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Autore: se solose    16/05/2014    3 recensioni
Ho divorato i tre libri in tre giorni, e quando sono arrivata alla fine mi sono resa conto di voler sapere di più sulla storia di Peeta e Katniss, e cosi ho iniziato a fantasticarci sopra tanto da decidere di scriverci una fanfiction.
Ovviamente la storia parte dalla fine del terzo libro, perciò potrebbe contenere spoilers.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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"Katniss devo dirti una cosa". La sua voce si fa seria e inizio a preoccuparmi davvero.  "Cos' è successo?"


"Allora, prima ero a casa di Haymitch,  ah poi ti devo raccontare cosa gli ho combinato quando è uscito, sono certa che andrà su tutte le furie!" "Effie, continua!" le chiedo alzando gli occhi, con una lieve ansia crescente.  "Ah si, giusto.  Ha chiamato Johanna, in pratica ora hanno, lei ed Annie, il lasciapassare per spostarsi nei distretti e vogliono venirvi a trovare al più presto!" La vedo sorridere elettrizzata mentre io mi rendo conto di essere rimasta di sasso; muta ed immobile. "Non sei contenta?" chiede, ritirando un po' del suo sorriso sgargiante.
"Era questo che dovevi dirmi?", sono seria mentre lo dico ed Effie  annuisce.
"Mi hai fatto prendere un colpo, accidenti!  Ma ti pare il modo? Ho pensato subito al peggio!" Lo dico tutto d'un fiato, comunque con una punta di sollievo nella mia voce. 
"Sei sempre così tesa, Katniss. Rilassati un po', ragazza!"
Scoppio a ridere per la frase che ho appena sentito, che deve essere stata rubata dall'arsenale di battute del caro vecchio Haym, soprattutto perché Effie Trinket, maestra suprema di ansia e controllo, viene a rimproverare me; viene a dire a me  che devo rilassarmi.
- Il mondo si è capovolto!-
Ma la cosa che trovo più sconcertante è che ha ragione. Sono troppo tesa; devo  allentare un po' la presa ma è così difficile, per me, ammettere che non c'è nulla di cui preoccuparsi; non dover soffrire la povertà e la fame, non dover stare attenta alle fustigazioni o al coprifuoco, ai pacificatori, agli Hunger Games, di  non dovermi più guardare le spalle da qualche assassinio spietato.
"Si, dovrei! Ma - cambio argomento - cosa hai combinato al povero vicino?" 
La vedo tornare ad un lucente sorriso.
"Ho, accidentalmente, lasciato aperto il recinto di quelle oche maledette! Lo avevo avvertito, adesso se le dovrà rincorrere per tutto il giardino!"
- Vorrei tanto averci pensato io! -

Quando Effie se ne torna a casa è ormai ora di cena, tanto che, per impiegare il tempo, decido di mettermi ad impiastrare i fornelli.
Un bussare alla porta mi distrae dalle pentole, mi asciugo le mani sul pantalone e corro ad aprire. 
"Lo so, ho fatto tardi ma ho un'ottima scusa." Lo lascio farfugliare senza capire neanche una parola per precipitarmi di nuovo in cucina.
"Ma cos' è questo odore?" chiede varcando la soglia della stanza che, a guardarla bene, sembra essere stato un campo di battaglia.
"Ho provato a cucinare una cena decente, ma non sono certa del risultato." Abbozzo una smorfia. Peeta si avvicina e mi attira a sé,  mi scosta la frangia, appiccicata alla fronte, su di un lato e mi guarda dritta negli occhi. 
Un brivido mi arriva fin dentro le ossa, e la voglia di baciarlo, di aggrapparmi a lui con tutta me stessa ritorna a galla;  non mi muovo di un solo millimetro.
"Sarà buonissima." È tutto quello che mi dice prima di allentare la presa sulla mia vita.
Ci mettiamo a tavola e lo ascolto mentre mi racconta la sua giornata, faticosa ma divertente dato che Haymitch faceva una gaffe dietro l'altra. Come aveva già preannunciato in mattinata è passato anche per casa di Delly, la quale, inaspettatamente dico io, ha assolutamente accettato di lavorare con Peeta al forno. 
"Accidenti!  Maledetta, vieni qui!" Una voce che viene dall'esterno ci distrae. Ci guardiamo interrogativi, ma solo quando capisco che è la voce di Haymitch mi ricordo del brutto tiro di Effie.
"Ah, Effie gli ha liberato le oche!" Scoppia a ridere ed entrambi ci precipitiamo fuori dalla porta di casa per gustarci la scena.
"Io la soffoco con una delle sue parrucche, uno di questi giorni!" Inveiva contro l'artefice del misfatto mentre inseguiva le oche, tentando quasi inutilmente di rimetterle nel recinto.
Ridere. Ridere di gusto.  Ridere di cuore. Erano passati secoli dall'ultima volta che lo avevo, che lo avevamo fatto, tutti quanti.
"Invece di ridere, garzone, vienimi a dare una mano!" dice rivolto a Peeta che non riusciva a togliersi quell'espressione divertita dal viso. "Vado ad aiutarlo, credo ce ne vorrà per un po'. Ti raggiungo dopo." Mi dice fiondandosi nel cortile di fronte. Resto a guardarli inseguire quelle povere bestioline per un po' ma poi decido di tornare dentro e dare una sistemata al caos che ho prodotto in cucina.
Sono già nel letto quando Peeta torna a casa. Una volta entrato, tutto subato e sporco di terriccio, si butta sul letto.
"Peeta!" "Si sono impresentabile, ma dammi cinque minuti per riprendermi." Mi metto a sedere, avvicinandomi a lui. "Le avete prese tutte?" "Si, ma se non lo fa lui, la uccido io ad Effie!" "Ma dai, ora non dirmi che non ti sei divertito" "Si, certo, fino a quando non mi è toccato dargli una mano." Sorrido.
Mi chino sul suo viso e gli poso un leggero bacio. "Io mi sono divertita molto a guardarvi!" "Ah si?" Annuisco e in risposta ricevo un bacio sul naso.
"Meglio che mi faccia una doccia!" Si tira su, togliendosi la maglia e buttandola a terra.
Lo fisso. Fisso quelle sue spalle larghe e definite ancora un po' imperlate di sudore, quelle braccia vigorose che vorrei tanto mi stringessero adesso, in questo preciso momento. 

"Gli asciugamani?" chiede, distraendomi dai miei pensieri affamati.
"Ah, ehm, terzo cassetto."  Ne prende uno e si dirige verso il bagno, lasciandomi sola con le mie fantasie, che mai avrei pensato di avere, fino ad un anno fa, su Peeta Mellark.

   
 
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