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Autore: Readit    25/05/2014    15 recensioni
"Meglio del Natale, del conto alla rovescia a capodanno, dei falò del 4 luglio, delle canzoni hip hop e dello swag di Michael Jackson. Meglio delle Ferrari, Lamborghini, Ducati. Meglio dei gelati Magnum, delle patatine fritte e degli M&M's, delle caramelle gommose, Big Mac, cono alla fragola e limone. Meglio dell'Aurora boreale, di una notte stellata, dei tramonti, degli aerei che rigano il cielo. Meglio di Parigi, Louvre, Champs Elysees, meglio di Times Square, di Tokyo, Dubai. Meglio delle risate, dei baci con la lingua, i morsi sul collo, grattini, massaggi sulla schiena, del culo di Beyoncé, dell'aria da figo di Chuck Norris. Meglio della finale della coppa del mondo, dei Leakers, delle partite di hockey, delle Vans e delle Supra. Meglio di camminare a piedi nudi, di dormire fino a tardi, della Play e dell'Xbox. Meglio dei film di Danny Boyle, di Friends, Scrubs, How I met your mother, delle belle notizie. Meglio dell'attesa prima di uscire, del primo concerto dal vivo, cantare a squarciagola in macchina, delle montagne russe, di un nuovo tatuaggio. Meglio, Audrey tu sei il meglio del meglio."
Genere: Romantico, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Justin Bieber
Note: Cross-over, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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7. "WELCOME BACK DUDE."





Seguirlo?’ Pensai ‘Ma dove?
I secondi passavano velocemente ed il silenzio dominava tra di noi.
Non potevo dire si. Non potevo dire no.
Decisi di esporre la mia insicurezza, “E dove?” Chiesi.
Ridacchiò un pochino. “Una ragazza coraggiosa questa domanda non l’avrebbe fatta.
Non puoi pretendere un mio si ad una domanda così vaga.” Dissi mettendomi un ciuffo di capelli dietro l’orecchio.
Confido nel tuo coraggio.” Disse venendomi vicinissimo.
Beh, almeno lui.
Dalla sala sentii un rumore e delle grida. Poi delle risate. Mi ricordai subito dei miei amici, e per quanto lui mi avesse proposto di non avvertirli di niente e di allontanarmi da loro, non lo avrei mai fatto. Non per me è chiaro, per loro; si sarebbero preoccupati troppo.
Ne sono lusingata, ma temo di dover rifiutare.” Dissi facendo un passo indietro.
Il suo sguardo concentrato svanì, “Peccato.” Disse alzando le spalle.
Spense la luce al bar e staccò la spina ad ogni cosa.
Incrociai le braccia e spostai il peso su una gamba, fissando il pavimento con la bocca semiaperta.
Rimasi qualche istante a pensare, con i capelli che nel frattempo, avevano raggiungo la mia faccia a causa della mia posizione dalla testa bassa.
Beh…” Disse lui afferrando la giacca di pelle appesa dietro alla macchina dei pop-corn, “Ci vediamo in giro, Audrey.” Contiuò infilandosela.
Dove vai scusa?” Gli chiesi aggrottando le sopracciglia.
Via.” Rispose distrattamente.
Ma come? Il cinema è ancora aperto e…” “Il bar no. Te l’ho detto, il cinema ha orari diversi dal bar, sono due cose diverse. Poi da quello che so, i bar dei cinema chiudono sempre mezz’ora prima della fine dell’ultimo spettacolo.” Mi rispose serio.
Dissi solo “Ah..” annuendo con imbarazzo.
Lui si infilò un cappellino nero di lana, si girò ed iniziò a camminare verso la porta. Aprendola, voltandosi, dal vetro mi fece l’occhiolino e poi un cenno con la testa per salutarmi.
Io rimasi lì. Esattamente lì, nello stesso punto preciso dove poco prima mi aveva chiesto di trasgredire per una sera ogni tipo di regola che mi ero posta.
Ho sempre fatto fatica a prendere delle decisioni. Penso troppo, e quello che penso, è sempre controproducente.
Sono una frana a scegliere per me stessa, ho sempre bisogno del parere degli altri. Ho sempre bisogno di qualcuno che mi dica qual è la cosa giusta da fare e quale quella sbagliata, qualcuno che mi insegni come essere autonoma.
Ma così, non va bene.
Guardai l’orologio. Le otto e trentadue minuti.
Tornai a fissare il vuoto.
Respirai profondamente, poi chiusi gli occhi e pensai a tutte le volte che, non ascoltando me stessa, avevo fatto la cosa giusta e quando nella mia mente vidi che le scene che scorrevano erano numerose, mi decisi.
Vaffanculo a tutto e tutti.
Mi sistemai la borsetta, mi scostai i capelli dietro le spalle ed iniziai a correre fuori dal cinema.
Uscendo dalla porta iniziai a guardarmi in giro e poi ripresi a correre verso destra, dove era andato lui.
Era la seconda volta che mi ritrovavo a correre dietro a Justin. E lasciatemelo aggiungere, invano.
Lui non c’era più, ormai, sarebbe già dovuto essere arrivato molto lontano dal cinema.
Dopo varie centinaia di metri di corsa, mi fermai per riprendere fiato.
Chissà dov’è arrivato’ Pensai.  Non sapevo neanche che mezzo aveva, con una macchinona sportiva nel tempo che ci avevo impiegato a correre, lui sarebbe potuto arrivare fino a casa mia e sarebbe potuto anche tornare indietro.
Stupida, idiota, cocciuta e incosciente.
Si era fatto ormai buio, avevo perso tutte le speranze.
Si può essere così polla?

Improvvisamente dei rumori sopra la ma testa interruppero i miei pensieri.
Alzai di scatto lo sguardo, che si puntò un tetto del palazzo alla mia destra.
C’era un ragazzo su uno skate che faceva qualche salto da un palazzo all’altro.
Rimasi a guardarlo a bocca aperta. Poi mi vide, si fermò e scoppiò a ridere.
Andavi da qualche parte?” Mi sentii dire dall’alto.
Si sporse un pochino e la luce del lampione lo illuminò perfettamente.
Il fatto che avevo incontrato per caso Justin ben tre volte in meno di cinque giorni in una città così grande mi spaventava un pochino. Mi incuriosiva però.
Sono sempre stata veloce a correre ma non mi sentivo così soddisfatta da tempo.
In realtà le forze oscure che mi avevano fatto esplodere un polmone durante la mia corsa mi stavano iniziando a trinciare la milza, quindi la scena di me, appoggiata ad un lampione, tutta sudata e con il fiatone non dava molto l’idea di una ragazza niente male nella corsa.
Emh, eh, si...” Dissi sistemandomi un attimo.
Lui rise di nuovo, afferrò lo skate e saltò giù dal palazzo con un un’agilità ed una leggerezza incredibile.
Mi spaventai un attimo nella frazione di secondo prima che i suoi piedi toccassero il pavimento, forse immaginandomi il rumore dell’atterraggio o le sue ossa rotte seguite dalle mie grida e poi dal suono delle sirene dell’ambulanza. Si, sono una persona abbastanza pessimista e negativa.
E sentiamo, dove andavi di bello?” Mi disse camminando verso di me con un ghigno. Sapeva la risposta.
Veramente, ti stavo cercando.” Dissi con un tono vago.
Lui alzò le sopracciglia stupito, “Oh, mi stavi cercando?!” Disse, poi scoppiò a ridere.
Evidentemente, non era davvero stupito. “E come mai mi stavi cercando?” Rispose appoggiandosi con la schiena al lampione, tenendo lo skate con il piede per terra.
Perché mi ritengo una ragazza coraggiosa.” Dissi sicura di me con un sorriso compiaciuto.
Lui annuì lentamente e poi guardò per terra, dove il suo piede stava giocando con la tavola dello skate.
Non fece altro.
Lo esaminai per bene. Ma dove lo aveva preso lo skate?
E…” Continuai io, pensavo che le mie intenzioni fossero chiare ma evidentemente non ero abbastanza credibile, così iniziai per spiegargliele meglio “Quindi, siccome tu…” “Si, ti avevo chiesto se volevi seguirmi.” Mi interruppe allontanandosi dal lampione.
Esatto.” Risposi.
Beh allora seguimi.” Mi disse lui salendo sullo skate.
Eh? Aspetta ma io non ho uno skate! Dove vai?” Gli dissi muovendomi qualche passo in avanti velocemente. Poi mi fermai, faceva freddo e avevo lasciato ovviamente la mia giacca nel cinema, sul sedile.
Lui rallentò, ma non si fermò. Voltò solo la testa, “Perché? Ci sapresti andare?” Disse un po’ divertito, forse intuendo la risposta.
Ce lo avevo lo skate, ma non avevo mai trovato nessuno disposto ad insegnarmi.
Mi morsi il labbro, lasciando intendere la risposta. Poi alzai le spalle, “Meglio di niente, no?
Lui scosse la testa ridacchiando.
Lo faceva spesso, come se fossi un soggetto particolarmente divertente.
Tranquilla, non andrai a piedi.” Mi disse fermandosi, aspettando che lo raggiungessi.
Presi a correre verso di lui.
Scese dallo skate, con il piede lo fece scattare in aria e lo afferrò. Mise la mano dietro la mia schiena per un attimo per incitarmi a muovermi ed iniziamo a camminare molto velocemente.
Che cazzo stavo facendo? Dove cazzo stavo andando? Con ci cazzo ci stavo andando?
Non mi dirai mai dove stiamo andando vero?” Dissi con il fiatone dopo un po’.
Scosse la testa divertito.
Ma è un posto pericoloso?” Gli chiesi preoccupata.
Raggiungemmo la strada e lui inizio a guardarsi intorno con fare molto attento.
Mhh, un pochino forse.” Disse completamente distratto. Concentrato a guardare i mezzi sfrecciare sull’asfalto.
Mise di nuovo la mano dietro la mia schiena spingendomi verso la strada.
Cosa? Che vuol dire ‘forse’?” Dissi. Niente da fare, aveva la testa da un’altra parte.
Poi guardò a sinistra verso alcune macchine che stavano arrivando e sorrise soddisfatto allo loro vista.
Non lo stavo capendo affatto.
Beh, forse il tragitto lo è un po’ di più.” Mi disse spingendomi sulla strada ridendo.
Cosa? Oddio spiegati!
Tieni questo.” Continuò ad alta voce continuando a guardare le macchine attento. Mi porse lo skate e lo guardai confusa.
Veloce!” Mi urlò, così lo afferrai.
In una frazione di secondo mise il braccio intorno alla mia vita, avvolgendo completamente il mio corpo, ed al passare di un camion lunghissimo saltò e si aggrappò ad un grosso tubo di metallo verso la fine, sulla destra.
Il tassista nel taxi dietro al camion suonò il clacson sbandando un po’.
Strillai fortissimo nascondendo la faccia contro il suo petto con gli occhi strizzati.
Lui scoppiò a ridere con gusto.
Fammi scendere! Adesso!” Urlai.
Ma io dico, come cazzo ti viene in mente?” Continuai.
No dico davvero, fammi scendere da qui!” Dissi ancora guardando l’asfalto che sembrava muoversi all’indietro sotto i miei piedi.
Lui continuava a ridere.
Detto molto sinceramente, vedere il suo sorriso da così poca distanza e sentire la sua risata abbastanza forte da poterla percepire nel suo petto mentre usciva dalla sua bocca era una sensazione incredibilmente rilassante, con effetto calmante immediato.
Dai marciapiedi, le persone si giravano  a guardarci. Una dietro l’altra.
Hey, mamma guarda quei ragazzi!” Disse un bimbo tirando la gonna alla madre.
Oh, screanzati!” Urlò un vecchietto dal marciapiede opposto.
Hey guardate quei due!” Strillò una ragazza ai suoi amici indicandoci.
Lui continuava a ridacchiare soddisfatto. Io ero non terrorizzata, di più.
Per ricapitolare la situazione, mi trovavo praticamente in braccio ad un ragazzo assolutamente matto che a sua volta era aggrappato al tubo posteriore di un camion merci in corsa per le strade di Brooklyn mentre tutta New York, al nostro passaggio, ci indicava come fossimo animali dello zoo. Esempio perfettamente perfetto. In tutto questo, la meta? Ancora sconosciuta.
Non è così male dai” Disse lui ridacchiando.
Che cosa?!” Gli urlai in faccia. “Non è così male?!” Continuai, “Scherzi? Quando scenderemo da questo coso ti strozzerò!” Conclusi.
Lui rise, “Sbaglio o eri una ragazza coraggiosa?” Mi disse.
Io penso che tu ancora non abbia capito il vero significato di quell’espressione. Non è il fatto di avere o non avere coraggio, mi hai fatta saltare su un camion in corsa da un momento all’altro senza neanche avvertirmi, hai seri problemi!” Lo sgridai.
Probabilmente, tra qualche istante mi ringrazierai.” Disse guardando lontano con lo sguardo.
Era incredibilmente bello ed il suo atteggiamento più disponibile mi denudava completamente di ogni forma di repulsione che avevo per i tipi chiusi e stronzi come lui.
In quel momento, soffrivo il freddo, la paura e l’ansia come mai prima ma mi sentivo completamente viva, dalla punta delle dita dei piedi alle punte dei capelli, che svolazzavano nell’aria in maniera del tutto irregolare.
Alla vista di New York, di sera, piena di luci ma non di colori, piena di vita, piena di gente, piena di vento, di bellezza, direttamente dal retro di un camion in passaggio sul ponte di Brooklyn il mio cuore si fermò per qualche istante. Avvertii la pelle d’oca, dovuta al freddo, certo; ma anche al luogo che vedevo in quel momento con i miei occhi da un posto così insolito.
Ero passata numerose volte sul ponte di Brooklyn in macchina, ma non l’avevo mai sentito così vivo come in quel momento. Lo sentivo dal vivo, lo sentivo come lo sentono gli uccelli quando ci volano sopra. Sentivo la mia città come dovrebbe essere sentita da tutti, perché quella meraviglia dovrebbe essere goduta da ogni persona.
Guardai in basso, i miei piedini in punta di piedi sul bordo di un’asse di metallo vicini ai suoi, grandi, in perfetto equilibrio. E poi guardai di nuovo l’asfalto che sembrava sabbia, e guardai le macchine che sembravano piccole e la luna che sembrava grande; ed il suo sorriso, che sembrava vero.
Ti piace?” Mi chiese sempre tenendomi con il braccio.
Woh..” Dissi ridacchiando, “Si, molto.” Continuai abbassandomi i capelli che mi svolazzavano in faccia.
Lui alzò la testa verso l’alto e fece un urlo disumano, quasi come un ululato. Il suono rimbombò per diversi istanti.
Scoppiai a ridere, poi mi aprii con il corpo verso la strada ed urlai anche io, con meno potenza.
Nah, prova più forte.” Disse ridendo, poi strillò di nuovo, più forte di prima.
Ma ci guardano tutti!” Gli dissi.
E lascia che guardino.” Mi rispose.
Rimasi in silenzio qualche istante, mi sporsi un pochino dal camion. Stavamo per raggiungere la fine del ponte e non mi sarebbe mai capitata di nuovo un’occasione simile.
Mi rigirai come ero prima, presi fiato e urlai con tutta la potenza e tutta la voce che avevo dentro.
La fine dell’urlo fu come sfumata dalla mia risata isterica.
Di nuovo, vai!” Di disse lui ridendo.
Urlammo insieme, poi il ponte terminò ed il camion girò verso destra, sempre costeggiando il fiume.
Passammo veramente tanto tempo su quel camion ed iniziavo davvero a sentire il bisogno di coprirmi, stavo congelando.
Riconobbi alcuni quartieri passando per le varie strade che prese il camion. Dove stavamo andando? Ero stata stupidamente pazza a seguirlo, ma ne era valsa la pena.
Non mi ero mai sentita così bene in una situazione così scomoda e terrorizzante.
Il cellulare mi aveva squillato più volte da quando avevo lasciato il cinema, ma non volevo e non potevo rispondere.
Mi sentivo abbastanza al sicuro con lui, non mi sembrava un pazzo senza cervello di cui non potersi fidare.
Più o meno. Pazzo si, senza cervello anche, ma di cui potersi fidare. Mi sbagliavo? Il suo braccio era stato a proteggermi per tutto il tempo e considerando che mi trovavo appesa ad un super camion merci, più al sicuro di così non si poteva.
Allora, Audrey…” Mi disse tranquillo, come se fosse la giusta circostanza per iniziare una normale conversazione amichevole.
Come hai detto che fai di cognome?” Chiese.
Non l’ho detto.” Risposi.
Corrugò le sopracciglia confuso.
E’ Puckett il mio cognome.” Continuai.
Audrey Puckett?” Disse ridacchiando.
Emh, si…” Risposi guardandomi intorno un po’ preoccupata.
Quanto ancora saremmo dovuti restare lì sopra? Non stavo di certo comoda, soprattutto con il suo skate in mano.
Perché?” Chiesi curiosa, “Che c’è da ridere?” Dissi.
Boh, non lo so. Suona strano, mi piace.” Concluse poi lui annuendo.
Stavo per aprire di nuovo bocca quando mi interruppe, “Ok, tra poco dovrai saltare insieme a me.”
Cosa? Ma chi è che guida? Non si è accorto che due esseri umani gli sono saltati sul camion e sono rimasti appesi per tipo mezz’ora? Che razza di gente che guida per New York.” Dissi sconcertata.
Che ti credi? Sono tutti così qui, te lo assicuro.” Non era la prima volta che faceva una follia di quel genere, ovviamente.
Ok, pronta?” Mi disse.
No.” Risposi spaventata.
Perfetto. Ora!” Mi urlò.
In realtà, non saltai per niente, mi lasciai cadere addosso a lui a peso morto. Povero, mi sentii un po’ in colpa, ma d'altronde, era lui che mi aveva trascinato in una situazione come quella. Probabilmente abbiamo due concetti di ‘coraggio’ diversi. In realtà, a quando ne so, abbiamo concetti diversi per molte cose, ma lo trovo lo stesso la persona più interessante che io abbia mai conosciuto.
Tutto ok?” Mi chiese aiutandomi ad alzarmi da terra.
Si, più o meno.” Dissi pulendomi i pantaloni con le mani.
Lui prese il suo skate. “Siamo arrivati?” gli chiesi.
Non c’era niente lì. O almeno, niente di interessante.
Si sentiva solo della musica ad altissimo volume.
Quasi.” Disse lui.
Ero sicurissima di trovarmi nel Bronx di nuovo, si capiva benissimo.
Avevo veramente freddo ma in quel momento ero troppo curiosa ed ansiosa per pensarci.
Iniziò a camminare molto velocemente scatenando ancora di più la mia curiosità.
La musica si fece sempre più forte, mi piaceva in realtà. Aveva proprio un bel beat.
Insomma Audrey, quanti anni hai?” Mi disse con aria un po’ superiore.
Quasi diciotto.” Risposi a bassa voce.
Non hai neanche diciotto anni?” Mi disse lui stupito.
Non sapevo se prendere il suo tono come un complimento o no.
Emh, si…” Dissi in imbarazzo, “Perchè?” Continuai.
Sei piccola.” Mi rispose lui, in modo un po’ dispregiativo.
Perché? Tu quanti anni hai?” Gli chiesi sempre seguendolo.
Io?” Mi domandò indicandosi, “Venti.” Mi rispose.
Restai in silenzio. “Quasi ventuno.” Riprese imitandomi
Ah.
Quindi, sei… diciamo, al quarto anno, giusto?” Mi disse un po’ buttando a caso.
Mhh, in teoria.” Gli risposi con il fiatone da dietro.
Ed in pratica?” Mi domandò girando un po’ la testa.
In pratica, sono un anno avanti, quindi sto all’ultimo anno.” Risposi facendo una goffa corsetta raggiungendolo.
All’ultimo anno eh.” Disse squadrandomi un pochino, “Ultimo anno di quale scuola?” Continuò.
Che interrogatorio ansioso.
Vado alla 'St Joseph High School’.” Risposi.
La 'St Joseph High School? Quella a Brooklyn?” Mi disse quasi urlando.
Emh, si…” Ero totalmente in imbarazzo.
La situazione tra noi due si era completamente ribaltata nel giro di pochissimi minuti. Non avrei mai voluto che si creasse imbarazzo tra di noi. Poi, per la miseria, ce ne vuole a creare imbarazzo parlando di scuola. Forse, non era l’argomento a rendermi nervosa, bensì lui stesso.
Perché?” Gli chiesi curiosa. La conosceva?
Lui non rispose ovviamente per via della musica che era ormai assordante.
Arrivammo davanti ad un muro di mattoni altissimo con dei graffiti coloratissimi, ma non capivo bene cosa c’era scritto.
Posò lo skate a terra. “Quello lo lasci lì?” Gli chiesi indicandolo. Quasi strillai.
Lui lo guardò un attimo, poi tornò con lo sguardo su di me ed alzò le spalle. “Si.” Disse tranquillo.
Ma così te lo ruberanno!”  Gli dissi.
Nah, cazzate. Non ci viene nessuno qui.” Mi disse mettendo le mani sul muro.
Beh, non mi sembrava, era pieno di casino dall’altra parte dei mattoni.
Vieni.” Mi disse facendomi cenno di avvicinarmi a lui e di conseguenza al muro.
No aspetta, che devo fare? Devo scavalcare il muro?” Dissi un po’ preoccupata.
No, se vuoi puoi passarci attraverso, ma ti avverto, solo pochi ne sono capaci. Se riesci a passarlo volando sarebbe meglio, però qui da noi ci accontentiamo.” Mi disse con sarcasmo.
Da noi? Noi chi?
Sbuffai.
Allora? Ti decidi a venire?” Mi disse. Così mi avvicinai.
Misi le braccia intorno al suo collo, poi poggiai il piede sul suo ginocchio e aiutandomi con la spinta che mi aveva lasciato da sotto lui, mi sedetti in cima al muro.
Rimasi incantata.
Era l’inizio di una strada, stracolma di persone che ballavano a gruppetti, si sfidavano. Noi, nella danza, le chiamiamo ‘Jam’. La musica era fortissima, c’erano delle cassa veramente grandi nel posti più impensabili. Da sopra il muro, riuscivo a vedere tutto alla perfezione. Ogni muro, cancello, asse o trave di legno o di qualsiasi materiale era ormai ricoperto da disegni e scritte. Murales coloratissimi e bellissimi.
Vedevo gente disegnare per terra, creare capolavori, imbrattare ogni cosa e trasformarla in qualcosa di nuovo. In qualcosa di meglio. Ero sempre stata affascinata da questo genere di cose.
Nel giro di qualche secondo, Justin salì e scese dall’altra parte del muro. “Dai salta.” Mi disse, “Ti prendo.”
Non ho bisogno che tu mi prenda.” Dissi ridacchiando, ad alta voce.
Fai come vuoi.” Disse indietreggiando. Presi coraggio e saltai giù.
Come mai ancora non ero mai venuta a sapere dell’esistenza di un posto del genere? Era pazzesco.
Era pieno di fumo, quasi come nebbiolina, ma si poteva vedere benissimo. In effetti, non mi sembrava un posto così sicuro. Più che sicuro, a norma. Vedevo molta gente radunata a gruppetto a fumare erba, agli angoli dei muri o dietro grandi oggetti.
Mi sentivo molto fuori luogo e poco a mio agio a camminare tra quella gente in quel posto. Non avevo l’abbigliamento adatto ad una gitarella nel Bronx, nella zona di fama mondiale per essere la più malfamata di New York. E sinceramente, neanche la voglia adatta.
In quella circostanza, mi sentii in dovere di restare appiccicata a Justin, perché per quanto lui fosse lugubre e misterioso, non mi avrebbe mai potuto spaventare più di quel posto.
Fu proprio in quel momento, camminando tra gente sconosciuta in un luogo sconosciuto insieme ad uno sconosciuto, che inizia a provare vera e propria paura.
Ma cosa mi era venuto in mente? Ero stata una stupida, ed ero rimasta intrappolata in una situazione pericolosa.
Volevo tornare a casa.
Ma volevo tante cose in quel momento e non poteva pensare a quella che aveva meno probabilità di avverarsi.
Eppure, per quanto avessi voluto essere da qualsiasi altra parte, lo trovavo sempre più incredibile come posto.
Trovavo incredibile il fatto che ancora esiste gente con una passione, che si nasconde dietro un muro per coltivarla.
E’ vero, non ero stata prudente nel cacciarmi in quel casino, ma se non l’avessi fatto, quel posto sarebbe rimasto per sempre nei miei sogni più remoti.
Esitai un attimo prima di tirare fuori il cellulare dalla tasca, qualcuno in quel postaccio avrebbe potuto rubarmelo dalle mani nel giro di pochi istanti, poi mi decisi e lo afferrai tenendolo stretto con due mani.
Tra le notifiche lessi una serie infinita di messaggi da parte di tutti i miei amici. Non ebbi il coraggio di aprirli, ovviamente avrei letto solo cose come ‘Ma dove sei?’ ‘Ma sei sparita?’ ‘Ma sei matta?’ ‘Rispondi!’ ed anche peggio. Mi avrebbero di sicuro fatta sentire in colpa. Invece no, volevo restare lì, anche tremando dal freddo e dalla paura, per vedere come la situazione in quel luogo si sarebbe evoluta.
Passando tra la gente notai un Justin allegrissimo. Si atteggiava come se quel pezzo di strada chiusa da un muro fosse casa sua, e quei matti scatenati che si ostinavano a saltare da un muro all’altro fossero i suoi familiari.
Wohoh! Ma guardate chi è tornato!” Disse un ragazzo di colore vestito con una tuta molto larga ed una catena al collo con un simbolo strano. Era pieno di anelli, era un tipo assai curioso.
Justin ridacchiò e gli porse il pugno, si salutarono in modo molto strano. Uno di quei saluti con le mani che spesso vedo fare ad alcuni ragazzi a scuola. Ma loro, in confronto, sono dilettanti.
Si è sentita molto la mia mancanza eh.” Rispose Justin sempre ridacchiando.
Più o meno fratello, non montarti la testa.” Gli rispose dandogli delle pacche sulla spalla.
Ma insomma ragazzi vi dico che è tornato Justin e voi ve ne state li a fare i coglioni?” Strillò il ragazzo.
Justin Bieber ragazzi, Justin Bieber è tornato!” Continuò.
Era lui Justin Bieber. Mi diedi una pacca sulle spalle da sola mentalmente come ricompensa delle mie indagini. Ero sorpresa, mi ero ricordata di una cosa successa parecchio tempo prima ed io sono nota per la mia scarsa memoria.
Justin sembrava divertito dalla scena, quasi mi sembrava comportarsi in modo vanitoso.
Intanto io ero lì, assistendo alla scena nella più totale invisibilità. Si era dimenticato che dietro di lui c’era ancora la ragazza che si era trascinato dietro su un camion fino a li?
 In realtà, questa costa stava iniziando a preoccuparmi. Se avessi perso di vista Justin, non sarei più potuta tornare a casa.
Piombarono dall’alto alcuni ragazzi che si erano lanciati da un palazzo, altri arrivarono da lontano sullo skate.
A turno Justin li salutò tutti con qualche pacca sulla spalla o battendo loro il cinque o il pugno.
Ben tornato amico.” Gli disse un ragazzo poi alla fine.
Grazie Mike.” Gli rispose.
Rimasi tutto il tempo lì, in silenzio, senza mai essere menzionata.
Non capivo molto cosa significava il fatto che il suo era un ritorno. Dove era stato? E per quanto tempo? In quel momento mi sentivo come se avessi voluto sapere ogni cosa di lui. Partendo dal principio.
Insomma che hai fatto di bello Bieber?” Disse un ragazzo sedendosi su un muretto, “Hai familiarizzato con le scimmie? E con i cammelli? Ah, e gli elefanti?” Disse ridendo.
Stai zitto Kevin.” Sputò Justin. Poi scoppiò a ridere.
Ragazzi è stato un inferno. C’era una puzza di merda peggiore di quella di Cody.” Continuò, tutti risero.
Mi venne da ridere anche a me, ma non sapevo chi era questo Cody, quindi sarei stata fuori luogo se mi fossi fatta sentire.
Beh, tanto ancora nessuno mi aveva notata.
Ragazzi non vorrete davvero sentire le storie di Bieber sugli animaletti dello zoo, vero?” Intervenne un altro ragazzo.
Oh dai non fare lo stronzo Jim.” Rispose una ragazza di colore.
Tutti ridacchiarono.
Justin iniziò a tenere il tempo della musica sotto muovendo la testa.
Ti sei arrugginito un po’ eh Bieber.” Disse un altro ragazzo ridacchiando.
Io?” Chiese lui, poi con tono vanitoso continuò “Mai.” Disse iniziando a muoversi di più.
Andiamo Bieber è il meglio che sai fare?” Rispose il ragazzo di prima cominciando a fare dei passi di danza.
In pochi istanti, mi ritrovai davanti ad una sfida di danza, iniziata così, per caso. Come piace a me.
Alzate la musica ragazzi!” Urlò il ragazzo di colore. “Le cose si fanno serie qui.” Disse ridacchiando.
Piano piano si formarono i due gruppi ed io venni trascinata dal flusso di gente del gruppo di Justin.


-


Spiegato in poche parole, una jam è una sfida di ballerini. Viene chiamata più comunemente ‘cerchio’ perché i due o più gruppi partecipanti di dispongono a cerchio e, a turno, un ballerino da ogni gruppo va al centro improvvisando. Nel frattempo, deve scegliere un avversario in particolare e lo deve sfidare.
Di solito si scelgono persone che si ritengono allo stesso livello, per questo, ci vuole molta autostima.
Le jam sono cose serie nella danza, bisogna conoscere a fondo il proprio stile per poterne fare una.
Non c’è un vero e proprio vincitore perché non c’è un giudice che decide chi vince e chi perde. Sono gare che si fanno solo per il gusto di ballare. Come dovrebbe essere e come è iniziato.
E’ proprio a New York, nel ghetto, che è iniziata la danza di strada. Siamo stati noi a crearla, molti ormai ce l’hanno rubata, storpiandola e modificandola a loro piacimento; ma noi, sappiamo com’è davvero.
Sappiamo cosa vuol dire ballare sui marciapiedi, sui muri, sui palazzi, sulle macchine. Sappiamo cosa vuol dire allestire tutto anche nel bel mezzo di un prato. Partendo dai ragazzi che giravano per il Bronx con la radio su una spalla e con la sigaretta in bocca.
Il mio ‘noi’ è molto generico in realtà. Molti New Yorkesi non sanno cosa voglia dire ballare per strada, compresa me. Non mi era mai successo, avevo sempre ballato nella sala prove. E lì, in quel momento, mi sembrava tutto troppo surreale.


-


Stavo vedendo gente davvero brava su quella pista. Li guardavo per la maggior parte con invidia perché molti passi che io provavo da tempo, a loro venivano con una facilità da lasciare a bocca aperta.
In tutto questo, mi ero accorta solo in quel momento, mentre lo vedevo fare strani passi contorti, che Justin era un ballerino.
Non mi aveva mai neanche accennato della sua passione per la danza, nelle tre volte che ci eravamo visti.
Ripensando a com’era allo zoo, non me lo sarei mai immaginato in questo modo.
Ricevetti qualche spintone e qualche gomitata da qualcuno, c’era veramente tanta gente ed ero finita indietro, molto indietro. Non riuscivo a vedere neanche mettendomi in punta di piedi.
Justin era al centro che girava sulla testa.
Per evitare danni, mi allontanai dalla cerchia di gente e mi appoggiai ad un muretto non molto lontano.
Lì iniziai a pormi qualche domanda.
Come ci sarei tornata a casa?
E quando?
E con chi?
E che avrei detto ai miei amici?
E ai miei genitori?

Come al solito, la mia stupidità aveva avuto la meglio su di me.
A cacciarmi nei casini, ero bravissima.
Afferrai il cellulare, sempre tenendo d’occhio la cerchia di ragazzi a pochi metri da me.
Sapevo già di essere nei guai, non mi servivano i messaggi di Lydia o dei miei amici a ricordarmelo, così guardai solo l’ora e, anche se molto tentata, bloccai lo nuovamente lo schermo senza leggerli.
Erano le dieci e quarantadue.
Sbloccai di nuovo lo schermo per abbassare la luminosità del display, dato che la batteria dura circa una frazione di secondo.
Alzai di scatto lo sguardo dal telefono appena sentii delle urla di gioia e guardai in direzione del gruppo.
Probabilmente, qualcuno aveva vinto.
Preoccupata, iniziai a cercare Justin tra la folla.
Ero molto seccata dal suo comportamento. Voglio dire, se ti prendi la responsabilità di portare con te una persona che ti ha dato fiducia, in un posto a lei sconosciuto, dovresti tenerla d’occhio. Invece, nessuno di era ancora accorto della mia presenza, ed iniziavo a pensare che lo avesse fatto apposta.
Per quanto avessi voluto vederlo il meno possibile in quel momento, insistetti nel cercarlo, perché senza di lui, non sarei potuta tornare a casa.
Riflettendoci, in realtà, non mi dava molto l’idea di uno che mi avrebbe riaccompagnata.


-


Allora?” Mi disse Justin allegro, poggiandosi al muro con la schiena vicino a me.
Aveva un po’ il fiatone.
Mantenni la mia aria seccata.
Allora cosa?” Gli risposi osservando il cellulare, senza neanche degnarlo di uno sguardo.
Ti è piaciuto?” Disse lui divertito.
Mhh, mi è piaciuto cosa?” Risposi facendo finta di essere stata distratta per tutto il tempo.
Il mio sguardo era ancora sullo schermo del cellulare.
Come? Vuoi dire che non hai visto niente?” Mi chiese un po’ incredulo.
Forse si, forse no.” Dissi alzando le spalle.
Non puoi portarmi in un posto e dimenticarti della mia esistenza. Mi ero messa nei guai solo per seguirlo.
Senza contare poi come me lo aveva fatto raggiungere quel posto. Sarei potuta restarci secca sotto le ruote di quel camion.
Era un pazzo.
Ma mi piacciono i pazzi, e mi piaceva lui.
Lascia stare, non avresti capito niente di cosa stava succedendo.” Disse ridacchiando e scuotendo la testa.
Fece per allontanarsi di nuovo, quando alzai subito lo sguardo che era rimasto sul cellulare per tutto il tempo.
Che cosa?’ Pensai.
Oh, se quello era ciò che pensava, era lui a non aver capito niente.





















Spazio autore




Settimo capitolo!
Allora, premetto che verrà uno spazio autore più lungo del capitolo praticamente hahaha
Ho molte cose da dire. Innanzitutto, mi scuso per il ritardo. Riconosco di averci messo troppo tempo a postare questo capitolo, pur avendo dato ad alcune persone diversi giorni di scadenza che non ho mai rispettato. Diciamo che spero non capiti più, ma sono giustificata. Come ho detto la scorsa volta, questo periodo per noi studenti è micidiale. Ho tantissime cose da studiare, ripassare e recuperare. Oltre alla scuola, che occupa la maggior parte delle mie ore durante la giornata, ho anche la danza, che per me è praticamente a livello agonistico. Aggiungo che sabato 17 maggio ho avuto una gara a cui ho partecipato con la crew del gruppo della mia palestra, quindi non solo ho avuto il sabato occupato, ma abbiamo dovuto anche fare delle ulteriori prove che mi hanno tenuta occupata altri giorni.
Comunque, abbiamo vinto! Woohohhh!
Per giustificare il mio ritardo dico anche che ormai ho tutto lo stress dell'anno sulle spalle e spesso, quando ho un attimo di tempo libero, mi butto sul letto o sul divano e mi addormento tipo un ghiro per poi risvegliarmi ad orari indecenti, faccio schifo, lo ammetto hahaha.
Il capitolo, in realtà, era pronto e finito già da circa una settimana, ma mi mancavano giusto le ultime frasi che mi servono per concludere che sono quelle che poi mi aiutano ad iniziare il capitolo seguente. Poi anche Aurora, che mi aiuta in tutto ciò che riguarda l'estetica finale del capitolo, non è stata sempre disponibile (considerando che me la sono anche trascinata alla gara per fare il tifo dagli spalti haha)
Parlando dei fatti nel capitolo, ho così tante cose da dire che non so da dove cominciare. Premetto che ho fatto del mio meglio per quanto riguarda un consiglio che mi è stato dato da alcune di voi. Mi è stato detto di aggiungere più descrizioni da parte di Audrey, più pensieri. Ci ho provato, ma a me risulta ancora un po' difficile non conoscendo ancora del tutto il personaggio. Probabilmente più in avanti con la storia sarà più semplice. Questo era per quanto riguarda la tecnica, invece, per la storia, so di aver cambiato di molto l'ambientazione e soprattutto la grafica alla narrazione, ma avverto che sarà un continuo cambio di scena da qui in avanti.
Sono contenta del feeling che c'è tra Audrey e Justin quindi sono molto motivata eheh!

Vi ringrazio tantissimo per le recensioni che lasciate che mi fanno continuare la storia, soprattutto quelle tecniche che mi danno consigli. Penso sia tutto haha
Per ogni cosa, come al solito potete trovarmi su twitter @Califorhia, ma potete chiedere anche ad Aurora, @Marieauhl, che mi ha dato molti consigli anche per questo capitolo.

-Un bacio, Giorgia! :)




 

 

















 
  
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