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Autore: Briseide    01/08/2008    2 recensioni
"Erano le due di notte quando Jo finiva di sistemare le sedie dopo la chiusura e nel piazzale una macchina aveva spento il motore. Erano le due di notte quando Dean Winchester era tornato da lei". [Dean/Jo][spoiler III stagione]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Dean Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Terza stagione
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Seconda parte.

Arrivarono di notte, come se stessero facendo qualcosa di nascosto, ed entrarono senza bussare. La porta della Redhouse era ancora socchiusa, l’ultimo avventore si era dimenticato di sbatterla con forza come al solito.
Nel locale l’unica cosa distinguibile nella semioscurità informe, era il profilo esile di qualcuno che sfregava vigorosamente il piano di un tavolo, o almeno così a lui parve.
Entrando Bobby si era tolto il cappello, strappando un’occhiata ilare ai due fratelli e poi aveva palesato la loro presenza con un colpo di tosse.
Jo non aveva visto nessuno di loro se non Dean.
“E’ rimasta qualche stanza per tre poveri pellegrini?” aveva domandato Bobby con un sorriso un po’ mesto. Jo aveva annuito lasciando cadere sul tavolo lo straccio che stava usando. Non aveva parole da offrire, ma le tremavano di nuovo le mani e quello era quanto.
Aveva lasciato una caraffa di caffè e una bottiglia di liquore per correggerlo sul piano del bancone a Bobby e sua madre, sapendo che avrebbero avuto molto di che parlare quella notte, ed aveva sistemato come meglio poteva due stanze per Sam e Dean.
A lui non aveva detto niente, il patto era che lei non avrebbe chiesto e lui non le avrebbe raccontato a parole quel poco che era disposto a dire. Non ci fu bisogno di accordi imbarazzanti, era tutto piuttosto implicito per entrambi.
Quando la mattina dopo Jo era scesa per aprire il locale, Bobby l’aveva guardata come fosse un fantasma: nelle reciproche occhiaie entrambi avevano lasciato ad intendere di non aver chiuso occhio tutta la notte. Anche in quel caso Jo non pretese di sapere nulla su quanto lui e sua madre si erano detti fino alle prime ore dell’alba e Bobby non insistette oltre sul motivo della sua insonnia. Jo riprese a strofinare lo straccio sul tavolo della sera prima, alla fine non aveva finito il lavoro ed era ancora incrostato di birra, finché non sentì il suono dei passi di Dean. Si fermò per un istante, vincendo la tentazione di voltarsi verso di lui e dirgli tutto quello che le passava per la testa da quei tre anni in cui si erano salutati. Poi aveva guardato lo straccio, di nuovo abbandonato sul tavolo e aveva detto soltanto “Vi preparo dell’altro caffè”.

●●●

Dean la trovava cambiata. Non era certo della Jo che avrebbe trovato, l’ultima volta che si erano visti non si erano lasciati con un sorriso e un abbraccio del resto. La sua mente era offuscata dalle tracce indelebili del suo soggiorno infernale, ma riusciva ancora a ricordare quello che Jo gli aveva raccontato in ultimo riguardo suo padre e William Harvelle. A quel tempo suo padre era appena morto e lui era troppo impegnato a cercare di sopravvivere ad un dolore inesprimibile per poterle chiedere scusa di quanto successo, e adesso aveva di nuovo altre ferite da rimarginare e in ogni caso sarebbe stato un po’ troppo tardi.
L’aveva trovata cambiata perché Jo non aveva preteso niente: non una parola in merito a suo padre, non una parola in merito a quello che aveva passato in tutti questi anni. Poteva percepire il peso di quel silenzio a cui si era costretta e sapeva che se lo aveva fatto era stato soltanto per lui.
Trovava ancora un po’ inconcepibile che riversasse su di lui ancora tante attenzioni, sentiva di non meritarne neanche la metà e al tempo stesso sapeva che una piccola parte di lui, per quanto microscopica potesse essere, aveva bisogno che qualcuno lo facesse.
Anche questo era diventato ben presto implicito tra loro.
Ellen lo teneva ancora costantemente d’occhio, questa volta con il doppio dell’apprensione di prima, condivisa tra la preoccupazione per lui e quello che aveva affrontato e la preoccupazione per sua figlia e quello che avrebbe passato con Dean Winchester di nuovo nei dintorni. Non lo faceva sentire a disagio, tuttavia.

Le conversazioni tra lui e Jo erano sempre molto silenziose. Al continuo rimbrotto dei tempi passati si era sostituita una quiete piena di consapevolezza da parte di entrambi. Parlavano lo stretto indispensabile e il resto potevano lasciarlo agli sguardi e ad una gestualità che diventava giorno dopo giorno sempre più intima e semplice da capire.
Il suono delle parole era ancora troppo aspro per Dean, nell’Inferno non aveva sentito altro che urla e lamenti disperati e tutto quello che desiderava adesso era un silenzio che durasse il più a lungo possibile.
Quando il locale chiudeva le porte iniziava il loro momento, una bottiglia di birra ciascuno e un po’ di musica soffusa, che riposasse le orecchie di entrambi e non li facesse sentire al contempo troppo soli. Qualche volta commentavano sugli avventori della Redhouse, Dean sapeva chi aveva guardato Jo e in che modo, sempre, i commenti sardonici in merito erano rari ma la lusingavano sempre quando capitava di riceverli.
Nessuno dei due aveva mai voglia di andare a dormire, Dean perché sapeva che sarebbe tornato nell’Inferno per la durata del suo sonno, e Jo perché non avrebbe fatto altro che pensare a Dean e alla sua stanza troppo lontana dalla propria. Lei era sempre la prima a cedere, concedendogli un po’ di solitudine che a stento riusciva ad avere, e Dean aveva ormai imparato dove fosse l’interruttore per spegnere le luci e come blindare la porta prima di chiudere direttamente la Redhouse.
Era servita una discreta quantità di tempo ad entrambi per capire che il rimedio alla loro insonnia era dormire insieme, condividere un letto e confondere i propri sogni.

●●●

Jo non si era mai presa cura di nessuno, se non del bar e del ricordo di suo padre. Non aveva idea di cosa dovesse fare ma inaspettatamente scoprì di saperlo fare.
Quella sera un uomo poggiando i gomiti sul bancone aveva detto di essere un vecchio amico di suo padre, che voleva sapere come se la passava il vecchio Bill e che aveva urgente bisogno di parlargli di alcune faccende di cui lui avrebbe di certo capito l’importanza. Jo lo aveva guardato attonita e piuttosto seccata “Alla buon ora” gli aveva risposto sbattendo un bicchiere davanti a lui, mentre si chiedeva di cosa mai dovesse essere arrabbiata e soprattutto con quell’uomo che per giunta stava per ricevere un gran dispiacere.
“Allora, dov’è quella canaglia? È sulle tracce di qualche stronzo di demone come suo solito?” aveva continuato l’uomo, prendendo un sorso del liquore e porgendole in cambio un sorriso di bonaria malinconia. Jo lo aveva guardato e di improvviso era sparita la rabbia di prima, e aveva preso atto che avrebbe dovuto dirgli la verità, e fu come se in quel momento le fosse caduto addosso il ricordo di quanto fosse pesante e freddo il vuoto che suo padre aveva lasciato nella sua vita. Con orrore scoprì di averlo quasi messo da parte per tutto quel tempo in cui aveva concentrato ogni forza nel pensiero di Dean e di quanto potesse fare per lui. Scoprì anche che credeva di essersi assuefatta al torpore che la mancanza di suo padre le aveva lasciato intorno al cuore, ma si sbagliava alla grande. “E’ già a metà strada” aveva mormorato alla fine, sapendo che le parole non volevano saperne di separarsi dalle labbra, era come se volesse tenere la verità di quel dolore tutta per sé. L’uomo non aveva capito ed era esattamente quello che Jo voleva che accadesse. “Digli che l’ho cercato” aveva vagheggiato lui in risposta, poi aveva fatto per pagare, ma Jo aveva fermato il suo polso “Questo lo offre mio padre” , si sorprese a dire, mentre sentiva su di sé gli occhi di Dean da qualche parte lì vicino, e prendeva atto con un tonfo all’altezza del petto che aveva assistito a tutta la scena.

“Non so perché non gliel’ho detto” aveva esclamato d’improvviso alle due di notte, mentre chiudeva la porta del locale e cercava una buona musica da mettere in sottofondo. Dean aveva alzato gli occhi dalla bottiglia di birra, accorgendosi di star serrando la presa tanto fortemente da lasciare l’impronta delle proprie dita sul vetro velato di ghiaccio.
“Non verrà mai a chiederti una spiegazione” aveva risposto, e il suono della propria voce lo aveva stupito ancora, come sempre da quando aveva smesso di parlare tanto spesso come prima. Jo si era voltata a guardarlo con aria smarrita e consapevole al tempo stesso e aveva finito con il sorridere un po’ a lui, un po’ all’avventore in cerca di suo padre, un po’ a se stessa. Aveva scelto una canzone alla fine, una a caso, aveva recuperato la propria bottiglia di birra della serata e si era seduta sul bancone.
“Non aveva senso dirglielo” proseguì appoggiando le labbra al vetro spesso, e per un attimo Dean credette di sentirle sul proprio collo. “Lo avrei solo fatto sentire di merda” andava avanti Jo, e sembrava che le sue labbra accarezzassero la bottiglia “e poi se mai lo verrà a sapere da qualcuno, potrà pensare che l’ultimo ricordo di Bill è stato il bicchiere di scotch che gli ha offerto” concluse, poggiando finalmente le labbra sul bordo della bottiglia e costringendo Dean a smettere di guardarla.
“Cazzate” aveva risposto lui e Jo sapeva che era sincero in quel momento, tanto quanto lei era la bugiarda. Reclinò la testa contro il legno alle proprie spalle, chiudendo gli occhi. Sperò di vedere suo padre, ma le apparve l’immagine di Dean nell’attimo in cui lo aveva visto prima di chiuderli.
“Lo so. Non riesco a dire ad alta voce che è morto”.
C’era stato un attimo di silenzio, prima che aprisse di nuovo gli occhi. In quel momento a Dean tornò in mente la prima volta che l’aveva incontrata, pensando che allora gli aveva puntato addosso un fucile, e adesso gli puntava contro il proprio sguardo, e questa volta aveva come la sensazione di non essere certo di riuscire a disarmarla. Insieme a quel ricordo gli sovvenne quello che si erano detti: suo padre era appena morto e Jo gli aveva raccontato che era successo lo stesso anche al suo quando era ancora una bambina.
“Cazzate” di nuovo, “è stata la prima cosa che mi hai detto” la rimbeccò prendendo un sorso generoso dalla bottiglia. La birra era fresca ma non valse a raffreddare tutto quell’ardere che sentiva da qualche parte dentro di sé o lì intorno.
“Era facile dirlo a te”. Sembrava quasi si vergognasse nel doverlo dire, quando in realtà Dean sapeva perfettamente cosa intendesse. Era facile quanto lo era rimanere soli dopo l’orario di chiusura; era facile quanto lo era stato ritrovare la strada per la Redhouse. Era facile come guardarla negli occhi e non doverle più alcuna spiegazione.
“Vado a dormire” aveva annunciato Jo saltando giù dal bancone e lasciando a metà la propria birra, pensando che a quel punto fosse il caso di lasciarlo solo con John Winchester. Quando Dean aveva annuito con un sorriso lontano, Jo aveva sentito una morsa attanagliarle il cuore in una stretta di dolcezza e dispiacere per quello che aveva letto in quel sorriso e aveva esitato prima di annuire a sua volta. “’notte Jo” lo aveva sentito dire, ma a quel punto era già consapevole che non avrebbe chiuso occhio neanche quella notte.

Quella notte Dean sognò dell’Inferno e di suo padre contemporaneamente. I colori dell’Inferno si confondevano nel fondo delle iridi scure di suo padre, l’unico desiderio era quello di liberarsi di entrambi, ma persino nel sogno lo seguiva la consapevolezza dell’impossibilità di realizzarlo. Si era svegliato perché qualcuno continuava a scuoterlo con insistenza; in quel gesto non c’era delicatezza ma solo la forza della disperazione, per questo gli era sembrato un appiglio abbastanza convincente e alla fine aveva ceduto, svegliandosi di colpo.
Prima di tutto aveva riconosciuto la luce che c’era sempre nei suoi occhi, poi aveva avuto conferma che Jo era seduta sul bordo del suo letto e gli stava facendo il grande favore di non guardarlo negli occhi.
“Non sembrava un bel sogno” aveva mormorato come giustificazione per quell’intrusione nella sua camera, ma a dispetto di quel dimesso tono di scuse, dopo averci pensato qualche secondo si era infiltrata sotto le coperte accanto a lui. “Fammi posto” aveva detto, non aveva la pretesa di essere un ordine e neanche il coraggio di essere una richiesta, e ancora stordito Dean non era stato abbastanza rapido nel risponderle.
Le lenzuola erano sudate ma a lei piaceva il suo odore; era un tempo infinito che non divideva il letto con qualcuno ma lei sembrava aver trovato il proprio posto in un incastro perfetto tra la curva del suo corpo e il bordo del letto; per quanto si sforzasse non aveva altre obiezioni da fare, perché era stanco di fare incubi e il respiro di Jo era molto più regolare del suo, così lentamente si abituò al suo ritmo e senza che se ne accorgesse finì con l’addormentarsi di nuovo.

●●●

Presero l’abitudine di dormire spesso in quel modo, se non quasi ogni notte, e quando Ellen si era accorta che il letto di Jo non era mai disfatto, non aveva detto niente. Una sera si era fermata dietro la porta della camera di Dean, sapendo che se fosse entrata ci avrebbe trovato sua figlia. Aveva pensato di bussare e fare quattro chiacchiere con lei, ma nell’attimo di indecisione che la aveva colta, aveva percepito un silenzio calmo provenire dall’interno della stanza. Aveva pensato a tutto quel tempo che aveva passato a dormire in un letto vuoto, senza che suo marito le dormisse accanto e di improvviso aveva rischiato di piangere tutte le lacrime che non aveva voluto concedersi per la morte di William. Aveva cambiato idea, preferendo non svegliare Jo e Dean, e poi aveva incontrato Bobby, di nuovo troppo stanco persino per dormire. Aveva condiviso con lui dell’altro caffè corretto con un po’ di grappa, e per un paio di minuti aveva sostituito con quello il freddo di una notte da passare ancora senza William al proprio fianco.
“Pensate di partire presto?” aveva mormorato poi a Bobby, chiedendogli la verità. Lui le aveva restituito uno sguardo incerto e un sospiro.
“Hai paura che ci porteremo dietro anche tua figlia?” barattò la risposta con quella domanda. Ellen aveva sorriso al proprio caffè, poi aveva detto che Jo se l’erano portata dietro tempo prima, che quando scopri quanto dormi bene vicino a qualcuno resti inevitabilmente fregata, e che quella questione avrebbero dovuto sbrigarsela lei e Dean, la sua interdizione di madre era finita molto prima.

●●●

Dean non era mai stato bravo con i saluti, perché non aveva mai avuto tempo e modo di farne decentemente. Nessuno glielo aveva insegnato, né la vita gli aveva lasciato l’opportunità di imparare da solo, così la mattina della partenza non aveva saputo cosa dire, quando Jo lo aveva guardato negli occhi, vestendosi.
“Fine della corsa” aveva suggerito lei con un sorriso, mentre si infilava la maglietta. Dean si era distratto ad osservare il ricadere morbido dei suoi capelli sulle spalle esili. Si domandò come avesse potuto credere che Jo sarebbe rimasta bambina in eterno. Era un bel problema, perché più in tutto quel tempo l’aveva osservata, più si era reso conto delle sue fattezze di donna, della grazia con cui aveva imparato a portare le proprie sofferenze sulle spalle, dell’ilarità con cui giocava con se stessa, di come quella spontaneità di sentimento avesse addolcito i caratteri spigolosi del suo comportamento, rendendola più consapevole di sé. Era un bel problema, guardarla negli occhi e salutarla di nuovo.
“E ora? Te ne torni a Duluth?” le chiese allacciando i propri jeans. Si meravigliò, perché in genere parlare del futuro non era tra i suoi argomenti preferiti, eppure era di gran lunga preferibile rispetto a parlare del presente imminente che li vedeva separarsi.
“Ho già dato lì. Non so, credo che vedrò cosa c’è da fare in giro” rispose lei, sedendosi sul letto, perché iniziava a respirare a fatica. Dean recuperò la maglietta dal pomello della sedia e si rese conto di star acquistando una nuova cicatrice, oltre a quelle guadagnate all’Inferno. Jo non gli chiese i suoi programmi, perché il loro patto era ancora in vigore e lo sarebbe stato sempre. Però aveva quello stupido pensiero, su cosa avrebbe fatto tutte quelle notti, senza il letto di Dean in cui dormire, o semplicemente senza un letto in cui dormire con Dean.
“Beh… salutami Ash” aveva borbottato lui passandosi una mano tra i capelli. Jo annuì, pensando che quel gesto e l’espressione del suo viso con cui lo aveva accompagnato le sarebbero rimasti impressi sul cuore per sempre. Un ricordo in più da portare in giro con sé. “Salutami Sam” chiese a sua volta, perché aveva deciso che non sarebbe scesa al piano di sotto per salutare. Sarebbe stato difficile mettersi in viaggio subito dopo di loro, la tentazione di seguire le tracce della Impala di Dean troppo forte per la sua forza di volontà, al momento appena esistente.
Non ci fu nessun abbraccio, perché dopo aver diviso il letto e i propri sogni per tutte quelle notti forse non ce n’era davvero bisogno: qualsiasi gesto o contatto, dopo quel dormire insieme, sarebbe stato freddo e impersonale.

Quando il rumore del motore della Impala si era spento soffusamente, Jo si era concessa dieci minuti per piangere un po’ in solitudine, e perché mai lo avrebbe fatto davanti a sua madre. Non volle alcun abbraccio di consolazione e nessuna parola di conforto, perché non credeva di aver perso definitivamente qualcosa. Era cresciuta e aveva accettato i parallelismi della vita, che le strade si dividono delle volte e portano avanti ognuna per il proprio tragitto quel qualcosa di comune che si è condiviso prima di separarsi.
“Mangia qualcosa prima di partire, sei pelle e ossa e mi fai impressione” l’aveva rimproverata Ellen quando dopo quei dieci minuti Jo era apparsa al piano di sotto, con l’espressione di chi ha ottenuto una sua conquista e nel dolore che le è costata ha saputo trovare il vero valore da tenersi stretto. Ellen fu così orgogliosa di lei che bruciò l’uovo che le stava preparando per colazione. Jo ne fu a suo modo commossa e decise di poterla abbracciare, prima di dire che non aveva importanza, avrebbe mangiato qualcosa lungo la strada.

Fine.

  
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