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Autore: _is_not_a_dream_    01/06/2014    1 recensioni
In quel momento si sentì toccare il braccio, e si voltò. A fissarla c'era un corpo uniforme, bianco, quasi trasparente. Non aveva i bulbi oculari, al loro posto c'erano degli infiniti abissi neri. I suoi piedi non toccavano terra. Non ce li aveva neanche, i piedi, era solo una massa indistinta di sostanza bianca.
Non aveva naso, non aveva bocca. Ma se ce l'avesse avuta, sarebbe stata sicuramente contorta in un ghigno di cattiveria.
Genere: Fantasy, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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  Gli alunni erano già in classe. Li aveva accompagnati la bidella, disse Paola.
La Dirigente presentò brevemente Isabella e disse agli alunni che sarebbe stata la loro Professoressa di lettere per tutta la durata dell’anno.
  La ragazza si scoprì a sperare che le presentazioni durassero un po’ di più, solo un po’, per eliminare parte del tempo che mancava alla fine di quell’anno scolastico che la spaventava così tanto.
  Ma il discorso, come tutte le cose, finì, e lei venne lasciata da sola con quella banda di ragazzini che aspettavano solo di saltarle al collo e strapparle la pelle di dosso.
  -Ciao a tutti- esordì, titubante.
  Nessuno rispose.
  -Come vi ha già detto la nostra Preside, io sono la Professoressa Riga, e vi insegnerò lettere per il resto dell’anno.
  Ancora silenzio. Isabella pensò che forse i suoi alunni erano solamente manichini, con la loro pelle pallida e quei vestiti che avrebbero potuto appartenere ai suoi nonni, ma poi le sembrò di vederli respirare e riprese il suo sorriso.
  -Per cominciare, vorrei fare con voi degli esercizi di grammatica- accese la LIM –chi vuole venire alla lavagna?
  Nessuno alzò la mano.
  Era quella la classe peggiore della scuola?
 
 
  La campanella della terza ora suonò.
-Adesso c’è merenda, vero?
  Si sentirono solo gli alunni delle altre classi che urlavano uscendo.
-Sì.
  Era la prima parola che qualcuno pronunciava, escluse quelle dell’interrogazione.
La ragazza che aveva parlato aveva i capelli scuri e gli occhi profondi. Ai piedi scarpette di cuoio e tra i capelli un cerchietto rosso.
Era vestita similmente alle altre ragazze, con un vestitino a fiori che le arrivava alle ginocchia.
  Isabella non sapeva il suo nome. All’inizio dell’ora si era dimenticata di fare l’appello.
-Va bene- disse, alzandosi e sorridendo.
  Aprì la porta e condusse in cortile gli strani allievi, con addosso una strana sensazione la quale, più che imbarazzo, assomigliava ad un grosso macigno che si portava dentro allo stomaco.
  Una volta usciti notò che i ragazzi, a differenza degli altri, se ne stavano divisi in gruppetti di maschi o femmine, e che parlavano sottovoce, quasi con timidezza verso il mondo esterno.
  -Buongiorno!- una voce diversa da quella nella sua testa.
-Salve- rispose meccanicamente, e mise a fuoco chi aveva parlato.
  Era un uomo sulla cinquantina, e sembrava che i suoi capelli fossero scivolati dalla testa al resto del corpo, in quel momento scoperto da pantaloni cachi a mezza gamba e maglietta bianca a maniche corte.
  Isabella sorrise e decise di non guardare la sua pelle pelosa ma concentrarsi sui suoi occhi per non metterlo in imbarazzo.
-Piacere- lui le porse la mano –sei nuova?
No, l’anno scorso lavoravo come bidella, ma in quei tre mesi di vacanza ho voluto frequentare il liceo, l’università, prendere la laurea ed ora eccomi qui.
  -Sì- soffocò la risposta ironica per non risultare subito antipatica.
-Ah, mi ricordo il mio primo giorno in questa scuola! Era tutto diverso, allora.
-Immagino.
-Eh, si, cara, puoi solo immaginare com’era diversa questa scuola vent’anni fa…
-Lavori qui da vent’anni?
-In realtà ne ho fatti cinque, poi ho cambiato sede e sono tornato sei anni dopo. E dopo così poco tempo erano cambiate tantissime cose, dai libri di testo alla facciata della scuola.
  Restarono in silenzio per qualche secondo.
  -Come ti chiami?
-Matteo. Tu?
-Isabella.
Sorrise e arrossì. Non era brava a parlare.
  Arrivò, dopo qualche altro secondo di silenzio, un ragazzo che aveva circa l’età di Isabella. Si presentò, si chiamava Lorenzo e insegnava l’inglese a tutte le cassi della scuola.
Era alto, aveva i capelli scuri e ricci e le labbra carnose. Valeva la pena di guardarlo.
  L’imbarazzo sparì, e i tre parlarono fino a quando la campanella suonò.
  Si salutarono, e il ragazzo si rivolse a Isabella:
-Ci sei all’ultima ora?
-No, questa è l’ultima per oggi.
-Va bene, allora a domani.
  Sorrise. Aveva un sorriso bellissimo.
-A domani, Lorenzo.
 
 
  In realtà si rividero un’ora dopo, perché l’ora di inglese era subito dopo quella di italiano.
Isabella, stremata per essersi sforzata troppo nello spingere i ragazzi a partecipare alla lezione, incrociando lo sguardo del ragazzo sussurrò un ‘’buona fortuna’’ che racchiudeva tutta la sua frustrazione per aver ricevuto come primo incarico una classe così particolare e la sua emozione nel rivedere le carnose labbra di Lorenzo curvarsi in un sorriso ancora una volta.
  
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