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Autore: eleanor89    25/07/2008    14 recensioni
«DOVE SEI?»
«A casa mia, sono chiusa in bagno... Lui è qui.» sussurrò la ragazza, poggiandosi contro la porta.
Improvvisamente questa fu scossa da un forte colpo, ed Ino gridò, piangendo.
«Ino-chan, apri.» la sua voce sembrava così tranquilla che finì col terrorizzarla ancora di più.
«Ti prego, lasciami andare...»
«Io voglio solo il tuo bene, Ino-chan.»
«TI PREGO!» urlò ancora la ragazza
[...]
Fanfiction nata da un sogno ispirato da una storia di Coco Lee, a cui la dedico.
Genere: Drammatico, Thriller, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Itachi, Ino Yamanaka, Sakura Haruno, Shikamaru Nara
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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One shot troppo lunga forse, ma dividerla mi sembrava una violenza, perché è nata per essere una ed unica. Ho letto la fiction stupenda di Coco Lee “De umana Insania”, e la notte stessa ho fatto questo allegro sogno, in cui ero Ino. Mancava il finale al mio sogno, così l'ho dovuto ideare io, infatti si fermava al “posso andare?” che leggerete a breve..

Altre note per non rovinarvi nulla a fine storia.

Buona Lettura!


Per essere immortale.




La strada scorreva veloce fuori dai finestrini dell'auto. Una giovane donna bionda osservava pigramente fuori, con il mento poggiato su una mano ed il gomito che sporgeva fuori, senza dar segno di aver ascoltato il discorso dell'autista. Il ventunenne spiegava all'amica esattamente cosa non avrebbe dovuto fare una volta giunta in cantiere, per evitare guai.

Il terzo passeggero, nel sedile dietro, sgranocchiava la propria colazione con aria truce, fissando con disapprovazione i vestiti sformati della collega, ed i suoi capelli tagliati senza alcuno stile particolare. Dallo specchietto vedeva i suoi occhi privi di trucco, di cui bella com'era sempre stata non avrebbe avuto bisogno, se non per nascondere le occhiaie che la segnavano e l'aria sciupata.

Non era la ragazza con cui era cresciuto quella.

La macchina si fermò strisciando contro il marciapiede e i due scesero. La donna si prese un secondo per sistemarsi un capellino forse troppo grande sulla testa, poi aprì la portiera.

Subito si ritrovò ad impedirsi di tossire per via della polvere, circondata da operai che sistemavano tubi sotto l'asfalto. Sicuramente l'amico le aveva spiegato a che serviva, ma non riusciva a ricordare.

«Mi raccomando, sta attenta alla corrente! E' bagnato in giro! Ricorda di non toccare i cavi rossi!» le urlò infatti subito attraverso la polvere, con cipiglio da capo, e lei annuì.

Si guardò attorno.

«Fa schifo qui.» commentò infine, mentre l'altro rimasto sorrideva.

«Puoi dirlo. Ma si fa quel che si può. Non abbiamo trovato altro per ora, ci siamo appena trasferiti e abbiamo bisogno di mangiare, no? Tu però non sei costretta...» Ma si interruppe notando l'aria sconsolata dell'altra.

«Mi dispiace per tutto questo.»

«Non dirlo neanche per scherzo, Shikaku potrebbe decidere di picchiarti... Yoshino.»

«Scusa tanto, Chouza

Usare i nomi dei loro genitori era qualcosa che ancora riusciva a strapparle un sorriso. Poi la voce di Shikaku li richiamò al lavoro, piuttosto scocciato.

Yoshino respirò a pieni polmoni, inalando esalazioni di ogni tipo senza curarsene, cercando solo di cancellare quel bruciore al ventre che segnalava il suo stato d'animo agitato e poggiandosi una mano sul petto.

«Bisogna spostare quelli la'!» sentì ordinare a Shikaku.

Shikaku , che era un uomo ora, come lei era diventata una donna in poco tempo, bruciando le tappe della sua vita. La paura l'aveva invecchiata di vent'anni.


«Shikamaru...» la sua voce era poco più di un sussurro, appena udibile per telefono.

«Ino?»

«Aiuto.» singhiozzò tenendo il telefono attaccato alla bocca, deviando le proprie lacrime sulle dita tremanti, come se potesse proteggerla.

«Cosa? Dove sei?» gracchiò la voce dell'altro al telefono, incredulo.

«Lui è qui. Mi vuole uccidere, è pazzo, pazzo Shika. Aiutami, avevi ragione, aiutami!»

«DOVE SEI?»

«A casa mia, sono chiusa in bagno... Lui è qui.» sussurrò la ragazza, poggiandosi contro la porta.

Improvvisamente questa fu scossa da un forte colpo, ed Ino gridò, piangendo.

«Ino-chan, apri.» la sua voce sembrava così tranquilla che finì col terrorizzarla ancora di più.

«Ti prego, lasciami andare...»

«Io voglio solo il tuo bene, Ino-chan.»

«TI PREGO!» urlò ancora la ragazza, puntellando inutilmente con le punte delle sue costosissime scarpe nuove il pavimento per tenere la porta ferma.

« Smettila. Sembri lei.» ordinò, e stavolta la sua voce fu fredda, tagliente.

Ino tirò su col naso, tenendo con un braccio la gamba su cui era aperto un buco rosso che le dava la nausea solo al pensiero che fossero la sua gamba, ed il suo sangue.

«Lei chi?» si costrinse a chiedere, prendendo tempo.

«Mia madre.»
“L'ha uccisa. Oh mio dio, l'ha uccisa lui, e ora ucciderà anche me, ed io non voglio! Mamma, Papà! Shikamaru! Sakura! Qualcuno mi aiuti!” ma il grido di Ino restò soltanto un pensiero.

Un altro colpo alla porta, stavolta più debole.

Due voci dietro questa, la prima alta e chiara del suo persecutore, la seconda incomprensibile.

«Ti prego... lasciami...» ripeté sottovoce la ragazza, piangendo a dirotto, pronta a strisciare, pronta anche a dare il suo corpo, qualunque cosa pur di non finire come tutte le altre.


La dignità è qualcosa di passeggero, tra un intervallo di terrore e l'altro, pensò Ino, Yoshino, rabbrividendo sotto il sole cocente. Sapeva di dover restare sempre vicina agli amici, era una sua esigenza mentale e fisica da quel maledetto giorno, ma i ricordi che sbattevano contro il suo breve autocontrollo stavano decimando la sua prudenza.

Ino si voltò e se ne andò, a piedi.


«Posso andare o no?» chiese Itachi perdendo un filo della sua buona educazione. Era seduto da un'ora davanti al commissario e mostrava i segni di un'insofferenza dovuta ad un maltrattamento non meritato.

«Signor Uchiha, la prego di comprendere che si tratta di una faccenda delicata...»

«Accusato di omicidio da una drogata che, coincidenza fortuita, ho rifiutato parecchie volte, con i miei amici testimoni. E la drogata è una ragazzina che si fingeva più grande per imbucarsi alle feste e bere, perché è così che l'ho conosciuta. Ora, non mi permetto neppure di pensare che si sia sparata da sola, ma mi sembra logico che la sua mente già al limite, perseguitata da un maniaco assassino, abbia collegato la sua immagine alla mia. Non si sa neppure se in quel momento fosse pulita, è rimasta troppo tempo nascosta dopo. Avrà semplicemente sovrapposto l'immagine di una persona che considera malvagia, io che l'ho rifiutata, a quella di una persona veramente malvagia. Parlo ancora troppo difficile?»

Il commissario spinse con uno stridio indietro la sedia, contrariato dal tono assunto dal ragazzo, molto diverso da quello beneducato e composto di poco prima. Era volutamente sceso al suo livello di conoscenze, dopo aver sfoggiato un lessico ed una cultura invidiabili. Si chiese se l'avesse fatto per prendersi gioco di lui o fosse soltanto un paranoico.

«E per quanto riguarda le altre donne uccise, io ho alibi per parecchie di loro. Il giorno prima del mio presunto attentato all'incolumità della signorina Yamanaka sono addirittura andato a vedere una partita e c'è stata una rissa per cui ho dovuto portare un mio amico, Kisame, all'ospedale. E quello stesso giorno è stata uccisa un'altra ragazza... credo a colpi di martello. Testimoni ce ne sono anche in questo caso, ovvero tutti i presenti alla partita ed il personale ospedaliero. Posso andare? Oppure mi denuncerete per possesso del dono dell'ubiquità?» ripeté in tono sardonico.

Ricco come sei, te la caverai a prescindere.” pensò indignato il commissario, facendo un vago cenno d'assenso. In quel momento entrò un poliziotto con aria d'urgenza.

« Lo psicopatico pluriomicida Madara Uchiha è stato avvistato nella nostra provincia! E se fosse stato lui a...» esclamò allarmato, prima di rendersi conto che il commissario non era solo.

Itachi ghignò.

«Bene, potremo uccidere la Yamanaka definitivamente.»

I due lo guardarono atterriti.

«Sta confessando?» domandò il giovane poliziotto.

Itachi sbuffò. «No. Posso andare?»


Inorridito, Chouza, o Choji all'anagrafe, si guardò ancora attorno.

«Shika...» chiamò.

«Un attimo! Questo dove lo devo mettere? Accidenti ad I-Yoshino, dove si è cacciata?»

«E' a proposito di questo, Shikamaru»

Shikamaru si voltò, facendosi vento con la maglietta sudata ed una smorfia arrabbiata.

«Non chiamarmi col mio vero nome, sono Shikaku in pubblico.» sussurrò prima di continuare, «Ha detto che ci avrebbe aiutato.» concluse a voce più alta.

«Dicono che l'hanno vista andarsene.»

Il viso di Shikamaru mutò, trasformandosi in spaventato.

Ino cercò di ricordare come fosse finita in quel modo.

La festa a cui si era imbucata con Sakura, il gruppo del fratello di Sasuke, che avevano conosciuto allora, le morti che si susseguivano sempre più vicine viste alla televisione senza farci troppo caso, la morte proprio davanti a lei, la consapevolezza di ciò che stava succedendo quando era troppo tardi....


Ino osservò estasiata la fila di ragazzi più grandi che le stava davanti, trovandoli tutti ugualmente bellissimi. Sakura dietro di lei era imbarazzata invece, e si sentiva a disagio.

«Ino, e se scoprono che non siamo neppure matricole?»

«Se ti comporti a quel modo non è più una possibilità, è una certezza! Svegliati Sakura!» ringhiò lei, prima di volarsi e sistemare i capelli con un colpo di mano seccato.

«Ino, quanto hai bevuto?» domandò pensierosa l'amica. Conosceva Ino, se era poco gentile con lei generalmente era per via dell'alcol.

«Ma piantala! Non ho toccato bottiglia!» si schernì l'altra.

Sakura la fece fermare e voltare con violenza.

«Ma...» cominciò a bocca aperta, mentre Sakura la fissava.

«Hai preso pasticche vero?»

«Abbassa la voce!»

«Ti avevo detto di stare lontana da quelle troie!»

«Shikamaru non ha problemi con Temari, come Sasuke non ne ha con Karin. Quindi neanche io ne ho.» la sfidò la bionda. Sakura si immobilizzò, ferita.

«Tutto bene signorine?» domandò una voce accanto a loro.

Le due si voltarono sorprese, e si trovarono a guardare un bel ragazzo, sicuramente dell'ultimo anno, dagli occhi neri ed i capelli volutamente sconvolti.

Ino sorrise civettuola.

«Tutto bene, grazie.»

«Vi offro da bere. Siete matricole?»

«Già.» rispose con sicurezza Sakura, sicurezza nata dalla voglia di picchiare Ino.

«Non vi avevo mai viste infatti.»

Le condusse nel più bel gruppo di ragazzi che avessero mai visto.

Uno, alto, moro, dai capelli lunghi, sembrava la copia ingigantita di Sasuke.

Un altro aveva gli occhi azzurri ed i capelli biondi legati in una coda, e parlava con un ragazzo più basso dai capelli rossi spettinati e l'aria annoiata, che fisso subito i suoi occhi in quelli di Sakura, con disapprovazione. Sakura si sentì avvampare di fronte a quegli occhi, che le sembravano quasi rossi.

Vi erano altri tre ragazzi, uno dai capelli biondo platino che beveva come se stesse per morirne senza, uno coperto da un capello saldamente ancorato sulla testa che discuteva con un ragazzo dalla cresta blu e gli occhi dello stesso colore.

«Loro sono Itachi, Deidara, Sasori, Hidan, Kakuzu e Kisame. Io sono Tobi.»

Le due non seppero il perché, ma tutti risero o sorrisero al suo nome.

«Itachi... Uchiha?» mormorò Ino, ed il moro si voltò a guardarla di scatto.

«Ci conosciamo?»

«Conosciamo...» tuo fratello. Stava per dire, ma si rese conto dell'errore. Troppo tardi comunque.

«Conoscono Sasuke, probabilmente. Matricole o... imbucate?» azzardò Deidara, ridendo poi del rossore delle due.

«Che carine, così tenerelle...» commentò Hidan, guardandole con occhi che Sakura avrebbe giudicato osceni.

«No, noi siamo matricole!» si intestardì infatti la ragazza.

Gli altri risero.

«Come vuoi.» acconsentì Tobi, «Tanto questa villa è mia, decido io chi può restare e chi no, e voi siete troppo belle per lasciarci.» concluse con un occhiolino.

Le due sorrisero, ed Ino si voltò nuovamente a guardare Itachi, incantata. Sakura, invece, fissò Sasori. Con sfida.

«Noi siamo Sakura ed Ino.» proclamò soddisfatta.

«E' un piacere conoscervi, Ino-chan, Sakura-chan.» disse infine Itachi con voce vellutata, calcando sul primo nome con evidenza.

«Siete una confraternita?»

I ragazzi si guardarono.

«Siete troppo belli per essere insieme per caso.» concluse Ino, con un sorriso malizioso.

Stavolta risero tutti.


«Secondo me non dovreste frequentare quelli più grandi, vogliono solo una cosa.» dichiarò Naruto, steso sul sofà.

Shikamaru e Choji annuirono.

Ino e Sakura sbuffarono.

«Lasciatele fare come credono.» disse infine Sasuke, poco coinvolto.

«Già. Sasuke-kun, abbiamo conosciuto tuo fratello!» trillò Ino.

Shikamaru sbuffò. «Non fa altro che ripeterlo.»

«Acido.» esclamò Ino disgustata.

«Non litigate...» li pregò Hinata, offrendo loro da bere.

Sakura notò che Sasuke aveva stretto convulsamente la mano sul bracciolo.

«Sasuke-kun?»

«Non è un bravo ragazzo, su questo hanno ragione.» disse infine il ragazzo, rilassandosi contro la poltrona.

«Ecco.» si compiacque Shikamaru.

«Perchè, a te Temari t'ha maltrattato? Ti trovi bene con lei anche se è più grande e vuole solo andare a letto con te, no?»

«Gelosa!» ululò Naruto indicandola.

«Fottiti, Sakura se la intende con Sasori.»

«CHI CON CHI?»

«CHE DICI INO?!»

«La verità, cara.»

«Oh Dio, guardate la tv.» sussultò Hinata, indicandola.

«Un'altra ragazza morta. L'hanno massacrata anche stavolta.» affermò Sakura annuendo.

«Mi è familiare... mi sembra di aver già visto quei capelli neri assurdamente lunghi.» considerò Ino.

«Tre sono state uccise a colpi di coltello da cucina. Le altre con qualcosa che sembrerebbe una spada.» dichiarò Naruto.

«Stai scherzando? Come una spada?» sbottò Choji.

«Chiedi alla scientifica.» lo rimbeccò Sasuke.

«E siamo a, quante, sei? E' un serial killer, scontato.» intervenne Kiba, uscendo dal bagno.

«Ma no, dai! Che furbo! Chiamiamo la polizia e diciamoglielo, non ci saranno ancora arrivati!» lo interruppe Ino.

«E se fosse più d'uno?» azzardò Hinata.

«Venticinque magari.»

«Sei insopportabile oggi, che hai?» domandò esasperato Shikamaru.

«Oggi Ino ha un appuntamento col Uchiha maggiore.» li informò Sakura.


«Deidara...»

«Dimmi tesoro.»

Ino si fermò al semaforo rosso per i pedoni, e guardò il cielo. Azzurro, azzurro a tradimento. Ormai era estate.

«Avrò passato le selezioni per entrare nella vostra scuola, vero?»

«Ancora una volta, si.» ridacchiò il ragazzo. Sembrava triste, quel giorno.

«Ci pensi? Siamo arrivati a quota venti con le uccisioni, e sono tutte matricole.»

Deidara non rispose, fissando le auto correre all'incrocio.

«Dei-kun?» lo chiamò, strappandogli un sorriso a quel nomignolo.

«Uhn?»

«Penso che seguirò anch'io il corso d'arte.»

Deidara la guardò fiero.

«Sarai un'artista grandiosa. Spero di avere una figlia come te un giorno.» aggiunse per poi ridere.

«E tu sei il fratello che non ho. Siamo quasi pari.» rispose lei, per la prima volta affettuosa senza alcun imbarazzo. Deidara l'abbracciò brevemente.

«Nessuna, giuro nessuna, mi è mai stata accanto come te. Neppure mia madre, e lo sai. Per questo... voglio proteggerti.»

Il semaforo divenne verde, ed Ino si affrettò a passare.

«In che senso proteggere?» domandò preoccupata.

Qualcosa continuava a perseguitarla, un pensiero che non riusciva a leggere.

Era ancora voltata verso Deidara, per questo riuscì a malapena a vedere l'auto che le correva incontro. Si sentì spingere con forza, terribile forza, e volò in mezzo alla strada. Il resto fu solo un susseguirsi di rumori che non l'avrebbero mai più abbandonata.

Quando si alzò vide l'auto contro un palo, e Deidara a terra accanto ad essa, con una ruota sul braccio.

Gridò terrorizzata, mentre la gente correva loro incontro, e inciampò mentre lo raggiungeva in lacrime.

«Dei, va tutto bene, chiamo l'ambulanza...»

«Ho freddo, non serve un ambulanza in questi casi...» sussurrò l'altro, e nel farlo un rivolo di sangue scese su di una sua guancia. Ino non azzardò a sfiorarlo, tentando di comporre il numero. Il cellulare le cadde di mano tanto tremava.

«Devo dirti... una cosa velocemente.»

«No, risparmia il fiato!» gridò lei a pieni polmoni, cercando di contrastare le lacrime.

«No, avevi ragione... sulla confraternita.»

«Cosa?» ripeté piangendo, mentre l'avvertivano che l'ambulanza era stata chiamata.

«Alcuni di noi, ... confraternita.»

«C'è una confraternita, ok. Ok.»

«Tenten, Karin, Kin, Suzume, Matsuri. Nella confraternita. Google.»

Ino sgranò gli occhi, credendolo sragionare.

«Ricordati... nomi.»

Ino scosse la testa.

«Non capisco...»

Ma Deidara non poté più parlare.


Tenten... Matsuri...” erano i nomi che più le erano rimasti impressi, e digitò quelli.

Entrò nel primo collegamento, e trovò la pagina di giornale.

Un moto di nausea la colse, quando si rese conto che parlava delle ragazze massacrate negli ultimi mesi.

Non riusciva a capire cosa c'entrassero con la confraternita.

Alcune erano state uccise a colpi di accetta, altre di martello, altre di spada, altre di coltello da cucina.

Alcune ragazze colpite da spada erano state prima immobilizzate con un colpo di pistola.

Tantissime ragazze, tutte matricole al primo anno o che dovevano cominciarlo.

Poi lesse nuovamente il nome Karin e guardò la foto accanto.

La ragazza che Itachi aveva rubato a Sasuke, di cui non si era più sentito parlare.

Si chiese se Sasuke sapesse che era lei la Karin uccisa brutalmente in camera da letto mesi prima, a colpi di un arma che probabilmente era una spada. Come era accaduto a molte altre.

Itachi collezionava spade a casa sua.

Ino era stata nella casa degli Uchiha, e l'aveva vista.

Bellissima, dall'impugnatura nera preziosa, elegante e mortale.

Come Itachi.

«Ehilà! Cosa fai?»

Sobbalzò e si voltò.

«Tobi.» disse con voce incolore, chiudendo con uno scatto il pc portatile.

«Aspetto Itachi e gioco a carte al pc. Dov'è ora?»

«All'ospedale, pare che Kisame si sia lanciato in una rissa alla partita e l'abbia dovuto portare. Vieni a fare un giro con me? Qui mi annoio!»

I modi di fare da bambino le parvero improvvisamente inquietanti.

«Penso che andrò a casa, scusami.»

«Ti accompagno Ino-chan?»

«Preferisco passeggiare, è una così bella serata. Magari domani ci facciamo un giro, no?» si sforzò di essere naturale. Tobi non doveva capire che sospettava anche di lui. Chiunque poteva essere in quella confraternita.

Si alzò e lo salutò con un bacio sulla guancia e lui sorrise e la salutò con una mano, mentre con l'altra riponeva gli valigia con gli attrezzi che usava al corso di meccanica.

Non si rese conto che il pc non era stato chiuso bene, e la pagina era aperta.

Ci pensò soltanto strada facendo.


Il resto è storia. pensò Ino distrattamente.

Aveva telefonato a Sakura e non l'aveva trovata, così aveva detto soltanto «penso che Itachi sia coinvolto negli assassini di matricole. Appena torni, chiama gli altri e vieni a casa.»

Soltanto che Sakura era andata a dormire fuori, e non sarebbe tornata prima del giorno dopo.

Ino si era chiusa in casa, cercando di rilassarsi ma senza chiudere occhio tutta la notte, salvo addormentarsi per sfinimento la mattina dopo. Era stata svegliata il pomeriggio dal campanello della porta, Era corsa, pensando fosse Sakura, ma quando aveva aperto si era trovata davanti Itachi, con la solita aria impassibile, e si era sentita gelare.

«Amore!» si era sforzata di dire, saltandogli al collo, pregando di non apparirgli diversa. Si era resa conto all'istante che il corpo di Itachi era più freddo del solito, come diventava quando era teso. «Scusami, ma sto aspettando visite.»

«Sarà una cosa veloce.» aveva detto serio, terrorizzandola.

Ino, in preda al panico, invece che farlo entrare e magari colpirlo alle spalle, aveva fatto un salto indietro e tentato di chiudere la porta di scatto, ma il corpo di Itachi l'aveva bloccata e lei aveva urlato, chiamando aiuto.

Per un riflesso aveva capito di doversi buttare di lato, e lo aveva fatto.

Uno sparo, e poi il dolore alla gamba, lancinante. Ma mai quanto la paura di essere sul punto di morire.

Itachi aveva urlato qualcosa da fuori lasciando andare la porta, e lei era strisciata fino al bagno.

Non era solo.

Era riuscita ad afferrare il cellulare, ringraziando Dio che il suo appartamento fosse piccolo, e si era chiusa dentro.

C'era qualcun altro con lui.

Aveva composto il numero di Shikamaru, e le sue mani tremavano come due settimane prima, davanti al corpo scomposto di Deidara.

La confraternita. Mai agire da soli. Più corpi, un solo spirito. La confraternita.

Vaghi slogan di confraternite, cantati, gridati, le avevano invaso la mente, ed era riuscita anche a sbagliare numero.

Poi, il suono rassicurante della linea libera.

Poi, Itachi aveva cominciato a parlarle.


«Ino, tutto bene?»

Sbalzata fuori dai suoi ricordi, Ino alzò lo sguardo su Sakura.

Sakura era rimasta accanto a lei tutto il tempo. Anche quando era passata per drogata, quando il giudice aveva permesso che il caso fosse rimandato e aveva dato la libertà vigilata ad Itachi, sporchi soldi di ricco che pagavano la libertà, non era mai scappata verso un luogo più sicuro. Anche lei sarebbe potuto essere una loro vittima, del resto.

Ino non era stata presa sul serio, mai. Aveva urlato contro le autorità corrotte, pianto e si era persino avventata contro un poliziotto.

Alla fine uno di loro, Asuma Sarutobi, aveva preso a cuore la ragazza.

Aveva dovuto cambiare vita, identità, per essere al sicuro.

Sicurezza virtuale. Itachi era ricco da far schifo, aveva ereditato i soldi della famiglia, morta in un incidente d'auto. Ino ora non credeva più alla storiella dell'incidente.


[«Smettila, sembri lei.»

«Lei chi?»

«Mia madre.»]


E poteva trovarla ovunque fosse. Se lo sentiva, che sarebbe morta.

Per questo non voleva stare con Shikamaru e Choji, non voleva coinvolgerli.

Ma non era altrettanto facile fuggire da Sakura.

L'amica andò a sedersi sul divano, senza aspettarsi alcuna risposta. Ino non rispondeva più a nessuno.

«Stasera vengono a cena Naruto e Sasuke.» la avvertì. In quel momento fu suo padre ad entrare, ciarlando allegramente dei suoi incontri al supermercato, forse per tirarla su di morale.

Il loro gruppo era rimasto inseparabile, ed Ino non sapeva se piangerne o meno. Sasuke poi aveva smesso di parlare del fratello e si comportava come se fosse figlio unico, non aveva mai dubitato di lei. Naruto, neanche a dirlo, si era dichiarato pronto ad ucciderlo se l'avesse visto. Hinata poi l'aveva pregata di mantenersi in contatto, ed anche Kiba l'aveva avvertita che avrebbero sempre tenuto libero il suo posto d'onore in attesa del suo ritorno.

Adorabili.

Ed inutili.

«Ino!»

Sobbalzò quando Shikamaru entrò trafelato.

«Grazie al cielo sei quì!» esclamò Choji, ansante.

«Non azzardarti mai più ad andartene in quel modo, ci hai fatto prendere un infarto!» la sgridò furioso il primo.

«Te ne sei andata in giro da sola?» si allarmò Sakura, mentre il padre tornava dalla cucina.

«Ino, sai che non puoi ancora farlo!»

«Tanto...»

«NO! TANTO NULLA! Perchè ci stiamo impegnando se ti sei rassegnata a morire?!» Shikamaru si sentì male ad urlare contro, ma sapeva di essere l'unico a riuscire a scuoterla dal suo torpore.

«Non mi sono rassegnata a morire.» cominciò con voce dura Ino, «Ma soprattutto non sono rassegnata a vedere voi morti.»

Sakura sbuffò. «Ancora questa storia... siamo al sicuro noi.»


Hinata girò la chiave nella toppa, chiudendo la porta di casa. Kiba l'aspettava nell'edificio accanto, nel proprio appartamento, per ordinare del cibo cinese. Sorrise tra sé e sé, mentre scendeva le scale. Le mancavano da morire tutti gli amici, ma era convinta che li avrebbe rivisti a breve.

«Hinata Hyuga?» la chiamò una voce, scesa la prima rampa. «Sei proprio tu?»

Dalla porta di un appartamento era comparso un ragazzo familiare, dall'aria allegra.

Si rese conto che era l'amico di Sakura ed Ino, che le avevano presentato ad una festa di compleanno, quello che le aveva ricordato Naruto per il modo di fare allegro, mentre seccava Deidara.

«Tobi, vero?» chiese la ragazza, avvicinandosi cortesemente.

Il ragazzo era poggiato alla porta, con un martello in mano. Hinata pensò ai colpi che aveva sentito poco prima e capì che era lui.

«In realtà sarebbe Madara.» sorrise gentile, «E dovresti entrare un attimo. Mi è arrivata una mail da Chi-Sai-Tu.»

Hinata lo guardò sorpresa, e lui abbasso la voce. «Ino. E' per te. Sa che vivo vicino a casa tua.»

«Ma certo!» comprese Hinata, ed entrò.


«Itachi non era da solo, ti ricordo.» sibilò Ino..

«Qualcuno ti ha sparata, si. Sicura che non sia stato lui?» domandò Sakura.

«Ricordo che avevamo chiarito che usa la spada. Casa Uchiha, hai presente?»

Crack.


Shikamaru e Choji, stanchi di quella botta e risposta, andarono ad aiutare Inoichi ad apparecchiare.

«Giusto. Pensi che ce ne sia uno diverso per ogni arma?»


Crack.


«Potrebbe essere. Senti Sakura, so che ti da fastidio pensar male di Sasori...»

Sakura si alzò in piedi di scatto.

«Sasori non c'entra nulla!» la investì, per poi tentare di calmarsi, «E comunque le armi sono una spada, un martello, un'accetta ed un coltello da cucina. Quattro. Quale dovrebbe usare Sasori secondo te?»


Crack.


«Il martello.» disse subito Ino. «Il martello che usa per costruire... le... marionette...»

«Ino?»


Crack.


«Ad ogni modo, Naruto amerà sempre Sakura, è stato meglio farla finita subito, no?»


Un altro colpo di martello, un altro crack.


«Ora dormi, Hinata-chan.»


Crack.


«Sasori non usava il martello.»

«No, infatti.» confermò Sakura. Non le piaceva quel ragazzo, ma non riusciva a sospettare di lui.

«Io so chi lo usava.»

«Cosa?»

«Papà... PAPA'! IL TELEFONO! DAMMI IL TELEFONO!»

«Che succede?» chiese Naruto entrando di corsa dalla porta di ingresso. Lo seguì Sasuke, che tentava ancora di mostrarsi calmo.

«Arrivo!» rispose il padre, dal piano di sopra. «Spero sia importante, sto facendo una chiamata di lavoro...»

«Che succede?» ripeté Naruto, prima di cacciare una mano in tasca.

«Che fai?» chiese Shikamaru, sorreggendo Ino che sembrava sul punto di dare di stomaco.

«Il cellulare vibra. E' Kiba.» disse Naruto, prima di rispondere.


Ino guardò il soffitto della propria camera. Non avrebbe mai pensato un giorno che si sarebbe trovata in quella situazione, lontana dalla città in cui era cresciuta, in una casa dove si sentiva un' estranea.

Ma forse non sarebbe più stata altro, anche in tutto il resto del mondo.

Sentiva il pianto soffocato di Naruto, con la testa premuta accanto al suo cuscino. Un vassoio pieno di cibo era ridotto a terra in frantumi, ed il latte scorreva nel pavimento sporco.

Sakura si era fermata alla porta, anch'essa in lacrime, per poi scegliere di dirigersi nella camera dopo, dove si trovavano gli altri.

Non riuscì a versare una lacrima in quel momento, vergognandosi solo della sua presenza lì, accanto a Naruto che piangeva soltanto per Hinata. Una parte di lei le sussurrava malignamente che se non fosse scappata, se si fosse lasciata uccidere una buona volta, lui, chiunque fosse l'assassino, sarebbe andato oltre ed Hinata sarebbe stata al suo posto, consolando Naruto invece che restando a guardare il soffitto lasciando l'altro a strapparsi il cuore pezzo per pezzo. L'altra parte di lei invece era disgustosamente sollevata di avere allungato il tempo da passare su quella terra.

Ino spostò il viso e guardò quella testa bionda che sembrava scomparire sul cuscino. Avevano i capelli e gli occhi dello stesso colore lei e Naruto, così particolari per chi viveva in Giappone, tanto che un tempo li avevano scambiati per fratelli.

Un' altra stretta al cuore, pensando a come fosse stata scambiata anche per la sorella di Deidara.

Da qualche tempo però era diventato impossibile pensarlo, perché gli occhi di Ino si erano fatti più spenti, privi di quella luce che continuava a brillare in quelli blu carichi di Naruto, e anche i capelli avevano perso la lucentezza di quando li curava ogni giorno.

E tuttavia, probabilmente presto avrebbero ripreso a considerarli tali. Non sarebbe stata Ino a tornare come un tempo, piuttosto sarebbe stato Naruto a cominciare a somigliarle.

Il ragazzo alzò lo sguardo, mormorando qualche scusa soffocata. Ino gli accarezzò i capelli con una mano tremante, rassicurandolo. Si fissarono negli occhi, e Ino seppe che era già cominciata la fine, da un pezzo, anche per Naruto. Non avrebbe potuto più fingere bene come prima.


Ino finalmente piangeva, artigliata contro la giacca di Shikamaru, sorprendendosi di avere ancora lacrime. Aspirò l'odore forte di sigarette, che Shikamaru aveva fumato rabbiosamente una dopo l'altra prima di arrivare lì, cercandovi conforto. Una mano di Shikamaru le stringeva possessivamente la schiena, premendola contro il suo corpo, come se questo potesse bastare per proteggerla. Accanto a lei Sakura singhiozzava, poggiata contro Sasuke il cui viso sembrava scolpito nel marmo. Choji sosteneva Naruto, che non piangeva ma era stato annientato, e Kiba sedeva per terra a dispetto di tutto e di tutti. Aveva rivisto Neji, il cugino di Hinata, già stato in quel maledetto cimitero quando la sua fidanzata Tenten era stata uccisa, allo stesso modo, dalle stesse persone.

I due si erano guardati e non avevano fiatato, ma il loro silenzio era carico di parole.

Pioveva, e nulla era più adatto a quel giorno, se non tuoni e fulmini.

«Non doveva... è tutto sbagliato...» sussurrò all'orecchio di Shikamaru.

«La morte lo è sempre.» affermò l'altro convinto. O semplicemente impotente.

«Si ma dovevo essere io...» mentre diceva quelle parole le lacrime quasi la soffocarono. Ripensò a quando Naruto aveva lasciato cadere il cellulare, pochi giorni prima. Quando era corsa in camera, prima di avere un attacco di panico, ed ai pensieri che l'avevano colta quando la sera Naruto aveva voluto raggiungerla per convincerla a toccare cibo.

«Non dirlo neppure per scherzo. Non permetterò ad Itachi o a Tobi di toccarti.»

Ora le credevano, la polizia e gli altri. Erano stati inviati mandati di cattura per Itachi, Sasori, Hidan, Kakuzu e Kisame.

Quando poi per la trecentesima volta aveva descritto Tobi, Hatake, un poliziotto sulle tracce di Madara Uchiha da tempo, si era reso conto che si trattava della stessa persona.

Aveva l'aspetto di un ragazzino pur non essendolo ormai più, come se la pazzia l'avesse confermato. Soffriva di manie di grandezza che lo portavano a credere di essere un dio, e purtroppo un dio del male. Aveva carisma, e secondo il poliziotto sarebbe stato in grado di traviare altre giovani menti già sull'orlo della malattia.

Sasori e Kakuzu erano già stati portati via dalla polizia, ancora recalcitranti che dichiaravano la loro innocenza. Gli altri erano ancora introvabili.

Asuma Sarutobi era stato incaricato di seguire Ino ovunque. A lui davano il cambio Kurenai Yuhi e Kakashi Hatake. La sorveglianza era in particolare rivolta verso le due ragazze.

Ma Ino sentiva che Sakura era al sicuro, in qualche modo. Era lei la prossima.

Alla fine della celebrazione decise di andare a comprare un giornale, per aggiornarsi sulle morti. Asuma e Kurenai erano preoccupati per la sua salute psichica che ovviamente ormai vacillava, e non la informavano di nulla. Salutò gli altri chiedendo di restare sola, o meglio, sola con Asuma.

Gli altri non accettarono di buon grado, ma non ebbero scelta, e fu lasciata andare.

«Asuma, tu saresti uno zio perfetto. Il modo in cui guardi male i ragazzi che passano è confortante.» disse, per rompere il ghiaccio poco dopo. Oramai erano diventati amici, sebbene la differenza di età fosse notevole.

«Non i ragazzi che passano, quelli che passano e ti guardano come se volessero mangiarti con gli occhi.» specificò l'altro, accendendosi una sigaretta.

«Dove hai parcheggiato?» chiese Ino distratta, pagando il proprio giornale. Evitò accuratamente di guardare in prima pagina, dove l'ultima vittima, trovata dal migliore amico uccisa a colpi di martello sulle scale di casa era stata descritta nei dettagli.

«Prendi le scale, sta nei parcheggi sotterranei. Cosa cerchi?»

«Notizie tipo “hanno preso Itachi Uchiha alla frontiera” o “è morto Madara Uchiha in seguito ad una scossa elettrica.” » rispose cupa. «Voi non mi informate mai di nulla.»

«Di una cosa del genere sarei il primo ad avere il piacere di avvertirti. Per il resto è tutta burocrazie inutile.» spiegò Asuma, scendendo i gradini.

«E' terribile.» soffiò la ragazza, chiudendo il giornale per tornare alla prima pagina. Gli occhi timidi di Hinata la guardarono da una foto.

«Era così dolce e delicata...» sussurrò prima di scoppiare in lacrime ancora. Asuma le porse un fazzoletto. Non era il suo lavoro di poliziotto, eppure non pareva impacciato in quella situazione.

«Li prenderemo.»

«Non prima che uccidano me, o nel mentre.» lo accusò alzando la voce.

«Prima.» replicò lui calmo.

«No.» disse la ragazza, passando una mano tra i capelli corti tagliati rudemente.


«Sai cosa mi piace di te? I tuoi capelli. Sono profumati, Ino-chan, e così lunghi... a noi sono sempre piaciute le ragazze dai capelli lunghi. Ci attirano. I tuoi sono lunghi fili d'oro... ne terrò qualcuno per me, appena ti prenderò. Li terrò al sicuro, te lo prometto. Me ne bastano un paio. Non li lascerò toccare a lui.»


«E' strano.» pensò, bloccandosi sulle scale.

Anche Asuma si fermò. «Cosa è strano?»

«Quel Sasori...»

«Va avanti.» la invitò lui.

«Potrà sembrare una sciocchezza, ma a lui interessava Sakura, che ha i capelli corti. Mi sono appena ricordata che il giorno in cui Itachi è entrato in casa ha detto “a noi” e non “a me” piacciono le ragazze coi capelli lunghi. Questo escluderebbe Sasori.»

«Ne parlerò in centrale.»

«Nega di sapere qualcosa, ancora?»

Asuma non rispose, cercando la propria auto.

«Andiamo, piantala.»

«Si, nega ancora. Forse dice la verità. Sono un gruppo di psicopatici e penso che i dettagli contino.» dichiarò infine, gettando a terra la sigaretta. «Shikamaru, Choji, lo so che siete qui. Fuori.»

Ino si voltò esterrefatta, e vide comparire da dietro due macchine gli amici, imbarazzati.

«Era per sicurezza...» mugugnò Choji.

Ino sorrise per la prima volta in quella giornata orribile. E subito dopo se ne sentì in colpa.


Il cellulare di Sakura vibrò nella sua borsetta nera, e la ragazza si affrettò a prenderlo.

Naruto e Kiba la guardarono dall'altro capo del tavolino, sepolto da bottiglie e bicchieri.

«Pronto, signorina Kurenai?» la voce di Sakura tremò appena e chiuse gli occhi, pregando che non fosse accaduto nulla.

«Sakura, mi dispiace disturbarti per questo... Sasori chiede di te insistentemente, e dice che non aprirà più bocca se non potrà parlarti.»

«Oh.» Sakura giocherellò con un bicchiere vuoto, stuzzicata dall'idea di scolarne un altro paio.

Non era vero che non le piaceva affatto quel Sasori.

Sasuke era andato al bagno, e ogni sua resistenza si era allontanata con l'oggetto che le scatenava.

«Va bene.» acconsentì.

«Davvero?... allora, puoi vedere Kakashi?»

«Si, il signor Hatake è fuori dal bar.»

«Bar?»

«Si.» confermò, vergognandosene. Avevano pensato che ubriacandosi avrebbero sentito meno dolore.

«Va bene, potresti farti dare un passaggio da lui?»

Senza dare spiegazioni di sorta Sakura salutò i presenti e si diresse a passo svelto fuori, sapendo di avere gli occhi apprensivi di Naruto sempre puntati su di se. Spiegò velocemente la situazione ad Hatake, che la fece immediatamente salire nell'auto.

Il viaggio fu breve, non si trovavano lontani dal commissariato.

Sakura, cercando di dominare il proprio tremore, salutò quei poliziotti che conosceva ormai bene, ingiustamente. Poi Kurenai con la solita dolcezza la invitò a seguirla.

«Sasori è di qua.» disse.

Kurenai ebbe un sussulto e si toccò il ventre. Era ancora troppo presto per sentire il bambino, eppure per un attimo gli era parso che si fosse mosso. Guardo la foto sulla propria scrivania, scattata da Kakashi durante una vacanza in cui abbracciava Asuma, ed il fiore che lui stesso le aveva regalato il giorno prima messo in un bicchiere e ormai quasi appassito.

Aveva un brutto presentimento.


«Ti hanno rubato la macchina.» disse Ino, «Sei un poliziotto e ti hanno rubato la macchina.»

Asuma non sapeva se ridere o arrabbiarsi.

«Ero con voi tutto il tempo. Saliamo e prendiamo un taxi, poi ne parliamo.»

Shikamaru fissava il punto in cui si sarebbe dovuta trovare l'auto con insistenza.

«Shikamaru?» lo chiamò Asuma, sinceramente affezionato dopo quei mesi al ragazzo.

«E se fosse una trappola?» sussurrò per non farsi sentire da Ino, ed Asuma portò all'istante una mano alla fondina della pistola, maledicendosi per non averci pensato prima.

Una voce roca e moltiplicata dall'eco del parcheggio semi-vuoto riempì l'aria.

«C'è chi lo fa in nome del potere, io agisco in nome di Dio.»

Ino si sentì gelare il sangue e prima di rendersene conto cominciò a battere i denti e a ficcarsi le unghie nelle braccia magre graffiandosele.

«E' Hidan!» cercò di gridare, ma la voce era ridotta ad uno stridio leggero.

Asuma estrasse all'istante la pistola. «Voi tre correte fuori, chiamate aiuto!» ordinò, pronto ad aprirsi la strada a suon di pallottole.

Un millesimo di secondo dopo una luce ramata gli sfrecciò davanti e i tre ragazzi che erano rimasti ancora ai loro posti senza ascoltarlo urlarono.

Asuma osservò la propria mano con la pistola volare a terra seguendo il bagliore, senza rendersi conto di ciò che era accaduto. Ma il suo sangue freddo di poliziotto riprese a scorrere e capì.

Hidan, l'accetta.

«Asuma!» gridò Shikamaru, fermato da Choji prima che facesse la pazzia di raggiungerlo.

«SCAPPATE!» urlò nuovamente l'uomo, cadendo in ginocchio, sapendo che di lì a breve avrebbe sentito un dolore insopportabile. Si rese conto dell'inutilità di tutto mentre cercava di raggiungere la pistola con l'altra mano, quando trovò due scarpe di cuoio accanto a sé. Hidan non aveva finito con lui.

Il dolore esplose nel suo polso monco e subito dopo ancora accecato da questo sentì una sferzata al fianco destro.

Ino gridò ancora inorridita e si portò le mani davanti agli occhi. Shikamaru comprese che dopo sarebbe toccato a loro, privi di armi, e si voltò a guardare Choji. L'amico, pallido, annuì, e afferrato un braccio di Ino cominciò a correre verso le scale in cerca di aiuto.


«Sakura, ascoltami. Mi conosci, non posso essere uno di loro. Anzi, anche loro, non sono i tipi da poter fare qualcosa di simile, ci deve essere un errore.»

«Sasori, ho già sentito abbastanza.»

«Allora, se non mi credi, perché non mi guardi negli occhi?»

Sakura levò lo sguardo verso il vetro che li separava, e guardò Sasori con un misto tra pena e terrore.

«Vorrei farlo...»

«Ma non puoi fidarti perché potrei ucciderti.» concluse per lei, amaro.

«Tu mi piacevi.» disse Sakura in tono d'accusa.

Sasori sgranò gli occhi, stupito.

«Tu mi piacevi, e non mi è mai piaciuto nessun ragazzo, se non Sasuke. Non è giusto tutto questo, e non ti permetterò di giocare sul fatto che lo sai per convincermi.»

«A parte il fatto che non sono nella tua mente, ragazzina presuntuosa... ma non ci sto giocando sopra, non gioco sopra un bel nulla. Volevo vederti perché voglio che almeno tu creda alla mia innocenza.» dichiarò l'altro.

Sakura restò in silenzio.

«Non piacevi a Kisame.»

«Cosa?»

«Le ragazze uccise avevano tutte i capelli lunghi, ma ora i serial killer sembrano impazziti. Se sono davvero loro, io non lo so. Però ormai non rispettano più periodi di una settimana o più tra l'una e l'altra o cose simili. Stanno uscendo di testa definitivamente. E tu non piacevi a Kisame. Fossi in te girerei armata.»

Sakura lo guardò a bocca aperta.

«E... Sakura, anche a me, tu piacevi.»


Girare per la città gridando aiuto è la cosa più inutile che si può fare. Ino lo scoprì quel giorno, quando nessuno badò a lei, Choji e Shikamaru.

La gente si allontanava di corsa o li guardava come se fossero pazzi, senza far nulla.

Ino, esasperata, si lasciò cadere a terra. Stavolta si che le lacrime le si erano esaurite.

Shikamaru e Choji invece piangevano di dolore e di paura, e quando il Nara si voltò e corse nuovamente giù per le scale, Choji se ne avvide troppo tardi.

Volò al suo inseguimento insieme ad Ino, che si era rialzata con fatica.

Shikamaru volò per gli scalini, dove Hidan ancora infieriva su Asuma. Era talmente preso dal suo lavoro, che condiva di urla animalesche e improperi, che Shikamaru riuscì a scivolare e a prendere la pistola senza che neppure se ne accorgesse.

«FIGLIO DI PUTTANA!» gridò, puntando al torace. Non poteva mirare alla testa soltanto perché non era certo di prenderla, tanto tremava.

Poi fece fuoco.


La centrale era in fermento. Sakura si fermò accanto a Kurenai, turbata. Le aveva appena riferito le parole di Sasori su Kisame.

«Che succede?» chiese Kurenai ad Anko, della squadra interrogatori.

«Kurenai, hanno chiamato dal parcheggio sotterraneo dietro le poste.»

Sakura si irrigidì.

«Quello accanto al cimitero?» domandò.

«Esatto. Era la radio di Asuma, ma non abbiamo capito che succede, si sentivano solo rumori.»

«Che genere di rumori?» si sorprese Kurenai.

«Non lo so.» mentì Anko con tranquillità, «Ma per sicurezza abbiamo mandato una squadra.»

Kurenai si morse un labbro, tornando a guardare la foto accanto al proprio computer.

«Stai calma, Kurenai.» la rassicurò seria Anko, prima di sorridere di nuovo, «Potrai andare in crisi solo il giorno del matrimonio. Lì, è normale.»

Anche Sakura e Kurenai sorrisero.


«Asuma....» chiamò Ino distrutta. Guardò il corpo del poliziotto e fu scossa da un conato di vomito.

Dovette piegarsi contro una macchina per poi rigettare la colazione, già scarsa, fatta quella mattina.

«E' morto.» disse Choji, toccando il collo di Hidan per sentirne le pulsazioni, unico ad averne avuto il coraggio. Shikamaru aveva sparato tutte le pallottole della pistola, e poi si era accasciato accanto ad Asuma.

Un gemito attirò la loro attenzione.

«Asuma?» fece incredulo Shikamaru.

Ino sollevò la testa, asciugandosi la bocca, e strisciò accanto a loro.

«Diceva...» mormorò Asuma, sofferente.

Tutti si piegarono verso di lui.

«Non sforzarti!» esclamò Choji.

Ino ricordò Deidara. Aveva lo stesso sguardo di Asuma, e vi era lo stesso odore di sangue e morte.

«Fallo parlare.» ordinò con voce ferma. Shikamaru la guardò e capì, cercando di trattenere ancora le lacrime, per fingere che andasse tutto bene.

«... che c'è un messaggero del suo dio, che spiega a lui e gli altri cosa fare. Ha parlato di Itachi e Kisame... non ho capito tutto... ha nominato Madara.... soltanto loro. Degli altri due... ne parlava come di ignari.»

«Sasori e Kakuzu non c'entrano nulla?»

Asuma fece segno di no con la testa, poi sorrise con le poche forze che gli restavano.

«Voi siete come figli per me... Spero che mio figlio diventi come voi. Shikamaru, te lo affido, lo sai. E voi, andate avanti.»


«Sarai un'artista grandiosa. Spero di avere una figlia come te un giorno.»


Asuma esalò l'ultimo respiro, ed i tre scoppiarono in lacrime, mentre in lontananza si udivano già le prime sirene.
Le lacrime non si esaurivano mai per davvero.


«Ci parlo io con lei.» dichiarò Shikamaru, davanti ad un gruppo di poliziotti che cercavano di decidere cosa fare.

Tutti si voltarono a guardarlo, compresa Ino che era tra le braccia di Sakura.

«Sei sicuro?» domandò Kakashi.

«Una volta ha detto... che sarei dovuto essere io il padrino del bambino.» non ci fu bisogno che spiegasse di chi parlasse, e Shikamaru fu fatto passare.

Ino dallo spiraglio della porta ora aperta poté vedere Kurenai riordinare i documenti sulla propria scrivania, voltarsi e notarlo.

Poche parole, e la donna cadde in ginocchio senza un suono, mentre Shikamaru si piegava davanti a lei, poggiandole una mano sulla spalla.

I suoi colleghi entrarono uno ad uno.

In quel corridoio rimasero soltanto Sakura, Ino, Choji, Sasori e Kakuzu.

E soltanto gli ultimi tre erano liberi davvero.


«Un messaggero del loro dio, capite?»

Due settimane dopo Ino sedeva in un elegante locale in centro, ed intorno ad un tavolo rotondo stavano i suoi amici. Kiba, tornato tra loro, Sasuke, Naruto. Sakura, Shikamaru, Choji e stavolta anche Sasori. Kakuzu, di loro, non aveva più voluto saperne.

«Ho sempre pensato che Hidan fosse una specie di satanista... Tobi, scusate, Madara deve aver sfruttato quel lato.» ragionò Sasori.

«Io non capisco... come possono sempre sapere dove siamo? Abbiamo cambiato tutto della nostra vita, ed è stato inutile.» si lamentò Sakura.

«Oltretutto la notte prima che arrivasse a casa mia, Itachi e Kisame si sono fatti coinvolgere volutamente in una rissa, per avere un alibi mentre Hidan uccideva. Insomma, non sono stupidi.» confermò Ino.

«Dei malati di mente geniali.» disse disgustato Naruto.

«Morbosi.» commentò Kiba, con sguardo perso.

Lui aveva trovato Hinata sulle scale di casa sua, quasi irriconoscibile, quando si era stancato di aspettarla a casa. Incredibilmente vicino, terribilmente lontano.

E si era accorto che aveva pianto, dalle lacrime sul viso tumefatto.

«Kiba?» lo chiamò Ino poggiando una mano sulla sua spalla.

«Ci sono.» disse, sentendo improvvisamente la gola secca.

«Non possiamo neanche vivere i nostri lutti in pace, siamo come in attesa...» cominciò Sakura, lasciando sfumare la voce.

Ino si versò da bere.

«In attesa del prossimo, intendi? È così, infatti.»

Tutti sospirarono, coprendosi poi la testa con una mano o poggiandola sul tavolo o sulla poltrona.

«Qualunque cosa accada, vi voglio bene.»
Tutti guardarono improvvisamente allarmati Ino, che aveva parlato.

«Vale anche per me. Se va male, grazie di aver tentato.» aggiunse Sakura, con un improvviso groppo in gola.

«Non dite sciocchezze!» urlò Naruto facendo voltare tutta la clientela. «MAI!»

«Sakura, proprio tu poi, hai i capelli corti. Ti manca l'attrattiva.» le fece notare Sasuke, giocherellando distrattamente con un ombrellino sul proprio cocktail.

«Riesci ad offendere anche così, complimenti.» ironizzò Kiba.

«Kisame ce l'aveva con lei da sempre. Odio a pelle.»

«Buffo. Avrei giurato che tu la odiassi a pelle, dallo sguardo di fuoco che vi siete lanciati la prima volta.» considerò Ino.

Sasori si strinse nelle spalle. «I suoi capelli erano un pugno nell'occhio.»

«Grazie. Sono commossa.» sbottò Sakura, rendendosi a malapena conto che il groppo in gola era sparito.

«C'è sicuramente qualcosa che ci sfugge.» disse tra sé e sé Shikamaru, attirando l'attenzione di Sasuke.

«Hai ragione. Oltretutto è assurdo come scompaiano facilmente, è come se avessero sempre una porta a disposizione.»

Sakura pensò ad Hinata, l'unica che conosceva, e alle volte in cui era andata a trovarla a casa sua. Ino abitava in centro, era più facile fuggire da casa sua, ma le due palazzine in cui vivevano Hinata e Kiba erano in periferia, e non era facile sfuggire alla gente che li cercava ovunque.

Un flash passò nella mente di Sakura, fantasma di discussioni passate, quando tutto era ancora normale.

«Il falso Tobi abitava in periferia.»

Sasori alzò lo sguardo. «Mh? Si. Ma chissà dov'era la sua vera casa.»

«E se non avesse mai mentito? Oltre che sul nome, intendo.»

«Forse è il caso di parlarne con la polizia.» suggerì Naruto.

«Con quello che è in grado di fare...» disse contrariato Sasuke.

«Che vuoi dire?» sbottò nervosamente Shikamaru.

«Col coraggio che hanno magari mandano Yuhi.»

Le nocche di Shikamaru sbiancarono tanto strinse forte il bicchiere, ed Ino temette che sarebbe andato in frantumi. Kurenai non la si doveva neppure nominare in quella situazione, era d'accordo. Avrebbe volentieri preso a schiaffi Sasuke, quando intercettò un'occhiata tra Sakura e Kiba.

Quando poco dopo si salutarono dandosi appuntamento per l'indomani, Ino raggiunse questi ultimi.

«Cosa avete in mente?»

Sakura guardò Kiba, che ricambiò lo sguardo.

«Niente.»

«Sakura, tu non sai ancora cosa vuol dire... non hai vissuto...» seppe di aver scelto le parole sbagliate non appena gli occhi di Sakura lampeggiarono.

«Voglio dire, non sulla tua pelle. Non ti hanno ancora attaccata di persona, non andartela a cercare. Non sai cosa si prova ad essere braccati costantemente, a sapere che non sei sola ma non capire dove si trovano, dove arriveranno... e se ti metti in mezzo non avrai neppure un momento di pace. Guardami, Sakura. Non ho avuto quasi il tempo di piangere con Hinata, che è toccato ad Asuma, e non so quando toccherà a me, non posso mai rilassarmi, mai. Non fate nulla di avventato.»

«Non faremo nulla, Ino.» ripeté Sakura con tono tanto tranquillo che Ino seppe di aver fallito. Si sentì incompresa, nessuno riusciva a capirla lei. La guardavano con pietà, a volte insofferenza, quando scoppiava a piangere all'improvviso. Viveva così da mesi e ormai stava esaurendo le briciole di salute mentale rimaste, lo sapeva, e gli altri non riuscivano a capire, per quanto si sforzassero, la sua situazione. Cercavano di andare avanti, e non capivano che lei non poteva ancora, che restava ferma sullo stesso posto.

«Ci vediamo domani allora.» salutò tristemente, rinunciando a dar voce ai suoi pensieri.

«Domani sono al poligono.» la contraddisse Sakura.

«Che diavolo ci fai?»

«Perfeziono la magica arte dello sparare.... Voglio ovviamente imparare a difendermi da sola. Dovresti venire anche tu, Ino. Me l'ha indicato Sasuke.»

Ino annuì distrattamente, per poi allontanarsi. Il poligono. Ino era certa che anche se avesse imparato a sparare in una situazione di reale pericolo sarebbe crollata definitivamente senza potersi difendere.

Tornò da Shikamaru che l'aspettava quasi di corsa, e si strinse alla sua maglietta.

«Sta diventando un vizio per te, sformarmi le magliette.» le disse quasi dolcemente.

Ino lo guardò ed il suo viso divenne indecifrabile.

«Che succede?» chiese pacato, ma con una punta di nervosismo.

«Sakura e Kiba hanno in mente qualcosa, e non so cosa.»

«Seguiamoli con la mia macchina. Se ho capito cos' hanno in mente, andranno all'appartamento di Hinata.»

«Veniamo anche noi.» si aggiunse Naruto.

«No. Meglio dividerci stavolta. Quel giorno... se non fossi riuscito a prendere la pistola, saremmo morti in tre. Stiamo divisi in modo che si possa facilmente chiamare aiuto se necessario.»

Choji poggiò una mano sulla spalla di Naruto.

«Hanno ragione, vieni Naruto. Shikamaru, Ino, mi raccomando. Vi voglio a cena a casa mia domani.»

I tre si guardarono e Shikamaru annuì. Ino invece fissò profondamente Choji, anche lui tanto cambiato dal liceo. Era dimagrito, per via dello stress, e aveva perso il sorriso perenne, come del resto Naruto, ma non il tono dolce e gentile. Con un groppo in gola pensò che tutte le persone che le stavano vicino si deterioravano, come stava accadendo a lei.

«Tutto bene?» domandò Choji, notando i suoi occhi più lucidi del solito.

«Si. A domani, Cho.» salutò Ino, stringendo un braccio di Shikamaru che finse di non notarlo.

I due andarono alla macchina del ragazzo, un vecchio fuoristrada usato dal padre che lavorava in una riserva naturale, ed Ino salì nel posto accanto al guidatore.

Si mise la cintura ed attese Shikamaru.

Era la seconda volta che saliva in quell'auto.

La prima volta Hinata era ancora viva, lei imparava a esistere come un'altra persona che ancora non esisteva, senza pensare che non ci sarebbe riuscita ma con un vago sentore di ciò, e Shikamaru riusciva a fingersi calmo senza che dalla sua voce o dal suo sguardo trasparisse nulla.

Era tutto cambiato ora, l'unica cosa rimasta immutata era la sicurezza che le dava la presenza di Shikamaru.

Il viaggio era cominciato da dieci minuti, quando Ino smise di guardare fuori.

«Shikamaru, ti amo.»

«Ti amo anche io.» disse il ragazzo, e svoltò a destra.

«Non mi prendi sul serio.» dichiarò lei punta sul vivo.

«Tu mi ami come io amo Choji, Naruto....»

«Non dicevo quel tipo di amore.» lo interruppe Ino, «E lo sai. Ma non mi credi.»

«Tu vuoi sentire emozioni forti ancora una volta, vuoi fuggire dalla realtà e mi vuoi bene come ad un amico.» ribatté lui meccanicamente, seguendo a distanza l'auto di Kiba.

«Chiedi a Sakura.»

«Cosa devo chiedere a Sakura?» domandò guardando dallo specchietto retrovisore.

«Da quanto tempo ti amo.»

«Cosa mi risponderebbe?»

«Da quando ti conosco.»

L'auto si fermò di scatto ed Ino balzò in avanti, trattenuta solo dalla cintura.

«Che fai?» esclamò infastidita.

«Si sono fermati.» spiegò Shikamaru, sganciando la propria cintura.

Anche Ino lo imitò sentendo un vago dolore al petto dove la cintura l'aveva stretta troppo per evitarle di sbattere in avanti. Si voltò per sgridare Shikamaru ma le sue labbra furono catturate da un bacio fugace.

«Scendiamo.» disse poi il ragazzo, aprendo la portiera.


«Sei sicuro che ce la fai, Kiba?» domandò Sakura, spaventata dallo sguardo dell'amico. In quelle scale aveva trovato Hinata, lo sapeva. Lei non le vedeva da troppo tempo invece, e si sentì come se fossero tornati al liceo. Hinata era più amica di Naruto e Kiba che sua, ma era sempre stata gentile seppur timida con lei, e si sentiva male al pensiero che non avrebbe mai più fatto quelle scale.

«Si. Se penso che potrebbe essere stato così vicino anche a casa mia, per tutto questo tempo...» disse il ragazzo, stringendo i pugni.

«Non è detto.» li interruppe la voce di Ino alle loro spalle. «Ma tanto vale dare una controllata. Sakura, sei armata?»

«Ho una pistola, ed un coltello nello stivale.» disse l'altra, tentando di ignorare lo sgradevole colpo al cuore appena avuto e ingoiando le spiegazioni che voleva chiederle. Kiba guardava le scale con occhi spiritati, e restò a sua volta in silenzio. Forse aveva a malapena fatto caso a loro.

«Andiamo.»


«C'è qualcosa che mi sfugge.» rimuginò Sasori.

«Non va bene, tutte le volte che si dice questo qualcuno muore.» comunicò loro atterrito Choji.

«Non lo faccio volontariamente, non voglio spaventarvi ma...» concluse con un gesto della mano, ed un espressione insofferente.

Naruto si guardò attorno. «E Sasuke dov'è? Non lo sa che è meglio non girare soli?» chiese con voce alterata.

«Aspetta aspetta...» ripeté Sasori. «Ecco, sento che ci sto arrivando.»


«Era qui.» disse Kiba con un filo di voce, indicando gli scalini più in alto dell'ultima rampa. Le lacrime traditrici pizzicavano gli angoli dei suoi occhi, alla vista della porta di casa lassù in alto, da cui Hinata usciva sempre per andare a scuola, con l'uniforme perfetta e un sorriso timido sempre per lui.

«Ci sono solo quattro porte in questo lato dell'edificio.» contò Ino.

«Direi di provare a bussare in tutte una ad una volta.» propose Shikamaru.

Sakura non fece in tempo a parlare: qualcosa la colpì violentemente alla nuca e tutto divenne nero.

Altri tre colpi.


«Niente da fare.» si arrese Sasori.

«Intanto prendo da bere.» annunciò Naruto.

«La sua dipendenza dall'alcol inizia onestamente a preoccuparmi.» confessò Choji.

Sasori guardò il biondino sorridere falsamente ad una cameriera. A lui spaventavano più quei denti in bella mostra.


Quando Sakura aprì gli occhi, con qualche sforzo, ci mise un po' a mettere a fuoco lo sfarfallio sul suo campo visivo. Sentiva due persone che le sembrava stessero litigando, ma non riusciva a capire cosa stesse succedendo, o perché sentisse le braccia totalmente formicolate ma non potesse muoverle. Capì di stare guardando le proprie gambe e sollevò il viso con circospezione, senza sapere cosa stesse aspettando con timore. Vide Ino seduta accanto a sé con gli occhi sgranati, legata alla sedia.

Si rese conto di essere legata a sua volta, e riusci a capire il senso del discorso di quelle voci che si sovrapponevano l'un l'altra. Cercava di decidere come avrebbero dovuto ucciderli, poiché loro avevano i capelli corti e non uccidevano mai le ragazze dai capelli corti, come stava facendo notare chi, Itachi? E un'altra voce, forse Kisame, che spingeva gli altri a soprassedere, dacché Hidan aveva ucciso Asuma. E a proposito di Asuma, la voce di Itachi si fece nuovamente sentire, poiché non uccidevano sicuramente gli uomini come quel rinnegato che aveva attirato tutta la polizia dello stato su di loro, quei due ragazzi li avrebbero dovuti lasciar andare. Kisame sembrava prendere molto sul serio le parole di Itachi, a quel che ricordava, e Sakura pregò che lo facesse anche stavolta. Non riusciva a voltarsi per cercare Shikamaru e Kiba, sentiva la testa troppo pesante, ma era completamente avvolta in un senso di irrealtà che non le permetteva di andare nel panico.

Ino invece piangeva. Si ritrovò a pensare che era buffo che lei, la piagnona del gruppo, fosse ancora a sangue freddo, mentre Ino, che l'aveva sempre sgridata per la sua emotività, ora fosse di continuo in lacrime.

Del resto è il passato... E questa calma che mi invade... forse sono pazza anch'io.” considerò con noncuranza, prima di tentare di liberare le mani. Ma era tutto inutile.

Infine sentì i passi pesanti di Kisame in avvicinamento.

«La bionda è tua, ma lasciami l'altra.»

«Lui non so quanto ne sarà felice, di non essere stato informato.» obbiettò ancora Itachi.

Madara.” pensò Sakura subito.

Alzò lo sguardo, ed incontrò quello di Kisame, ghignante. Come immaginava, aveva un coltello da cucina. Guardò Itachi, ma con sua grande sorpresa non vide alcuna spada.

Ino si agitò terrorizzata, e Sakura sentì anche Shikamaru e Kiba farlo. Si rese conto che era reale, tutto quello che stava vivendo lo era, e le sfuggì un urlo, soffocato dalla stoffa che le chiudeva la bocca.

Poi accadde l'unica cosa che Sakura davvero non si aspettava. Itachi aveva sì, un arma. Un coltello. Ma lo poggiò su di una credenza e afferrò un vaso, per poi sbatterlo sulla testa di Kisame. L'altro strabuzzò gli occhi e cadde pesantemente in avanti, rischiando di travolgerla.

Itachi guardò Ino.

«Ho cercato di dirtelo dall'inizio, che non ero io a volerti fare del male, Ino.» la sua voce era incredibilmente normale, mentre si accingeva a slegarla. «E se ho fatto quella sceneggiata a casa tua, era perché, come hai potuto notare, non ero solo.»

«DIETRO DI TE!» gridò Ino improvvisamente, ed Itachi fece appena in tempo a voltarsi per vedere Madara avventarglisi contro con il coltello che aveva lasciato incustodito. Tentò per un attimo di fermarlo con le mani e la lama ne trapassò una, pungendolo ad un fianco in corrispondenza del rene destro.

«Scappa, cerca aiuto!» gridò Itachi, spingendo Madara con un calcio, che quasi cadde sopra Shikamaru.

Ino li guardò terrorizzata, incapace di muoversi. Fu un mugolio disperato di Kiba a risvegliarla. Afferrò il coltello che Sakura teneva nello stivale e diede un energica strattonata alla corda che teneva immobilizzato il ragazzo, smussandola. Tagliò ancora, ascoltando attentamente i rumori della lotta dietro di lei.

«Puoi provare a liberarti da solo ora?» chiese mettendogli la lama in mano e togliendogli il panno dalla bocca.

«Si, scappa Ino.» ordinò, guardandola con occhi atterriti. Aveva bisogno di credere che lei sarebbe riuscita a portare aiuto in tempo. Un bisogno vitale.

«Ringrazia solo che non ho una spada anch'io...» sentì dire ad Itachi in tono ironico, e lo vide pulirsi la bocca dal sangue.

Ad Ino tutto questo scappare ricordava il giorno della morte di Asuma.

Una corsa totalmente inutile.


«Sasori?» chiamò Choji, vedendolo irrigidirsi su una sedia.


Sakura si sentì abbracciare da Kiba. Doveva aver perso temporaneamente conoscenza, perché aperti gli occhi si era trovata tra le sue braccia.

Pensò che fosse tutto finito, quando Kiba la lasciò andare velocemente.

«Questo è per Hinata!» gridò il ragazzo, ergendosi contro Madara, con la pistola presa dalla tasca di Sakura.


Ino componeva il numero di telefono di Naruto, ma si fermò.

Sasuke stava avanzando verso di lei.

«Grazie a Dio, siete quì!»


Kiba iniziò a liberare velocemente Sakura, tenendo d'occhio Kisame. Itachi era svenuto, o forse morto. Per quanto riguardava Kisame, Kiba non aveva avuto il coraggio di ucciderlo, non riusciva a mirare ad una persona svenuta a sangue freddo, così lo aveva legato stretto ad una sedia come era legato poco prima lui.

«Com'è che non aveva la sua spada oggi, in effetti?» commentò a voce alta, cominciando a sentire la stanchezza.

«Lui non ne è degno.» rispose Kisame, facendolo sobbalzare. Lo fissava con occhi pieni di odio.

«In passato l'ha usata.»

«Non dire stupidaggini.»

Kiba sbatté le palpebre, stordito.

«Madara era quello a cui Itachi obbediva, che Hidan ha chiamato messaggero, non è così? Scommetto che si sfidavano anche tra loro, quindi.» disse Shikamaru massaggiandosi un polso indolenzito. Non riusciva ancora a stare in piedi.

«Itachi non ha mai preso ordini da Madara, e non ha mai avuto una spada. Madara poi, usava il martello.» disse l'altro con un ghigno.

«Che sta dicendo?» chiese Sakura con un sorriso nervoso.

Kisame non parlò più, continuando a fissarlo con occhi acquosi e pieni di odio. Stavolta però le labbra erano curvate verso l'alto.


«Scusate, ma come faceva Sasuke a sapere che gli assassini non avrebbero ucciso Sakura, ma prediligono le ragazze dai capelli lunghi?» domandò Sasori, col viso già chiaro che diveniva cereo.

«Beh... davvero le preferiscono?» si stupì Naruto.

«Qualcosa non va... Ora che ci penso....» cominciò Choji.

«Cosa?»

«Dov'è ora? E possibile che... oh mio Dio.»


Ino guardò Sasuke. La sua mente cominciò a lavorare velocemente.

Le spade di casa Uchiha.

«Ringrazia solo che non ho una spada anch'io.»


Avevano imparato che certe cose le sapevano soltanto i membri del gruppo.


«Sakura, proprio tu poi. Hai i capelli corti. Ti manca l'attrattiva.»


Sakura che andava al poligono di tiro.


«Dovresti venire anche tu, Ino. Me l'ha indicato Sasuke.»


Colpi di pistola.


Alcune ragazze colpite da spada erano state prima immobilizzate con un colpo di pistola.


L'idea di non voler chiamare la polizia.


«Con quello che è in grado di fare.... col coraggio che hanno mandano la Yuhi»


Qualcuno in casa con Itachi. Itachi che diceva che a loro piacevano le ragazze dai capelli lunghi.


«Lo sai? Dicono che a Sasuke piacciano le ragazze dai capelli lunghi!»

E ora, la pistola di Sasuke puntata su di lei.

«Eri tu... dicevi loro tutto di noi, e anche oggi ci hai volutamente spinti a venire... tu hai praticamente messo in bocca a Sakura che Madara diceva di vivere qui. Tu sei il messaggero del dio di Hidan. Tu sei il capo. E tu mi hai sparato, a casa mia, quella volta.» se ne rese conto man mano che parlava, con l'adrenalina che ormai sembrava parte di lei che la sfiniva soltanto, il cuore che come sempre batteva troppo veloce e gli occhi che cercavano il pianto ma non lo trovavano. Avrebbe soltanto voluto urlare, picchiarlo, o gettarsi a terra e piangere e strisciare.

«Potrei dirti che ho visto qualcuno venire ucciso quando ero ancora un bambino. O che i miei genitori mi picchiavano. O che sono stato a mia volta perseguitato.» disse Sasuke con calma, «La verità è che mi piace. Il colore del sangue è così attraente, sensuale... e distruggere è ciò che porta le persone ad essere ricordate in eterno, all'immortalità. Quando avrò ucciso mille donne, sarò immortale. Te ne rendi conto? Si parlerà di me, nei libri di scuola.» spiegò, infervorandosi mentre parlava.

Ino lo guardò disgustata.

«Tu poi sei stata speciale. Volevo darti una fine diversa, ma ho solo perso tempo. Rimedierò ora. Poi salirò ed ucciderò gli altri con la spada, tanto per.» spiegò, strofinandosi il mento con la canna della pistola.

Ino si concentrò sul grilletto, pregando che fosse premuto per errore.

Non avvenne.

Sasuke rise.

Era strano sentirlo ridere per la prima volta in quella situazione.

Ecco perché non si eccitava davanti a nulla, lui era abituato a ben altro.

Pensare che in passato aveva litigato con Sakura per lui, che si era allontanata da Shikamaru per lui, le fece rivoltare lo stomaco.

«Speri che mi colpisca da solo? Sakura non ti ha detto quanto sono bravo? Io sono Sasuke Uchiha, il migliore in tutto.» disse, e l'ultima frase la pronunciò con tono solenne, salvo poi sorridere sarcastico. «O così dicono.»

«Ed i tuoi genitori?» chiese, tentando di prendere tempo.

«Mia madre mi aveva scoperto. Così ho manomesso l'auto. E sì, per la cronaca, ho pagato il tizio che ha investito Deidara. Non mi aspettavo che morisse sul colpo, è stata una fortuna. Mi ha risparmiato il lavoro sporco. Odio uccidere gli uomini. Sono mille donne quelle che devo uccidere. Donne. Ecco perché ho creato la mia confraternita, se così si può dire.»

«Ma non hai mai pensato di uccidere Sakura, perché?» chiese quasi con rabbia.

«Voi ragazze, sempre a fare paragoni. Sakura ha tagliato i capelli troppo presto, e li ha lasciati così. Stai per chiedermi perché le ragazze dai capelli lunghi, vero?» scosse la testa. «Sorteggio.»

«Sorteggio?» ripeté sconvolta, sperando di aver capito male.

«Ho scritto in un mucchio di foglietti le caratteristiche che mi piacevano, e ho pescato i capelli lunghi e le matricole che sarebbero andate nella scuola di mio fratello. Per la cara Hinata, come sai, Madara si è fatto prendere la mano. Lui uccideva da quando era alle medie, è un po' pazzo.»

Ino aprì la bocca e poi la richiuse.

«Un po' pazzo.» ripeté senza sapere cosa aggiungere.

«Si. Ora però basta fingere di non aver capito che vuoi solo prender tempo. Salutami Hinata, Ino-chan.»

Sparò.

Ino crollò a terra, tenendosi il ventre. Un fortissimo calore la invase e le sfuggì un suono a metà tra l'urlo ed il singhiozzo.

Sasuke arrivò sino a sovrastarla, lasciò scivolare lo zaino giù da una spalla e ne tirò fuori la spada.

«Ah...» riuscì a dire Ino, sentendo le mani orribilmente bagnate e appiccicose.

«Fa male, lo so. Allora, petto, collo, testa... scegli tu.»

Ino fece segno di no, col volto rigato di lacrime di dolore.

«Ti porto via un pezzo alla volta se non decidi tu.» la canzonò Sasuke.

«Petto.» balbettò infine.

«Petto sia. Dritto al cuore, come da eroina tragica quale sei.» le disse, sorridendo affettuosamente.

Ino vide il proprio riflesso sulla lama. I capelli sparpagliati e appiccicati al viso, sporco di lacrime, sudore, schizzato di sangue. Gli occhi stanchi, segnati, le occhiaie, le labbra tagliate perché troppo morse, e non riconobbe più la bellissima e curata Ino Yamanaka, la reginetta del liceo. Lei era già morta da tempo.

La lama cominciò a scorrere in picchiata verso il basso, ma Ino poté ben osservare il proprio viso riflettersi in quella luce, ed all'ultimo le parve che tornasse come quello del passato, più paffuto, colorito, curato. Pensò che a Shikamaru sarebbe piaciuta di più di nuovo così, e che Sakura ed Hinata avrebbero fatto a gara per somigliarle.

Non badò al riflesso rosso che lo colorò per un momento, poiché la Ino sulla lama sorrideva.


Un altro sparo.

Sakura guardò incredula Sasuke accasciarsi a terra colpito alla testa, sfiorando il corpo di Ino, su cui stava piantata una spada all'altezza del petto.

Un auto si fermò con un forte stridio più in la', segno che era arrivato qualcuno.

Shikamaru, sorretto da Kiba, scese le scale dietro di lei ascoltando le sirene.

E' vero, arrivano sempre tardi...” pensò Kiba, senza riuscire più a parlare dalla stanchezza.

«SAKURA!» poté sentir urlare, arrivando alla porta.

Poi si fermò, e Shikamaru alzò lo sguardo verso l'esterno.

Sakura doveva essere scivolata, o forse era saltata addosso ad Ino e Sasuke per riabbracciarli. Lui doveva avvertire la polizia che Kisame era ancora legato di sopra, e che c'era ancora un pazzo in libertà armato di pistola, perché lo interrogassero.

Poi riportò l'attenzione a quei tre, rendendosi conto di aver saltato qualcosa, per via della confusione.

Perchè Kiba non camminava?

Vide la spada.

Sakura si sollevò, sopra il corpo dell'amica.

Poi emise l'urlo più forte che avesse mai sentito.

Guardò meglio la spada, e dove finiva. E comprese.

Quasi nello stesso momento, lui e Kiba gridarono con quanto fiato avevano in gola. Shikamaru sentì che stava per perdere i senti, e si separò dall'amico, che cadde a ridosso della porta.

Sakura invece tirò un pugno a Sasuke, poi un altro, ed un altro ancora, sempre più feroce.

«Ridammela! Ridammi le mie amiche! Ridammi Ino!» cominciò a dire, picchiandolo selvaggiamente.

Naruto piombò alle sue spalle, abbracciandola e costringendola ad alzarsi, mentre lei cercava di colpirlo ancora scalciando o agitando le mani intrise di sangue.



Erano passati tre anni.

Sakura era seduta davanti ad un ampia vetrata di un bar di periferia, e chiacchierava quietamente con Lee, Neji, Shino e Temari, alcuni vecchi amici del liceo. Ad un tavolo poco più in la' Itachi, Sasori e Naruto bevevano un caffè, mentre Choji teneva d'occhio Shikamaru e Kiba che si sfidavano un po' troppo violentemente in una partita alle macchinette.

Non la lasciavano mai sola, quando tornava in città. Andava ancora in psicoterapia, e aveva ancora difficoltà a dormire, ma per il restò stava bene; tuttavia erano rimasti tutti a vivere vicini. Sakura sospettava che dipendesse anche dal fatto che loro stessi temessero di restare da soli.

Sasori la fissò negli occhi, poi chiese una sigaretta ad Itachi ed uscì.

«Scusatemi.» disse Sakura, alzandosi per seguirlo.

Lo raggiunse.

«Adesso fumi?»

«Hai capito benissimo che era una scusa... si soffoca, lì dentro.» rispose l'uomo, passandosi una mano tra i capelli rossi. Rossi come il sangue.

Sakura più di una volta aveva guardato con orrore le proprie mani mentre li accarezzavano, specialmente nel primo anno in cui stavano assieme. Aveva sempre la sensazione di toccare sangue, ancora.

Ora invece li guardava con amore. Secondo il suo psicoterapeuta aveva iniziato a superare la tragedia. Secondo lei iniziava ad abituarsi al sangue.

«Hai parlato con Itachi... come sta?»

«Orribilmente.»

«Lo immaginavo.» disse Sakura, sfilandogli la sigaretta di mano e gettandola a terra.

Si bloccò di colpo, pensando che quello era lo stesso gesto che Ino ripeteva di continuo.

«Brutto ricordo?» domandò Sasori.

«No, credo bello.» rispose lei, dopo averci pensato.

Sasori le cinse le spalle con un braccio.

«Naruto mi ha tempestato di domande su di te, neanche non vivesse affianco a casa nostra.»

Sakura sorrise leggermente.

«Rientriamo, dai.» la invitò Sasori, spostando il braccio e porgendoglielo.

«Sasori?» chiamò Sakura, osservando dentro attraverso la vetrata. Shikamaru non badava più a Kiba e fissava un punto imprecisato, Choji giocherellava col cibo senza riuscire a mandar giù nulla, Kiba sfidava le macchinette come se ne dipendesse la sua vita, frustrato e quasi disperato, e Naruto ed Itachi erano passati dal caffè ai liquori. La sua famiglia che ancora barcollava alla ricerca di un sostegno.

«Mh?»

«Avremo mai una vita normale?»

«Cos'è “normale”?»

«Giusto.» confermò Sakura, prima di entrare, sostenendosi a Sasori.

Dietro di loro un palo lampeggiò ed infine si spense, lasciando come unica luce quella che proveniva dalla vetrata del poco famoso ma accogliente locale, dove persone di ogni età ed ogni luogo sedevano ai tavoli, trascorrendo dei minuti preziosi di una vita che solo pochi di loro sapevano davvero essere fragile.












Io spero solo di non aver fatto confusione con armi e tutto °_° Ci ho messo un giorno intero a scriverla, e ho fatto una tale full immersion nella morbosità che alla fine mi guardavo attorno stile maniaca psicopatica in cerca di vittime.

La dedico a Lee, a cui è sorprendentemente piaciuta e che mi ha detto (ordinato? XD) di pubblicarla. Non volevo farlo, la trovo piatta, e sembra che voglia essere angst, più che esserlo davvero. Tutto perchè per una volta volevo volontariamente esserlo. Al diavolo.

Chiedo scusa per la morte di Ino, perdono, perdono. Ero indecisa alla fine, se salvarla o meno. Sapevo solo che Sasuke era quello che muoveva i fili per una volta. Nel mio sogno non c'era, e quando, come nei film, la scena si è spostata su Itachi interrogato al distretto, ho avuto la sensazione che fosse lui l'assassino. Non esisteva la confraternita, ma volevo evitare di copiare l'idea di Lee, così ho preso Sasuke, di solito vittima, per trasformarlo nel marionettista che giocava con le menti già turbate di un gruppo di tardo-adolescenti, con Itachi che fingeva di stare al gioco per paura e perché aspettava il momento migliore per salvare i genitori. Non ha ucciso nessuno, il caro nostro Itachi.

La ragazza che Ino vede uccisa alla tv, e che successivamente sarà nominata da Deidara, è Kin, che Ino aveva già notato a qualche festa a cui si era imbucata per via dei capelli lunghissimi.

ShikaIno sulla macchina, e assicuro che era un bacio d'amore, e Shikamaru aveva soltanto rinviato il discorso per un momento più adatto senza sapere come sarebbero andate le cose.

Nel finale c'è SasoSaku, che adoro personalmente, nelle AU e non. E tutti stanno cercando di andare avanti, anche se praticamente per la metà o sono in terapia o hanno forti problemi, ma confido che ce la faranno.

E Temari non sta con Shikamaru. Shikamaru non la ama, e sa quanto Ino la odiava in passato, quindi non riesce ad essere ben disposto con lei, anche se non ha fatto nulla. (Anche dopo la morte Ino scoccia XD)

Naruto è un mezzo alcolista, anzi, più che mezzo, ma anche per lui se vi può consolare, passerà.

Hinata, non so perché c'è finita in mezzo. Forse perché volevo scrivere qualcosa di assolutamente maniacale, con Madara/Tobi che la uccide a martellate, forse perché nella vita spesso le ragazze così diventano vittime.

E per ultima nota sono fiera del fatto che Sakura abbia sparato a Sasuke. Com'era logico, poligono o meno, non è riuscita mai a fare nulla di concreto, essendo sempre e comunque una ragazza normale. Sono meno fiera del fatto che ho potuto parlare ben poco della morte di Asuma, ma oltre al fatto che non era comunque un rapporto forte come quello che c'era nel manga, come hanno ampiamente detto tutti non avevano mai il tempo di sentire nulla tra una morte e l'altra, perché dovevano pensare prima a sopravvivere, essendo una vita stile legge della giungla.

Ringrazio chiunque abbia letto e voglia lasciare un commento.

E la prossima volta pubblico una storia allegra, grazie tante.


   
 
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