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Autore: Pectoralz    12/05/2014    0 recensioni
«Elisabeth? Dimmi! Spiegami! Cosa è successo?» urlai avvicinandomi al mio coinquilino.
Lui mi fissò.
Nel suo volto scorsi paura e tristezza.
Cosa era successo? Perchè non mi dicevano nulla?
«Cosa significa questa lettera? Cosa indica?» sbraitai prendendo quel pezzo di carta e rompendolo in mille pezzi.
Non ricevetti risposta.
Nessuno mi disse nulla.
Ero solo.
Solo con mille domande.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta
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« Si sta come d'autunno
Sugli alberi
le foglie»

 



EPOV
 
I, I will be king
And you, you will be queen
Though nothing will drive them away
We can beat them, just for one day
We can be Heroes, just for one day


La voce di David Bowie sovrastava qualsiasi rumore all’interno del negozio.
In quel momento vi erano due clienti che stavano rovistando fra i cd nella disperata ricerca di qualcosa simile al rap, ma inutilmente poiché il negozio non vendeva musica di quel genere.
Ero seduta sulla sedia dietro al bancone con le gambe incrociate e sopra appoggiato il mio libro preferito.
Era l’ennesima volta che mi ritrovavo a leggere quella storia di Jane Austen e continuavo a innamorarmene come se fosse la prima volta.
Sognavo il mio Mr. Darcy e nel frattempo mi ritrovavo solamente persone vuote simili fra di loro.
Era normale avere una propria idea di ragazzo perfetto e per me lui era quella, perché lui non aveva perfezione nelle sue vene, ma era reale.
Una anziana signora si posizionò davanti al bancone e con un leggero colpo di tosse mi fece tornare con i piedi per terra – sia in senso letterale che non.
“Mi scusi, stavo cercando un cd per mia nipote. Ha sedici anni e la sua musica mi pare molto confusa. Lei però non mi sembra tanto più anziana di lei, quindi potrebbe consigliarmi…” sussurrò la donna passandosi nel frattempo una mano fra i capelli e muovendo l’altra davanti al viso accaldato.
Nel negozio l’aria condizionata non andava e le temperature quindi erano abbastanza calde.
In poche parole sembrava di stare all’interno di una sauna e la cosa peggiore era che, anche andando fuori, nulla sarebbe cambiato.
Uscii da dietro il bancone e mi posizionai davanti alla cliente.
“Mi descriva il tipo di ragazza” affermai socchiudendo leggermente gli occhi e posando la mano destra sul fianco e l’altra sotto il mento.
Ritenevo che ogni persona avesse un proprio genere e dalla descrizione si poteva risalire a cosa poteva piacerle.
“E’ una ragazza solare. Ama ridere. Porta colori vivaci. Parla molto. I suoi colori preferiti sono il giallo ed il rosa…” cominciò a dire la signora e nel frattempo cominciai a gironzolare per il negozio alla ricerca del tesoro adatto.
Arrivai all’elenco con la B e James Blunt mi apparì fra le mani dopo pochi secondi.
Era un cantante che parlava di amore e spesso le sue canzoni erano calme.
Il cantante che poteva piacere ad una giovane che pareva così “felice”.
Porsi alla mia cliente il cd e lei se lo passò fra le mani.
Dal suo volto capii facilmente che non aveva la minima idea di chi fosse, ma non mi stupii, di certo non era un cantante molto conosciuto poiché la fascia di età di chi lo ascoltava era più fra gli adolescenti che fra gli adulti.
“Mi creda, le piacerà. E’ un cantante accettabile. Le canzoni sono carine e nel caso non si faccia scrupoli nel tornare, le cambierò volentieri il cd con qualcosa d’altro” affermai mentre le impacchettavo il regalo e glielo porgevo.
La signora non rispose, mi sorrise semplicemente e poi, con il regalo fra le mani, ringraziandomi, se ne andò.
Amavo questo lavoro.
Amavo lavorare nel mondo della musica.
Certo, non era proprio il vero mondo, ma era stato sempre il mio sogno e nel frattempo riuscivo a mantenervi.
 
Suonai ripetutamente il campanello di casa di Alexia.
Ero davanti alla sua porta da dieci minuti e nessuno aveva avuto ancora la decenza di aprirmi.
Mi aveva detto di venire puntuale alle 22 ed io a quell’ora ero arrivata, ma – proprio lei che amava la puntualità, soprattutto quando si trattava di divertimento – non si era ancora fatta viva.
Mi sedetti sui gradini e feci cadere il sacchetto con all’interno i miei vestiti sul pianerottolo, ma sfortunatamente uno dei miei tacchi scivolò fuori e cadde giù per la rampa delle scale.
L’impattò che sentii pochi secondi dopo mi fece capire che probabilmente quella sera non avrei indossato quel paio di scarpe.
Mi alzai di colpo e cominciai a scendere le scale, nell’esatto momento in cui sentii qualcuno bofonchiare qualcosa.
“Mi perdoni” cominciai ad urlare spaventata dall’idea di aver colpito in pieno uno sconosciuto involontariamente.
Un ragazzo poco più alto di me si voltò nella mia direzione e con sguardo abbastanza arrabbiato mi fissò.
“Mi perdoni un corno! Lo sapeva che poteva uccidermi? Lei è pazza!” sbraitò tenendo in mano il mio tacco leggermente rovinato ed avvicinandosi a me.
Rimasi inizialmente in silenzio, non sapevo cosa dire.
Mi sembrava una reazione esagerata.
In fondo era una scarpa caduta solamente da un secondo piano, nessuno sarebbe mai morto, nemmeno un bambino, però sapevo di essere dalla parte del torto.
“Ucciderla? E di che cosa è fatto? Cristallo? Neanche mio nonno in cariola sarebbe morto. Mi è scivolato. Non è che mi metto a lanciare tacchi come passatempo” risposi prendendogli dalle mani ciò che era mio e lanciandogli un’occhiataccia.
Odiavo quando le persone mi urlavano in faccia.
L’avevo sempre odiato e forse la causa era proprio stato mio padre che da quando ero piccola aveva sempre trovato motivi per urlarmi contro e dirmi che sbagliavo a far qualcosa al posto che lodarmi.
Lo sconosciuto mi fissò con gli occhi fuori dalle orbite.
Probabilmente avevo aumentato la sua incazzatura, ma poco mi importava, vi erano modi e modi per interagire con le persone.
“Ho esagerato” affermò espirando ed inspirando un paio di volte e chiudendo gli occhi “Ma lei stia più attenta, dannazione!” continuò massaggiandosi la testa.
In quell’istante la mia migliore amica comparve con un sorriso a trentadue denti e lo sguardo di una che ha tante cose da raccontare.
“Ciao Effy, Buonasera Louis!” esclamò guardando entrambi.
La sua voce mi entrò nei timpani ed il mal di testa cominciò a martellarmi fortemente.
Alexia mi prese sottobraccio e senza dire nulla mi portò su per le scale e mi buttò dentro casa sua.
Non chiesi nulla, mi buttai sul suo letto a pancia in su ed incrociai le braccia sul petto osservando il soffitto bianco.
“Ho una grande novità!” esclamò tutta felice saltellando da una parte all’altra.
Alzai gli occhi al cielo, era palese che avesse buone notizie, eppure non si rendeva mai conto che esprimeva le sue emozioni da ogni poro.
Si mise sul letto a cavalcioni e poi, dopo aver lasciato il segno selle sue labbra sulla mia guancia, si lanciò in bagno, dove rimase per mezz’ora.
 





 
Buonasera.
Mi presento: Sono Pectoralz.
Sono consapevole del fatto che il mio nick sia differente, ma da mesi attendo che venga cambiato, ma non essendo così ho deciso comunque di chiamarmi così.
Questo è il primo vero capitolo della mia prima storia.
E' una storia banale e per certi fatti stupidi, ma che comunque ho deciso di condividere con voi.
Spero che la troverete in qualche modo - a me oscuro - interessante e che deciderete di condividere le vostre opinioni con me in una recensione.
L'aggiornamento non avrà un giorno fisso, ma dovrebbe avvenire una volta alla settimana - studio permettendo.
Detto questo, spero che qualcuno leggerà questo piccolo capitolo e continuerà a seguirmi.
Un bacio,
Pectoralz.
  
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