Il leggero ticchettio impaziente della matita sul banco risuonava flebile nella mia mente, oscurando la parlata imperversa della professoressa dell’ultima ora, che a qualche minuto dal suono della campana ancora spiegava e scriveva sulla lavagna un’incomprensibile teorema d’algebra, tenevo lo sguardo fisso oltre il vetro della finestra quando d’un tratto una voce mi scostò dal suono dei miei pensieri:
- Signorina Giordano. Le dispiace? Anche se lei è andata bene allo scorso compito è pregata di non disturbare i suoi compagni di classe, stanno cercando di seguire.
- Emh, si.. Scusi prof, mi dispiace. Non disturberò oltre la sua lezione.
- Bene.
- In ogni caso… Là il radicando è negativo.
- Prego?
- Il radicando è negativo, professoressa.
- Ottimo occhio, Giordano.
- Leo :Ohiii?!? Ma sei morta ? Quella di matematica ti ha mica mangiato ahahahah?
- Tu: Quasi ahhahah, mi ha beccata distratta e stava rompendo, penso che nel prossimo compito farà la stronza tanto per farmela pagare di averla corretta !
- Leo: Porca miseria Michi ahahah. Certo che te li potevi fare i cavoli tuoi, solo voi delle magistrali avete professori così stupidi da farsi correggere dagli alunni.
- Tu: Che vuoi che ti dica?! Forse sono io che sono troppo intellente per loro.
**intelligente.
- Leo: AHAHAHAHHAHA. Si, si ho visto come sei ‘Intellente’ ahahhah non ce la puoi fare.
- Tu: Non rompere aahhaha con questo stupido telefono non riesco a scrivere. In ogni caso …
- Leo: In ogni caso che? Ahah.
- Tu: Devo andare!
- Leo: Uffa già prendi il pullman -3- ?
- Tu: No ahhah oggi il mio ragazzo viene a prendermi all’uscita.
- Leo: Oh… è vero che me lo avevi raccontato… Che deficiente che sono.
- Tu: Bella scoperta hahaha.
- Leo: Simpatica come sempre ahaha. Dah cia’.
- Tu: Byeeeeee .3.)/
- Sara: ‘More sono Andre non posso venire a scuola tua.
- Tu: Che è successo?
- Sara: Nulla è successo casino con i miei .
- Tu: E perché mi scrivi dal telefono di Sara?
- Sara: Perché sono andato da lei e non ho credito nel mio. Comunque pranzo da lei. Ci vediamo stasera .
- Tu: Non posso uscire stasera te l’avevo detto.
- Sara: Ma quando ?
- Tu: Te lo sto ripetendo da una settimana, abbiamo annullato l’uscita di oggi con il gruppo e avevamo deciso di vederci solo noi di mattina.
- Sara: Ah è vero…
- Tu: Quindi?
- Sara: Quindi cosa?
- Tu: Non puoi prenderti il pullman e venire qui ?! Se vuoi ti aspetto.
- Sara: Ti pare che mi faccio altri venti minuti di pullman stipato con dei ragazzini sudaticci? E poi avevo solo due biglietti e uno l’ho usato per venire qui.
- Tu: Dai… Tanto il biglietto a tempo dura 100 min.
- Sara: Si ma sono qui da un ora e passa, non faccio a tempo.
- Tu: …Capito non sapevo uscissi prima
- Sara: Che palle che sei oh !
- Tu: Cosa? Cosa ho detto?
- Sara: Che per una volta che non vengo ti stai lamentando.
- Tu: Guarda che non ho detto nulla. E poi è già la quinta volta questo mese che mi dai buca.
- Sara: Ah le conti pure… No davvero… Devo andare non posso usare tutto il credito di Sara. Chiamami stasera.
- Tu: Ok..
Avevo superato la fase di gelosia nei confronti di Sara o forse non l’avevo mai passata, ma in ogni caso rimanevo molto interdetta su quanto riguardava la loro amicizia, non riuscivo a capire cosa spingesse Andrea a frequentare ancora quella ragazza, nonostante tutto quello che era successo tra di loro lui continuava a starle dietro e alle volte mi sentivo messa da parte. Quando conobbi Andrea lui e Sara non erano in buoni rapporti per colpa di vari litigi tra di loro, lei aveva iniziato a frequentare il migliore amico di Andrea e aveva cominciato a metterlo da parte, lui sentendosi escluso aveva cominciato a sentire altre persone, e a creare un nuovo gruppo nel quale ero entrata anche io. Il resto poi era storia , eravamo i primi membri del gruppo a essersi messi insieme nonostante fossi l’ultima arrivata; sebbene conoscessi il carattere di Andre non capii mai perché nonostante stesse con me desse comunque più importanza ad altre persone. Riccardo, una delle persone che lo conosceva da più tempo mi aveva detto : “ Non è che non sia capace di dare attenzioni, è che semplicemente tu ci stai insieme , quindi è scontato che tu gli vada dietro mentre lei… Beh è una di quelle che lui non è mai riuscito a conquistare perciò penso gli bruci il fatto di non essersela potuta fare” a quelle parole avevo risposto con un secco : “ Ah…” e Ricky preoccupato per la mia reazione aveva detto qualcosa del tipo: “Ehi… cioè non prendermi alla lettera, state insieme e vi ci vedo quindi non ti preoccupare delle scemenze che dico in ogni caso se sta con te lui ti vuole e poi non è uno di quelli che se ne va a dire ti amo alla gente a caso” nonostante queste parole mi avessero rincuorato non avevo mai accettato il fatto di essere messa da parte per una che alla fine lo aveva lasciato in un angolino a soffrire. Ricordo precisamente che litigammo quel giorno, il giorno che parlai con Ricky, e come tutte le volte avevo era per chat, e io da quel momento decisi di reprimere le mie angosce e di fidarmi di lui...
- Tu: boh perché mi ha detto del casino con te e Sara e da un po’ stai facendo il freddo con me , o comunque ti comporti diversamente rispetto a come fai con lei…
- Andrea: come sempre del resto, sono sempre stato il pezzo di ghiaccio
- Tu: Amore non ho detto che sei un pezzo di ghiaccio ho detto solo che ti comporti diversamente.. e da come ti ha trattato non mi sembra giusto che tu le stia dietro
- Andrea: Non lo so. Tanto sono abituato a essere trattato come uno zerbino… e tu non aiuti
- Tu:… fanculo tutto… devo sempre essere colpa mia… meglio se lascio perdere tutto e tutti.
- Andrea: ‘more io voglio solo stare con te
anche quando sono in gruppo mi sento solo mentre lei c’è sempre stata… e invece tu no… e non sai nulla… non mi stai mai vicino.
- Tu: io ci sono sempre quando hai bisogno di me lo sai che mi faccio sempre in 4 mi sono stufata delle continue rassicurazioni di cui hai bisogno ogni 5 secondi e non basta solo questo perché non ci credi e preferisci lei….
- Andre: Gli altri mi mettono in testa queste cose… esattamente come fanno con te, io… mi fido di te e non ti voglio perdere…
- Tu: dici così sempre… da 5 mesi ormai ma continui ad andare da lei
- Andrea: Vabbhè... infondo non posso costringerti a stare con me se non vuoi... basta che mi dici che è finita e non ti cercherò più... dopo oggi credo che tu ne abbia tutto il diritto
- Tu: Ma che cazzo stai dicendo?
- Andrea: Voglio solo che tu sia felice in ogni modo possibile…
- Tu: l’unico modo che ho per essere felice è stare con te, ma continui a respingermi
- Andrea:non ti sto respingendo
- Tu:si che lo stai facendo con ogni modo possibile…
- Andrea:...
Fu forse la prima conversazione che non finì con qualche battuta scema ne con un ‘ti amo’ buttato lì tanto per. Il giorno dopo lui , semplicemente, ricomparve facendo finta che nulla fosse accaduto; anche se in realtà era veramente cambiato, sapeva che mi sentivo in colpa, e perciò ogni tanto faceva leva su quello per allentare la mia presa su di lui... Quel giorno, quello in aveva deciso di non venire a prendermi, non me la presi più di tanto, pensavo fosse giusto così … alla fine comunque era la sua migliore amica , anche se dentro mi dava fastidio, decisi solamente di reprimere quell’impulso di parlarne con lui.
Ancora una volta delusa e con un po’ di amarezza in bocca presi le cuffie dalla borsa insieme al biglietto del pullman e andai alla fermata che ogni giorno prendevo per tornare a casa, cercando di pensare una scusa al perché stavo tornando così presto; probabilmente i miei non l’avrebbero neanche chiesto, non so se fosse perché erano abituati ai continui cambiamenti di piani di mia sorella minore, o semplicemente perché non gli importava un tubo di quello che facevo, ma stare in quella casa non era tanto diverso dal camminare per la città da sola. Per me era sempre stato come vivere con degli sconosciuti a cui non importa niente di te ne dei tuoi successi, credo che molti adolescenti credano che i genitori se ne freghino ma quanti di loro potevano “vantare” di aver beccato i propri genitori a parlare del fatto che preferivano tua sorella a te, e che tu non eri nemmeno programmata?! In fondo io ero sempre stata un errore, contando il fatto che io a quel mondo non ci sarei nemmeno dovuta essere. Era come vivere in un libro che avevo letto, dove la protagonista si trovava a viaggiare da un mondo parallelo ad un altro, alla ricerca del suo amore perduto, qualsiasi cosa essa facesse il mondo non riusciva a sopportare la presenza di entrambi gli amanti, e per quanto lei provasse a incontrare la sua anima gemella moriva nel tentativo di farlo, e veniva automaticamente trasportata in un nuovo mondo; mi aspettavo che da un momento all’altro venissi coinvolta in un brutale incidente atto a compensare la mia erronea presenza a quel mondo.
Spesso avevo avuto dei pensieri simili, soprattutto prima di incontrare Andrea, ma dopo che ci eravamo messi insieme, seppur per un breve periodo, ero stata felice e serena, avevo davvero pensato che potesse funzionare e che per una volta il mondo avesse deciso di compensare quei 16 anni che ero rimasta ad aspettare che qualcuno si accorgesse di me, ma non passo molto tempo che i problemi iniziarono, di nuovo, a tormentarmi. Ma in ogni caso penso sia normale litigare in una coppia non si può essere d’accordo su tutto… Ricordo precisamente che quel giorno, mentre ero alla fermata, vidi una coppietta stringersi in un abbraccio e successivamente scambiarsi un ti amo sincero mentre si guardavano negli occhi, li vidi rimanere minuti interi a guardasi negli occhi senza scambiarsi parola. Non so se il fato volesse dirmi qualcosa, o se semplicemente volesse infierire sulla mia situazione, ma quella scena mi fece riflettere; mi fece ricordare le innumerevoli sere che avevo passato a leggere qualche libro fantasy quando, nelle pagine volutamente ingiallite, si raccontava la tormentata storia di due amanti di due razze diverse e molto spesso rivali, due persone tanto diverse ma tanto vicine che vivevano un amore semplice fatto di piccoli gesti che scaldavano il cuore; ricordai quelle sere passate a sperare di provare quella sensazione che nei buoni libri veniva descritta talmente bene da farti assaporare una piccola parte di amore. Vedendo quella scena mi accorsi che ancora stavo aspettando di sentire quella sensazione, di viverla, nonostante io amassi una persona, mi sembrava di vivere un amore di carta, come se fosse la storia di qualcun altro. Non ero triste, forse un po’ amareggiata, o delusa del fatto che l’amore che stavo vivendo non era come me lo ero prospettata, ma in quel momento non ebbi il tempo di concludere il pensiero o anche solo di cogliere il reale significato del corso dei miei pensieri, perché il pullman era arrivato e dovetti farmi strada tra le gomitate degli studenti esagitati all’ uscita di scuola per riuscire a timbrare il biglietto stropicciato che tenevo in tasca .
La mia fermata era comunque lontana e, come mio solito, mi piazzai alla fine del pullman alzando il volume della musica al massimo, e riposto il telefono nella tasca del giubbotto, lasciai che l’autobus si svuotasse pian piano man mano che le fermate scorrevano, tentando di ignorare le risatine a stento trattenute dalle ragazzine super truccate che spesso incontravo sulla mia linea,come sempre queste guardandomi iniziavano a fare commenti non troppo carini nei miei confronti. Fateci caso, quando vi trovate in treno, autobus, tram, corriera, o qualsiasi cosa, anche per strada, se le persone vi vedono con gli auricolari deducono che tu non ti renda conto di quello che ti accade intorno, e iniziano spesso a fare commenti o gesti o una qualsivoglia imitazione idiota su di voi. Ora questo comportamento me lo aspetterei da ragazzini delle medie e, alle volte, da qualche liceale ma ancora oggi mi stupisco vedendo genitori o meglio, adulti in generale, comportarsi in questo modo e a quel punto rimango tuttora interdetta.
Ho sempre trovato strani molti comportamenti dei miei coetanei o anche delle persone più grandi. Mi sono sempre trovata come osservatore esterno e l’unico metro di giudizio che avevo alle volte era paragonarli ai personaggi dei miei amati libri, notando come alla fine questi non fossero poi tanto diversi dai bifolchi che nelle storie venivano sbeffeggiati o messi in ombra dai classici eroi di turno e /o creature magiche della foresta. Non mi stupivo mai di come i personaggi non-umani delle storie si prendevano gioco della razza umana, considerandoli la stirpe debole, macchiata dei peccati più oscuri, una razza che aveva perso il suo originale splendore. Non mi stupivo perché anch' io la pensavo così, le nuove generazioni che stavano solcando le strade del mondo, coloro che avrebbero dovuto combattere le guerre più assurde era entrata nel degrado più assoluto. Senza cercare di farla più grande di quello che è, iniziai seriamente a pensare che la nuova generazione di adolescenti, che condividevano con me solo l’età, fosse la generazione degli stati su facebook e delle uscite in discoteca, nulla più nulla meno, non c’era qualche straordinaria storia da raccontare, nessuna lotta per ottenere quello che volevano, perché quello che desideravano già lo avevano. Adesso, non ho mai creduto, che tutte le persone della mia età o il resto del mondo fossero feccia ed io la persona sopra tutti, l’unica che potesse capire i misteri più oscuri dell’universo, anzi al contrario, non ho mai osato paragonare me stessa agli altri perché siamo comunque diversi, io ho sempre e solo creduto che di guerre da combattere,semplicemente, non ce ne fossero più. Alla fine che senso aveva combattere per qualcosa che avevi già?! Ci si accontentava semplicemente di quello che si aveva.
Un’altra volta il corso dei miei pensieri mi aveva portato a quello che da un po’ avevo cominciato a credere e a notare nella mia relazione con Andrea, non volevo pensare di essermi accontentata di quello che avevo trovato, perché io provavo davvero qualcosa per lui ma non ero sicura del contrario. Cercai ancora una volta di non soffermarmi troppo su questa possibilità pensando che in ogni caso se le cose dovevano davvero andare così allora voleva dire che c’era sul serio qualcosa di buono per me. Non so dire se si trattasse di un vero pensiero o solo di una speranza, ma ero sicura dei miei sentimenti per Andrea: lo amavo e nonostante i miei dubbi, non avevo intenzione di parlargliene. Arrivata alla mia fermata scesi dal trabiccolo che sputando un’esagerata nuvola nera di gas dalla bocchetta di scarico mi lasciò per un momento senza fiato. Avviandomi verso casa riniziai a penare alla scusa che era stata interrotta dai miei pensieri malinconici, anche se alla fine non fu necessario , come avevo previsto. I miei non erano in casa probabilmente, anzi quasi certamente, Francesca , mia sorella, aveva rotto per andare a mangiare in qualche posto assurdo e super caro. Tanto meglio pensai almeno non devo inventarmi qualche scusa assurda andai in camera torsi il giubbotto e lo buttai sul mio letto, posando invece la borsa accanto alla porta. Accesi il PC e andai in cucina a prepararmi qualcosa da mangiare. Frugai nella dispensa ma non c’era granché, quindi tirai fuori dal congelatore una lasagna che avevo fatto una settimana prima per mia sorella che continuava a rompere per le lasagne ma alla fine non l’aveva voluta rifilandomi un “ È troppo grasso te mi vuoi fare ingrassare!” io , allibita dalla sua uscita infelice replicai “Stai scherzando è una teglia da due porzioni” con irritazione mi rispose “ Michela non mi prendere per il culo , cioè ci hai messo la besciamella tutto quel sugo e pure la carne oltre al fatto che c’è la pasta” aggiungendo con un inglese molto improbabile “ me lo paghi tu il Personal Trainer ?” sconcertata l’avevo guardata e le avevo detto “ No sai è così che si prepara una lasagna” Con la faccia paonazza aveva indicato la teglia con le lasagne “ Io quello schifo non lo mangio” e aveva inveito contro mio padre “ PAAAAAAAAAAAAAAA! Michela mi vuole avvelenare con uno schifo in porzioni” mi padre al suo solito sempre impegnato e con il blackberry in mano e l’auricolare nell’orecchio “ Michela smettila di dare schifezze a tua sorella” lo guardai con finta aria colpevole e poi mi rivolsi a lei “Scusa dimenticavo che a te il cibo vero causa problemi”. Sapevo da qualche tempo che mia sorella continuava ad avvelenarsi con quelle dannate pasticche per dimagrire e mantenere il regolare rapporto con lo stomaco, peccato che per mantenere il naturale rapporto con lo stomaco ci vorrebbe una cosa che si chiama cibo. Scacciai quei pensieri e misi la lasagna nel forno e me ne tornai in camera. Leonardo mi aveva cercato:
- Leo: che cavolo ci stai attiva nella chat a quest’ora? Pensavo fossi fuori a divertirti
- Io: Sono in un locale, con Andre, qui c’è il wi-fi !
- Leo: Si ok, non prendermi per il culo ahahha.
- Tu: Non ti prendo per il culo
- Leo: 1. Non ti connetti mai dal telefono nella chat dici sempre che ti viene difficile gestirti i ban da lì (ero diventata moderatrice della chat dove avevo conosciuto Leo)
Conoscevo Leo da praticamente 7 mesi e passa (anche se avevamo iniziato a parlare sul serio da 4) e nonostante vivessimo nella stessa città non ci eravamo mai incontrati. Eravamo grossomodo d’accordo riguardo agli incontri con le persone online e avevamo convenuto che ognuno di noi due avrebbe potuto essere un serial killer e avrebbe potuto cercare di uccidere l’altro, ergo, avremmo aspettato un tempo ragionevole per decidere di incontrarci.
- Tu: Devo smetterla di condividere con te tutto quello che mi passa per la testa
- Leo: Qualcosa del tipo l’altro giorno “ Ehi lo sai che tipo quando mento metto mazzi di punteggiatura” cioè tipo “OKAY MI FA PIACERE SAPERLO “ ahahah
- Tu: giusto
- Leo: Che tonta hahaha.
- Tu: Non tirare troppo la corda ragazzino u.u
- Leo: Dai, allora perché sei a casa?
- Tu: possiamo parlarne tra 5 secondi che sennò le lasagne mi si bruciano
- Leo: SI CERTO LE LASAGNE! Ahahaha dai muoviti
- Tu: Corro.
- Tu : Fatto !
- Leo: ti ascolto
- Tu: Le lasagne sono buonissime u.u
- Leo: Smettila di divagare ahahah.
- Tu: Uff e va bene sono a casa
- Leo: Ma vah! Il punto è… Perché diamine sei lì?
- Tu: Indovina
- Leo: Quell’idiota ti ha di nuovo dato buca?!
- Tu: Aveva finito le corse… se la usava con me non poteva tornare a casa…
- Leo: Una persona normalmente ha 2 biglietti per uscire sai hai presente ? Andata e Ritorno.
- Tu: Si ma infatti ne aveva 2 solo che è andato da Sara.
- Leo: E che cavolo ci faceva da Sara?
- Tu: È uscito prima.
- Leo: E perché non è venuto da te?! Porca miseria… manco lo conosco e già mi fa incazzare…
- Tu: Dai voleva stare con l’amica non fa niente.
- Leo: Perché cavolo lo continui a difendere?! È un dannato idiota ti tratta così da troppo tempo... non può fregarsene di te così.
- Tu: …
- Leo: cosa?
- Tu: Tu sai proprio come consolare una ragazza triste
- Leo: Sei triste?
- Tu: No… Ma avrei potuto esserlo e poi ci sono abituata.
- Leo: Non devi esserci abituata.
- Tu: Tutti possono avere un contrattempo, cioè non è una tragedia se non esce con me per qualche giorno
- Leo: E perché te non hai mai un contrattempo?
- Tu: Perché non ho nessuno con cui avere un contrattempo.
- Leo: Ci sono io.
- Tu: Ahahh Leo per quanto tu sia importante non è quello che intendevo.
- Leo: Sono importante?
- Tu: Certo che lo sei lo sai te
- Leo: beh allora che contrattempo intendi?
- Tu: Beh del tipo qualcuno con cui dare buca al tuo ragazzo cattivo che ti pacca sempre. Sai no?
- Leo: E se lo creassimo un contrattempo?
- Tu: Del tipo?
- Leo: ti troviamo qualcuno “con cui dare buca al tuo ragazzo cattivo che ti pacca sempre”
- Tu: E con chi per esempio?
- Leo: Con me…
- Tu:…
- Leo: Per esempio.
- Tu: Non hai paura che io possa ucciderti?
- Leo: Non credo tu possa spezzare un Maschione come me u.u sono un abete io eh
- Tu: Ahahahahah
- Leo: Sono serio non riusciresti mai a distruggere tutta questa …emh… Maschitudine(?)
- Tu: Ma fammi il piacere ahahah. Al massimo ramoscello secco.. e ti sto pure aiutando
- Leo: Non iniziamo a offendere eh!
- Tu: ahahah che scemo.
- Leo: ahahah almeno ti ho fatto ridere:)
- Tu: già… grazie
- Leo: Non si ringraziano le persone per queste cose scema ahahah
- Tu: E se non si ringraziano per questo per cosa dovrei farlo? Ahahha comunque io vado a studiare.
- Leo: Cosa vuol dire scusa?
Comunque vai ti aspetto qui … insieme alla risposta - Tu: Per i sorrisi e perché tu non creda che io sia una serial killer. I sorrisi sono l’unica cosa che si contagia che non ti fa male. È come l’indicatore della felicità.
- Leo: mh?
- TU: Se ci pensi le malattie più brutte si contagiano con le cose più belle, tipo i baci, con i baci puoi far ammalare una persona di mononucleosi, e così per le altre cose belle della vita; mentre con il sorriso l’unica cosa che puoi contagiare è la felicità. LEOOO DEVO STUDIAREEEEE
La sera non chiamai Andrea… Aveva deciso di dormire da Sara.
Passai la notte a guardare il mio soffitto con una schiacciante sensazione di solitudine addosso. Mi sarebbe piaciuto sentirlo o chiamarlo, ma lui non voleva . Era stato lui a chiedermelo poche ore, prima eppure non voleva essere chiamato. Perché, ci tengo a farvelo notare, una ragazza quando sa che il suo fidanzato dorme a casa della sua migliore amica per cui ha avuto una cotta per due anni ( che poi una cotta a mio parere non va avanti per così tanto tempo) un paio di pensierini su magari se li fa. E io sono una ragazza quindi due pensierini su me li ero fatta, avevo passato la notte in bianco a pensarci, e non quei pensieri che soffochi con la musica, perché poi io sono una di quelle persone che i pensieri di solito li soffoca con la musica, e di solito quelli stavano zitti, ma quella notte avevano da chiacchierare un bel po’ , stavano zitte da troppo tempo, cioè non so se avete presente quelle vecchiette che nei piccoli paesi, nelle estati afose si mettono sotto una finestra ad ascoltare quello che succedeva nelle vite degli altri, e rimanevano a sparlare; ora immaginatevi queste vecchiette che nella calda e afosa estate della mia testa dicevano qualche cattiveria su quei due. Ci sono persone che in testa hanno le voci di qualcuno che gli consiglia che fare, chi sente voci di chi gli dice che devono morire, e poi c’ero io che non avevo mente malata comune perché era una testa dove si susseguivano le stagioni, dove all’ombra di qualche vecchia casupola di campagna delle vecchiette sparlavano del presunto comportamento traditore del mio ragazzo; cioè capitemi, io in testa avevo anche una geografia, perché ovviamente se c’erano le vecchiette di paese c’erano anche i ragazzi di città, quindi se mi permettete, vorrei arrogarmi il diritto di accaparrarmi il grado di pazza sciroccata.
Che poi immaginatevi, me alle 3 di notte a riflettere sulla geografia del mio cervello e sulle vecchiette che sparlavano, dentro la mia testa ovviamente, e non mi fermavo a riflettere su quello che veramente dicevano le vecchiette. Mi sono resa conto, dopo tipo un secolo(perché oltre a fare schifo in qualsiasi cosa faccio schifo anche in tempismo), che ero talmente abituata al comportamento e alle abitudini di Andrea che ormai non mi scandalizzavo più di tanto alle dicerie delle nonnine.
Forse non ho passato TUTTA la notte in bianco, verso le 6 e 30 mi sono appisolata, e alle 7 è suonata la sveglia, però ricordo precisamente di aver pensato “ Io sono completamente fuori di testa”.
Manco a farlo apposta quella stronza mi chiamò alla lavagna per interrogarmi su un argomento che STRANAMENTE non aveva spiegato. Della serie “metti in evidenza il fatto che sono un incompetente e ti faccio vedere io”. Probabilmente il suo piano super cattivo da prof di matematica avrebbe anche funzionato se non fosse che io fossi avanti di un paio di capitoli rispetto alla classe... e alla scuola. (ah si sono una sfigata ho dimenticato di accennarlo prima scusate)
Per quanto tentassi di non pensarci cominciavo a considerare l’idea che ad Andrea non interessassi davvero io ma che fossi solo un tappa buchi per coprire il vuoto lasciato da Sara, e iniziai davvero a sfiorare l’idea di parlarne con lui. Questa cosa totalmente folle mi passo per la mente per… diciamo 5 secondi… poi sono rinsavita e ho deciso che ero solo paranoica. E poi, a dirla tutta, di solito chi ascolta le voci nella sua testa di solito o finisce schiattato oppure ammazza qualcuno, quindi ho pensato fosse meglio ignorare le vecchiette, ma tanto nel mio cervello in quel momento era notte fonda, e lo sanno tutti che le vecchiette di notte dormono russando forte ( si perché nella mia testa ci sta dentro anche il trascorrere del tempo, perché diciamocelo, che matta sarei altrimenti?!).
Per l’appunto, poco prima di uscire da scuola la prof di italiano mi trattenne in classe:
- Michela posso parlarti?
- Si certo prof.
- Ho visto il tuo ultimo tema e, visti anche gli altri, vorrei consigliarti di prendere degli appuntamenti con la dottoressa Gaia Lentini…
- Chi sarebbe?
- La dottoressa della scuola.
- Si eee cosa fa? (trascino le vocali quando sono infastidita), anzi meglio cosa ci faccio?
- Emh… è la psicologa della scuola …
- Umh… continuo a non capire la motivazione di questo suo consiglio.
- Più che un consiglio è una richiesta.
- Devo andarci per forza ?
- No assolutamente ma se io ti chiedo di leggere un certo libro tu che fai?
- Lo leggo.
- Bene. Allora io ti chiedo di andare dalla dottoressa.
- … poteva rispondere sì quando le ho chiesto se ci dovevo andare per forza.
- I professori non possono obbligare nessuno studente a fare nulla.
- Chiaro.
Perché dovete sapere che alle magistrali la psicologia e le scienze umane vi vengono insegnate da professori laureati in filosofia. Figurati se un laureato in psicologia si va a ficcare in una scuola vecchia e rattrappita per insegnare a dei ragazzini la sua materia.
Arrivai in un corridoio completamente deserto di fronte a questa porta di vetro con la cornice di legno e sopra una scritta di adesivi neri in stampatello ‘Dott.ssa Gaia Lentini’, “ allegro devo dire” pensai e poi bussai. Mi apri una ragazza sulla trentina che stava mettendo a posto delle carte, aveva i capelli neri raccolti in uno chignon sulla nuca e una frangetta che le ricadeva sugli occhi azzurri, indossava un vestito nero a vita alta con una gonna che si apriva a tulipano. Stava in una stanza completamente spoglia o quasi e grigia, con le tende bianco-sporco tirate con qualche quadretto che incorniciava le sue lauree/specializzazioni/master/quello che vi pare a voi, alle spalle della gigantesca scrivania che troneggiava sul resto della piccola stanza . L’unica nota di colore era data dai suoi occhi così in intensi, faceva quasi paura.
- Cosa ti serve cara?
- Degli appuntamenti
- Per cosa?
- La prof di italiano voleva che venissi qua da lei
- Chi è la tua prof di italiano?
- La Professoressa Gianna Marchi
- Oh… tu sei Michela ?
- Già.
- Oh si ora ho presente chi sei, la professoressa mi ha parlato molto di te
- Credo che potremmo prendere appuntamenti infra-settimanali tre volte a settimana che dici?
- Umh... che giorni?
- Lunedì, mercoledì e venerdì vanno bene ? Così non ti occupo tutto il fine settimana.
- Emh allora?- mi sollecitò
- Oh.. umh ... ok
- Va bene lunedì vieni da me alle 16? Va bene ?
- Certamente ... ora posso andare?
- Si si vai pure.
Non era on-line ma aveva lasciato una risposta a quello che gli avevo scritto il giorno prima.
- Leo: Certo che sei strana te, pensi fisso a robe tristissime ahahha. Comunque non è sempre vero quello che hai detto. Cioè forse i sorrisi non possono ferire ma la felicità sì, puoi restare a guardare una persona che sorridere e continuare a soffrire per la consapevolezza che tu di quella felicità non puoi fare parte. Quindi secondo me la felicità ferisce.
- Tu: Poi sono io che faccio pensieri malinconici ._.
Mi decisi a chiamarlo, ma chiusi prima che il telefono potesse più di due squilli “ Un messaggio! Devo mandargli un messaggio!”:
- Tu: Andre sei tornato a casa ? posso chiamarti?
- Andre: No sono ancora a casa di Sara
- Tu: Oh ok… scusa ma te non avevi finito il credito?
- Andre: Sì ma i miei mi hanno fatto una ricarica perché volevano che tornassi a casa per cena
- Tu: E tu vuoi tornare?
- Andre: Boh sì, mi sto preparando, mi accompagna Sara in macchina.
- Tu: Non avevi ancora un biglietto?
- Andre: Sì ma oggi siamo usciti
- Tu: Ah…
- Andre: Che c’è adesso?
- Tu: Nulla, nulla tranquillo ci sentiamo stasera?
- Andre: Boh se ho voglia ok
- Tu: Okay.
Quelli che dovevano stare in casa, la mia “famiglia” era andata a cena in un altro ristorante, ero rimasta sola come al solito, credo di non aver neanche cenato quella sera. Ricordo che, mentre fissavo il soffitto bianco della mia camera buia, pensavo a quello che era accaduto in quella giornata e a come mi sentivo; perché mi sentivo davvero uno schifo, sapevo di essere messa male, ma non pensavo di stare così fuori da essere spedita dalla psicologa della scuola da una mia insegnante … era assurdo, lo trovavo assurdo.
Non ho mai approvato che qualcuno provasse a frugare nella mia testa, sia perché non volevo che qualcun trovasse quello che avrebbe scovato cercando sia perché non mi andava che qualcuno capisse come realmente mi sentissi. Ci avevo messo anni per costruire una facciata tanto perfetta e impenetrabile, e andare da una strizzacervelli non era proprio il massimo.
Rimasi sveglia fino a tardi, non sentii nemmeno i miei tornare, da quanto ero assorta nei miei pensieri.
Pensavo ad Andrea che non mi aveva richiamato, a Leonardo che era sparito improvvisamente nel nulla, pensavo a Sara e al fatto che avesse dormito con lui, pensavo alla psicologa e alla sua stanza grigia, pensavo a quello che mi aveva detto Leo. C’era davvero una possibilità di incontrarlo? Gli parlavo da tanto e non c’eravamo mai visti; sapevo molto di lui e lui sapeva molto di me.
Credo di essermi addormentata verso le due e di essere rimasta aletto tutto il giorno seguente, a leggere qualche libro sconosciuto alla maggior parte dei miei coetanei, credo di averlo finito, ma non saprei dirlo con certezza non ero molto concentrata, continuavo a pensare agli avvenimenti del giorno prima e a controllare il telefono nella speranza che uno di quei due si facesse vivo ma, stranamente, senza alcun risultato. Anche quella sera rimasi sveglia fino a tardi, pensando che il giorno dopo sarei dovuta andare al mio primo appuntamento con quella tizia strana, in quella sua stanza piena di allegria, a parlare dei miei sentimenti. Non mi ci immaginavo. Insomma io non avevo molti amici, e non i pochi che avevo non parlavo certo di come mi sentivo, né tanto meno con Andrea visto che l’unica cosa che faceva quando stavamo assieme era allungare le mani; forse l’unica persona rimasta abbastanza a lungo da ascoltare quello che avevo da dire era stata Leo.Non capivo che bisogno c’era di esprimere la mia idea con una persona che a. non conoscevo b. non mi piaceva neanche un po’, era un’altra di quelle cose che “Ehi questa cosa mi fa schifo” “Ok non mi interessa vai a farlo” insomma molta libertà di scelta. In effetti non ho mai avuto molta libertà nelle mie scelte, non che m’importasse, ho sempre lasciato andare le cose come venivano, non ho mai lottato seriamente per qualcosa che volevo cambiare, quindi, pensai, non era molto diverso dal resto della mia vita. Sarei andata da quella tizia, avrei cercato di non sembrare pazza, cosa che non mi sembrava difficile data l’impressione che mi aveva dato, e me ne sarei tornata a casa a fare qualcosa che fosse diverso dal farmi ignorare dal resto del mondo, qualcosa come studiare, disegnare o leggere.