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Autore: The symphony of my soul    01/06/2014    2 recensioni
I tempi sono cambiati…
Dopo il sacrilegio di Raf e Sulfus gli ideali degli angeli e dei demoni sono cambiati drasticamente.
Si sono convinti che un'angelo può diventare un demone e un demone può essere un angelo, cambiando così le intere regole del paradiso e dell'inferno.
I sempiterni ora sono liberi di scegliere… ma è veramente così? È stata veramente solo quella ragione a far cambiare idea agli angeli e ai demoni superiori? O c'è qualcos'altro sotto?
Christelle, normale angelo sedicenne, non dubitava del nuovo sistema finché non scoprì una cosa che le ha cambieto l'esistenza qualcosa di terribile legato a un'antico nemico.
E di certo non avrebbe mai potuto sapere che lei fu la prima figlia di un'angelo e un demone creando così una nuova specie nel corso degli anni…
I Nephilim…
E di certo non avrebbe mai potuto sapere… che innamorarsi di un Rebels… era molto ma molto pericoloso…
Genere: Erotico, Guerra, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' di tutti
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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« Svelta, siediti. » 
Una donna che doveva avere al massimo una trentina d'anni mi sospinse gentilmente ma con fermezza verso la poltrona reclinabile che c'era al centro della stanza.
Feci come mi chiese poggiando il capo sul poggia testa, gli occhi che scrutavano quel che c'era intorno a me.
Anche se non c'era molto da vedere in realtà…
La poltrona era l'unico oggetto in quella stanza, le pareti erano di un bianco immacolato in contrasto con la pelle nera della poltrona.
Sulla parete opposta alla porta da dove sono entrata, una vetrata scura occupava all'incirca metà della parete e due porte di metallo situate ai due estremi.
In quella alla mia sinistra c'era scritto Surfice e quella alla mia destra Orixe.
Ed io? Quale sarà la mia fazione?
Scossi la testa e riconcentrai l'attenzione sulla donna.
Aveva gli occhi di un marrone chiarissimo, aranciato. E i capelli castani con alcuni colpi di sole qua e là.
« Allora… » iniziò sedendosi di fianco a me.
« … innanzi tutto il mio nome è Iridia e sono una Orixe della verità… »  mi disse prendendomi per un braccio per farmi mettere seduta.
« … ho un'abilità molto specifica che mi permette di entrare nella mente delle persone e creare un'allucinazione che mi permetterà di valutarti… » mi spiegò raccogliendomi i capelli da un lato per scoprirmi la nuca.
Mmmh… è molto rassicurante sapere che qualcuno guarderà nella mia testa. Supponevo che poi i risultati venivano inviati alle alte e alle basse sfere che poi avrebbero deciso se farci diventare angeli o demoni.
Ma io potrei davvero essere un demone dopo aver vissuto anni assieme agli angeli?
« … gli Orixe si riconoscono grazie a varie qualità che sono state divise negli elementi dell'Acqua e del Fuoco. Per essere nella categoria Acqua devi essere prevalentemente incline alla verità o alla menzogna, alla purezza o alla lussuria. Per rientrare nella categoria del Fuoco invece devi essere incline al coraggio o alla paura, all'amore o all'odio… sei pronta? » 
No!
Annuii.
Lei mi poggiò un dito alla base della nuca e sentii una specie di vibrazione lungo tutta la colonna vertebrale e una pulsazione nella mente.
Respirai a fondo per restare calma.
« … invece i Surfice si contraddistinguono grazie ai sentimenti di saggezza o furbizia, mitezza o ira che fanno parte della categoria della Terra. Mentre l'altruismo o l'egoismo, la laboriosità o l'accidia sono qualità della categoria Aria. Di solito la stragrande maggioranza dei sempiterni rientra in questa sezione… adesso puoi pure sdraiarti… ».
Annuii e mi risdraiai sulla poltrona. La testa mi girava e la mente si stava annebbiando, sentivo un sapore strano in bocca, quasi metallico e le orecchie mi fischiavano.
« … dopo di che ti indirizzerò tra Acqua o Fuoco se il risultato risulterà compatibile agli Orixe. Oppure Terra o Aria se verrai categorizzata nei Surfice. Ovviamente poi sarai libera di scegliere se intraprendere la strada dell'oscurità o quella della luce. » 
Okay credevo di aver capito più o meno tutto… 
« E adesso? Cosa devo fare? » chiesi, le palpebre mi si chiusero.
« Devi soltanto essere te stessa… » sentii il sussurro della Orixe prima di cadere nell'oscurità.

***

Quando riaprii gli occhi non ero più nella stanza con Iridia…
Mi tirai su facendomi leva con un braccio, sentii il gomito sprofondare in qualcosa di soffice e duro.
Sabbia.
Era bianca e finissima, vicino ai miei piedi c'erano gli scogli di una piccola laguna. L'acqua era spettacolare, di un'azzurro brillante, sembrava illuminata dall'interno.
Mi guardai attorno.
Ero dentro una specie di caverna di roccia nera e cristalli bianchi.
Mi alzai sentendomi un po' più… leggera.
Abbassai lo sguardo e capii immediatamente il perché.
I miei vecchi vestiti erano spariti rimpiazzati da una specie di vestito di seta nera molto semplice che mi arrivava a metà coscia e con spalline molto sottili che mi lasciavano scoperta metà schiena.
Non avevo scarpe.
« Dove sono finita? » mormorai guardandomi attorno.
Vidi i cristalli luccicare e brillare più forte poi strisciare nella roccia come attratti da una calamita verso una sottile cavità della parete della grotta.
I cristalli si allinearono a formare una specie di porta.
Mi avvicinai ma non la aprii.
« Entra… » mi ordinò una voce molto simile alla mia rimbombando nella caverna come una presenza pulsante.
« Perché? » ribattei.
Non volevo andare via, questo posto mi piaceva e non so perché… ma avevo come l'impressione che quello che ci sarebbe stato al di là della porta non mi sarebbe piaciuto.
« Entra…! » ribadì la voce, autoritaria ma riuscì solo a farmi intestardire ancora di più.
« No. » ribattei.
L'acqua della laguna vibrò e iniziò a spegnersi, rimpiazzata da un liquido nero e denso, la grotta pian piano stava per essere inghiottita dall'oscurità.
« Entra prima che sia troppo tardi! » 
Quella melma densa e nera mi lambì le caviglia mandandomi un brivido gelido lungo la schiena.
A questo punto non avevo scelta.
Feci come mi disse ed entrai.
E adesso?
Mi guardai attorno.
Ero in una specie di garage sotterraneo, le pareti e il soffitto erano fatti con degli specchi e anche se la stanza era grande la facevano sembrare immensa e microscopica al tempo stesso.
Feci qualche passo all'interno fino ad arrivare al centro del garage.
Il pavimento era bagnato e freddo ma liscio a contatto con i miei piedi.
Guardai il mio riflesso nello specchio.
Stai tranquilla… andrà tutto bene, non agitarti. Feci un respiro profondo e riguardai lo specchio.
C'era qualcosa che non andava…
Feci qualche passo in avanti ma il mio riflesso non mi seguì, rimase a fissarmi.
Ma che cosa… ?
I suoi occhi non erano dello stesso colore dei miei… erano castano aranciati… 
« Iridia… » 
Vidi me stessa sgranare gli occhi e poi il mio viso si accigliò un po' confuso.
Ma durò solo un momento perché poi scintillarono di consapevolezza… una consapevolezza inquietante.
Irida distolse lo sguardo da me e lo concentrò da qualche parte dietro di me.
Mi girai.
Una figura incappucciata e molto minuta era rannicchiata in un'angolo del garage, le gambe al petto e il viso nascosto fra le braccia.
Singhiozzava.
« Aiuto… aiuto… aiutatemi…» delirava con un filo di voce.
Ma da dove era sbucata?
Beh… d'altronde ero nella mia testa… tutto poteva succedere.
Mi avvicinai piano senza fare rumore, mi inginocchiai davanti a lei e cercai di guardarla in faccia.
« Ehi… va tutto bene? » le sussurrai appoggiandole una mano sulla spalla.
Lei sussultò soffocando un gridolino e alzò il viso.
Rimasi pietrificata.
Era il viso di una bimba che doveva avere al massimo cinque o sei anni ma aveva due profonde cicatrici che le iniziavano dalle sopracciglia e che finivano a metà guancia trafiggendole le palpebre degli occhi.
Le iridi erano di un marrone pallidissimo con una specie di venatura bianca che le attraversava la pupilla.
« N-Non… non ti vedo… ! » singhiozzò lei allungando le mani.
Era cieca.
Un'ondata di tenerezza e compassione mi afferrò il cuore facendomi quasi piangere. Le presi la mano che mi porgeva e gliela strinsi cercando in qualche modo di confortarla.
« Stai tranquilla… sono qui… » mormorai abbracciandola.
Lei mi mise maldestramente le braccia al collo e mi strinse singhiozzando.
Fu un movimento quasi involontario… alzai gli occhi sullo specchio della parete e vidi un'uomo vestito di nero avanzare con passo felpato verso di noi.
Aveva il cappuccio alzato sulla testa così che non potessi vederne il volto, teneva in mano qualcosa di luccicante e mi ci volle un momento per capire che cos'era.
Un coltello lungo quanto il mio avambraccio.
Gridai e mi staccai di colpo dalla bimba nascondendola dietro di me.
« Che cosa succede?!?!? Chi c'è ?!?!? » gridò spaventata la bambina.
Non potevo dirle che c'era un tizio con un coltello! 
E che molto probabilmente era lo stesso che le aveva procurato quelle cicatrici…
« Non… non è nulla stai tranquilla… » mormorai tenendole una mano per calmarla.
Il tizio si avvicinò ancora, il coltello stretto in una mano.
Strinsi più forte la mano della bimba e guardai fisso la figura che mi stava davanti.
Se voleva farle del male… prima avrebbe dovuto passare sul mio cadavere.
Fu un'attimo.
Il tizio incappucciato si lanciò verso di lei, il coltello pronto a trafiggerla. 
Non ragionai più, mi lanciai in avanti per proteggerla. Mi alzai in piedi e afferrai il braccio dell'assalitore facendogli cadere il coltello di mano, le luci del garage tremolarono affievolendosi un po'.
Sentii la bambina gridare spaventata quando sentì il metallo del coltello cadere a terra.
Cercai di tirargli un calcio nello stomaco per farlo cadere a terra ma il grido della bambina mi aveva distratta e lui fu più veloce di me. Mi afferrò il braccio con cui lo tenevo e mi spinse facendomi perdere l'equilibrio.
Ma non mollai la presa e lo trascinai a terra assieme a me riuscendo a tirargli una ginocchiata nello stomaco. Lui ci mise un'attimo a riprendersi, mi bloccò i polsi con le mani, all'altezza della spalle e mi schiacciò a terra per impedirmi di muovermi.
Il mio fianco si scontrò con la lama del coltello lacerandomi il vestito, provocandomi un taglio abbastanza profondo.
Le luci del garage tremolarono ancora e alcune si spensero. Sentivo la schiena bagnata a causa delle pozzanghere del pavimento.
Strinsi gli occhi e gridai cercando di levarmelo di dosso rallentata dalla ferita.
Feci forza con tutto il corpo ma non c'era niente da fare, era troppo forte per me.
« Sta ferma… » mormorò lui con una voce incredibile, profonda e fluida ma severamente autoritaria.
Lo guardai e questa volta riuscii a vederlo in faccia.
I miei occhi incontrarono un paio di iridi chiarissime tendenti al verde acqua, una mascella squadrata e delle labbra perfette e carnose. Aveva un corpo agile e slanciato, non era troppo muscoloso ma di certo non era smilzo e… insomma… wow.
Arrossii di colpo quando accadde l'impensabile.
Mi sentii calda… calda e bagnata per la prima volta nella mia vita.
Io non ero mai stata una fissata col sesso o… altre cose sconce insomma.
Come la maggior parte dei miei compagni del resto.
Però… cristo santo questo era troppo!
Dev'essere solo chimica… pensai.
Solo chimica animale.
Richiusi gli occhi e gemendo strattonai un braccio, cercando di liberarmi e con mia grande sorpresa ci riuscii.
La sua mano era bagnata e probabilmente gli era scivolato il braccio dalle mani.
Sì mi liberai… ma non mi mossi.
Non volevo respingerlo. Non proprio…
Avevo il respiro affannato e il fianco mi faceva male da impazzire. Strinsi i denti e cercai di mettermi seduta, abbassando lo sguardo.
Sì, era una bella ferita…
Appoggiai una mano sul taglio e premetti per farlo smettere di sanguinare.
« Dove sei ? Cosa sta succedendo ? » sentii mormorare la bambina.
Il volto del ragazzo si adombrò gli occhi divennero quasi neri dall'ira.
Ringhiando afferrò il coltello e fece per lanciarsi di nuovo contro di lei.
No… 
Lo afferrai per la vita cercando di trattenerlo, la ferita mi mandò un lampo di dolore per protesta ma non ci badai.
Non volevo che le facesse del male… ma non perché tenevo in qualche modo alla bimba, soprattutto adesso che sorrideva malefica a sentire, più che vedere, la furia dell'altro. Ma perché non volevo che fosse lui a farle del male.
Non sapevo il perché… ma… non volevo che fosse proprio lui a farlo…
Lo strinsi forte ma lui era infinitamente più forte di me e faticai non poco a tenerlo a terra.
Quando capì che non l'avrei lasciato piegò il braccio che teneva il coltello.
Voleva lanciarlo.
A quel punto agii di istinto.
Sciolsi la presa dalla sua vita e gli misi le mani al collo, costringendolo a guardarmi negli occhi.
Nei suoi c'era una rabbia e un'odio infinito… mi fece quasi paura.
Respirai a fondo e posai le labbra sulle sue.
   
 
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