Fanfic su attori > Coppia Hemsworth/Hiddleston
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Autore: Angeline Farewell    01/06/2014    3 recensioni
La vita non si misura in "se" e "ma".
Eppure, basta davvero poco perchè le cose cambino e ci portino ad un futuro completamente diverso.
[...]C’era un ragazzo nudo in casa. Con sua madre.
O meglio, quella schiena nuda fu la prima cosa Tom registrò, ma era l’unica nudità vera, perché per il resto, il ragazzo aveva su almeno i pantaloni. E le scarpe. Non sapeva perché fosse importante avesse su le scarpe, ma Tom si sentì curiosamente sollevato.
“Tesoro, sei arrivato finalmente!”
La madre di Tom non sembrava per nulla turbata suo figlio l’avesse appena beccata con uomo nudo in salotto e lo abbracciò con calore dandogli il bentornato.
Tom non riusciva a fare altro che guardare il tizio che continuava ad essere nudo dalla cintola in su e continuava a rimanere nel salotto di sua madre senza apparente ragione.[...]
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Chris Hemsworth, Nuovo personaggio, Tom Hiddleston
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Due


Chris, ovviamente, era un tipo mattiniero. Tom sapeva che non avrebbe dovuto stupirsene, né provare quello strano misto di fastidio e risentimento per uno sconosciuto che in fondo non gli aveva fatto nulla. Se ne vergognava, anche, ma non riusciva a farne a meno, né tantomeno ad esprimere a parole quei sentimenti confusi e cattivi che non avrebbe dovuto e non voleva provare.

Tom poteva vederlo fare stretching in giardino - al sole, fortunatamente vestito - dalla porta finestra mentre era seduto al tavolo della cucina e ancora tentava di svegliarsi completamente dopo una notte agitatissima. Ricordava vagamente qualcosa riguardo un nido di vespe, o calabroni, qualcosa con il pungiglione insomma, ma sembrava Chris non avesse problemi al riguardo.

“Buongiorno tesoro, hai dormito bene?”

Diana era già vestita di tutto punto, filo di perle compreso, e Tom si era un po’ vergognato della tuta sformata che indossava come pigiama, anche se non ne avrebbe avuto motivo: era in casa di sua madre, lo aveva visto in condizioni peggiori, gli aveva cambiato i pannolini, cosa aveva da vergognarsi.

Forse perchè è stata Angela a cambiarti i pannolini e non lei. Era la vocetta cattiva nella sua testa che non sentiva più dal secondo semestre a Eton, da che aveva cominciato a recitare e a coprirla con altre voci che di casa Hiddleston non sapevano niente.
Aveva tentato di affondare il viso nella tazza di caffè e le aveva risposto con un grugnito intellegibile che gli aveva procurato – quella volta sì – uno sguardo di leggero disappunto. Diana ci teneva all’educazione, e una pacca sulla schiena aveva suggerito a Tom di rimettersi perlomeno dritto come un essere umano.

A ventisette anni non si dovrebbe più temere tanto il giudizio dei genitori. Ma a ventisette anni – e stavolta era la voce di suo padre, a parlare – un uomo solitamente ha già preso la sua strada e si accinge a diventare Qualcuno. Con la maiuscola ed il resto, Tom riusciva sempre a sentire le maiuscole nei discorsi paterni, Norman era bravissimo ad intonare le maiuscole, non ha caso era un uomo di Successo, lui, che faceva un lavoro vero, non giocava a travestirsi. Un po’ come il fidanzato di Sarah.

Doveva smetterla, stava scivolando lungo una china pericolosa e non voleva, Yakov era un bravo ragazzo che faceva felice sua sorella e non meritava nemmeno il riflesso della sua amarezza. Non era da lui, e non voleva diventare quella persona.

“Chi sarebbe questo… Chris?”

Tom non era riuscito ad evitare una nota polemica, perché era di fronte a sua madre e non abbastanza bravo come attore da riuscire a nasconderle il fastidio che non voleva provare: aveva sperato in una settimana tranquilla, aveva sperato di essere coccolato e viziato come vent’anni prima quando poteva pregarla di suonare il pianoforte per lui ed insegnargli a cantare, non di dover dividere il suo tempo e sua madre con uno sconosciuto che doveva tenere da conto il suo bel faccino.

Diana l’aveva soppesato con un mezzo sorriso consapevole prima di versarsi a sua volta una tazza di tè e sedersi al suo fianco. Anche lei guardava Chris che, beato lui, continuava a fare esercizi senza sentire il caldo di luglio.

“E’ australiano, per lui ventisei gradi non sono certo una temperatura elevata. Chissà a cosa si è abituato, laggiù, in che bei posti ha vissuto.”

“Australiano, eh? E cosa ci fa qui nel vecchio continente?”

“Me lo ha affidato Brian. Povero caro, Chris non conosceva nessuno qui a Londra e non sapeva come muoversi. Il suo agente gli sta cercando una sistemazione più comoda per quando cominceranno le riprese, ma sai come sono alla BBC, lenti come lumache.”

“BBC, agente, di cosa stai parlando?”

“E’ un attore come te, Tom. È qui per lavoro.”

Un attore. Mr. Bel Faccino era un attore, e quella era l’ennesima cosa della quale Tom sapeva non avrebbe dovuto stupirsi, a pensarci bene.

“Potresti provare a fare amicizia con lui, portarlo un po’ in giro. Sei in vacanza, non è così?”

“Cosa? Ma mamma!”

“Su, sii gentile, Chris è un ragazzo tanto carino, sono sicura che vi piacerete. Potreste persino provare insieme, comincerete a lavorare entrambi la prossima settimana.”

Tom l’aveva guardata alzarsi e dirigersi verso la portafinestra per richiamare Chris all’interno, preoccupata per il nido di calabroni che sembravano ancora dormire, ma chissà per quanto l’avrebbero fatto. Avrebbe chiamato il disinfestatore immediatamente.

“In realtà ho già risolto, non è stato difficile.”

Chris stava rientrando sudato, ma non fradicio e arrossato come Tom aveva pensato (sperato). Si sentiva meschino, ma non era in un periodo buono, perché Wallander non era ancora andato in onda e non aveva idea di come sarebbe stato accolto (non Branagh. No, di lui sapeva sarebbe stato detto solo in bene, era stato incredibile.), perché Othello era alle sue spalle ma aveva paura di Ivanov. Aveva sempre paura prima di salire sul palco a provare, il solo pensiero bastava a fargli rivoltare lo stomaco. Dette le prime battute si sarebbe sciolto, ma non prima: era stato un illuso a sperare di poter riposare, quella settimana sarebbe stata un inferno, per di più da dividere con uno sconosciuto.

E aveva già risolto il problema del nido di calabroni. Meglio, lo aveva già eliminato, seppellito da qualche parte a far da concime, perché a quanto pare anche le larve d’insetto sono concime buono per le camelie, e l’alveare era ripieno di larve, non d’insetti, quindi non aveva mai davvero rischiato di essere punto, che fortuna.

“Ieri non ci siamo presentati a dovere, ero stanchissimo, mi dispiace. Sono Tom Hiddleston.”

Tom aveva allungato la mano verso di lui e gli aveva rivolto un sorriso che sperava risultasse abbastanza amichevole e convincente, aveva rimesso su la sua migliore faccia da Eton, quella con cui convinceva tutti delle sue buone intenzioni, della sua docilità.

Ma se Diana gli aveva insegnato a ballare e godere nel movimento, Norman lo aveva addestrato a marciare e non mostrare debolezze al nemico: per quanto gli sarebbe piaciuto dimenticare quella parte di educazione e mostrare a quello sconosciuto il suo malumore, Tom sapeva anche non sarebbe mai riuscito a farlo.

E dunque gli aveva sorriso con più impegno quando Chris l’aveva stretta e aveva sorriso a sua volta, un sorriso franco, da bravo ragazzo abituato al sole e all’oceano, di quelli che ti fanno venir voglia di ricambiare senza motivo. Uno di quelli che Tom sapeva di non essere in grado simulare.

Forse Tom aveva ritirato la mano troppo in fretta, perché Chris era rimasto perplesso per un attimo, ma non aveva detto nulla. L’aveva guardato un momento indeciso sul cosa fare, poi Tom l’aveva visto sorridere ancora e scrollare velocemente le spalle prima di rivolgere la sua attenzione a Diana ed al tè che gli veniva offerto, ai toast che non vedeva l’ora di assaggiare.

Chris sembrava davvero un bravo ragazzo, sembrava gentile, sua madre aveva ragione e Tom si sentiva stranamente a disagio, come non gli era mai successo prima con un estraneo: era abituato a dividere gli spazi con sconosciuti. Semplicemente, non gli era mai capitato di dover condividere anche quelli domestici, di dover condividere gli affetti. Era già stato abbastanza difficile con Brian, e aveva avuto più difficoltà di quelle che era stato disposto ad ammettere persino con se stesso quando Sarah gli aveva confidato della proposta di Yakov. Già, perché anche lei si sarebbe sistemata, sarebbe diventata adulta e avrebbe fatto contento papà.

Ecco, a quel punto Tom si sentiva pronto ad affrontare Iago e sputargli in faccia la sua indegnità come rosicone.

“E’ una così bella giornata, Tom, non dirmi che hai intenzione di poltrire sul divano tutto il giorno.”

“Vorrei solo riposare ancora un po’, sono arrivato ieri sera. E sono appena le nove e mezzo del mattino.”

Nello stato d’animo non proprio incline all’indulgenza in cui era, Tom non riuscì a fare a meno di chiedersi se sua madre non lo stesse buttando fuori, già stanca di averlo ripreso in casa rinunciando ad una fetta della sua ritrovata indipendenza, dall’ex marito troppo vecchio come dai figli troppo giovani.

In quei momenti sentiva ancora di più la mancanza di nonno Bill e nonna Patty, refugium peccatorum di una schiera di nipoti mai veramente scapestrati, ma che tentavano di trovare il loro posto nel mondo lontano dall’ombra ingombrante dei genitori.
Nonno Bill non avrebbe mai deriso la sua volontà di abbandonare una carriera accademica sicura per l’odore del palcoscenico, non avrebbe schernito il suo sogno con una scommessa da cinque sterline buone per essere perdute.

“Ti va di venire a correre con me?”

Era stato Chris a parlare ed interrompere il fiume interiore delle sue recriminazioni inesprimibili. Tom inizialmente non aveva capito si stesse rivolgendo a lui, ma quella domanda lasciava pochi dubbi, di sicuro non avrebbe chiesto ad una signora di una certa età e filo di perle di andare a fare jogging.

“O meglio, ti va di portarmi da qualche parte a fare un po’ di jogging. Diana mi ha detto che sei un podista anche tu, magari potremmo allenarci insieme. Non ho ben chiaro come muovermi, ancora.”

Sorrideva all’indirizzo di Tom un po’ imbarazzato, giocherellava con un orlo della t-shirt, poi si spostava la frangia dagli occhi, si grattava una guancia, tornava a giocherellare con la maglietta. Quanti anni poteva avere? Tom non riusciva ad immaginarlo. Forse la sua età, forse qualche anno di meno, o di più. Non era mai stato bravo a giudicare quel genere di cose.

Sua madre non aveva detto nulla, si era limitata ad alzare un sopracciglio al suo indirizzo, ma Tom aveva finto di non averlo notato. Diana aveva ragione, Chris sembrava un ragazzo simpatico. Sembrava un ragazzo completamente lasciato a se stesso, anche, in una città sconosciuta: il suo agente non doveva essere migliore di quello di Tom.

La sua risposta era venuta fuori quasi senza che se ne rendesse conto, Tom gli aveva sorriso e aveva accettato, rendendosi un po’ più simpatico e rendendo sua madre un po’ più felice.

Erano usciti poco dopo le dieci, Tom aveva tirato fuori un paio di pantaloni ed una t-shirt dalla valigia e di era infilato le sue scarpe da ginnastica preferite. Aveva lasciato la camera in un disastro totale di abiti e libri e copioni e, per qualche minuto, aveva dibattuto con se stesso se tornare di sotto e dire a Chris che rinunciava alla corsa mattutina per risistemare tutto, poi aveva chiuso gli occhi ed era uscito dalla camera alla cieca richiudendosi la porta alle spalle. Aveva bisogno di muoversi o sarebbe impazzito, al disordine avrebbe pensato poi.
Sapeva già dove sarebbero andati, conosceva benissimo Londra e Wimbledon come il palmo della sua mano, Tom doveva solo capire fino a che punto poteva spingersi, ma immaginava qualche miglio non sarebbe stato un problema per il ragazzo australiano. Era il momento di sfoggiare un po’ la sua città per il turista.

Avevano imboccato Blackshaw Road appena pochi minuti dopo aver lasciato il giardino di casa, a velocità discreta. Luglio a Londra è caldo ed è inutile esagerare rischiando di stramazzare per un colpo di calore. Chris teneva il passo rimanendo poco dietro Tom, lo seguiva in silenzio guardando fisso di fronte a sé. Nessuno dei due aveva aperto bocca né sembrava intenzionato a farlo presto.

Tom aveva scartato a destra imboccando l’entrata est del Lamberth Cemetery senza pensare di avvertire Chris, che l’aveva però seguito senza battere ciglio. Avevano percorso i sentieri sterrati tra i quadrilateri colmi di fiori e marmi in silenzio, l’odore di terra ed erba appena tagliata riempiva l’aria ed i polmoni nonostante il sole fosse alto e impietoso.

Il cielo estivo di Londra non è mai davvero azzurro. Non come quello dei paesi del Mediterraneo, quel sud dell’Europa che Tom amava tanto senza essere troppo ricambiato: non era mai riuscito a prendere un autobus a Roma, così come si era sempre bruciato al sole del Portogallo. Ma ricordava ancora bene il ciano limpido del luglio nell’Algarve, il bianco abbagliante della cittadella medioevale carico del suo passato islamico.

Il cielo di Londra è pallido come pallido è il sole, troppo caldo solo per gli isolani che non si rendono conto di essere fortunati nel dover temere l’allarme ai ventisette gradi centigradi.
Tom correva senza fretta e sudava, la vita forzatamente sedentaria cui era stato costretto per mesi in Svezia gli stava presentando il conto, cominciava già a sentire la fatica e non erano nemmeno a metà del percorso che aveva immaginato. Oltrepassavano tombe spoglie o decorate pacchianamente, coppie di vecchietti che si tenevano per mano con un fiore ed un pensiero a fior di labbra per un parente o un figlio morto prima di loro. Capitava spesso.

A Tom piacevano quei vecchietti, gli piacevano i capelli bianchi e le dita nodose intrecciate in una stretta eterna e priva ormai di ipocrisia: si volevano bene e lo dimostravano a tutti, a se stessi per primi, non avevano paura del giudizio o dello scherno dei giovani. Tom non aveva mai visto suo padre baciare Diana, nemmeno una volta.

Avrebbe voluto chiedere a Chris com’era il cielo australiano in Luglio, quando l’emisfero australe accoglie l’inverno, come si presenta in estate, con il Natale alle porte. Avrebbe voluto chiedere, ma era rimasto zitto, perché gli mancava il fiato e gli serviva concentrarsi per portare ancora una gamba davanti all’altra. Perché Chris aveva rallentato per tenere il passo, lo vedeva bene, e se ne sentì umiliato: aveva scelto lui il percorso, non poteva cedere ad uno stupido incrocio.

Si era imposto di procedere come programmato senza deviazioni di comodo, aveva imboccato e superato Merton Road alle prime strisce pedonali disponibili, il sudore ormai gli aveva completamente incollato la maglietta alla pelle. Quante miglia avevano percorso? Non abbastanza, sicuramente.

“Che cosa hai detto?”

Chris lo aveva sorpreso a metà della Replingham facendogli perdere il ritmo e la battuta.

“Cosa?”

“Cosa stai dicendo? Non capisco, non riesco a sentirti. Mi dicevi qualcosa?”

Se non fosse stato tanto accaldato, Tom sarebbe ulteriormente arrossito, così aveva fatto l’unica altra cosa non riuscisse a controllare quando era imbarazzato: aveva cominciato a ridere come uno stupido.

“O, that this too too solid flesh would melt / Thaw and resolve itself into a dew! / Or that the Everlasting had not fix'd / His canon 'gainst self-slaughter! O God! God! / How weary, stale, flat and unprofitable, / Seem to me all the uses of this world!” (1)

Chris aveva quasi perso il ritmo lui stesso, l’aveva guardato perplesso per un attimo prima di forzare un’espressione meno ottusa di quel che temeva di avere sul viso.

“E’ la tua prossima parte? Sembra tu sia già a buon punto.”

“La mia – no! Magari lo fosse!”

“In che senso?”

“Che pare sia abbastanza in forma da poter sfoggiare i jeans di Romeo, magari, ma non bravo a sufficienza per il muso lungo di Amleto. E io odio Romeo.”

A quel punto Chris si era davvero fermato, costringendo Tom a fare lo stesso. Non aveva nemmeno nascosto la sua perplessità, perché d’accordo, non aveva riconosciuto Amleto – prevedibile, ma non l’avrebbe detto a sua madre – ma si sentiva preso in giro e la cosa non gli piaceva. Per niente.

“Questo non ha senso.”

Tom si era grattato la nuca, ancora imbarazzato, eppure si sentiva stranamente più rilassato, padrone finalmente del percorso e della conversazione.

“Stavo ripassando l’Amleto, è vero, ma solo per darmi il tempo. Mi aiuta a concentrarmi meglio, lo faccio spesso: io sono il matto che corre per Londra cantando pentametri giambici fingendo di parlare al telefono. O, come in questo caso, facendo la figura del deficiente.”

Si erano guardati in silenzio per qualche secondo, ansanti e accaldati per l’afa e le miglia percorse. Erano scoppiati a ridere nello stesso momento e nello stesso istante le loro spalle si erano piegate in una curva più rilassata, le braccia avevano impercettibilmente perso di rigidità.
L’ora del brunch era quasi arrivata e qualche passante frettoloso li superava senza degnarli di un’occhiata, corridori anonimi nel panorama urbano londinese, abituato a ben altre stranezze.
Tom si era ripreso per primo, finalmente tanto rilassato da riuscire persino a mostrare debolezza.

“Non posso credere manchino ancora un paio di miglia, sono già cotto.”

“Se vuoi possiamo fermarci da qualche parte a riposare, una panchina la troviamo.”

“No, non preoccuparti, devo scrollarmi la pigrizia di dosso, sono stato fermo troppo a lungo. I cervi ci aspettano.”

“Cervi? Credevo Londra fosse ripiena di scoiattoli grossi come lontre, che c’entrano i cervi?”

“Oh, vedrai. Il Richmond Park ci aspetta.”

Tom aveva ripreso a correre con passo più spedito e leggero senza aspettare Chris, che gli era stato subito dietro. Non era male correre in coppia.






Note:

(1) Ah, se questa mia troppo, troppo solida

carne, potesse sciogliersi in rugiada!

Ah, se l’Eterno non avesse opposta

la sua legge al suicidio! O Dio! O Dio!

Come tediose, e insipide ed inutili

m’appaiono le piatte convenzioni

di questo mondo!

(Amleto, Atto I, Scena II. Traduzione in endecasillabi sciolti a cura del Prof. Goffredo Raponi.)

(2) Dimenticavo di aggiungere che il nome del padre di Tom è James Norman Hiddleston, lo so. Ergo è probabile - sicuro - venga chiamato James o simili, l'utilizzo del secondo nome è un mio capriccio, semplicemente perchè mi piace di più. XD

   
 
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