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Autore: metaldolphin    20/05/2014    3 recensioni
Nami crede che tra lei e Zoro fili tutto liscio: ne hanno passate tante insieme, come compagni di Ciurma prima, come compagni di vita poi.
Fino a quando vede la sua (poco) dolce metà, in un vicolo, stretto a qualcuna di nostra conoscenza...
sapere come andrà a finire è una delle priorità del resto dell'equipaggio della Sunny, spettatore di una vicenda dai risvolti inaspettati.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Tashiji | Coppie: Nami/Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Comunque insieme'
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Stufo di tutto quel ciarlare, Zoro sbottò urlando a sua volta contro il compagno di ciurma, mentre il resto dell’equipaggio osservava divertito e curioso lo scontro.

Come al solito, fu solo il furioso intervento della Navigatrice, già urlante ancor prima di uscire alla luce del sole, che riuscì a zittirli.
Ma vedendo il compagno, anche lei sembrò perdere la voce, rimanendo a fissarlo con gli occhi lucidi per il dolore non ancora sopito che tornava a torturarle l’anima.
Poi indicò con un cenno del capo l’ostaggio, perplessa, perché non riusciva a capire cosa ci facesse lì e conciata a quel modo.
-Perché l’hai portata qui?- gli chiese, con tono piatto.
-Dato che non vuoi ascoltare me, senti ciò che ha da dire lei…- rispose lo Spadaccino, glaciale come il vento polare.

Naturalmente, gli altri seguivano con interesse crescente lo scambio tra i due, tanto che se Sanji fosse stato in grado di recepire qualcosa, gli avrebbero chiesto di preparare una gran ciotola di popcorn, per gustare meglio la scena.

Nami, se possibile, a quelle parole si era alterata ancora di più.
-Ed io dovrei ascoltare ciò che ha da dire questo manico di scopa cieco come una talpa?- gli chiese, sarcastica.
Ma Zoro non le rispose; si limitò a mettere rudemente in piedi e a togliere alla Marine il bavaglio, scuotendola violentemente per incitarla a parlare.

Dopo qualche attimo di rabbiosa resistenza, Tashiji si decise a dire, con un filo di voce: -Lui mi ha sempre respinta. Sono stata io ad attirarlo per cercare di sottrargli le katane… lui è uno sporco pirata, non merita di averle!- gridò alla fine, cercando di liberarsi dalle corde che la imprigionavano, divincolandosi per riattivare anche la circolazione agli arti che aveva perso.
La rossa avvicinò il viso a quello della rivale e le chiese con durezza: -Le cose stanno davvero così?
Senza riuscire a guardarla negli occhi, la prigioniera annuì.

Nami, anche se sollevata nell’apprendere la realtà dei fatti, si limitò a fare un cenno a Zoro e a dirgli, senza cambiare tono: -Imbavagliala di nuovo e lasciala da qualche parte in paese, in modo che non possano trovarla subito e poi vedi di tornare qui al più presto, che domattina dobbiamo salpare. Usopp verrà con te, così eviti di smarrirti.

Con il solito ghigno appena tornato sul viso, lo Spadaccino preferì non ribattere alla frecciata sul suo senso dell’orientamento pressochè nullo, ed abbandonata la sacca sull’erba del ponte, messole di nuovo il bavaglio, prese la Marine sotto braccio come un pacco senza la minima importanza e saltò giù dalla nave, strattonandola malamente, seguito dal Cecchino.

Li videro scomparire tra le case e poi la rossa, indicando la roba di Zoro, disse a Rufy: -Fammi una cortesia, porti quella sacca nella mia cabina?
Con il solito sorriso di gomma, il Capitano obbedì in fretta, dato che Nami era già abbastanza alterata, anche se nel frattempo pareva aver riacquistato un precario e cauto buon umore.

Più tardi, Cecchino e Spadaccino tornarono a bordo; il secondo sfruttò quel momento per recuperare le sue cose, ma non trovandole rimase a guardare in giro, una mano sul fianco e l’altra a grattarsi la zazzera verde, perplesso.
Appeso alla prua della nave, Rufy lo chiamò a gran voce e quello si diresse verso il suo Capitano.
-Sei tornato per restare, vero Zoro?- gli chiese e, alla conferma dell’altro, un sorriso enorme ed impossibile gli si dipinse in volto.
-Anche se non fossi riuscito a trovare quella Marine, non vi avrei abbandonato- spiegò- anche se forse, sarebbe stato più facile chiarire con Nami…
-Questo è sicuro! - tuonò una voce severa alle loro spalle. Nami era salita a chiamare Rufy per cena ed aveva trovato anche Zoro.
All’udire che era pronto in tavola, il Capitano si volatilizzò come per magia, lasciandoli soli in un silenzio imbarazzante.

Lei sapeva di essere in torto, dato che non aveva voluto ascoltarlo, accecata dalla gelosia e, a causa di ciò, lui aveva affrontato senza che ce ne fosse effettiva necessità, chissà quanti Marines, pur di portare la sgradita testimone a bordo.
Ma non lo avrebbe mai ammesso, Zoro ne era certo, perché erano molto simili nel puntiglio e nell’orgoglio, su questo non aveva dubbi.
Non si aspettava, quindi, delle scuse, per non essere stato ascoltato e portato fino a quel punto per dimostrare la sua estraneità in un coinvolgimento sentimentale con quell’altra donna.

In quel momento gli bastava sapere che comunque, con quell’attacco ingiustificato di gelosia, la sua donna aveva lasciato trapelare un’insicurezza che si ostinava a mascherare con i suoi atteggiamenti spavaldi e fieri... poco alla volta lei gli rivelava la sua parte più nascosta e fragile; con una buona dose di pazienza, stava conoscendo sempre più la sua anima, che agli altri rimaneva nascosta come una belva ferita in una tana profonda.
Grazie ai suoi allenamenti e alla costante meditazione, erano due virtù di cui Zoro non difettava, per fortuna.

Rimasero a guardarsi e si capirono, occhi negli occhi, senza bisogno di parole, in un silenzio carico d’attesa che si risolse in un esitante prendersi per mano, per dirigersi insieme verso l’infermeria: le lesioni di Zoro, lievi ma numerose, necessitavano di cure già da ore.

Ad un tratto, facendosi medicare un braccio, llo Spadaccino le chiese se sapesse dove fosse finita la sua roba.
-Al suo posto.- si sentì rispondere ed un ampio sorriso si allargò sulle labbra di lui.

Niente scuse, nessuna richiesta di perdono, nessun rancore: erano fatti così e non sarebbero cambiati tanto facilmente. Ma allo stesso modo non sarebbe cambiato il loro amore, il loro essere Nami e Zoro, Zoro e Nami... la baciò, possessivo, affamato non di cibo, ma di lei, dopo tutto quel tempo lontano. E a lei non sembrò dispiacere quella rude irruenza: risanava la ferita che si era portata dentro in quei giorni, quando aveva creduto di averlo perso. ricambiò con la stessa passione e lo trascinò in quella che era tornata ad essere camera loro, sul loro letto, tra quelle lenzuola che erano abituate ad essere gualcite dai loro movimenti ritmati e dai loro sospiri.
 
   
 
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