Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: Onedirection_robsten    31/05/2014    5 recensioni
Emily è una normale quindicenne londinese, solo una cosa la differenzia dalle altre: sua madre ha il tumore, e presto dovrà subire un'operazione che potrebbe cambiarle la vita. Nel frattempo, mentre la madre prepara il necessario per l'ospedale, ritrova il diario che scrisse quando era ancora un'adolescente.
------------------------------------------------
- cos'è?- chiesi, sedendomi vicino a lei.
- l’ho cercato per anni..- iniziò, senza guardarmi – qui, c’è tutta la mia vita-
La guardai confusa, non capendo di cosa stesse parlando. Era un diario segreto, e c’ero arrivata, ma non capivo tutta quell'emozione nel rivederlo.
La sentii sospirare ancor più profondamente, per poi vederla chiudere gli occhi e porgere il diario verso di me, ma continuando a tenerlo stretto fra le dita.
- voglio che tu lo legga, e che impedisca a me di fare lo stesso- disse seria.
Scossi la testa, rifiutandomi di prenderlo.
- mamma, è il tuo diario segreto, non il mio!- esclamai.
Aprì gli occhi, sorridendo, e posandomi delicatamente il diario sulle gambe.
- c’è scritta la mia più grande storia d’amore, in tutti i particolari- sussurrò, stringendo la mia mano.
------------------------------------------------
Spero di avervi incuriosito abbastanza! :)
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
POV. EMILY
La messa procedeva lenta e straziante, con diverse interruzioni da parte di parenti di mia madre che piangevano ad alta voce. Mia nonna aveva avvisato tutti i suoi parenti e la chiesa era gremita di persone. Oltre la miriade di parenti, Harry mi aveva detto che c’erano i suoi amici e la sua ex moglie. Feci una smorfia quando m’informò della presenza di quell’ultima, ma lui mi spiegò che non sapeva che sarebbe venuta. C’erano alcuni amici di mio padre e altri di mia madre e di Jason, forse c’era anche quella Carla. Anche i miei amici di scuola erano presenti, con alcuni insegnati.
C’erano anche i genitori e la sorella di Harry, ma non avevo fatto in tempo a conoscere nessuno visto che zia Rece ci aveva fatto ritardare. Quella ragazza era un vero e proprio spasso, per tutta la mattinata non aveva fatto altro che farmi ridere, raccontandomi cosa facevano lei e mia madre quando erano piccole. Inoltre, la cosa che più amavo di lei, erano i suoi occhi. Erano come quelli di mia madre, erano di quel blu intenso che credevo di aver abbandonato per sempre.
Quando guardavo mia zia mi sembrava di rivedere mia madre, era bello e doloroso allo stesso tempo, ma mi piaceva, mi piaceva che ci fosse una persona così simile a mia madre.
 
Ogni volta che il prete diceva il nome di mia madre era un colpo al cuore. Harry se ne accorgeva e mi stringeva prontamente la mano. Ero al primo banco, tra Harry e mia nonna. A seguire c’erano nonno e zia. Dietro di noi, probabilmente, c’erano i genitori di Harry ma non avevo fatto neanche in tempo a vedere i loro volti.
Il prete chiese se volevo dire qualcosa, ma mi rifiutai di farlo. Già stavo piangendo, non avevo la forza di salire ed espormi agli occhi di tutti. Non avrei retto, era davvero troppo per me.
Mia madre mi mancava immensamente e quella messa non stava facendo altro che ricordarmi il fatto che non sarebbe più tornata indietro.
Sempre gli stessi pensieri, sempre le stesse mancanze; quei giorni erano in assoluto i più brutti della mia vita.
- Emi, stai tranquilla- sussurrò Harry, mettendomi un braccio attorno le spalle e stringendomi a lui.
Continuai a singhiozzare sul suo petto, cercando rifugio in quelle braccia che iniziavano a diventare dannatamente famigliari.
Non ero mai stata una che si fidava subito delle persone, che si faceva abbracciare e consolare da sconosciuti; eppure con Harry era successo, era successo tutto all’improvviso. Era entrato nella mia vita come un uragano e me l’aveva sconvolta.
Ok, forse ero io ad essere entrata nella sua e ad averla sconvolta. Si, insomma, ci eravamo sconvolti a vicenda, ma non potevo chiedere uno sconvolgimento migliore.
Era il padre perfetto, sempre pronto ad ascoltare, a consolare, a parlare, a farmi fare una risata. Era un padre un po’ bizzarro in realtà: mi trattava come se fossi una sua amica, non sua figlia. Però la cosa mi piaceva, c’era meno imbarazzo tra di noi.
Mamma sarebbe stata orgogliosa di lui, del fatto che mi aveva subito accettata, del comportamento che assumeva con me. Mamma doveva essere orgogliosa anche di me. L’avevo perdonata, nonostante mi avesse sottratto a mio padre e mi avesse riempito di bugie, io l’avevo perdonata; l’amavo troppo per fare un torto del genere.
 
La messa era finita e io, Harry, i nonni e zia Rece, eravamo fermi davanti l’altare a subirci le condoglianze da parte di tutti.
Nonna mi stava presentando tutti i suoi parenti, ma erano così tanti che dopo due minuti ne scordavo già i nomi. Alcune mie zie mi guardavano con tanta tenerezza, dicendomi di essere la fotocopia di mia madre; altre mi abbracciavano; altre ancora mi stritolavano le guance. Una mi aveva guardato e poi era scoppiata a piangere, stritolandomi in un abbraccio.
Tutti i parenti di mamma salutavano dolcemente anche Harry, dandogli pacche affettuose o sorrisi incoraggianti. Non credevo che tutti lo conoscessero, invece dovevo ricedermi.
 
Abbassai immediatamente lo sguardo quando qualcosa sbatté contro le mie gambe. Anzi, qualcuno. Un bambino con due grandi occhi verdi mi guardava confuso. Era caduto con il culetto per terra e si teneva una mano sulla testa per la botta data contro il mio ginocchio.
- Ben!- lo richiamò una donna, vendendo a passo veloce verso di noi – quante volte devo dirti di non correre?- lo rimproverò dolcemente, prendendolo in braccio.
Era alta, con dei lunghi capelli castani e gli occhi identici ai miei. Aveva persino le due fossette ai lati della bocca e lo stesso sorriso di Harry.
- Emily, lei è Gemma, mia sorella – disse il riccio – Gemma, lei è Emily, mia figlia-
Gemma diede il bambino ad Harry e poi si fiondò su di me, abbracciandomi forte e dandomi tanti baci sulla testa.
- la mia nipotina! Ma quanto sei bella?- chiese, squadrandomi – tutta tua madre- continuò, con un sorriso malinconico.
Ricambiai il sorriso e guardai le persone alle sue spalle. Un uomo con in braccio una bellissima bambina e una coppia, un po’ più maturi dell’uomo.
- lui è Victor, mio marito- disse zia Gemma – e lei è la mia primogenita, Sam. Il piccoletto è Ben-
Annuii e sorrisi alla bambina, chiedendole quanti anni avesse.
- sei- rispose, sorridendo – tu sei la sorella di Mike?-
Annuii e mi girai verso Harry, intento a far ridere Ben.
- sono i miei cugini, giusto?- chiesi, accarezzando la guancia del bambino.
- esattamente- rispose, mettendo il piccolo a terra – loro invece sono i tuoi nonni, Anne e Robin. Mamma, Robin, lei è mia figlia, Emily – disse, presentandomi alla coppia.
Nonna mi abbracciò immediatamente, versando qualche lacrima di gioia. Come me, del resto.
Cavolo, le lacrime sembravano non voler finire mai in quell’ultimo mese.
- sono così felice di conoscerti, tesoro- disse nonna, accarezzandomi un braccio.
Ricambiai il sorriso – anch’io, nonna-
Anche Robin mi abbracciò, con un po’ più di imbarazzo. Chissà dov’era il mio vero nonno. Forse era morto, o forse aveva solo perso i contatti con Harry; avrei dovuto chiederglielo.
Le mie nonne si abbracciarono forte e nonna Anne consolò nonna Kate. Quell’ultima mi aveva detto che lei e la madre di Harry erano molto amiche, passavano quasi ogni giorno assieme da ormai più di trent’anni.
Robin parlò un po’ con Mark e zia Gemma scambiò qualche chiacchiera con zia Rece.
- noi vi aspettiamo fuori- disse nonna Anne, sorridendo.
Tutti annuirono e gli Styles uscirono, facendo spazio ad un altro grande gruppo di persone.
 
C’erano davvero troppe persone. Mi dovetti subire le condoglianze di tutti i miei amici, degli amici di mamma e Jason, di alcuni dei miei insegnanti e dei colleghi di mia madre.
La chiesa finalmente parve svuotarsi, rimanevano ormai pochissime persone. Tra quelli potei riconoscere Zayn, quell’amico di Harry che vidi in ospedale. Immaginai, quindi, che fossero gli altri ex componenti della band.
Guardando i vari volti, ne riconobbi uno famigliare.
Spalancai gli occhi. Lo stupido ragazzino! Oh, fantastico, meglio di così non poteva andare.
- ragazzi, lei è Emily, mia figlia- disse Harry, posandomi una mano sulla spalla – allora, lui è Zayn, ma già lo conosci-
Il moro mi sorrise e mi fece le condoglianze, andando poi dai miei nonni.
- lei è Perrie, sua moglie-
La donna era bionda, con gli occhi celesti ed un pancione enorme; era sicuramente incinta. Anche lei, come il marito, mi salutò e mi fece le condoglianze per poi passare alla famiglia di mia madre.
- lui è Louis e lei è sua moglie Eleanor- continuò Harry – Liam e Danielle- indicò l’altra coppia – e Niall- concluse, guardando un biondo.
Sorrisi a tutti e loro si presentarono, facendo le condoglianze prima a me, poi ai miei nonni.
- oh, scusa Eric, non ti avevo visto- disse il riccio – Emily, lui è Eric, il figlio di Zayn e Perrie-
Accennai un sorriso e gli strinsi la mano, mentre lui mi sorrideva divertito.
- condoglianze- disse in seguito.
Annuii e distolsi lo sguardo, guardandomi in giro imbarazzata. Continuava a fissarmi e la cosa iniziava a darmi altamente sui nervi.
- il mondo è piccolo, vero?- domandò – chi l’avrebbe mai detto che eri la figlia di Harry!-
Gli rivolsi un sorriso veloce e mi girai verso il grande gruppo di persone in cerca di Harry, però non lo trovai. Mi guardai confusa attorno, notando mio padre che parlava con una bionda. Strano, quella bionda aveva un’aria famigliare.
- è Taylor Swift, la sua ex moglie- disse Eric.
Spalancai gli occhi. Taylor Swift? La cantante? Non che io l’ascoltassi, però era abbastanza famosa. Faceva quelle musiche lente e delicate che ascoltavano gli adulti e i ragazzi vecchio stampo; era brava e se non sbagliavo, a breve avrebbe dovuto iniziare un tour.
- non fare quella faccia, tuo padre era tre volte più famoso di lei- ridacchiò il moretto.
Mi sorpresi quando disse quella frase; come aveva fatto a capire ciò che stavo pensando? Continuai a guardare Harry mentre parlava velocemente e gesticolava. Lei annuiva in continuo e faceva gli occhi dolci.
- ci sta provando!- esclamai, indicandola.
- è da quando si sono lasciati che ci prova, piccola-
Mi girai verso di lui ed alzai un sopracciglio, contrariata dal quel soprannome.
- piccola? Probabilmente sono più grande di te, ragazzino-
Roteò gli occhi – tra poco compierò quindici anni, quindi, piccola, non c’è molta differenza tra di noi-
Feci per rispondere, ma la voce di Harry mi bloccò. Mi rigirai e lo trovai di fronte a me, con accanto la bionda.
- lei è Taylor, la mia ex moglie- spiegò – lei è Emily –
Strinsi la mano della bionda, che mi sorrise con immenso sforzo. Bene, non le stavo neanche simpatica. Non che lei mi andasse del tutto a genio, ovviamente. Sentivo già che ci sarebbe stata tensione tra di noi in futuro.
 
- santo cielo Ben, smettila di correre!- esclamò zia Gemma.
Ridacchiai e aprii le braccia, afferrando al volo il bambino che era corso verso di me. Aveva solo due anni, eppure era una vera e propria peste.
Per quella notte sarebbero rimasti tutti da noi. E per tutti intendevo i miei nonni sia materni che paterni e le mie due zie.
- sei cresciuta tantissimo, Rachel!- esclamò nonna Anne.
Erano tutti seduti sul divano, a eccezione di Sam che si era piantata davanti la televisione, Ben che correva ovunque ed io che correvo dietro il piccolino.
- non la vedi ogni giorno?- chiese Harry confuso.
- quanti anni sono che non abiti più a Holmes Chapel? Sette?- chiese ancora nonna Anne.
Zia annuì e mi sorrise quando mi sedetti accanto a lei.
- dove sei stata?- domandò Harry.
- sono andata a studiare alla Juilliard e dopo aver avuto la laurea sono venuta ad abitare a Londra –
Spalancai gli occhi – la Juilliard? Zia ma è la più importante Università di musica!-
Ridacchiò ed annuì.
- in cosa ti sei laureata?-
- principalmente come pianista e compositrice, ma me la cavo con quasi tutti gli strumenti-
Rimasi incantata mentre mia zia raccontava le sue esperienze in quella scuola. Accidenti, doveva essere davvero fiera di sé, la Juilliard non era per tutti. Mamma, che era una violinista, mi aveva sempre detto che molte sue amiche si erano iscritte a quell’università per poi andarsene dopo un mese. Ritmi troppo duri da gestire, professori esigenti e commissioni esterne sempre pronte a giudicare. Beh, stavamo parlando della più grande università di musica del mondo (oltre la Royal), era quasi scontato che fosse difficile e parecchio impegnativa.
Anche a me piaceva molto la musica, probabilmente ce l’avevo nel sangue: un padre cantante e una madre violinista; ero più che certa che il mio futuro si sarebbe ambientato in campo musicale.
Sapevo suonare la chitarra e sapevo di avere una bella voce. Mamma me lo diceva sempre ma lei era l’unica a sapere della mia bravura, mi vergognavo troppo a cantare davanti ad altre persone, le parole mi si bloccavano in gola. “Panico da palcoscenico” diceva lei “Alla tua età e normale”. Probabilmente aveva ragione, infondo ero solo una ragazzina e come tutte le adolescenti della mia età, avevo paura di essere giudicata da tutti. Mamma diceva sempre che crescendo avrei acquisito più fiducia in me stessa e avrei imparato a non aver paura di mostrarmi agli altri per come ero realmente. Beh, lo speravo davvero.
 
POV. RACHEL
Ero completamente immersa nel mio racconto, ricordando tutti quei bei momenti passati all’università. Tutti mi ascoltavano, mi facevano domande e si complimentavano per il risultato raggiunto. Emily era in assoluto la più curiosa, continuava a farmi un sacco di domande: i professori, gli esami, l’edificio. Sembrava davvero interessata alla faccenda della Juilliard, chissà, un giorno magari avrebbe potuto frequentarla lei. Avrei dovuto avvisarla però, avrei dovuto dirle che era davvero molto impegnativa come scuola e soprattutto, che non potevi permetterti periodi di pausa. Perdevi una lezione e ti eri segnato la tua condanna, era sempre stato così.
Mamma e papà erano super orgogliosi di me, del cammino che stavo facendo. Dopo la laurea ero tornata in Gran Bretagna perché la distanza dai miei genitori e dai miei amici mi uccideva, ma non potei tornare ad Holmes Chapel, lì non c’erano abbastanza opportunità lavorative.
Così iniziai a lavorare a Londra, ero un’insegnate di pianoforte in un conservatorio. I miei si offrirono di comprarmi un appartamento, però rifiutai il loro aiuto. Mi avevano già pagato l’università e tutti i biglietti d’aereo per tornare a casa, non volevo sfilare loro altri soldi. Avevo trovato un appartamento davvero carino vicino il conservatorio; era al quarto piano di una palazzina molto moderna. Lo condividevo con una ragazza della mia stessa età, Lucy. Lei veniva da Liverpool e come me, non conosceva nessuno nella grande e caotica Londra. Nel giro di un anno eravamo diventate inseparabili.
Tornavo a casa non appena potevo, a volte anche solo per un giorno. Ero molto legata ai miei genitori, era grazie a loro se avevo potuto coronare il mio sogno di andare alla Juilliard. A volte pensavo a quanto sarebbe stata fiera di me Holly, la mia sorellona. Quando se ne andò di casa avevo solo dieci anni, non capivo la situazione e soprattutto, non sapevo della sua malattia. I miei mi dissero la verità solo a quindici anni, quando fui abbastanza matura per comprendere e non avercela con lei per avermi lasciata sola.
 
Mamma era ancora in lacrime sul mio letto, mentre cercava di spiegarmi meglio la situazione. Ma non m’importavano le sue parole, il primo pensiero che mi attraversò la mente quando mi disse che Holly se n’era andata, fu Harry. Corsi fuori e percorsi quei pochi metri che ci dividevano, bussai freneticamente alla porta di casa sua e la dolce Anne mi venne ad aprire. Non la salutai neanche, semplicemente corsi di sopra e mi fiondai in camera di Harry. Era rannicchiato sul letto, mentre continuava a fissare una foto. Erano lui e Holly, sorridevano felici ed avevano due gelati in mano.
Mi guardò confuso, mettendosi seduto sul letto.
- Rece, che ci fai qui?-
Le lacrime iniziarono ad uscire dai miei occhi e in meno di tre secondi, ero corsa verso di lui per dargli dei pugni sul petto.
- è colpa tua! È colpa tua se se n’è andata!- urlai, continuando a colpirlo.
Sospirò, senza dire niente, senza bloccarmi. Continuai la mia crisi di pianto e violenza su di lui finché non fui stanca. Finché, ancora piangendo, posai la testa sulla sua spalla e venni dolcemente stretta dalle sue braccia.
- Rece, non è colpa mia se lei è andata via- sospirò – se vuoi sapere la verità, non so neanche perché se n’è andata-
Continuai a piangere, mentre lui mi accarezzava la schiena e mi diceva di stare tranquilla perché sarebbe tornata. Mi fidavo di Harry, era un fratello per me. Così mi addormentai, cullata dalle sue braccia.
 
- zia? Ehi zia, ci sei?-
Emily mi passò una mano davanti al volto, risvegliandomi dai miei pensieri. Sorrisi ed annuii, dando uno sguardo veloce ai presenti. Erano tutti perplessi, probabilmente ero rimasta in silenzio più del dovuto. Guardai anche Harry, il quale mi rivolse uno sguardo comprensivo.
- e l’esame finale?- chiese mia nipote, curiosa più di prima.
Harry sbuffò – Emi, basta stressare tua zia, la stai facendo esaurire con le tue domande-
La ragazzina mise il broncio ed io le baciai scherzosamente la guancia, per poi sorridere grata al riccio che ricambiò con un occhiolino. Come faceva sempre a capire la situazione e a fare la cosa giusta? Quel ragazzo era un angelo, aveva ragione mia sorella quando lo diceva.
- per quanto pensate di intrattenervi?- domandò Harry – giusto per organizzarmi, sapete, la spesa…-
- io vorrei restare ma il lavoro chiama- disse dispiaciuta Gemma, mentre stringeva forte il piccolo Ben, ormai dormiente – domattina andiamo via-
- credo anche noi, Harry – rispose Anne – non vogliamo disturbare-
Mamma annuì in accordo – poi magari ci sentiamo e ci organizziamo meglio per passare un po’ di tempo assieme-
Harry annuì e poco dopo, ci demmo tutti la buonanotte. Nella stanza degli ospiti dormivano i miei genitori, con la piccola Sam in mezzo; nell’altra stanza ospiti ci dormivano Anne e Robin.
Io sarei stata in camera del piccolo Mike, nel letto singolo. Gemma e Victor avrebbero occupato la camera di Emily e Emily avrebbe dormito con Harry e Ben.
Sistemazioni arrangiate, ma nessuno poteva permettersi di lamentarsi in quella situazione.
 
Erano le due, forse le tre quando mi svegliai di colpo. Il cuscino era inondato di lacrime, così come le mie guance. Un incubo, un orribile incubo. C’era Holly, c’era il buio, c’erano i miei che piangevano disperati.
Avevo sognato la curda realtà e non riuscivo a far smettere il mio cuore di battere così velocemente.
Mi alzai di scatto, uscendo fuori da quella camera e scendendo immediatamente al piano inferiore, raggiungendo la cucina. Necessitavo di un bicchiere d’acqua.
Però, non appena varcai la soglia della stanza, quasi non persi venticinque anni di vita. Harry scoppiò a ridere, forse per la mia faccia terrorizzata. Era seduto al tavolo, con solo la luce del cellulare ad illuminargli il volto.
- che diamine stai facendo?!- urlai a bassa voce.
Fece spallucce – sto messaggiando con un mio amico-
- e tu e il tuo amico messaggiate alle due di notte?-
- sono le quattro- ridacchiò – ci saremmo chiamati, ma lui ha sua moglie affianco che dorme-
Sospirai – di chi stiamo parlando?-
- Liam- rispose semplicemente.
- e perché sei al buio?-
Non mi rispose, semplicemente alzò le spalle e rispose all’ennesimo messaggio.
- beh, io sono reduce da un incubo e voglio la luce accesa- dissi, accendendola.
E diamine, non l’avessi mai fatto. Indossava solo un paio di pantaloncini grigi, mettendo in bella mostra il suo fisico marchiato dall’inchiostro dei tatuaggi. Avevo già visto Harry a torso nudo, ma parlavamo di quindici anni prima, quando al posto di quegli addominali c’era una tenera pancetta e quei bicipiti così sviluppati erano inesistenti.
Spostai lo sguardo altrove, sicura di non reggere più quella visione. Accidenti, era solo Harry, non dovevo e non potevo reagire in quel modo.
- che incubo?- chiese, alzandosi.
Mi diede le spalle, andando verso il frigo per prendere qualcosa. Oh, fantastico, aveva anche un profilo B dannatamente perfetto.
- Ho..Holly – balbettai, e di certo non per l’incubo.
Suvvia, avevo venticinque anni e vivevo da sola, non mi spaventavo per dei brutti sogni, era la realtà che mi faceva paura.
Annuì e versò del liquido bianco in un bicchiere, versandoci poi lo zucchero e girando il tutto con un cucchiaino. Quando ebbe finito, mise il cucchiaino nel lavandino e prese il bicchiere, venendo verso di me per darmelo.
- il latte era il metodo della nonna- ridacchiai, afferrando il bicchiere.
Sorrise ed annuì – Holly lo usava sempre quando non riuscivo a dormire-
Ne bevvi un sorso ed alzai un sopracciglio.
- tu e mia sorella avete dormito assieme?-
- come pensi che sia rimasta incinta? Per opera dello Spirito Santo?- chiese divertito.
Sorrisi anch’io e mi andai a sedere, continuando a sorseggiare il mio latte freddo. Lui prese posto accanto a me, rispondendo velocemente ad un messaggio del suo amico e tornando con lo sguardo su di me.
- quante volte avete dormito assieme?- domandai, incuriosita.
Non sapevo praticamente nulla della storia di Harry e Holly. Cioè, qualcosa la sapevo, ma ero ancora piccola e col tempo avevo rimosso parecchi ricordi.
- uhm… capitava spesso in campeggio o quando restavamo a dormire da amici-
- e ogni volta…-
Ridacchiò e scosse la testa.
- la prima volta che lo facemmo fu l’8 novembre del 2010, eravamo a casa mia… quella notte sarei dovuto rimanere da solo e lei disse ai tuoi che andava a dormire da un’amica, invece venne da me e… successe- sorrise, abbassando lo sguardo.
Cavolo, quanto era tenero. Probabilmente stava ricordando tutti i dettagli di quella notte che per lui doveva essere stata molto importante; così come per mia sorella.
- la seconda ed ultima volta invece fu il 2 gennaio… lo stesso giorno in cui se ne andò-
Annuii, abbastanza imbarazzata da non saper cosa dire. Forse cacciare quell’argomento non era stata un’idea geniale da parte mia.
- è rimasta incinta di Emily alla prima botta, sai?- domandò sorridente – ho fatto i calcoli per esserne sicuro. Emily è nata l’8 luglio, esattamente nove mesi dopo la nostra prima volta-
Sorrisi anch’io, per poi fare una domanda alquanto bizzarra.
- sei felice che sia rimasta incinta? O avresti preferito continuare a vivere la tua vita come prima, senza Emily?-
- sono felicissimo che sia rimasta incinta, sono felicissimo di aver avuto una figlia con lei, sono felicissimo di aver ritrovato le persone che veramente amo e sono ancor più felice di essere di nuovo felice-
Sorrisi e mi alzai di scatto, abbracciandolo di slancio e facendo finire entrambi per terra. Lui prese una bella botta di schiena, ma dato che non si lamentò, io non accennai ad alzarmi. Mise le sue braccia attorno al mio corpo, stringendomi ancor di più a lui, per quanto fosse possibile visto che ero praticamente stesa sul suo corpo.
- mi mancavano i tuoi abbracci improvvisi, piccola Wilson – sussurrò, guardandomi negli occhi e sorridendo – mi mancava anche il tuo profumo al cioccolato, una cosa di cui andavi pazza da quando eri bambina- ridacchiò, accarezzandomi la guancia con una mano – mi mancava stringerti a me quando c’era qualche problema o rassicurarti quando eri giù- continuò, mettendomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Sospirò, diventando improvvisamente serio – Dio piccolina, non sai quanto mi sei mancata- concluse, abbracciandomi nuovamente.
Affondai la testa nell’incavo del suo collo, mentre le sue mani mi accarezzavano dolcemente la schiena.
- mi sei mancato anche tu- dissi, stampandogli un bacio sulla guancia.
Lui sorrise e io gli scompigliai i capelli, per poi alzarmi e ricompormi.
- comunque, cognatino bello, puoi vedermi tutte le volte che vuoi dato che abito a meno dieci minuti di qui-
Sgranò gli occhi, incredulo.
- sul serio? Vivi a Londra? Perché non me l’hai mai detto? Avremmo potuto vederci per un caffè, mi avrebbe fatto piacere!-
Alzai un sopracciglio – Harry, sei serio? Dovevo chiamarti e dirti “Ehi sono la piccola Wilson, da oggi abito a Londra e mi chiedevo se ti andasse di prendere un caffè con me!”-
Lui annuì frenetico ed io alzai gli occhi al cielo, finendo di bere il liquido contenuto nel bicchiere.
- lavori?-
- si, insegno pianoforte in un conservatorio-
Sorrise – quindi da oggi la tua presenza nella mia vita diventerà costante? Bene, ecco un altro motivo per cui essere felice!- guardò l’ora – adesso vado a dormire, domani sarà una giornata movimentata. Vai anche tu piccola Wilson –
Annuii e dopo aver farfugliato un “buonanotte”, mi chiusi in camera di Mike.
 
“La tua presenza nella mia vita diventerà costante? Bene, ecco un altro motivo per cui essere felice!”.
Non dovevo pensarci. Era mio cognato. Era l’uomo che amava mia sorella. Era il padre di mia nipote.
Ero solo stanca, si, stanca e contenta di averlo rivisto. Dovevo solo dormirci su e il giorno dopo mi sarei tolta dalla testa quella follia. 
















-----------------------------------
Eccone un altro! Spero vi sia piaciuto, alla prossima! :)
  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: Onedirection_robsten