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Autore: jarpad    11/05/2014    3 recensioni
"Mi mancherai." disse dopo un po' cercando di rimanere cosciente.
"..anche tu." sussurrò in lacrime Aiden, prima di alzarsi e guardarlo qualche secondo in silenzio. Non sapeva quanto tempo fosse passato. Aveva sperato, pregato, di non arrivare mai a questo, ma evidentemente il suo destino aveva deciso questa strada per lei. Abbassò lo sguardo cercando di farsi forza, poi alzò il fucile verso la testa di suo fratello. Jake le rivolse un piccolo sorriso poi chiuse gli occhi aspettando che arrivasse il colpo, ma Aiden non ce la faceva. Sentiva il mondo crollargli addosso ogni secondo di più. Abbassò il fucile cercando di prendere controllo del suo corpo, poi puntò nuovamente con le braccia tremolanti; chiuse gli occhi, girando un po' la testa, poi premette il grilletto.
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Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Daryl Dixon, Rick Grimes, Shane Walsh, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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I.

 
27 Settembre.
Caro diario,
ultimamente sono un po' agitata. Per quale motivo? Sinceramente non so se credere o meno a quello che il notiziario ieri sera ha detto, perchè spesso i giornalisti dicono bugie. Hanno parlato di un'epidemia che si sta allargando come una macchia d'olio in tutta l'America; dicono che chi sia infetto diventi aggressivo a tal punto d'attaccare chiunque sia nelle vicinanze, mordendolo e contagiandolo. Sembra un fottuto film dell'orrore sugli zombie, quelli che guardo spesso con mio fratello Jake. Devo ammettere che ho tantissima paura. Sembra che qui ad Atlanta il virus non sia arrivato e spero che non arrivi mai; non voglio trovarmi sola nel bel mezzo della fine del mondo...
Dopo questo breve aggiornamento, credo proprio che me ne andrò a dormire. Sono piuttosto stanca e domani ho un compito in classe. Speriamo vada tutto bene!


Aiden Gale smise di scrivere. Lesse per un paio di volte le poche righe che aveva scritto e scosse la testa, chiudendo poi la piccola agenda azzurra sulla scrivania. 
Era tutto troppo ridicolo.
Un virus stava distruggendo e uccidendo tutta la popolazione americana e probabilmente sarebbe arrivato anche nella sua città, forse in poche ore. Non voleva che accadesse, amava la sua vita attuale, la sua famiglia, i suoi amici, Atlanta. 
Un leggero bussare alla porta della sua camera la distrasse e dopo aver detto un flebile 'Avanti' andò verso il suo letto, per coricarsi. Suo fratello Jake entrò nella stanza, chiudendosi la porta alle spalle, poi la raggiunse facendosi spazio sotto le coperte.
"Come va?" le chiese, osservando il soffitto bianco pieno di crepe.
"Male. Tu?" si voltò verso il fratello, stringendosi poi tra le sue braccia; notò una smorfia apparire sul suo volto.
"Sono preoccupato per papà. Da quando tutto questo casino è iniziato, non si è più fatto sentire. Credi che Jacksonville sia stata attaccata dagli infetti?" si voltò verso Aiden, la solita espressione da bambino perso quando aveva paura; e figurarsi che era un ventenne, più grande di sua sorella di due scarsi anni. La bionda non sapeva proprio che dire. Se Jacksonville era stata attaccata, Atlanta era la prossima; non erano poi così tanto lontane, visto che era appena fuori il confine della Georgia.
"Credo di sì." rispose sinceramente Aiden passando lo sguardo dagli occhi di suo fratello, alla trapunta blu che li copriva. Ormai erano giorni che suo padre non rispondeva al telofono e non solo lui, anche il resto dei loro parenti che vivevano lì. Sin dall'inizio lei sapeva che suo padre era morto ma sua madre, testarda com'era e non volendo accettare la realtà, continuava a ripeterle che probabilmente c'erano problemi di linea. Però Aiden sapeva. Tutti stavano morendo, forse anche lei nel giro di poche ore sarebbe morta.
"Dovremmo andarcene prima che il virus arrivi qui." Jake si tirò su a sedere controllando l'ora sull'orologio che aveva allacciato al polso; la biondina lo guardò curiosa. Infondo non era poi un'idea così sbagliata...ma dove andare? Da quando tutto era iniziato, l'America era stata come isolata dal resto del mondo per non far espandere l'epidemia oltreoceano. Tutti gli aereoporti erano stati chiusi dai soldati americani.
"E dove vuoi andare?"
"Non lo so. Forse dovremmo andarcene questa notte, senza dare troppo nell'occhio per non allarmare i vicini." propose Jake girando per la stanza.
"Sai bene che non riusciremo mai ad andarcene da qui. Siamo isolati, Jake. Il destino dell'America è segnato." Aiden si mise seduta ed osservò il fratello andare avanti ed indietro con una mano sul collo. 
"Potremmo raggiungere la costa e cercare una barca per scappare." 
"Nessuno di noi ha la patente nautica." fece notare la bionda.
"Non ci servirà. -rispose scocciato facendo uno strano gesto con la mano- Dobbiamo andare dalla mamma e dirglielo." la tirò su in definitiva, prendendola per i fianchi. Aiden sbuffò e dopo aver infilato di fretta la vestiglia seguì suo fratello verso la stanza di Jane. Bussarono un paio di volte alla porta e quando aprirono la donna era sdraiata sul letto e stava leggendo un romanzo, con gli occhiali poggiati sul naso. Lanciò un'occhiata ai suoi figli, fermi sulla porta, poi chiuse il piccolo libricino posandolo sulla trapunta; li guardò un attimo in silenzio prima di alzare un sopracciglio.
"Allora?" li incitò a parlare; Jake lanciò un'occhiata veloce a sua sorella, che era proprio alle sue spalle, poi posò lo sguardo sulla figura di sua madre, che sdraiata sul letto, aspettava ancora una risposta.
"Mamma, dobbiamo andarcene. Ora." disse autoritario il biondo, stringendo forte la mano di sua sorella tra la sua.
"Di cosa parlate?" 
"Sai bene che il virus ha colpito Jacksonville. Accetta la realtà, mamma. Papà è morto è inutile che aspettiamo qui, dobbiamo andarcene, quindi prepara le tue cose." spiegò sbrigativo. Jane si alzò dal letto e a passo lento raggiunse i due ragazzi, che erano rimasti immobili sulla porta. Poggiò una mano sulla guancia di figlio poi volse lo sguardo verso Aiden, prima che una lacrima rigasse una sua guancia.
"Io resto qui -li guardò ormai in lacrime- voglio credere che vostro padre sia ancora vivo e che un giorno di questi mi raggiunga qui ad Atlanta."
I due ragazzi la guardarono sconvolti; non poteva abbandonarli, non in quel momento. Già il padre li aveva lasciati soli indifesi, non potevano permettere che anche la madre facesse la stessa cosa. Jake afferrò la donna per le spalle e la guardò dritta negli occhi, scuotendola un paio di volte.
"Non puoi farci questo!" esclamò con gli occhi annebbiati dalle lacrime. Jane sorrise flebile e poi si lanciò tra le braccia del figlio, carezzandogli la schiena.
"Dovete andare da soli." sciolse la braccio, poi si diresse verso la figlia immergendo una mano tra i suoi capelli dorati. 
"Fai la brava, okay?" le disse stringendola poi tra le sue braccia. 

Dopo aver provato a far cambiare idea a Jane, tentativo che fallì, erano tornati ognuno nelle proprie stanze per prendere lo stretto necessario per il viaggio.
Aiden, dopo aver riempito lo zaino con più vestiti che poteva ci infilò anche il suo amato diario e un vecchio walkie-talkie che suo nonno le aveva regalato; magari sarebbe stato utile in futuro.
Sistemò lo zaino in spalla e dopo aver afferrato un borsone da palestra vuoto raggiunse la cucina, per prendere un po' di scorte di cibo; ci infilò dentro tutto quello che riusciva a vedere, soprattutto grandi quantità d'acqua e cibo in scatola, quello che si manteneva di più, mentre il resto lo lasciò a sua madre. 
"Aiden, hai preso tutto?" la chiamò dal garage suo fratello così lo raggiunse, mettendo in bella vista il borsone pieno. 
"Quello che potevo." glielo passò e dopo aver aperto il portellone del garage, raggiunse la macchina ed aprì la portiera, sedendosi al posto del passeggero.
"Ho preso anche io qualcosa. Ho trovato delle taniche di benzina qui nel garage, quelle che papà teneva per la moto, una cassetta degli attrezzi e un fucile da caccia, con qualche munzione." spiegò Jake, mettendo a moto il mezzo, poi schiacciò il pedale ed uscì dal piccolo garage, lasciandosi alle spalle la loro casa.
"Dove andremo, Jake?"
"Lontano da qui. Ti prometto che tutto andrà bene."


 
(otto mesi dopo, nei boschi.)

Credo sia strano e soprattutto stupido scrivere un diario nel bel mezzo della fine del mondo, però mi piace immaginare che un giorno, dopo la mia morte e la fine di tutto questo, sia ritrovato e diventi un pezzo importante della storia dell'umanità.
Non so che giorno è di preciso, ormai ne ho perso il conto. 
Da quando siamo scappati da Atlanta raramente ho scritto, per questo vedrò di aggiornare il diario su quello che è successo negli ultimi mesi.
Due giorni dopo la fuga la nostra città fu attaccata sia da infetti ed Atlanta è diventata una trappola mortale; abbiamo proseguito per giorni in auto ma purtroppo la benzina è finita, seguita poi dalle taniche che tenevamo come scorta ed ora ci troviamo senza un mezzo, armati di martello, accetta e un fucile (per le emergenze), in mezzo al bosco. Inoltre, abbiamo perso ogni contatto con qualsiasi essere vivente. Il walkie-talkie e il telefono satellitare di mio fratello sono andati perduti durante una fuga, assieme ad una pistola che avevamo trovato. 

Jake in questo momento sta facendo un giro per assicurarsi che non ci siano troppi zombie, anche se di questi tempi per i boschi se ne aggirano parecchi; stiamo cercando disperatamente un posto sicuro in cui stare, ma per ora ci ripariamo tra gli alberi e a volte ci arrampichiamo, rimanendo tutta la notte svegli.
Probabilmente sono giorni che non faccio una dormita decente...purtroppo non c'è tempo per farlo. Siamo sempre in movimento e credo sia proprio questo che ci salvi; nascondiamo bene le tracce e non attiriamo l'attenzione. Andando avanti così forse riusciremo ad uscire da questo tunnel senza fine. 
Resteremo vivi.
Noi non moriremo.


Chiuse la piccola agenda nello stesso momento in cui suo fratello giunse al loro momentaneo accampamento. Si alzò dal ceppo su cui era seduta e lo raggiunse con in mano l'ultima lattina di carne e gliela porse, ad un invito silenzioso a mangiarla.
"Scordatelo, sei tu quella che ha bisogno di mangiare. Io posso farcela."  osservò la lattina di carne per un po', lasciandola tra le mani di sua sorella.
"Non fare l'idiota Jake, sono giorni che non mangi. Sei pelle ed ossa."
"Da che pulpito viene la predica? Aiden, i pantaloni che indossi ti staranno cinque volte più grandi!" esclamò su tutte le furie.
"Stai zitto, urlando attiri solo gli walkers." disse, riuscendo a lasciargli tra le mani la famosa lattina. Per fortuna non litigarono più per la questione cibo e la giornata parve scorrere veloce. 
Arrivò presto la sera; erano attorno a il fuoco scoppiettante quando un improvviso fruscìo li fece alzare di scatto, in piedi. Di certo non era un buon segno. Aiden afferrò in mano l'accetta mettendosi spalle contro spalle con il fratello, in modo tale che avessero una visuale completa di ciò che li circondava.
"Stai attenta..." sussurrò Jake, stringendo le mani attorno al martello e facendo diventare nocche bianche. 
Fu un attimo. Decine di zombie invasero lo spazziale in cui si erano accampati, dirigendosi subito verso i due fratelli. Jake, nel tentativo disperato di salvare la pelle a sua sorella, spaccava teste a destra e sinistra, mentre Aiden cadde a terra sotto il peso di due zombie che volevano fare di lei la loro cena; fortunatamente suo fratello accorse, non accorgendosi però di uno di quegli esseri, che rialzatosi da terra, si stava avvicinando al suo braccio. Liberò Aiden che andò subito ad occuparsi di altri due zombie; purtroppo quando si voltò fu troppo tardi. Lo zombie gli afferrò il braccio e gli diede un fugace morso, appena sotto il gomito. Con la mano libera gli diede una martellata proprio sulla nuca e l'essere cadde a terra, morto in definitiva. Jake osservò il morso poi lo coprì con la manica della felpa che portava. Sua sorella che non si era accorta di nulla e dopo aver ucciso gli ultimi due rimanenti,  la biondina corse tra le braccia del fratello.
"Per fortuna non ci hanno presi." sussurrò spaventata.
"Già.." rispose. Sapeva che avrebbe dovuto dirglielo ma non ne aveva il coraggio. Non voleva lasciarla sola, in balia di sé stessa. Finchè avrebbe potuto, gli sarebbe stato accanto. Anche se temeva che non sarebbe durato a lungo.
"Dobbiamo andarcene." si staccò dall'abbraccio e corse a prendere lo zaino con dentro i vestiti, le ultime due boccette d'acqua e il suo diario, poi passò il fucile a Jake.
"Dove?"chiese lui confuso stringendo il punto morso con la mano.
"Non lo so ma non possiamo aspettare qui che un altro gruppo di walkers ci attacchi. Muoviamoci." disse sbrigativa afferrando la mano del fratello e cominciando a correre tra gli alberi. Era piuttosto buio e non avendo torce sbatterono più di qualche volta su qualche tronco, ma comunque non si fermarono. Aiden aveva paura. Jake aveva paura.
Dovevano trovare un posto sicuro per quella notte, al più presto.



 
SPAZIO AUTRICE:
Salve a tutti i lettori!
Grazie a chiunque abbia aperto, davvero;
allora, questo è il mio primo capitolo. Spero davvero che non ci siano errori (mi dispiace in tal caso) e che la storia vi piaccia!
Per quanto riguarda gli aggiornamenti, cercherò di pubblicare un capitolo ogni 1/2 giorni e per le recensioni, accetto tutto. Commenti positivi, soprattutto negativi ma che siano costruttivi e mi aiutino a capire le lagune che ho e se c'è qualcosa che non va con la storia.
Detto questo ringrazio ancora chi si prende la briga di aprire questa storia. Spero non sia deludente!

.J.
  
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