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Autore: Gippal13    02/08/2008    0 recensioni
Solo un rumore di tacchi proveniva frenetico dalla porta accanto. Era un rumore che non potevo scordare...
Genere: Fantasy, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2.

Le prime luci del mattino sbattevano violentemente contro il mio viso grazie all’ausiliodella finestra che avevo aperto la notte stessa per il caldo che c’era.

Cercai di distogliere la mente dal pensiero sul sogno, ma avrei tanto voluto confutare Amandine. Dovevo dimostrare che ciò che aveva detto era solo una bugia. Ma sarebbe stato molto difficile, Amandine non si sarebbe fatta ingannare da nessuno, tantomeno da un ragazzino come me.

Ancora stordito entrai in bagno. Mi lavai e mi vestì, pronto per scendere in cucina. Già erano tutti lì. Evidentemente avevo fatto più tardi del solito.

-Buon risveglio sonnacchioso. – Baciai dolcemente Candice .

Dietro di me Luca, che ansimava rumorosamente probabilmente per i bagagli appena fatti, mi salutava.

-Angelo, mi ha fatto piacere vederti.- Disse.

-Grazie Luca, anche a me ha fatto molto piacere vederti.- Sembravo freddo e tutti se ne accorsero. Sicuramente non era mia intenzione ma non sapevo più cosa aspettarmi da Luca. Non che avessi risentimento ma avrei tanto voluto fargli delle prediche, sarebbero state costruttive. Ma con lui non si trovava mai il tempo.

-Ok. Signora Garcia la saluto, e grazie mille per tutto. Ciao anche a te Candice.- Disse così velocemente da sembrare quasi irritato dalla mia precedente risposta. Si affrettò ad uscire dalla casa e ci lasciò.

La mamma cominciò a confabulare come le era solito. Non badai molto a quello che si dicevano lei e Candice. Ero intento a riflettere su altro, e chi se non su Amandine??

Ero convinto che se sapesse del mio pensiero su di lei sarebbe stata soddisfatta. Uno dei suoi maggiori infatti intenti era quello di far parlare di lei, e c’era riuscita molto bene. La sua fama ed il suo eroismo erano noti a tutti. Le sue imprese venivano narrate su libri,

“Amandine:La vittoria per la rosa”, “Amandine e Axelle:Storia di Dispute tra sorelle” erano i libri più acquistati a Entin. Tutte le vetrine ne avevano almeno una copia, e figuriamoci gli acquisti. Il giovane scrittore, Emanuel Keinterstein, era divenuto subito una

stella nascente della scrittura biografica.

-Angelo non ti senti bene??- La voce di mia madre mi fece sobbalzare ed i miei pensieri svanirono, dissolvendosi tra i meandri più fitti del mio cervello.

- Non sto tanto bene.- Mentii. – Forse ho bisogno di un po’ di riposo.

-Allora faresti meglio a riposarti.- Disse Candice - Io faccio un passo a casa di nonna, ci vediamo stasera.-


Salutai Candice e mi ritirai nella mia camera. Cominciai a dormire immediatamente.

Come al solito ero nell’orfanotrofio, ma stavolta era diverso. Volevo morire. Immaginavo di essere morto. Non riuscivo a capire perché. Era qualcosa di così naturale che si era infiltrato all’interno del mio corpo con troppa facilità. Ma eliminarlo non sarebbe stato altrettanto facile.

Non riuscivo a capire perché questo sentimento così repentino volesse attuarsi davvero. Questo sogno dentro il sogno lo sentivo animarsi anche nel mondo reale, troppo strano. Forse era colpa di colei che avevo incontrato durante il mio ultimo sogno, quando appena girato l’ultimo angolo la vidi. Antoniette, una energumena indemoniata. Di grandi stazze, era la padrona del collegio. Era molto intelligente ma così cattiva da rischiare quasi di sembrare più vendicativa di Amandine. Grossa, corpulenta, sudicia e ripugnante. Faceva paura a tutti noi, gli alunni dell’orfanotrofio. Un gruppo di alunni accumunati da varie vicissitudini familiari. L’orfanotrofio si trovava nel centro di uno dei posti più disabitati della Francia. Non avremmo mai avuto soccorso perché oltre a noi non c’era nessuno. Eravamo un branco di pazzi dentro una struttura ancora più insana di noi . Era un collegio senza mai fine, o forse questo era ciò che Antoniette voleva farci credere. Diceva che non c’era una via d’uscita, solo l’hall principale che però era abilitata ad aprirsi solo con le sue impronte digitali. Questo era vero. Provammo più volte, ma niente.

Qualcuno bussò alla porta e l’aprì. Era Antoniette.

-Caro Angelo, e ora di fare cena. Sbrigati o sarò costretta a mettere ancora una volta la sveglia e sono sicura che non ti piacerà. È la nuova versione.

Mi affrettai a scendere, non avevo voglia di soffrire ancora una volta con quell’aggeggio che andava fino al limite dell’umano. Indossai la divisa nera che era ancora lucida come il primo giorno che l’avevo comprata. Scesi le scale e vidi tutti attorniati ad un tavolo. Come capo tavolo non c’era Antoniette ma Amandine. Sentì quel sogno addentrarsi dentro me, adesso volevo veramente morire. Mi faceva paura, mi debilitava e mi feriva. Parlava animatamente e con gli occhi mandava lampi lucenti che impressionavano gli ascoltatori. Ma con me non ci sarebbe riuscita. Non mi sarei lasciato folgorare da lei. L’aveva già fatto una volta, con me e con Claire.

Mi affrettai a scendere le scale, non avrei esitato neanche un istante. Sapevo quello che ero in grado di fare.

Guardavo sempre più Amandine. Indossava un vestito porpora. Porpora lucente e scoppiettante che le nostre divise al confronto sembravano sciatte, sproporzionate ed orribili. Amava farsi da se i vestiti. Comprava centinaia e centinai di tessuti da suo zio, che aveva un fondaco, e lavorava a questi suoi indumenti. Dall’ultima volta era notevolmente migliorata. Si diceva che avesse frequentato uno studio professionale in America. I capelli biondi erano sciolti e le scendevano fino ai fianchi. Amava i suoi capelli. Amava lasciarli liberi e farli svolazzare al vento.

Adesso mi notò anche lei. Sembrava arrabbiata, furiosa ma spaventata. Era tempo di morire? Forse lo era, ma io avrei combattuto bene. Avrei sfruttato le tutte le mie risorse che però erano inutilizzabili qui dentro. Avrei dovuto cominciare seriamente a pensare ad un modo per uscire da qui .

Mi rivolse uno dei suoi sguardi ammiccanti e mi sorrise. Deglutii ma fortunatamente non lo notò.

-Guarda chi si vede! Angelo!- Disse scuotendo la testa. Era iniziata la battaglia. Non sarebbe finita tanto facilmente. Avevo bisogno di Axelle. Mi sarei alleato con lei.

Improvvisamente Amandine si alzò dal suo tavolo -Scusatemi un attimo.- venne verso di me. Sembrava agitata ma convinta di ciò che stava per fare.

-Devo parlarti.- Disse quasi ansimando e posò una delle sue mani sulla guancia. Toccava lentamente i miei lineamenti. Li sfiorava e li seguiva. Tutti ci guardavano. Avvicinò anche il viso verso di me e prima di toccare le labbra gli sussurrai all’ orecchio quasi angosciato:

-Cosa ti salta in mente! Amandine non mi fregherai ancora una volta con i tuoi stupidi scherzetti. Sai adesso voglio solo vendetta e non mi fermerò fino a quando non l’avrò.

-No Angelo! Tu non avrai nessuna vendetta. Tu adesso vieni con me!- Fece scendere una mano dal collo fino alla schiena. – E se oggi non farai quello che ti dirò sai bene cosa farò!- Disse sorridendo. – Claire è ancora lì. – Mi prese il braccio e me lo bloccò.

-Non farò mai quello che tu mi chiedi di fare. – Dissi irritato. Cercai di divincolarmi dalla presa scuotendo la sua mano. Ci riuscì, mi ero divincolato da quella presa ghiacciata. Lei non riuscì a mantenere l’equilibrio. Cadde dalle scale . Alla fine delle lunghe scalinate non restava nient’altro che un corpo privo di forze e imbalsamato, distrutto e inerme. Da una delle tante finestre vidi il volto di Axelle. Spaccò la finestra con una delle sue strane magie e mi diressi subito da lei. Salii su un mezzo volante e scappai.

  
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