Questa
storia è
dedicata a Erodiade per il
suo compleanno – che, per onor
del vero, cadeva il 27. Sono un po’ in ritardo e questa storia è un
totale
disastro, ma auguri lo stesso, dolcezza.
La storia si è classificata prima al “Flash your slash! - contest rapidissimo per storie edite” indetto da rondini e giudicato da Queila.
“Ma voglio che tu... tu, piano piano, faccia strage di me...
In un incerto compromesso... tra la mia anima ed il suo riflesso...”
Il medaglione batte
al ritmo del suo cuore.
Harry lo sente
veramente soltanto la notte in cui Ron se ne va via.
Hermione ha smesso di
piangere –
da quanto non lo sa, potrebbero essere ore
come secondi, il tempo appare così privo di valore nel dolore. La sente
sussurrare il suo nome nel sonno, lame ardenti lo trafiggono e lo
tormentano.
La rabbia è
un’emozione febbrile, che lo tiene sveglio mentre le tenebre colano
via in rivoli d’inchiostro.
Brandelli di una
voce, che promette vendette e piaceri che non sono
tradimenti, gli passano per la testa. Non riesce mai a catturare le
parole
precise, ma il significato stilla dentro di lui come veleno.
Harry si sorprende a
guardare sempre più spesso il viso addormentato di
Hermione –
ogni volta che se ne rende conto è una scarica di allarme e possibilità.
Harry non riesce a
dormire.
Harry ascolta tutta
la notte il battito ipnotico del gioiello adagiato sul suo
petto.
I sussurri che non
hanno un senso si placano con il sorgere del sole. Tornano
ogni notte.
Harry ne è assordato,
ma non ne fa parola.
Harry è solo con se
stesso – i
sussurri biascicano bugie, tessono menzogne,
alimentano i rancori, ma sono sempre meglio di quel silenzio.
Harry sta sognando di
volare la prima volta che Tom lo ghermisce nel buio.
Si accorge che
qualcosa sta cambiando perché tutto perde colore, tinteggiandosi
di nero. Il lago cosparso di bagliori, la sua divisa rossa e oro, il
sorriso di
Ginny, Hogwarts sullo sfondo... tutto viene inghiottito da una tenebra
famelica, che divora le sue urla e anestetizza i suoi sensi.
Harry precipita per
così tanto tempo in quel vuoto ghiacciato che, quando
atterra con uno schianto tremendo al suolo, non può che provare
sollievo. Il
dolore lo attraversa a ondate, il panico lo solletica con i suoi
artigli di
granito, ma Harry accoglie la roccia sotto la sua schiena con mutua
rassegnazione.
Sa che i suoi sogni sono
diventati incubi, ma persino un incubo è
preferibile al limbo che lo ha inghiottito.
Allunga le dita a
tastare il terreno irto di spigoli, duro e incredibilmente
freddo. Un vago odore di salmastro gli punge l’olfatto, si aspetta di
sentire
il fragore delle onde contro gli scogli, ma si rende conto, con un
brivido
inquieto, che non ci sono rumori – eccetto il suo ansimare
fioco.
“Harry Potter, ci
incontriamo ancora.”
È il terrore a fargli
spalancare le palpebre.
Scatta incredulo a
sedere, cercando la bacchetta nelle tasche del pigiama, ma
non la trova. Non sa come spiegarselo, ma è solo – ed indifeso.
La sua espressione è
di ghiaccio, quando si volta a fronteggiarlo.
Tom è seduto al
centro della caverna, la schiena dritta come un fuso e le gambe
incrociate. Porta i capelli corvini lunghi fino alle spalle, ad
incorniciare il
volto scavato e dal pallore mortale. Le labbra sono bianche ed esangui,
persino
le unghie sono bluastre.
Tom non sembrerebbe
nemmeno vivo, se non fosse per gli occhi: grandi,
palpitanti, scuri e freddi come il vuoto in cui Harry è precipitato.
Occhi che ammaliano,
ciglia che frusciano dietro sportellini d’oro
istoriato, una tomba di velluto.
Dopo lunghi minuti di
snervante silenzio, Harry scatta in piedi. Non riesce più
a sopportare quel muto studiarsi reciproco, quella calma apparente sul
suo
volto, il volto inespressivo e perfetto della statua di un Dio.
Harry si sente in
trappola, e a ragione.
Percorre a grandi
passi il pavimento circolare, osservando la roccia nuda e
umida in cerca di un modo per andarsene, ma scopre che non ve ne sono – non
che si aspettasse di trovarne, non così facilmente.
Non ci sono finestre,
il bagliore verdastro che illumina l’ambiente aleggia
senza avere all’apparenza un’origine, l’aria è gelida ma non ci sono
spifferi
che indichino fessure o crepe nelle pareti. Il soffitto è una voragine
di
tenebra, Harry si sente male anche solo a guardarlo – perché è come guardare
un animale che muore, una stella che esplode, gli occhi lividi e voraci
di Tom.
Alla fine, si volta
nuovamente a fissare il giovane spettrale seduto al centro
della caverna.
Non si è mosso di un
centimetro.
“Dove siamo?”
Il tono di Harry è
brusco, anche se cerca di nascondere l’urgenza. Non vuole
dare a Tom la soddisfazione di intuire il suo disagio, la sua
claustrofobia, il
suo terrore – perché sa
che lo divertirebbero, sa che prolungherebbero la sua tortura.
“In una grotta” Tom
solleva gli occhi e lo fissa da sotto le ciglia con il
candore di un bambino, “Nella grotta in cui sono stato ucciso.”
La frase è talmente
criptica che Harry non può impedirsi di aggrottare la
fronte, cercando di frenare l’impazienza.
Se quello non è un
incubo, riflette, se non è un buffo scherzo del suo
subconscio, si trova in contatto con un frammento dell’anima di
Voldemort. L’Horcrux
sta comunicando con lui, è evidente... ma il comportamento di Tom è
così
strano, così privo della solita arroganza e delle solite malie, che non
riesce
a convincersene, non del tutto.
A conti fatti, non è
sicuro di niente.
“Perché mi hai
portato qui?”
Un barlume
indefinibile adombra per un attimo lo sguardo di Tom, ma scompare
così in fretta che Harry teme di esserselo immaginato.
“Ah, ma per parlare,
Harry Potter, è talmente chiaro...” una pausa
significativa, una torsione del polso candido, “Siediti davanti a me.”
Harry vorrebbe
rifiutare, ma c’è qualcosa dentro di lui – un’ombra dal
sorriso aguzzo e dai mille fremiti – che artiglia il suo cuore e
vi affonda
le zanne, costringendolo a muovere qualche passo incerto prima di
crollare
dinanzi al suo carceriere con un’arrendevolezza che non gli è propria.
Il panico minaccia di
nuovo di sopraffarlo, una risata stridula rimbomba tra le
pareti, ma Tom ha le labbra serrate in una linea dritta, e Harry si
rende conto
con sgomento che proviene da lui, che è parte di lui.
Il terrore è così
forte che gli sembra di sentire l’odore della pioggia e il
suo ticchettio contro la tela della tenda in cui sta dormendo, il
freddo del
medaglione sul suo petto.
Fa’ che mi svegli, fa’
che mi svegli...
“È di tuo gradimento
la mia cella?”
Harry lo fissa con
sguardo vacuo, senza capire, per un minuto intero; poi la
consapevolezza scava la sua scia bruciante nel suo petto, accompagnata
dalla
rabbia.
Scatta di nuovo in
piedi, gli occhi verdi carichi d’odio.
“Ma non ci hai
pensato, vero? Non mentre uccidevi la tua vittima! Cos’erano sei
morti per la vita eterna?” sta quasi urlando, ma non riesce a calmarsi,
“Allora
non ti è importato!”
“Già, non gli è importato” conviene Tom,
affabile.
Gli rivolge
un’occhiata intensa, attendendo che si calmi e torni a sedersi
davanti a lui.
Harry non lo fa.
“Voglio andarmene!
Non puoi tenermi qui per sempre! Mi sveglierò, prima o poi.”
“Non finché non mi
avrai ascoltato.”
Il tono di comando
non spiazza Harry, gli dà piuttosto la curiosa sensazione di
aver ritrovato un vecchio amico, un amico d’infanzia, dimenticato da
tanto
tempo eppure mai del tutto.
Si lascia cadere a
terra con uno sbuffo ribelle.
“Voglio aiutarti. Posso aiutarti.”
Il suo silenzio è uno
schiaffo in pieno viso, ma a Tom non importa.
“So i suoi segreti...
posso rivelarteli. So come ragiona... posso guidarti. Con
il mio aiuto, vincerai questa guerra prima dell’estate.”
Harry è talmente
sbalordito che non riesce a fare altro se non guardarlo.
Si aspettava che
l’Horcrux cercasse di sedurlo per evitare di essere distrutto,
immaginava che sapesse delle ricerche che riguardavano gli altri
artefatti, ma
di tutte le tattiche e strategie e lusinghe che pensava Tom potesse
usare, mai
aveva preso in considerazione quella.
“Mi credi davvero
così stupido, Horcrux?” soffia, con una punta di sconcerto.
Tom sfodera un
sorriso acuminato.
“Al contrario, accetterai perché non sei uno stolto.
Ho i miei motivi
per volerti aiutare, Harry Potter. Tu...”
Tom si interrompe di
scatto, in ascolto. I suoi occhi brucianti si schiudono,
pieni di fastidio, due voragini brulicanti di follia e oscurità.
Sono il ritratto di
un’anima dilaniata. Tom stesso è un frammento d’anima
reciso tra le dita.
“Ti stai svegliando.
Tornerò da te la prossima notte, Harry Potter... pensa
alla mia proposta.”
Harry non riesce a
rispondere, perché un buio denso come il vuoto gli si infila
lungo la gola tranciandogli il respiro.
Harry si sveglia con
la sensazione di stare per morire – e il ricordo di
quello sguardo affilato conficcato tra i suoi pensieri.
La notte seguente
tutto si ripete.
I sogni di Harry
vengono dilaniati dalla tenebra palpitante in cui Tom vive –
di cui Tom è fatto –
e lui vi precipita dentro, senza potersi opporre. L’atterraggio
è uno schianto violento contro la roccia, respiro strappato dalle
radici della
sua gola.
Tom è in piedi,
appoggiato a una parete. I suoi occhi scintillano come braci,
se è divertito per l’entrata sgraziata dell’altro non lo dà a vedere.
Aspetta che il
Grifondoro si rialzi prima di parlare.
“Immagino tu abbia
pensato alla mia proposta.”
Non è una domanda.
L’Horcrux percepisce quasi sempre i suoi pensieri,
soprattutto se si trasformano in ossessioni.
“So che non vuoi
accettare, ma ieri non hai finito di ascoltarmi. Siediti,
Harry.”
Harry lo ignora.
“Ti voglio aiutare
perch-”
“Perché non vuoi
morire, lo so già!”
Tom non sembra far
caso all’interruzione.
“Perché voglio
vendicarmi. E sì, perché non voglio morire.”
Nonostante Harry si
sia ripromesso di non dargli corda e di ignorare le sue macchinazioni,
non può fare a meno di lanciargli un’occhiata in tralice.
“Vendicarti? E di
chi?”
Tom si lascia
scivolare lungo la parete e, anche se dissimula piuttosto bene, è
chiaro che è sfinito. In ogni caso, quando parla la sua voce sinuosa è
ferma.
“Mi sembra
evidente... Di Voldemort.”
La prospettiva è così
assurda che Harry rimane zitto a riflettere, camminando
in tondo, rasente ai muri della caverna.
Quello che Tom
sostiene non ha nessun senso. Perché mai dovrebbe volersi
vendicare del se stesso futuro? Di ciò che è, dopo tanti e tali sforzi,
finalmente diventato?
Senza quasi
rendersene conto, si siede davanti a lui – l’ombra che lo
infesta sogghigna di compiacimento, ma Harry non se ne accorge.
“Perché?”
Tom gli punta contro
quegli occhi bui, che hanno il colore indefinito dei
lividi appena sbocciati.
Harry prova desiderio
e repulsione in egual misura, e uno sconfinato orrore.
“Perché mi ha
costretto a questa vita. E perché non voglio che tu mi distrugga.”
“Per eliminare lui
vanno distrutti gli Horcrux” la risposta è lapidaria, ma non
tagliente, “E comunque, se detesti questa vita, sacrificarti per la
causa
dovrebbe risultarti gradito.”
Il suo aperto
sarcasmo sembra divertire Tom, che lo guarda da sotto le ciglia
con lo spettro di un sorriso a fior di labbra.
“Non sono un tipo
altruista, Harry Potter” le allusioni a lui sono molteplici e
tutte insinuanti, “E mi aspetto che tu mi dia qualcosa in cambio, se ti
aiuto.”
Il Grifondoro resta
in silenzio, suo malgrado incuriosito. Non gli crede, ma
sentirlo parlare lo affascina – la voce di Tom ha una
cadenza così musicale,
quasi ritmica, vibrante, come se stesse canticchiando un segreto a
bassa voce.
“Lui può essere
eliminato anche senza distruggere il medaglione. Tuttavi-”
“Non è vero. Silente
l’avrebbe saputo.”
Un lampo infastidito
spezza le iridi di Tom, le inselvatichisce tanto che Harry
quasi si pente di aver parlato.
“Silente non si è mai
sporcato troppo con le Arti Oscure, per cui non mi
sorprende che non sapesse. Ti basti sapere che è possibile. Non ti dirò
come
finché non sarò sicuro che accetterai la mia proposta.”
Non gli dà il tempo
di rispondere e continua a parlare.
“Se riusciamo
nell’impresa, voglio un corpo.”
Silenzio.
Incredulo,
sconcertato silenzio da parte di Harry.
Silenzio calcolatorio
da parte di Tom.
“No” il tono è secco,
ma man mano che va avanti si fa esagitato, spezzato e
convulso, “No... non ucciderò lui per... per ritrovarmi a
dover poi
affrontare te! Non... non gli darò una seconda vita... Tu sei il suo
passato!”
La conclusione
accusatoria fa sorridere Tom.
“No, Harry. Io sono parte del suo passato. Dal momento
in cui mi ha
reciso da sé ho smesso di essere lui e mi sono evoluto in qualcun
altro.”
L’ipotesi è così
assurda che Harry si chiede confusamente come Tom possa
davvero aspettarsi che lui creda a una cosa del genere.
Non che il
ragionamento non abbia una sua logica, eppure sembra talmente improbabile...
Dopo qualche minuto
di riflessione, si riscuote. Perché diavolo ci sta
rimuginando sopra? Sta facendo esattamente il suo gioco!
Con un sospiro
rabbioso, si riavvia all’indietro i capelli scompigliati.
“Gli Horcrux sono
malvagi.”
“Il procedimento con
cui veniamo creati è malvagio, intendi.”
La risposta di Tom,
rapida e precisa, lo fa infuriare.
“Sono artefatti
oscuri” si ostina Harry, risoluto, “Il diario ha posseduto
Ginny per scatenare un mostro assetato di sangue a scuola! Il
medaglione... tu,
non fai altro che inasprire le tensioni e sfruttare le debolezze
altrui, e
adesso stai cercando di manipolarmi per non farti distruggere! Tu-”
“Diresti che gli
squali sono cattivi, Harry?” lo interrompe, serafico, “O i ragni,
magari... O certi grappoli di bellissimi e letali fiori tropicali...
Diresti
che sono malvagi?”
“È un paragone
improprio!” ringhia il Grifondoro con rabbia, sbattendo la mano
chiusa a pugno contro la roccia.
“È sopravvivenza. Il
diario era il suo primo Horcrux, ma era stato stregato
perché persuadesse e seducesse e possedesse le sue vittime. Era un caso
particolare. Io... io sono un’anima, per quanto mutilata.”
“Un’anima mutilata e corrotta.”
“Credi che lo
volessi, Harry?” lo sguardo risentito di Tom è così convincente
da levargli il respiro, “Essere fatto a pezzi e poi imprigionato in un
medaglione d’oro! Per sempre intrappolato, per sempre solo, per sempre recluso.”
L’amarezza nella sua
voce è quasi dolorosa da ascoltare, Harry prova l’inspiegabile
impulso di consolarlo e sfiorarlo e... e...
E la rabbia esplode
dentro di lui, devastante come un incendio, arde con tutta
la violenza di un tradimento.
Harry scatta in piedi
per impedirsi di chiudere le mani intorno al collo
candido di Tom.
“Sei un bugiardo!”
“Ogni verità in fondo
è una bugia.”
Tom ha sempre la
capacità di spiazzarlo e confonderlo, ma questa volta Harry
non ha nessuna intenzione di farsi manovrare e sta per rispondergli a
tono,
quando si rende conto che il suo sonno sta sfumando in veglia.
Avverte il buio prima
ancora di vederlo, e urla quando gli scivola giù per la
gola, soffocandolo. L’ultima cosa che scorge è il sorriso sfaccettato
di Tom,
gli pare di sentirlo ridere.
Tom è solo una voce
sinuosa e uno sguardo metallico, eppure Harry si sveglia
tremante, cosparso di sudore freddo. Alle prime luci del mattino, gli
occhi di
Tom sono gli incubi che terrorizzano i bambini ogni notte.
Tutte le volte che
Harry si addormenta con il medaglione al collo precipita
nell’abisso che è Tom.
Tom gli fa vedere
delle cose –
ricordi di serate grigie d’inverno, fruscio
di pergamene, braci che gridano nel camino -, a volte parla e altre no.
Harry sa che la sua è
solo una tattica e che non deve fidarsi affatto, ma non
può fare a meno di ascoltarlo con una punta di interesse, ben nascosta
sotto
una facciata scocciata.
Tom sembra davvero diverso. Non sa come sia
possibile, non lo crede
possibile, in verità.
Hermione si
infurierebbe se sapesse che sta entrando in contatto, e così di
frequente, con un Horcrux. D’altronde, Harry non immagina nemmeno come
potrebbe
sottrarsi: ogni volta che si addormenta, la tenebra famelica lo
inghiotte e lo
scaraventa nella caverna senza che lui possa farci niente.
E poi, Harry non ha
alcuna intenzione di prendere in considerazione l’idea di
Tom. Anche se dicesse il vero e Voldemort potesse essere sconfitto
risparmiando
il medaglione, non potrebbe mai aiutare l’Erede di Serpeverde a
riprendersi un
corpo, col rischio di veder nascere, un giorno, un altro Signore Oscuro.
Harry però non nota
come Tom sia sempre più in forze, non dà peso al sorriso
ferino che gli rivolge ogni notte, prima di vederlo morire.
“Non mi fido di te.”
Harry lo mormora di
nuovo, anche se l’ha già ripetuto fino alla nausea.
È sempre lo stesso
incubo, sempre la stessa storia: Tom lo tormenta, Tom lo
coinvolge in dibattiti che sembrano durare all’infinito.
Tom seduce e Harry si
rifiuta di essere
sedotto.
Forse non
finirà mai davvero. Forse reciteranno quella parte per sempre...
“Sei uno stupido.”
La voce di Riddle è
bassa come un fruscio, ma esplode nella caverna con il
fragore di una valanga.
È la prima volta che
mostra apertamente la sua rabbia – tutto il suo
disprezzo.
“Cos’hai che non va?
Sei talmente prevenuto che non riconosceresti una proposta
d’aiuto nemmeno se ti sbarrasse la strada!” il tono di Tom si abbassa
ancora di
più, morbido e minaccioso, “Devi fidarti di me, Harry.”
“Non posso!”
C’è un che di
disperato nel modo in cui Harry gli grida contro – se ne
accorgono entrambi.
Tom gli volta le
spalle con ostentazione, indifferente al suo respiro
affannato, ai suoi tormenti.
Harry lo guarda.
Fissa con insistenza
la nuca corvina di Tom, l’intrico di vene sulle sue mani,
il colletto rigido della tunica che indossa. Lo osserva, mentre la
parte più
oscura di lui –
quella che ha occhi di brace e dita lunghe da assassino –
spinge e graffia e lo aizza.
Tom si gira di nuovo,
una domanda muta e sprezzante sulle labbra.
Il mal di testa
aumenta, lo sguardo dell’altro si fa rovente.
È soltanto quando
sfrega con un’occhiata disgustata la sua cicatrice che Harry
perde il controllo.
Si fa avanti e
artiglia Tom per le spalle. Lo scaraventa contro la parete dura
e bacia quella sua bocca esangue e screpolata – la bocca più bella che un
cadavere possa avere.
Non si rende neanche
conto che Riddle lo osserva tra le ciglia senza
ricambiare, l’espressione a metà tra fastidio e trionfo.
Poi Tom serra le
palpebre e modella le labbra contro le sue, il suo respiro
ghiacciato riempie Harry di brividi.
Quando si scostano, a
Harry sembra di aver corso per miglia e miglia senza
fermarsi mai –
ma le occhiaie sono scomparse dal volto di Tom.
Vorrebbe dire
qualcosa, ma gli occhi ardenti di lui glielo impediscono.
“Potresti portarmi
con te.”
Ci vuole qualche
momento perché Harry capisca il senso del mormorio.
Si allontana da lui,
ma Tom gli affonda le dita tra i capelli e gli impone di
guardarlo –
il Grifondoro si scopre sollevato, quando realizza che il suo
incarnato non è più cereo come un tempo, che persino le labbra hanno
acquistato
un filo di colore.
“Se non vuoi darmi un
corpo... non subito, almeno... potresti portarmi con te.”
Tom gli accarezza le
labbra con la punta di un dito.
“Non voglio restare
solo un’altra volta.”
Quando Harry
annuisce, Tom gli affonda le unghie nel collo fino a farlo
sanguinare e lo trae a sé come se ne andasse della propria vita.
Tom non ha odore, ma
il suo bacio ha il sapore del metallo, del sangue appena
sgorgato.
Quando Harry chiede a
Hermione di andare a Godric’s Hollow, lascia il
medaglione appeso alla spalliera del letto perché Tom non senta.
Il gioiello ondeggia
con rabbia, Harry si ripete che è soltanto un gioco di
luci sulla lamina d’oro – tenta di convincersi che lo
sta facendo perché è
giusto, e non perché ha paura, non perché la sensazione delle labbra di
Tom
sulle sue lo perseguita.
Quella notte resta
sveglio per non affrontarlo. Sa che Tom farebbe leva sul suo
senso di colpa –
o sulla sua debolezza? – per convincerlo a non
andare,
a non tentare di trovare la Spada.
Harry sa anche che
cederebbe.
Cederebbe se Tom lo
guardasse di nuovo in quel modo, con gli occhi crudeli e le
palpebre pesanti di languore; cederebbe se Tom curvasse il capo verso
il basso
in quel modo che gli è così proprio; cederebbe se Tom sussurrasse ancora e
ancora che
non è altro che un prigioniero, una vita spezzata e intrappolata
per sempre in un gioiello di smeraldi per il piacere di qualcun altro.
Cederebbe se Tom lo
baciasse, cederebbe mille volte ancora se Tom solo glielo
chiedesse.
E allora Harry non
dorme –
così Tom non può chiedere, così Tom non può
vincere.
Quella notte, Harry
si chiede se Tom non abbia forse fame della sua pazzia.
Godric’s Hollow si
rivela un disastro. Era una trappola, come Hermione aveva
sempre sostenuto.
Harry si salva, ma
perde la bacchetta. Harry non trova la Spada, ma scopre chi
è il ladro dalla faccia allegra.
Harry si ritrova a dover
fare i conti con una quantità di segreti indecenti
che lo avvelenano lentamente.
Venire a sapere
quelle cose su Silente lo sconvolge.
Non è l’amicizia con
Grindelwald a disturbarlo, perché chiunque può sbagliare e
non vedere subito la realtà dei fatti. No, quello che lo indigna sono i
loro
progetti... e le bugie, e i segreti, e tutte quelle situazioni non
condivise,
tutto quel passato non svelato.
Il ladro dalla faccia
allegra avrebbe saputo indovinare i pensieri di Silente
con uno sguardo distratto, Harry non ha nemmeno scalfito la superficie
di
quegli occhi azzurri.
Non importa quello
che dice Hermione, non importa la fiducia che lui stesso ha
sempre riposto nel Preside: tutto è andato in frantumi.
Ogni verità in fondo è
una bugia,
Tom aveva ragione.
Tom fa sempre delle
osservazioni intelligenti.
Tom non è uno stupido
– Tom non è
come lui.
Tom non si sarebbe
mai lasciato fregare in una maniera tanto sciocca. Tom
avrebbe preteso delle risposte, e Tom le avrebbe ottenute – perché Tom
ottiene sempre quello che vuole.
Harry ha bisogno di
Tom – così
come Tom ha bisogno di lui.
Tom ha occhi bui come
caverne, blu come sangue coagulato appena sotto pelle.
Harry conta le ore
che lo separano dalla notte per poter scoprire se anche
quegli occhi sono una bugia.
Quella notte, quando
piomba sulla roccia nuda, Harry trova Tom in uno stato di
evidente agitazione.
Lo inchioda con
un’occhiata terribile.
“Dove sei stato? Cosa
ti è successo? Spiegati, Harry Potter.”
Harry crolla a terra
sfinito –
si sente sempre debole quando Tom ha certi
accessi di rabbia.
Inizia a raccontare
con voce spenta tutto quello che gli è successo, e si rende
conto che non aspettava altro. La tomba dei suoi genitori, Bathilda e
Nagini,
la trappola, il volto cereo di Voldemort alla finestra, la fuga, gli
incubi in
cui vede suo padre e sua madre morire, la sua bacchetta spezzata, i
segreti di
Silente, l’identità del ladro dalla faccia allegra... il racconto da
monotono
si fa frenetico, la sua voce si rompe in più punti e i suoi occhi si
riempiono
di spilli.
Alla fine, si
interrompe, incapace di proseguire. Si sente come quando il buio
lo sveglia, come se fosse sul punto di affogare.
“Ogni verità in fondo
è una bugia.”
Solleva lo sguardo su
Tom, seduto immobile davanti a sé, e annuisce lentamente.
“Avevi ragione...”
Quasi non finisce la
frase che Tom gli si avvicina di scatto. Gli conficca le
unghie nel polso e gli stringe i capelli tra le dita, immobilizzandolo.
“Certo che avevo
ragione” sibila, pieno di veleno, scavando la sua pelle sempre
più a fondo, “Avresti dovuto fidarti di me.”
Harry non cerca di
sottrarsi a quella morsa sempre più dolorosa, ma fugge i
suoi occhi scuri, carichi di disprezzo.
Tom ha ragione, ha
sempre avuto ragione. Tom ha cercato di aiutarlo dal
principio, ma lui era troppo orgoglioso per accorgersene.
Tom vuole solo il suo
bene.
“Mi fido...”
È un’ammissione ed è
un sospiro.
Tom resta in silenzio
a lungo, poi solleva il suo polso graffiato a sangue all’altezza
del proprio viso. Harry lo guarda e Tom bacia ogni singolo sfregio,
ogni
singola cicatrice.
Tom ha le labbra
imbrattate di rosso, quando Harry gli scivola addosso.
Lo stringe a sé con
forza, premendo le mani lungo la linea dritta delle spalle,
e percorre la sua gola liscia con i denti, mentre Tom gli ride in un
orecchio.
Non sa cosa gli sia
preso, ma l’ombra che da sempre lo infesta lo spinge a
cercare Tom con sempre più frenesia, con sempre più abbandono.
Sbottona la sua
tunica con dita tremanti, sussulta quando avverte le sue
carezze gelide sul retro della nuca, alla base della schiena.
Harry sta per
precipitare ancora più a fondo nel baratro che è Tom, e non gli
importa. Harry vuole soltanto smettere di pensare – Harry vuole soltanto
dimenticare.
Tom ride di nuovo,
mentre lo ribalta sul ventre e gli preme il volto contro la
pietra.
Quando tutto finisce,
Harry è così intorpidito dal piacere che non fa nemmeno
caso al buio che lo soffoca – Tom ha gli occhi dello
stesso blu dei lividi
che al mattino gli ornano le scapole.
I giorni passano e le
notti si susseguono, tutto cambia senza mai cambiare
veramente.
A Harry sembra di
vivere davvero soltanto nei propri sogni.
Tutto il resto è
incolore, tutto il resto è vuoto.
L’unica cosa che
conta è lo sguardo freddo di Tom, nient’altro.
È anche a causa dello
sconcerto che la cerva d’argento riesce a suscitargli –
quando non prova niente da troppo tempo – che decide di seguirla.
Getta all’aria ogni
cautela e la rincorre nel boschetto, fino ad un lago
ghiacciato.
Sul fondo c’è la
spada di Godric Grifondoro.
Harry esita solo un
attimo, poi sospira e comincia a svestirsi. D’altronde, ci
sono molti altri Horcrux da distruggere, non può permettersi di
lasciare l’arma
avvelenata sul fondo di uno stagno.
Quando si tuffa,
l’acqua gelida è peggio di una coltellata, di centinaia di
coltellate.
Harry rabbrividisce e
si immerge, seguendo il bagliore dei rubini tra le alghe
ondeggianti.
Afferra l’elsa
d’argento, ma non riesce più a riaffiorare – qualcosa lo sta
trattenendo, il panico esplode.
Mentre l’aria gli
viene a mancare e il freddo gli addormenta gli arti, Harry si
rende conto che è il medaglione a tirarlo verso il basso, a impedirgli
di
risalire.
È Tom.
Tom ha cercato di
annegarlo.
Harry non riesce a
pensare ad altro mentre si tira in piedi, battendo i denti
per il gelo che gli intorpidisce le membra. Persino lo shock di
rivedere Ron è
mitigato dalla sensazione, terribile, di essere stato tradito.
Harry non capisce.
Harry si riveste con gli occhi fissi sul medaglione
abbandonato nell’erba –
ma in realtà vede le labbra di Tom sul suo polso,
sente il suo respiro freddo sulla pelle.
Poi il suo sguardo
cade sulla Spada avvelenata, e tutto acquista i contorni
nebulosi di un incubo.
Harry sa cosa deve fare, sa cosa ci si aspetta
che lui faccia. Non c’è
più tempo per pensare, non ci sono più notti nere in cui rincorrere
sogni e
alternative seducenti come miraggi.
Harry si trova
davanti ad una scelta cruciale, eppure non ha alternative, non
davvero.
“Fallo tu. Devi farlo
tu.”
La voce è arrochita,
strozzata in gola –
non vuole, non vuole, non vuole.
Raccoglie il
medaglione da terra e si dirige verso un masso piatto. Sente Ron
arrancare alle sue spalle, nella sua testa c’è un silenzio insolito,
piatto,
che gli dà i brividi –
è il cipiglio muto di quando Tom non è affatto,
affatto contento.
Si posiziona,
bloccando la catena d’oro sulla pietra fredda. Gli tremano le
mani se ripensa a quando, sulla roccia dura, era imprigionato lui – se
ripensa a quanto gli piaceva.
Sa cosa deve dire
perché l’Horcrux si apra – forse l’ha sempre saputo -,
eppure esita.
Per un attimo
infinito, Harry ci pensa davvero a come sarebbe.
Scappare via,
lontano, lontano dalla vita e dalla morte, lontano da una guerra
che non vuole combattere. Vivere una vita di sogni e bugie, con un
cuore di
metallo e occhi come lividi che lo sezionano da un dormiveglia eterno.
Lontano
da tutto, su una scogliera a precipizio sul mare, e il respiro di Tom
contro il
collo, e i suoi capelli d’inchiostro tra le dita, e la sua voce sinuosa
che
sussurra verità che in fondo sono soltanto bugie – Buttati, ordina la voce
con mortale dolcezza, e Harry lo farebbe, lo farebbe davvero se non
fosse tanto
sopraffatto.
Per un momento che
sembra eterno, Harry si convince che atterrerà Ron e se ne
andrà con Tom, via, lontano, in qualche luogo solitario, in un mondo in
cui il
futuro di Tom non ha straziato il suo passato, un mondo in cui
potrebbero
essere felici.
Ma Harry non ha il
coraggio di smettere d’essere se stesso.
“Apriti.”
Gli sportellini d’oro
lavorato si spalancano sui palpitanti, febbricitanti
occhi blu di Tom. Le ciglia corvine sbattono un paio di volte, poi una
voce
fredda e sinuosa come una serpe esplode nella radura.
“Ho visto il tuo
cuore, Ron Weasley, ed è mio...”
Tom non lo guarda
nemmeno una volta mentre tormenta Ron, mentre ingigantisce
ogni suo terrore, mentre rende reali le sue paure – Harry vede un suo
riflesso baciare lo spettro di un’Hermione bella e crudele, sente il
suo doppio
di fumo bisbigliare bugie colme di veleno.
Harry attende
inutilmente che Tom sgusci fuori dal medaglione per implorarlo di
ragionare, di portarlo via con sé. Harry aspetta la voce di Tom che gli
promette che saranno felici.
Tom non viene, e
Harry capisce.
Con la chiarezza
spietata di una rivelazione, ogni tassello torna al suo posto.
La nebbia che infestava gli occhi stanchi – sempre così stanchi – di
Harry se ne va via, e lui comprende tutto.
Ogni parola, ogni
frase, ogni teoria e ogni progetto... era tutto una farsa.
Tom non è mai cambiato, Tom non ha mai avuto intenzione di aiutarlo a
eliminare
Voldemort, Tom non ha mai pensato di vivere per sempre insieme a lui.
Tom ha
sempre saputo che gli Horcrux andavano distrutti e ha cercato di fargli
credere
il contrario soltanto per soggiogarlo. Tom era ogni notte più in forze,
ogni
notte più bello. Tom aspettava solo di potergli strappare l’anima dal
corpo per
insediarvisi lui stesso.
Tom ha mentito dal
primo all’ultimo momento.
D’altronde, ogni
verità non è in fondo una bugia? Harry forse riderebbe, se la
desolazione non lo stesse ammazzando.
Harry urla a Ron di
farlo fuori per cacciare via il dolore, Harry vuole
soltanto che tutto finisca.
Quando il medaglione
gli si spezza tra le dita, Harry avverte qualcosa
lacerarsi dentro di sé. Sente Tom urlare e urla insieme a lui, il
sangue di Tom
sulla pelle è anche il suo.
Harry sperimenta per
l’ultima volta cosa significhi morire ogni notte, ma
stavolta non si sveglia.
Harry perde la vita e
vince la guerra. Tutto ricomincia e niente va storto, la
pace per cui ha tanto lottato è bella e noiosa come ha sempre
immaginato.
Non dice a nessuno
del medaglione e di quello che è stato per lui. Nemmeno a
sua moglie, che pure lo potrebbe capire meglio di chiunque altro.
Dopo tanti anni, non
ci pensa quasi più.
Eppure, qualche
volta, Harry sogna ancora di essere in un futuro sbagliato, in
piedi su una scogliera desolata, il sorriso sferzato dal vento e un
medaglione
d’oro e smeraldi intorno al collo – e gli abissi di Tom in cui
precipitare
ogni notte.
NdA: Allora... cosa dire? Come
posso farmi perdonare per
questa cosa?!
Ammetto che non avevo mai preso troppo sul serio questa coppia. Nel
senso, mi
piace leggerne e tutto, ma scriverne io stessa… diciamo pure che è
stata
un’impresa!
Comunque, tanto per chiarire qualche punto che magari può risultare
oscuro:
- Tom non aveva
ovviamente alcuna
intenzione di aiutare Harry, lo fa solo perché ha bisogno della sua
fiducia per
possederlo.
- L’ “ombra” che infesta Harry è il settimo Horcrux, ed è anche il
motivo per
cui Harry si sente attratto da Tom: praticamente è una Tom/Tom.
- La citazione all’inizio è tratta dalla canzone “L’odore” dei
Subsonica.
- Lo stile è un esperimento… perdonatemi, soprattutto per quei “Tom” e
“Harry”
ripetuti fino allo sfinimento!
Sinceramente
non sono convinta del risultato, ma questo è il meglio che sono
riuscita a fare
senza stravolgere il Canon... Spero sia almeno leggibile (soprattutto
spero che
Erodiade mi parlerà ancora, dopo che le ho maciullato l’OTP)!
Un bacio,
Mary.