere negativamente alla domanda, Scorpius Malfoy sopraggiunse accompagnato da suo padre Draco.
Zabini osservò distrattamente la reazione di Rose che non tardò ad arrivare: ad un normale osservatore poteva sembrare tutto nella norma ma i pugni stretti della ragazzina e lo sguardo fisso tradirono la proverbiale compostezza di Rose Weasley.
“Malfoy! Mai stato così felice di vederti!”, esclamò Fred, subito dopo che il padre di Scorpius avanzò in un'altra direzione.
“Ehi amico...è successo qualcosa?”, chiese preoccupato Albus.
“So dove stanno andando.”, disse sicuro.
Lo stupore si dipinse sul volto di tutti i ragazzi presenti.
“E' un posto chiamato Île du Sang...ti dice qualcosa?”, chiese Scorpius rivolgendosi a Jocelyn.
“Ma certo!”, esclamò la ragazza, “è una specie di minuscola isola nel mezzo della Manica. Era di proprietà dei Dolohov, credo che qualche mio parente sciroccato vi abbia fatto visita durante gli anni della prima guerra.”
“Se solo ci fosse un modo per arrivarci!”, disse assorto Albus.
“Sei impazzito Potter?!”, esclamò Jocelyn.
“Non voglio certo morire ma nemmeno restare sotto il controllo di Legacy Black è un'idea che mi allieta! Questa cosa deve finire e alla svelta!”
“Io potrei avere un'idea.”, disse con la sua solita spiazzante semplicità Alexander.
“Ci aiuteresti? Sul serio?”, chiese Rose allibita.
“Io non sto aiutando proprio nessuno. Voi avete bisogno di un modo per arrivare su quell'isola, io mi annoio a starmene qui. E' un reciproco scambio di favori.”
“Ti rendi conto che rischi di rimanerci secco?”, disse dubbioso Fred Weasley che mai avrebbe pensato ad Alexander come ad un possibile alleato.
“Che posso dire...voi Potter-Weasley non siete gli unici aspiranti martiri in questo pazzo mondo.”
Mentre i giovani studenti di Hogwarts si preparavano a disobbedire ad una serie lunghissima di regole e divieti, altri giovani, più esperti, erano intenti a sistemare gli ultimi dettagli per la loro delicatissima missione.
Derek Gellant era euforico solo al pensiero che finalmente l'avrebbero fatta pagare a quegli schifosi. Fra loro sperava di trovarvi anche i membri della squadra sette, la stessa che aveva teso un agguato a lui e ai suoi compagni, mettendo in pericolo la vita di Temperance.
Stava facendo un po' di flessioni, nel caso si fossero rese necessarie le sane e vecchie consuetudini babbane. Non gli sarebbe affatto dispiaciuto prendere a pugni la faccia di Legacy Black. Accanto a lui, fece la sua comparsa Teddy Lupin, creando un bel po' di stupore all'interno della stanza nella quale di trovava assieme a qualche Auror.
“Lupin...”, disse accennando un saluto Derek.
“Gellant”, rispose atono il ragazzo.
Teddy era cambiato. Dopo aver ricevuto la notizia della morte di Victoire, aveva passato qualche settimana con la famiglia di lei e per lo più da solo, senza parlare, mangiando a malapena. Nessuno lo aveva più sentito, nemmeno Temperance, nonostante si fosse spesso offerta di portagli conforto. Era tornato circa dieci giorni prima di quella sera e  a tutti era sembrata totalmente un'altra persona: scortese, fuggente, senza il suo solito sorriso che lo aveva accompagnato sino a quel momento.
Derek rimase sorpreso nel notare che Teddy si stava preparando alla battaglia proprio come lui e gli altri, anche se aveva ricevuto un congedo temporaneo.
“Che stai facendo?”, chiese sorpreso Gellant.
“Quello che stai facendo tu, amico”, rispose superficialmente Teddy.
“Appunto. Tu vieni?”, chiese sorpreso.
“Sono un Auror, è il mio lavoro. Ovvio che io venga.”
“Credevo che-...”, provò a dire Derek prima di venire bruscamente interrotto da Teddy: “Credevi cosa? Che me ne sarei rimasto qui, tra queste mura, dove io e Victoire ci eravamo giurati amore eterno? No grazie. Preferisco di gran lunga andare ad ammazzare qualche Punitore, con un po' di fortuna magari pure Black!”
Ted si era alzato in piedi, attirando su di sé tutti gli sguardi dei presenti. Derek non si tirò indietro dinnanzi all'irruenza del compagno.
“Vedi di stare calmo Lupin! Mi stavo solo assicurando di non trascinarmi dietro un problema in più stanotte!”, sibilò il ragazzo.
Da quando era tornato ad essere una parte integrante dell'organico della sua squadra, Teddy si era sentito come una specie di fenomeno da baraccone, additato e squadrato da tutti. Avevano pena per lui, lo commiseravano e il giovane Lupin odiava tutto ciò. Il suo unico obbiettivo era quello di mettere le mani e la bacchetta su quell'assassino, non gli importava della pietà delle gente, dei loro sorrisi e delle lacrime che avevano speso per la sua Victoire. Vendetta. Teddy voleva solo quella.
“Comunque...”, continuò Derek, “tu sei in seconda linea.”
“Cosa?!?!”, esclamò nervoso Teddy.
“Hai capito bene! Seconda linea. Dopo la tua vacanzina il tenente Longbridge ha messo me a capo delle reclute.”, disse perentorio Derek.
Teddy, nonostante la rabbia, sembrava aver capito la situazione e comunque non ci poteva fare molto. Se gli ordini venivano dall'alto, Derek era costretto ad eseguirli.
“Scusami Gellant...non volevo fare lo stronzo.”, disse sinceramente dispiaciuto il giovane Lupin.
“Nessun problema. Ti voglio concentrato per stasera Lupin.”, lo redarguì il compagno.
“Lo sarò. Le devo almeno questo...”, sussurrò.
“A chi devi qualcosa?”
“A Kòre Dolohov.”
Tra tutte le persone che Teddy avrebbe potuto nominare certo Derek non si sarebbe mai immaginato la ragazza Dolohov. Lo sguardo di stupore che gli rivolse, fece capire al giovane Lupin di dovere alcune spiegazioni.
“Quella ragazzina ha sedici anni, è lontano dai suoi amici, dalla sua scuola. Anzi, è completamente lontano dalla realtà. Mio padre ha passato l'adolescenza convivendo con il suo essere un licantropo solo grazie al padre di Harry e agli altri Malandrini. Nessuno me l'ha mai voluto raccontare ma sono quasi certo che Remus abbia fatto del male a qualcuno. Kòre Dolohov non ha nessuno e, se questo incubo finirà, dovrà convivere con la consapevolezza di aver ucciso tre persone. L'ultima cosa che le serve è il mio odio.”
Derek boccheggiò per qualche secondo prima di essere in gradi di proferir parola.
“Wow. Non me l'aspettavo da te Lupin.”
“Ammetto che non la pensavo così all'inizio. E' stata Temy a farmi ragionare.”
“Temperance?”, chiese curioso Derek. Non gli aveva detto nulla a riguardo e avrebbe giurato che Teddy non avesse visto o parlato con nessuno dopo la morte di Victoire.
“Riuscivo a comunicare solo con lei. Non mi giudicava per i miei pensieri e credimi erano decisamente poco onorevoli. La notte non dormivo pensando a quando e come avrei ucciso Kòre.”
Quella ragazza non aveva ancora smesso di stupirlo da quando l'aveva conosciuta. Lei e Derek erano compagni al corso per diventare Auror ed avevo litigato sin dal primo giorno. Lei era un'anima pura, cresciuta tra le mura accoglienti di una buona famiglia e studentessa modella in una scuola di magia irlandese. Temperance era mite, gentile, disponibile, giusta e mossa da sentimenti onorevoli. Sapeva anche tirare fuori grinta, una grande forza d'animo e non si lasciava prendere dallo sconforto. Derek era stato attirato da lei fin da subito, non era come le altre ragazze che gli capitava di frequentare. Aveva un sorriso sincero che aveva il potere di spiazzarlo ogni volta. Anche se giovani, si erano ritrovati spesso in situazione pericolose e condizioni spiacevoli ma Temperance era sempre stata in grado di risollevare l'animo delle truppe, di non demordere e di combattere.
“La Tudor è sempre stata dotata di una straordinaria empatia...”, disse leggermente critico Derek. Con gli anni, la loro amicizia era diventata più forte nonostante continuassero a litigare ogni giorno. Per il giovane Gellant, essere solo un amico era diventato scomodo, un ruolo che non avrebbe più voluto interpretare. C'erano dei giorni in cui odiava la disponibilità di Temperance: regalava sorrisi a tutti, sorrisi che egoisticamente avrebbe voluto essere solo rivolti a lui.
“Dovresti dirglielo.”, disse Teddy alzandosi e dirigendosi verso l'uscita.  
“Dire cosa a chi?”, chiese stranito Derek.
“Lo sai cosa e sai a chi. Il tempo non aspetta nessuno.”, rispose con una vena di tristezza il giovane Lupin che si congedò con un cenno del capo.
Anche se avrebbe voluto meditare sulle parole del compagno, Derek dovette mettere da parte ogni altro pensiero: il momento era giunto.
Tutti gli Auror si erano riuniti nella Sala Grande, al cospetto del Preside, di alcuni professori e dei Capi squadra.
“Compagni!”, prese parola Harry Potter, “quella che ci accingiamo a compiere, non è una missione facile. Stiamo per fare irruzione nel covo di Legacy Black il che significa che partiremo svantaggiati. Non abbiamo idea di come sia strutturata la casa, quanti Punitori vi siano appostati a fare guardia, quale tipo di barriere ci troveremo davanti. E' un salto nel buio, amici miei. Per questo, lasciatemi dire che siete gli uomini e le donne migliori che io abbia avuto il piacere di incontrare. Uniti, ce la possiamo fare! Noi siamo Auror e il nostro dovere è servire e proteggere!”
Un boato di approvazione si alzò dalla folla, galvanizzata dalle sincere parole del loro Capo. Harry Potter aveva dimostrato di non essere infallibile e per questo era diventato un simbolo. La sua umanità lo aveva reso uguale agli altri che si sentivano fratelli, compagni uniti dagli stessi valori, dal coraggio ma anche dalle stesse paure e insicurezze.
A seguito di Harry, presero parola i vari Capi squadra per i ragguagli degli ultimi minuti. Alcuni di loro erano mebri della Resistenza segnalati dallo stesso Theo Nott che si era unito ad Harry e agli Auror per questa missione.
Il piano era semplice ma potenzialmente efficacie: tre squadroni, difesa, attacco e contenimento.  
La squadra d'attacco, la più numerosa e della quale faceva parte Derek, avrebbe svolto il compito più pericoloso: fare breccia in quel castello. Draco Malfoy aveva fornito agli Auror un dipinto, molto vecchio, di quella che era la magione estiva dei Dolohov a  Île du Sang. Da fuori, sembrava una roccaforte medioevale, difficilmente raggiungibile dal mare ma grazie a quel quadro la smaterializzazione aveva senso d'esistere. Con la destinazione ben impressa nella mente, gli Auror si sarebbero catapultati nel bosco tra il castello e la spiaggia ed avrebbero dovuto aspettare.
A quel punto, la squadra di difesa, quella di Temperance, si sarebbe smaterializzata in cielo, a cavallo delle scope. Se vi  fossero state della barriere magiche attorno al castello, cosa alquanto probabile, era loro compito abbatterle per permettere l'avanzata della squadra d'attacco.
Una volta entrati, la due squadre avrebbero fatto fronte comune mentre la terza ed ultima squadra, quella di Teddy, avrebbe contenuto i danni, prendendo sia il posto della squadra uno in terra, che della due in cielo. A loro spettava il compito di catturare eventuali fuggitivi, contrastare eventuali minacce e fare da tramite tra Hogwarts e il castello dei Dolohov. Per l'occasione infatti, la scuola era a tutti gli effetti diventata una sorta di campo base, dove venne allestito un piccolo ospedale.
Harry e Draco sarebbero andati con la prima squadra mentre Ron era a capo della difesa.
Ginevra Potter aveva evitato il marito per più di due mesi ma non poteva fuggire di fronte alla possibilità di non rivederlo mai più.
“Dove sono i ragazzi?”, chiese Harry raggiungendo la moglie.
“Lily dorme, Albus e James penso siano insieme a Rose. Staremo bene, noi ce la caviamo.”, disse fiera e sicura Ginny.
“Lo so... Tu te la sei sempre cavata egregiamente.”, rispose sorridendo malinconico.
“Capo!”, venne richiamato Harry.
“Vai Harry...riportaci a casa le ragazze.”, disse Ginny respingendo le sue lacrime.
Hermione non riusciva a scovare suo marito in mezzo a tutta quella folla di Auror ma al momento poco le importava. Sarebbe andata insieme a loro, in battaglia. Ron non era stato per nulla contento e accondiscendente all'inizio, non voleva che sua moglie lo seguisse rischiando di lasciarci le penne. Avevano dei figli e almeno un genitore sarebbe dovuto restare in vita per non renderli del tutto orfani. Tuttavia, la caparbietà tipica di Hermione Weasley aveva avuto la meglio sulle rimostranze dell'intera famiglia.
“Dove pensi di andare?!”
La camminata spedita della donna fu bruscamente interrotta dalla salda presa sul suo braccio da parte di Draco Malfoy.
“Sono nella squadra uno e staremmo partendo se non te ne sei reso conto!”, rispose divincolandosi.
“Lo so. Io stesso sono nella squadra uno ma tu non parti!”, disse fermo.
“Ti hanno eletto nuovo Capo Auror per caso?”, chiese sarcastica.
“Se servisse per non farti venire dovrebbero!”, rispose nervoso Draco.
“Malfoy...sono una donna adulta che sa badare a sé stessa.”
“Tu sì ma i tuoi figli?!”, esclamò. “Cosa ne sarà di loro se perderanno entrambi i genitori?! Per Salazar mezzosangue, pensa a loro!”
“Secondo te per quale cavolo di motivo sto partendo insieme a voi?!? Credi che abbia il sadico passatempo di mettermi in situazioni potenzialmente mortali?! Lo faccio per loro, affinché non siano costretti in futuro a farlo loro stessi!”
I due si fronteggiarono per qualche secondo prima che Draco, quasi ringhiando, le disse di fare ciò le sembrava giusto.
Quella donna era impossibile! Dopo aver rischiato la morte plurime volte per colpa della Donnola e dello Sfregiato ai tempi della scuola, ora era pronta a farlo ancora. Come potesse permettere suo marito che accadesse una cosa del genere, Draco davvero non riusciva a capirlo. Sua moglie si  era tenuta ben lontana da tutto quel casino, seguendo i dettami del marito ma soprattutto perché non era una manica suicida! Nonostante ci fosse la vita di Kòre in ballo, sapeva che il suo posto era a casa, pronta a tenere in piedi la famiglia Malfoy nello sventurato caso in cui lui fosse morto.
Al pensiero di Kòre, l'uomo si rabbuiò. C'era una parte del piano che non era stata resa nota a tutti gli Auror ma solo agli ufficiali e a lui. Erano quasi certi che avrebbero trovato entrambe le ragazze vive ma il problema era che non sapevano se sarebbero state con loro o contro di loro. Nel primo caso, l'ordine era quello di fare il possibile per salvarle e riportarle finalmente indietro. In caso contrario, l'ordine era quello di neutralizzare la minaccia, con qualsiasi mezzo, anche arrivando all'uccisione.
“Signor Malfoy...si sente bene?”, chiese la giovane Tudor, arrivata accanto dell'uomo.
“S-sì...tutto a posto.”
“Può avere paura sa? Io ne ho...e tanta.”, disse timidamente la ragazza. Draco alzo il sopracciglio destro, scettico. Abbozzò poi un sorriso diverto.
“E fai bene ad averne Tudor. Forse grazie a quella rimarrai viva, a differenza di molti tuoi compagni.”
Temperance non era sicura se quello fosse una sorta di complimento ma decise comunque di sorridere e annuire alle affermazioni di Malfoy.
“Tudor...tu in che squadra sei?”, chiese curiosamente Draco.
“Seconda, gioco in difesa.”, rispose la ragazza.
“Se ti dessero ordine di uccidere Ebony o Kòre Dolohov, lo faresti?”
Temperance rimase interdetta e sconcertata da quella domanda.
“Cos-...ma no! Noi non dobbiamo-”, inziò a dire prima di realizzare veramente. “Oh no...volete ucciderle...”
“Nessuno vuole uccidere nessuno ma se Kòre ed Ebony si rivelassero ostili...l'ordine ultimo è quello, sì.”
“Ma hanno sedici anni!!!”
“Non urlare!”, la redarguì Draco, “voi non dovreste essere a conoscenza di questo piano. Spetterebbe ai comandanti ucciderle, nel caso si rendesse necessario.”
“Allora perché mi ha chiesto se sarei in grado di ucciderle?”
“Perché molti dei tuoi compagni sarebbero felici di farlo. Mi serve qualcuno che ripudi a tal punto l'idea da essere disposto a proteggerle.”
“Cosa mi sta chiedendo esattamente signor Malfoy?”
“Ti sto chiedendo di disobbedire ad un ordine.”, rispose senza tanti giri di parole.
Temperance Tudor era riuscita a diventare un Auror anche grazie alla lealtà che aveva sempre dimostrato con i compagni e gli altri colleghi. Aveva fatto del regolamento il suo mantra quotidiano ed ora, un ex Mangiamote le stava chiedendo di buttare tutto all'aria.
“Se dico di sì...”, iniziò titubante la ragazza, “non sarò sola. Le ragazze sono due ed io ho bisogno di una spalla. E' una persona fidata, te lo posso giurare!”
“Da quando ci diamo del tu, ragazzina?”
“Da quando mi stai chiedendo di voltare le spalle a tutto ciò in cui ho sempre creduto mettendo fine alla mia carriera!”
Draco, alzano le spalle, disse: “Abbastanza corretto come ragionamento. Allora, abbiamo un accordo?”
“Direi di sì.”, rispose Temperance, porgendo la mano all'uomo che le stava di fronte.
***
Nonostante non facesse praticamente nulla durante il giorno, Ebony fece ritorno nella sua stanza quasi stremata. Aveva passato le ultime ore alla ricerca della sua bacchetta perduta o, per meglio dire, tenuta segregata in qualche anfratto di quella specie di castello regale.
Legacy le aveva dato il permesso di girovagare libera per la casa senza più bisogno che una guardia la seguisse ad ogni passo. La cosa aveva fatto storcere il naso a non pochi Punitori tra i quali vi era anche una delle più accanite detrattrici della ragazza, Eva Isakov, una specie di bellona russa che avrebbe fatto qualsiasi cosa per prendere il suo posto nel letto di Legacy. Ebony avrebbe volentieri ceduto la sua posizione a quella donna ma doveva salvare le apparenze se voleva rimanere viva.
Ebony si stava spogliando lentamente. Il Re sarebbe arrivato in tarda notte e lei aveva tutto il tempo per rilassarsi e farsi un bel bagno. Levò la camicetta, rimanendo con in reggiseno ma prima di poter levare anche i jeans, una specie di lampo di luce la fece voltare verso la finestra.
“Che strano...”, disse fra sé e sé la ragazza. Il cielo era stato chiaro e limpido tutto il giorno e fino a poco prima non vi era nemmeno l'ombra di una nuvola. Ebony si avvicinò alla finestra aperta, con lo sguardo verso l'alto. Niente. Tutte le stelle erano ben visibili.
Si era appena convinta di aver visto male quando, improvvisamente, un incantesimo potentissimo si scagliò sulla sua finestra mandandola in frantumi e l'immagine di un enorme dannatissimo drago sfrecciò davanti ai suoi occhi. Ebony, con un balzo a dir poco felino, riuscì a rintanarsi sotto al letto.
Cocchi di ceramiche rotte, vetri e addirittura pezzi di muro. Si era formata una specie di voragine che dava direttamente a strapiombo sul mare. Strisciando, Ebony si avvicinò a quella che sino ad un attimo prima era la sua finestra. Non si immaginava certo di ritrovarsi dinnanzi a quello che sembrava essere uno spettacolo pirotecnico e suggestivo: una cinquantina se non più di scope sfrecciavano nel cielo, accompagnate da incantesimi che erano stati in grado di infrangere la barriera protettiva intorno alla casa e che ora si schiantavano sulle sue mura.
Era la Resistenza. Erano venuti a salvarle.
La sua felicità venne però bruscamente interrotta dal rumore della porta che si apriva violentemente.
Legacy le stava di fronte, visibilmente preoccupato. La ragazza non ricordava di averlo mai visto in quello stato.
“Tieni!”, disse lanciandole la bacchetta Finalmente! La sua bacchetta era tornata in suo possesso.
Legacy le si avvicinò pericolosamente, prendendola per le spalle e stringendo le sibilò:
“Niente scherzi Rookwood. Non credere che siano venuti a salvarti! Ti vedranno al mio fianco e ti reputeranno una minaccia. Non esiteranno ad ucciderti!”
Il Re la prese per mano, trascinandola fuori così, mezza vestita. Correvano a perdi fiato su e giù per le scale della villa, schivando i Punitori a cui era stato l'ordine di recarsi all'ingresso, a difesa della casa.
“Dove stiamo andando?!?”, chiese spazientita.
“Da Kòre.”, rispose secco Legacy.
Poco dopo arrivarono in un enorme sala da pranzo. Ad Ebony gelò il sangue nel vedere l'amica intrappolata in una specie di cerchio magico. Si contorceva per terra, sotto gli occhi di Erin.
“Che cosa le state facendo!?!?”, urlò Ebony.
“La tua amica si sta ribellando!”, le rispose Erin, “devi convincerla a non farlo, a smettere di lottare!”
“Se non lo farai, morirà!”, disse Legacy, “la magia oscura dentro di sé troverà il modo di uscire. Poco importa se in questo mondo o nell'altro.”
“Io non so come fare! Ho sempre fatto il contrario, la riportavo alla realtà con i pensieri positivi!”
“Non mi interessa come farai. Lei è la mia arma per vincere questa guerra e se non la salverai non basterà il tuo bel faccino a farti sopravvivere!”
Ebony fronteggiò lo sguardo truce di Legacy che l'abbandonò presto in compagnia della migliore amica e di Erin.
“Erin”, disse decisa, “devo sapere cosa avete in mente per Kòre.”
“Non posso...”, rispose preoccupata la donna. Erin era certamente una donna dall'animo malvagio ma aveva a cuore la salute di Kòre, l'aveva sempre difesa. Ebony era arrivata a credere che forse Erin l'aveva protetta in quegli anni in cui Kòre faceva pratica con l'arte dell'essere Guardiana.
“E-Ebony...”
Il sussurro strozzato di Kòre, attirò l'attenzione della ragazza.
“Ehi...ciao...”, disse Ebony accovacciandosi per terra, “leva questa stupida protezione!”, ordinò successivamente ad Erin.
“NO!”, esclamò Kòre, “non può. E' molto più sicuro per tutti se resto qui.”
“Wow...sembri aver ripreso tutto il controllo.”
“Quasi...Ironicamente, questo sembra essere il modo più sicuro per me di morire!”, disse ridendo amaramente.
“Tu non morirai Kòre!”, disse sicura l'amica.
Improvvisamente, la porta della grande sala si spalancò facendo apparire di fronte alle ragazze un manipolo di Auror.
Erin si smaterializzò all'istante lasciando Kòre bloccata in dentro quel cerchio ed Ebony a fronteggiare dei maghi provetti.
Con le bacchette puntante addosso, uno di loro intimò le ragazze di non muoversi. Ebony alzò le mani, in segno di resa ma non appena vide avvicinarsi gli Auror, dovette ricorrere anch'ella alla bacchetta.
“Ebony Rookwood le consiglio di arrendersi!”, tuonò l'uomo che sembrava essere il capo.
“Crede sul serio che una sedicenne rapita e seviziata per mesi abbia la benché minima intenzione di attaccare una squadra di Auror in reggiseno?!”, rispose caustica la ragazza.
“Allora abbassi la bacchetta...”, la intimò l'uomo.
“Non voglio combattervi ma non posso farvi avvicinare a Kòre. Non ancora.”, disse Ebony sinceramente, sperando che l'Auror capisse le sue vere intenzioni.
“Signorina Rookwood...”
“E la pianti una buona volta di chiamarmi signorina Rookwood! Dovete fidarvi!”
“Eb devi tenerli occupati ancora un po'...”, le sussurrò Kòre.
“Ci sto provando ma se arriveremo a dover combattere non penso proprio che riuscirò ad avere la meglio.”
“Manca poco...presto sarà tutto finito...”, disse flebile.
“Cosa?! No!”, esclamò Ebony capendo il significato delle parole dell'amica.
Sarebbe morta. Kòre Dolohov sarebbe morta nel tentativo di salvare tutti quanti. Ebony poteva chiaramente sentire la battaglia che infuriava nelle altre zone della casa, tra Punitori, Auror e membri della Resistenza venuti a salvarle.
“Va bene così”, disse sorridendo la Guardiana, “questo era il mio ruolo fin dall'inizio. Sono stata fortunata a condividere una Profezia con te, Ebony.”
“Kòre Dolohov! Azzardati a morire e giuro che il Regno dei Morti non sarà nulla a confronto della mia rabbia!”, disse disperata Ebony. Lacrime scorrevano come un fiume in piena dagli occhi castani della giovane strega.
“Devi fare delle cose per me...devi dire a Teddy Lupin che Victoire l'ha amato fino al suo ultimo respiro e che mi dispiace, davvero davvero tanto.”, disse Kòre ormai con un filo di voce e annaspando un respiro.
“No! Smettila!”, urlò devastata Ebony, “e voi state indietro!!!”, intimò agli Auror.
“Noah...digli che...mi ha salvata. Digli che gli auguro di trovare pace e una ragazza che lo ami sopra ogni cosa... e F-Fred...”
Non appena pronunciò il suo nome, la grande finestra che dava sul cortile interno della villa andò in frantumi e nella sala, a bordo delle proprie scope, Fred Weasley, James ed Albus Potter, Rose Weasley, Scorpius Malfoy e Alexander Zabini, planarono dinnanzi alle ragazze.
“Che diavolo state facendo!?!?”, esclamò un Auror.
Fred non gli diede ascolto. La sua attenzione fu subito catturata dall'immagine di Kòre a terra, in ginocchio e visibilmente debole.
“Potter-...”, disse commossa Ebony. Prima che i due ragazzi potessero salutarsi, Legacy Black, accompagnato da alcuni Punitori, colse gli Auror alle spalle ed iniziò ad attaccarli.
“Stupeficium!”
Rose Weasley beccò in pieno uno di quegli incappucciati, guadagnandosi il plauso di Alexander che si era unito alla battaglia.
I ragazzi erano riusciti ad arrivare grazie al giovane Adam Baston. Lui era stato il migliore all'esame di Smaterializzazione e, pertanto, Zabini aveva pensato bene di sfruttare questa sua capacità. Era stato praticamente obbligato ad aiutarli, minacciato dal Serpeverde che non gli aveva lasciato possibilità di replica.
Si erano smaterializzati in aria, grazie al cielo già a bordo delle scope. Grazie Jocelyn e ad un vecchio atlante, erano stati in grado di fornire ad Adam un'idea abbastanza realistica e concreta del luogo in cui dovevano recarsi. Baston rimase indeciso sino all'ultimo se seguire o meno gli altri. Alla fine, prevalse la ragione dettata da Rose, secondo la quale se Adam fosse morto, loro non sarebbero riusciti a tornare.
Il piano originariamente era entrate cercando di non farsi notare, sperando che gli adulti fossero troppo impegnati con la battaglia, trovare le ragazze e scappare. Come era ovvio, nessun piano dei Potter-Weasley è mai andato secondo i piani!
“Prendete la Dolohov!”
Uno degli Auror aveva urlato questo ordine, indirizzando l'attenzione di quelli che non erano impegnati a combattere verso il gruppetto di studenti.
Ma prima che qualcuno potesse anche solo avvicinarsi a lei, Temperance Tudor si piazzò sulla strada di chiunque avesse osato torcerle un capello.
Insieme alla ragazza, c'era Derek e qualche membro della Resistenza, tra cui Noah Green. Derek era stata la prima persona che le era venuta in mente quando Draco Malfoy le aveva affidato il compito di tenere in vita le ragazze. Fu lui ad avere l'idea di confidare il piano anche ad alcuni della Resistenza che di certo avrebbero fatto qualsiasi cosa per proteggere Ebony e Kòre.
Albus Potter intravedette la sagoma di Lagacy mentre combatteva contro un Auror. Un ghigno spavaldo, sadico. Provava piacere ad infliggere dolore a quelle persone. Albus notò che erano già tre i cadaveri a terra. Impietosamente, il Re ci camminava sopra, calpestandoli come fossero formiche.
La rabbia si impossessò del corpo di Albus che si scagliò contro Legacy. L'uomo non venne preso alla sprovvista e con un agile movimento di bacchetta, spazzò via il giovane Potter, scaraventandolo rovinosamente a terra. Lo raggiunse a grandi falcate e, prendendolo per la gola, lo sollevò.
“FERMATEVI TUTTI!!!”, tuonò.
Vedendo Legacy che teneva Albus in ostaggio, l'attenzione dei presenti fu totalmente rivolta al centro della sala. Tutto si era fermato, nessuno più combatteva.
“Completa il rituale ragazzina o giuro che lo ammazzo!”
“Al!!!”, esclamò Scorpius, facendo realizzare a Kòre cosa stava accadendo.
“Kòre non lo fare!”, la intimò Noah.
“Oh e invece dovresti, piccola Kòre. O il tuo amico morirà ed avrai sulla coscienza l'ennesimo omicidio.”, disse sadico Legacy.
“Sei spregevole!”, ringhiò Temperance.
“Finisci. Il . Rito.”, disse perentorio Black.
Kòre tentò di alzarsi in piedi, raccogliendo le ultime forze che le restavano.
“Kòre non azzardarti a farlo!”, ripeté Noah.
“Ma ucciderà Albus!!!”, si disperò Rose.
“Lo ucciderà comunque!”, ribadì arrabbiato.
“Invece no! Lui è connesso ad Albus, qualsiasi cosa gli accada, accade anche a Legacy!”, si ricordò Scorpius, sorridendo vittorioso.
“Sei veramente un cretino Malfoy!”, lo schernì Legacy, “tuo padre, almeno fino a quando non si è fottuto il cervello con la Mezzosangue, era uno sveglio! E' vero, io sono connesso a Potter ma siamo due entità separate, ciò che ci tiene uniti è una pozione ed un incantesimo. La pozione non sono io ad averla in corpo e l'incantesimo...non sono stato io a lanciarlo. Ad essere connessi non siamo solo io e Potter.”
Lo sguardo di Ebony divenne improvvisamente torbido, vuoto. Fissò per qualche secondo quello di Legacy, il suo aguzzino. Nei suoi occhi vi leggeva la pazzia, la perdità di ogni contatto con la realtà e, assurdamente, del timore.
“Io non capisco...”, disse fra sé Rose.
“Io sì.”, intervenne scioccato James, “se Albus muore, muore anche Ebony, la persona che ha scagliato l'incantesimo.”
“Hai rischiato un bel po' Legacy! Sarei potuta morire il giorno che io e Jocelyn siamo scappate.”, disse Eobny.
“Era un rischio che doveva correre tesoro.”

 

“Ma poi ch'i' fui al piè d'un colle giunto,
là dove terminava quella valle
che m'avea di paura il cor compunto”


Questa cantilena indistinta di Kòre, ridestò gli animi e le paure dei presenti. Noah tentò di bloccarla correndo verso di lei ma la protezione di Erin era forte e reggeva ad ogni incantesimo che a turno Temperance e Derek provavano a lanciare.
“Kòre no!!!!”, urlarono tutti quanti.
Legacy allentò un poco la presa sul collo del giovane ma non lo lasciò. Prestava attenzione alle parole di Kòre, in attesa del grande momento.

 

“Ma non cinquanta volte fia raccesa
la faccia de la donna che qui regge,
che tu saprai quanto quell'arte pesa.”


Una scossa di terremoto fortissima fece perdere a tutti l'equilibrio. Albus venne ributtato a terra, privo di sensi.


“Male e bene, da sempre divisi, si ricongiungeranno. Nessuno è morto. Nessuno è vivo. La danza delle anime avrà inizio e balleranno sulla terra, in aria, in acqua e nel fuoco. Tutto sarà uguale. Tutto sarò diverso.”


Kòre volse lo sguardo ad Ebony che rimase stupita nel vedere che i suoi occhi erano di nuovo normali, uno viola e uno marrone scuro. Accennò un sorriso amaro, distaccato.
"Kòre...", disse flebile Fred Weasley.
La Guardiana spostò l'attenzione sul giovane. Il suo volto era inespressivo, quasi privo di vita.
"Le porte sono aperte.", disse infine atona.
Un'orda di Dissennatori attraversò la sala, circondando Kòre. Legacy e Punitori si erano smaterializzati chissà dove e gli Auror, insieme alla Resistenza, si dirigeva verso quella sala. L'ennesima scossa. Poi un urlo. Tutti caddero a terra, privi di sensi, come in un profondo sonno. Infine, ci fu il silenzio.

TO BE CONTINUED....

note di quella sfigata di un' autrice sfigata:

Io le scrivo ste note anche se mi meriterei di essere mandata affancuore da tutti! Sono in ritardo di...non oso nemmeno sapere quanto, sono le 00.56 e il testo è pieno di errori, sicuro. Popolo, MI DISPIACE! A mia difesa posso citare problemi sociali, rinnovato interesse per la corsa e università sempre presente e stressante. Spero che almeno vi piaccia il capitolo e per il prossimo, visto che è l'ultimo, giuro che mi impegnerò al massimissimo!
Sciaoooooo

  
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