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Autore: Rhona    18/05/2014    1 recensioni
Parigi, 1772.
I poveri sono stremati. Tutti ripongono le loro speranze nel Delfino, il futuro re, e nella sua nuova sposa, tanto amata dal popolo quanto odiata nella corte.
Poi ci sono loro...Pierre: uno scassinatore belloccio ma piuttosto stupido. Henri e Philippe: ladri di strada, gente dalle mani leggere e vellutate. Mathieu: l' orfano del mugnaio della Cité. Gilbert: un bracciante fuggito dal sud e approdato nella capitale. Jean: un vecchio mendicante che suona il violino sul sagrato di Notre Dame per quattro spiccioli di elemosina. Edouard e André: amici dal momento in cui sono nati in due case attigue, ma fin troppo diversi. Ognuno di loro fa parte di un gruppo, una banda, una strana combriccola di saltimbanchi che rubano e donano: la banda di Monsieur Dubois.
Scelte disumane, tragedie familiari, pregiudizi. Onore ai nobili, fasti di corte, lussuria. Amori impossibili o non corrisposti, un segreto tenuto nascosto per più di vent'anni... E la rivoluzione che, inesorabile, si avvicina.
«Ma chi credete di essere?!» chiese ridendo «Robin Hood, forse?!» Lui sorrise, le scostò i riccioli castani dall’orecchio e le sussurrò «Io sono Dubois.»
NOTE: ispirata in parte al classico ideale del “ladro-gentiluomo”.
Genere: Drammatico, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore
Capitoli:
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7. Prime Impressioni 
 
 


 
Erano tornati al galoppo verso lo scantinato. Louise, Michelle, Mathieu  e Philippe erano andati a dormire. Jean e Gilbert li avevano aspettati svegli a giocare a carte, dopo aver messo a dormire i bambini di Michelle. Jean gli sorrise con quella sua bocca sdentata. «Posso gentilmente sapere...» fece una pausa «come ti è venuto in mente...» lo fissò sorridendo «di buttarti...» aprì le mani in gesto di preghiera «dal balcone?!»
«Dal lampadario e poi dal balcone...» lo corresse Edouard, che stillava il vino dalla nuova botte di vino rosso.
«Addirittura...» mugugnò il mendicante.
«Lasciamo perdere e sorvoliamo.»  disse André, poggiando un impacco d’acqua fredda sulla caviglia. Aveva preso una botta piuttosto forte, ma nulla a cui non si potesse mettere la toppa con un po’ di sano riposo, fortunatamente.
«Perché è un idiota!» rispose tranquillamente Edouard, poggiando un bicchiere di vino sul tavolo dello scantinato.
«Grazie...» afferrò il vino e bagnò le labbra.  «Per la verità sono saltato dal balcone due volte. Ma la prima mi sono aggrappato all’esterno.» ammise.
Gilbert storse il capo «O stavi fuggendo o volevi impressionare una di quelle oche.»
«La seconda.»
«E chi se lo sarebbe mai aspettato...» osservò Gilbert.
«E l’hai almeno baciata?» chiese Pierre.
André sorrise enigmatico. Puntò l’indice verso il naso del compagno e scandì. «È  solo questione di tempo, amico mio!»
«Strano, ero convinto che la festa fosse finita...» ribatté Pierre con una punta d’ironia.
«Ma io so chi è.» rispose tranquillo, continuando a fare degli impacchi sulla caviglia.
«Spara...» gli disse Edouard. André si avvicinò al tavolo e gli sussurrò «Madeleine De Bayonne.»
Edouard storse la testa. «Come minimo è la figlia del colonnello bastardo e le abbiamo incendiato casa.»
André annuì. «Come minimo!» disse, poi finì il vino.
«Allora: qual è la prossima mossa?» chiese Pierre, tutto preso dall’eccitazione.
«Andare a dormire, Pierre.» gli rispose, chiudendo gli occhi e buttando la testa all’indietro.



 

VERSAILLES
 

 
Una settimana dopo il ballo, Antoinette passò il pomeriggio al Trianon. Le piaceva suonare l’arpa, anche se le stavano venendo i calli. Madeleine sapeva suonare il pianoforte tanto bene da riuscire ad accompagnarla suonando ad orecchio. Al ballo erano stati riconosciuti; un paio di donne avevano riconosciuto lei e, circa alle tre, avevano fatto salire lei e Louis su un palchetto. Tornati alla reggia non erano stati sgridati, per fortuna. Quella notte aveva fatto l’amore con Louis; ma, dopo aver incontrato quel ragazzo svedese,  non credeva di poter dire che essere in intimità con suo marito volesse dire farci l’amore.  Aveva immaginato Hans Axel sopra di lei, un paio di volte: al solo ricordo di quei pensieri inopportuni per lei arrossiva... il ché avveniva piuttosto frequentemente negli ultimi giorni. Dopo aver assistito al suo piccolo concerto, circa alle cinque, molti di quelli che l’accompagnavano scesero al piano terra, per poter tornare alla reggia. Prima che potesse scendere, Antoinette trattenne Madeleine. Lei, comprendendo subito la situazione, tacque, fino a quando tutti non se ne furono andati. Allora Marie Antoinette parlò. «Devo raccontare questa cosa a qualcuno, Madeleine.»
Sembrò sinceramente preoccupata. «Cos’è successo, Altezza?»
«La scorsa Domenica, quella sera a Parigi, io ho conosciuto una persona. È  un conte svedese, il conte di Fersen.»
Madeleine le sorrise comprensiva. «E a quanto posso capire vi ha colpito molto.»
«Si» sorrise di rimando «Aveva un modo di parlare, un’intelligenza che io...  uno strano fascino che... io non ho mai visto in mio marito, Madeleine. Credete sia normale?» Si sedette pesantemente sul divanetto accanto alla finestra.
Madeleine le prese le mani e si sedette a sua volta accanto a lei.  «È  facile cadere in tentazione. Nella nostra situazione è inevitabile. Sarebbe mio dovere di dama di compagnia dirvi di restare fedele al Delfino, ma il mio dovere di amica è consigliarvi di seguire il vostro cuore.»
Antoinette sospirò. Madeleine era abile con le parole: le aveva detto tutto, pur non dicendole nulla. L’amica le sorrise. «Non so se sia giusto tradire; ma i matrimoni combinati non lo sono sicuramente.»
 Annuì. «Ma voi cosa fareste?»
Madeleine le sorrise. «Non lo so, forse tradirei... anche se nella situazione in cui siamo sarebbe pericoloso: voi potreste rischiare la testa.» un’altra donna non l’avrebbe mai detto, ma Madeleine non poteva non dire la verità: sapeva fingere e omettere, ma mai mentire.
La squillante voce di Charles, suo cognato, risuonò per le scale. «Noi andiamo! Finirete per dover tornare a piedi, Maestà!»
Madeleine si alzò. «Andiamo, ne parleremo dopo.»  le sorrise e le tese la mano per farla alzare.
 




 
 
Era il tramonto. André fissò circospetto la reggia di Versailles, desolata a quell'ora. «Ricordami perché siamo qui.» gli chiese l’altro.
«Perché sei il mio migliore amico, Edouard.» gli sorrise.
Edouard sbuffò e si accostò all’altissima ringhiera dalle punte dorate. «Non ho alcuna intenzione d’entrare: tu entri ed io resto nei dintorni: ti do un’ora.»
«Sei pazzo! Non so neppure dove cercarla!»
«Se era con la Delfina prova nelle stanze della delfina!» ragionò l’altro. Ebbene sì: la donna in nero, che aveva  praticamente imposto a Madeleine di ballare con lui, era la futura Regina di Francia. André era giunto alla conclusione che doveva essere una del suo éntourage. Ora il problema era un altro... Qual’era la stanza della regina?!
«Un’ora: non un minuto di più!» ribadì Edouard. André sbuffò.
«Aggiudicato...» sibilò fra i denti «Forza, cerca di lanciarmi su.» Edouard si guardò intorno, unì le mani, si abbassò e fece salire André sui suoi palmi. Gli diede una spinta. André si aggrappò il più in alto possibile e scavalcò velocemente. Si tirò il cappuccio del mantello sulla testa. «Hai un’ora.» gli ripeté Edouard prima di sparire.  André corse velocemente lungo l’immenso giardino. Il bacino dell’acqua, e monumentali fontane ancora in funzione. “La povera gente muore per la fame e patisce perfino la sete, mentre a Versailles migliaia e migliaia di galloni d’acqua vengono sprecati così...” davanti a situazioni come quella si sentiva esasperato: preso dall’irrefrenabile voglia di mollare tutto e di correre nella brezza calda, fra i campi di grano del sud. Corse svelto e agile, celandosi alla vista delle guardie. Arrivò alla porta di servizio: un’intercapedine nascosta fra gli ornamenti dell’edificio. Una ragazza uscì. André mosse un passo indietro, riuscendo a schivare una sportata in faccio. «Vi chiedo perdono Monsieur!» esclamò la ragazzina tutto d’un fiato. Doveva essere una di quelle che venivano inviate a Versailles come sguattere perché la famiglia non le poteva mantenere. Avrà avuto al massimo quindici anni. Erano quelle più facili da beffare. Assunse un’aria più effemminata possibile: «Io sono André Depuis, mi ha mandato a chiamare la prima cameriera di Sua Maestà la Delfina. Sono un parrucchiere.»
La ragazza sorrise ingenua «Oh! Allora vi staranno aspettando. Entrate, ve ne prego.» e, con un gesto cortese, lo invitò ad entrare. “L’intrusione più facile della storia...” Alla ragazzina non poteva venire in mente che era ora di cena? E che la Delfina probabilmente stava banchettando con il Delfino e i suoi fratelli?! Che ingenue che erano le sguattere di palazzo!
«Dove vado per le stanze della Delfina?» chiese nello stesso atteggiamento.
La ragazzina gli insegnò la strada. André non capì molto, perso nella preoccupazione di dover attraversare tutto il palazzo. «Potreste accompagnarmi, almeno fino al primo piano; non sono pratico della reggia.» confessò.
La sguattera annuì. «Seguitemi.» André la seguì. Lei si muoveva con passo svelto ed esperto fra le stanze, ma André faceva fatica a seguire i suoi passi. D’un tratto la sguattera si guardò attorno circospetta. Lo prese in un angolo e gli bisbigliò: «Io non posso salire la scalinata della Regina. Voi  dovrete salirla, poi svolterete a destra. Nella stanza dove vi troverete avrete due porte opposte. Prendete quella a destra. Andate avanti per altre due stanze, la terza è quella della Regina, che è occupata dalla Delfina.»
«Vi ringrazio infinitamente» disse sincero, allontanandosi. Fece quello che gli era stato detto. Gli appartamenti erano deserti, dovevano davvero essere tutti fuori a cena... Mentalmente calcolò che doveva essere passata circa una mezz’ora da quando era entrato nel giardino. La porta de terzo appartamento arrivò, aperta. André buttò l’occhio all’interno, sporgendosi.  Il servito re che la fiancheggiava lo fissò truce. André, senza pensarci due volte, lo atterrò con un pugno: in parte per il gusto di menar le mani, in parte per evitare che lo mettesse nei guai. Non vide nessuno. No, Madeleine De Bayonne non era lì. La sua unica possibilità di ritrovarla era sfumata. “Ma che c... Cosa diavolo ho?! Sono il più grande ladro di tutta la Francia e mi deprimo perché non trovo una donnetta? Ce ne sono milioni come lei!” No, non era così e lo sapeva bene: nessuna di tutte le donne che aveva conosciuto (e solo Iddio sapeva quante...) aveva mai osato tappargli la bocca e schiaffeggiarlo come aveva fatto Madeleine. Sorrise. Dal salone antistante la camera entrò una donna. André si nascose dietro la porta.  Era Madeleine. Aveva l’aria di essere stanca, e teneva con lei un libro. Poggiò il libro sul grande mobile alla sinistra del letto, impreziosito da un busto della Delfina, e si sedette su un seggiolino ornato d’oro. Sembrava serena e tranquilla. Gli dispiacque doverla spaventare entrando, ma lo fece ugualmente:
«Buonasera, Mademoiselle De Bayonne.» salutò, alzando una mano. Lei rimase basita. L’espressione del suo viso cambiò totalmente ma il cambiamento fu impercettibile; alla fine si alzò furiosa, gesticolò con la mano e gli gridò contro. «Non siete il benvenuto, Monsieur: andatevene immediatamente.»
«Sono appena arrivato!» protestò blandamente.
«Andatevene!» sibilò, indietreggiando di qualche passo.
André allargò le braccia. «Voglio solo parlarvi.» le sorrise.
Serrò le labbra. «Io sono sola.»
«Non c’è nessuno che ci vedrà: prometto che non intaccherò la vostra reputazione in alcun modo.» promise, portandosi la mano destra sul cuore.
«Chi si fiderebbe della parola di un ladro!» senza che André ebbe il minimo avviso, afferrò il libro dal mobile dorato e lo scagliò contro di lui. André lo schivò  per un pelo, abbassandosi. «Vi ho forse minacciata?» chiese ironico.
«Un assassino non ha bisogno di minacciare!» rispose pronta.
André, per assurdo, si sentì ferito da quelle parole tanto taglienti, che lo consideravano più un diavolo in terra che una persona in carne ed ossa. Non aveva mai ucciso una persona, non era e non sarebbe mai diventato un assassino. Il suo sorriso svanì. «Non tutto quello voi tronfi plutocrati dite su di me è vero.» scandì. «Non sono un assassino, e non ho mai ucciso in vita mia!»
Lei restò impassibile. «Avete bruciato delle case, avete rubato la fortuna di una vita a gente onesta. Avete stuprato.»
Si sentì avvampare. «Io non ho mai alzato le mani su una donna che non mi volesse!» gridò.
«Allora andatevene e lasciatemi stare, io non ho alcun interesse per voi.» disse calma. Aveva capito cosa André cercava di fare. Aveva un’intelligenza singolare...  Ma lui non se ne curò «La gente onesta di cui voi parlate è la stessa che ha ridotto la nazione alla fame!» gridò «Io ho dato alle fiamme la casa di quell’idiota di De Bayonne –non so quale rapporto di parentela abbia con voi e non mi interessa-  perché quel cane ha ucciso un mio amico, perché gli ha tenuto testa! E sapete una cosa? Stavamo tornando dal funerale di suo figlio, Claude: aveva solo sei anni ed è morto perché un medico bastardo non ha voluto dargli le sue cure! Ora chi è l’assassino?»
Madeleine sembrò triste. «Parlate piano o vi sentiranno.» Restò zitta per un po’, ma poi lo inchiodò con gli occhi. «Vi prego di andarvene Monsieur Dubois.» sussurrò.
André allora le sorrise, e scosse la testa. «Ho ancora mezz’ora di tempo prima che i miei uomini vadano su tutte le furie. Sono venuto per parlare: parliamo.»
«Ve lo chiedo per l’ultima volta o chiamerò qualcuno: andatevene.» disse stanca.
André si sedette su uno dei seggiolini. «Sembrate molto stanca, che avete fatto oggi?»
La donna cominciò a rifarsi scontrosa. «Non sono affari vostri, andatevene!»
Lui alzò le spalle «Se non volete ascoltarmi andatevene voi.» disse risoluto.
«Bene, allora.» si voltò e passò la stanza, uscendo da dove André era arrivato. André si alzò fulmineo e la prese per una mano. «Aspettate!»
Si spaventò alla vista del servitore svenuto. «E lui?!» chiese esterrefatta, liberandosi dalla sua presa. «Avete tanto difeso i vostri ideali ed ora questo?»
«È  solo svenuto, si risveglierà fra poco.»
Scosse lentamente la testa. «Andatevene o mi metto ad urlare.» André sapeva che non l’avrebbe mai fatto. Scosse la testa. «No.»
Madeleine cominciò ad urlare a squarciagola. André fu preso dal panico: avventò su Madeleine, le premette la mano sulla bocca per soffocare il suono e la spinse con il suo corpo contro la porta, schiacciandola. Lei cominciò ad urlare ancora più forte. «Mademoiselle calmatevi! Non voglio farvi del male!»
Lei scosse la testa.
«Me ne vado se state zitta.» si arrese «Se fate silenzio giuro che me ne vado!»
Madeleine fece silenzio. André tolse la mano, sospirò e le disse «Grazie.»
Madeleine lo spinse via brutalmente. «Non avvicinatevi a me mai più! Intesi? Mai più! Ora andate via.» sibilò rabbiosa.
«Qual è la via più breve per l’esterno?» chiese.
«La finestra!» scandì al suo orecchio, mentre passava oltre.
«Siete arrabbiata con me?» chiese, sicuro che lei avrebbe sentito. La sua figura scomparve dietro all’ennesima porta. André la seguì fino alla scalinata, aprì la finestra dell’ultima stanza e strappò la tenda.  Poi ne fece due parti, le annodò e di calò giù. “Poteva andare peggio: avrebbe potuto sputarmi in faccia...”



NOTE:
Scusate il lungo tempo d'attesa, ma i capitoli di transizione non mi prendono!
Se leggete lasciate una recensione; anche una sola riga, ma mi piacerebbe sapere cosa ne pensate!
Un grazie speciale a
Lilo_jest che continua a recensire ogni capitolo!
  
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