Io altrettanto a rubare comprensione
Di noi amici, pochi amici, pochissimi amici
Tu eri fortissimo a inventarti la verità
Io liberissimo di crederla o non crederla
Io ho sempre sperato che qualcuno un giorno
Potesse accorgersi di noi
Ma eravamo invisibili, che non ci vedevamo mai
Invisibili – Cristiano de André
Genova,
1982.
Alla
fine Gaia li aveva compiuti, i sedici anni.
Poi diciassette,
diciotto.
E in mezzo c'erano stati i compleanni di sua madre, dei
fratelli, dei ragazzi, di Luisa. Poi Natali, Capodanni, feste,
ricorrenze.
Il compleanno di suo padre, il giorno
dell'anniversario della sua morte.
Il tempo aveva cominciato a
scorrere, a non curarsi di loro, del dolore; anche le loro vite erano
andate avanti, racchiuse in una normalità quantomeno
apparente.
Un
giorno di fine luglio del 1982, pochissimo tempo dopo la magica notte
della finale dei Mondiali di Spagna, Gaia si era seduta davanti alla
commissione della maturità e aveva concluso il suo ciclo di
studi
con l'orale degli esami di Stato.
Tre anni prima aveva sognato,
per poche settimane, di essere accompagnata in quell'ultima occasione
a scuola da suo padre, proprio come aveva fatto Patrizia.
La
morte di Alfio aveva cambiato tutto, era vero, eppure in quell'ora di
colloquio, alle dieci di una caldissima mattina Genovese, la ragazza
aveva sentito intorno a sé un inaspettato fresco, e ci aveva
messo
pochissimo a capire di cosa si trattasse.
Tornata a casa dopo
l'esame sua madre le aveva chiesto come fosse andata e se volesse
andare al cimitero a raccontarlo a suo padre, come spesso faceva
quando capitavano cose belle.
Ma, inaspettatamente, la ragazza
aveva risposto di no e poi si era spiegata.
-
Puoi non credermi, mamma, ma papà sa già tutto.
Era lì mentre mi
interrogavano, l'ho sentito vicino per tutta la durata dell'orale.-
Beatrice aveva sorriso a sua figlia, certa che lei non fosse
pazza ma, anzi, sicura che Alfio fosse stato sempre al suo fianco in
quei tre anni.
Come certamente era stato accanto agli altri due
figli.
Antonello
si era laureato appena tredici mesi dopo l'attentato e all'inizio del
1981 aveva trovato lavoro in un'azienda nel centro di Genova, dove
faceva un normale orario da ufficio e veniva ben pagato.
Aveva
lasciato il posto all'officina, ovviamente, ma a volte tornava ancora
a salutare ed aiutare i suoi vecchi colleghi, amici che lo avevano
sostenuto nei momenti difficili.
Nell'estate dello stesso anno,
in un giorno di Luglio, era tornato a casa in anticipo e aveva detto
alla madre e alle sorelle di prepararsi perché le avrebbe
portate a
cena fuori.
Stupite le tre donne si erano sistemate per bene e si
erano fatte guidare da lui verso il porto, dove in un ristorante
piccolo ma elegante avevano conosciuto Elisa, una graziosa ragazza
dell'età di Patrizia.
Non ci avevano messo molto a comprendere
quale fosse il ruolo di lei nella vita di Antonello, e a fine serata
erano rincasate contente ma con gli occhi lucidi, perché
l'amato
figlio e fratello, assieme alla sua fidanzata ormai ufficiale, aveva
comunicato che presto sarebbero andati a vivere insieme.
-
Forse non siamo ancora pronti per sposarci.- Aveva spiegato. - Ma di
sicuro ci piacerebbe vivere uno accanto all'altro tutti i giorni, di
questo siamo sicuri. Scusate se ho aspettato così tanto per
dirvelo,
penso di aver sbagliato, ma è un grosso passo e volevo
essere certo
delle mie scelte prima di parlarvene.-
La madre aveva abbracciato
sia lui che lei, riuscendo a sorridere davvero solo quando il figlio
le aveva comunicato che l'appartamento da loro visto, quello in cui
speravano di riuscire ad andare a vivere, era ad appena due isolati
dalla casa in cui viveva da che era al mondo.
- Tanto conoscendo
Antonello sarà sempre da voi, immagino già quanto
gli mancherete!-
Aveva riso Elisa baciando il ragazzo.
Si era trovata subito bene
con le due sorelle, che aveva scoperto essere simpatiche proprio come
gli aveva raccontato spesso il fidanzato.
A metà Novembre avevano
iniziato il trasloco, e il Capodanno del 1982 era stato festeggiato
nel nuovo appartamento della coppia.
Oltre ai due e alle loro
famiglie, Beatrice aveva avuto il piacere di conoscere i genitori di
Elisa e sua sorella Agata, c'erano Simone, Giorgio e Gabriele, un
compagno di università con cui Patrizia aveva iniziato ad
uscire da
qualche settimana.
Dopo la litigata accaduta a poche settimane
dalla morte del padre durante una cena in famiglia, la sera del
giorno in cui Gaia si era rintanata nello studio del padre in procura
per trovare qualcosa di normale in quella sua vita assurda, la
ragazza non aveva cambiato idea e si era iscritta a Giurisprudenza,
frequentando con passione le lezioni e dando con ottimi voti gli
esami.
Antonello non si era mai del tutto ricreduto sul motivo
per cui la sorella aveva scelto quella facoltà, era vero, ma
piano
piano aveva capito quanta dedizione lei ci mettesse nell'inseguire
quel sogno, indipendentemente dal fatto che fosse suo o di suo
padre.
Gaia, dopo il diploma, aveva sciolto la riserva sulla sua
iscrizione all'università.
- Prenderò lingue. Avrei voluto
farlo fin dalla scuola superiore, è vero, ma tutti parlavano
bene
del liceo classico, della preparazione che forniva, e poi l'avevano
fatto entrambi i miei fratelli, quindi ho preferito andare sul
sicuro.- Aveva spiegato a chi le aveva domandato i motivi di quella
scelta.
Inglese e spagnolo, quelle le lingue che la giovane aveva
deciso di studiare, certa che da qualche parte l'avrebbero portata.
-
Magari lontano da questo paese, dalla follia di questa nostra
Italia.- Aveva ipotizzato una volta parlando con i ragazzi.
Erano
a Quarto, forse per la seconda o terza volta da quando Alfio era
morto.
Gaia non era riuscita a tornarci per tanto tempo, e i due
ragazzi anche avevano fatto il possibile per evitare quel luogo.
Non
avevano troppa voglia di rivivere i loro ultimi momenti di
spensieratezza, quando ancora era tutto così bello.
La ragazza,
quella mattina di Settembre, non la ricordava neanche bene; i suoi
ricordi erano vaghi fino al momento in cui si era trovata in ospedale
a pregare per suo padre, e da quando il medico era uscito dalla sala
operatoria per dire loro che Alfio non era sopravvissuto era in grado
di descrivere meticolosamente ogni attimo. Ma di quello che era
successo prima, da quando si era svegliata al momento in cui
Antonello le aveva spiegato l'accaduto, non era in grado di ricordare
nulla.
Quel giorno a Quarto, quasi tre anni dopo l'omicidio,
stavano facendo progetti per un futuro che ancora appariva
lontanissimo.
- Non sei l'unica.- Le aveva detto Giorgio. - Anche
io prima o poi mollo tutto e me ne vado da 'sto paese di merda.-
Si
trovavano davanti allo scoglio con il monumento ai Mille, lo scoglio
che aveva dato il via al processo di unità dell'Italia. - Ma
forse
tanto meglio non avessero unito nulla, che questo paese fa schifo.-
Aveva commentato sempre il ragazzo
quando ne avevano parlato.
Per
Gaia i commenti sulla situazione del paese lasciavano il tempo che
trovavano.
Aveva acquisito un anno prima il diritto di voto ma
non si era ma interessata realmente su chi votare, sulla parte in cui
schierarsi.
Certamente seguiva le notizie, sapeva chi fosse al
governo, chi all'opposizione, chi fosse il Presidente del Consiglio,
chi quello della Repubblica. Ma non le interessava.
Qualche mese
dopo la morte di suo padre sempre a Genova era stata scoperta una
base delle Brigate Rosse e durante un'incursione dei Carabinieri i
suoi occupanti erano stati uccisi*.
Lei aveva ascoltato da più
parti commenti alla vicenda, tra cui quello di Patrizia che si
auspicava una fine del genere anche per chi aveva sparato a suo
padre, ma non si era sentita di dire la sua o prendere posizione.
Gaia voleva solo che tutto quello finisse, che la gente smettesse
di sparare.
Lo desiderava da prima, da quando ancora la sua vita
era la vita tranquilla di una ragazza di quindici anni, ma
soprattutto lo voleva dal momento in cui suo padre era morto.
Lui
l'aveva cresciuta dandole il suo stesso amore per la legge e la
giustizia, e lei voleva onorare quei suoi insegnamenti, ma quando la
sera tornava a casa e non lo trovava, quando le sue amiche la
invitavano a casa e le vedeva assieme ai loro padri, in quei momenti
non riusciva a pensare a chi le aveva impedito di essere felice,
pensava solo a ciò che aveva perso.
Lo sapeva, un giorno o
l'altro gli avrebbe visti, gli assassini, morti sulle pagine di un
quotidiano o vivi dietro le sbarre in qualche aula di tribunale, e in
quel momento probabilmente sarebbero venuti fuori tutti quei
sentimenti che non era in grado di provare, ma fino ad allora a lei
rimaneva la vita senza un padre, senza un amore, il più
grande.
E
nessun ergastolo, nessuna morte, nessun processo avrebbero mai
cambiato quella situazione.
Davanti allo scoglio, invece, qualche
sentimento riusciva a provarlo.
Quella voglia di felicità e di
rivincita di cui parlava anche Giorgio, ad esempio, il desiderio di
andarsene lontano per cercare qualcosa di migliore.
Sia lui che
Simone si erano iscritti a medicina, alla fine, e il figlio degli
operai aveva iniziato a fare ogni tipo di lavoro per pagarsi gli
studi.
Pur continuando a studiare insieme i due ragazzi avevano
iniziato a perdersi di vista, perché ancora una volta la
crescita li
aveva portati a frequentare ambienti e persone differenti.
Giorgio
girava spesso con i ragazzi che conosceva quando lavorava, una volta
in un bar, una in un supermercato, mentre Simone era ancora molto
legato alla vita di suo padre, al suo ambiente quasi elitario.
Studiava come un pazzo per farsi un suo nome, a prescindere da
quello che gli apparteneva dalla nascita, ma non era in grado di
staccarsi da quel mondo, al contrario di Giorgio che si voleva
staccare a qualsiasi costo dalla famiglia operaia.
Forse la
differenza stava proprio in quello; per uno era conscia la differenza
tra la vita fatta fino a quel momento e quella a cui sarebbe potuto
arrivare, mentre l'altro, magari inconsciamente, aveva sempre vissuto
in un'ottima situazione e non accettava di lasciarla.
- Secondo
me varrebbe la pena di rimanere in Italia e provare a sistemare le
cose, invece.- Era stato il commento di Simone. - Ma forse ai nuovi
amici di qualcuno viene più facile urlare al mondo che fa
tutto
schifo e scappare.-
Gaia aveva lanciato un'occhiataccia al
ragazzo, mentre l'altro si era limitato a sbuffare e guardare da
un'altra parte.
I “nuovi amici di qualcuno” erano proprio i
colleghi di Giorgio, quelli con aveva iniziato a girare spesso quando
tralasciando anche Simone e Gaia, persone che all'amico non piacevano
per nulla.
Non avevano una cultura, degli ideali, dei sogni. Erano
convinti che in Italia facesse tutto schifo mentre fuori fosse tutto
perfetto, ma quando gli si domandava come mai nel loro paese le cose
andassero così male mentre negli altri no non erano in grado
di dare
una risposta seria, e spesso si era sentito semplicemente replicare
“Eh, parli facile te che sei ricco”.
Quelle amicizie stavano
rischiando seriamente di incrinare il rapporto tra i due ragazzi, e
lei, che non avrebbe sopportato la separazione del loro gruppetto,
faceva sempre il possibile per attenuare la tensione che si creava
quando ne parlavano.
- Simone basta, dai. Abbiamo capito cosa
pensi ma ora che siamo insieme potresti anche lasciar da parte le tue
idee e stare con noi normalmente.-
Per lui rispose Giorgio,
girandosi verso la ragazza con un'aria tutt'altro che amichevole. -
Gaia guarda lascia perdere, me ne vado io. Divertitevi.-
Senza
neanche darle il tempo di replicare prese e se ne andò.
La
ragazza tentò di seguirlo ma fu trattenuta da Simone, che la
prese
per il polso e la fermò. - Lascia perdere davvero, Gaia, se
vuole
tornare torna, altrimenti tanto meglio perderlo che trovarlo.-
Sospirò, lei, a sentire quelle parole tanto forti contro il
ragazzo che per Simone era sempre stato il migliore amico.
Non
poteva credere che le cose stessero andando in quel modo, che anche
il suo trio si stesse sciogliendo, quegli amici magnifici e sempre
presenti si stavano allontanando uno dall'altro e, chissà,
forse
entrambi da lei.
Dopo pochi minuti si mossero verso l'auto del
ragazzo per tornare a casa e, mentre viaggiavano, Gaia
iniziò a
cercar di capire dove e quando fosse tutto iniziato.
-
La notte del Bernabeu, Ga'.- Era stata la risposta di Simone.
-
Perché non ha visto con noi una partita di calcio? No,
scusa, è per
questo che ce l'hai tanto con Giorgio?-
Il ragazzo scosse la
testa.
Donne. Belle, simpatiche, sensuali, intelligenti, amiche,
amanti, madri, mogli, ma totalmente incapaci di capire alcuni
concetti se non glieli si ponevano in modo esplicito.
- Non era
una partita di calcio, era la finale dei mondiali di
Spagna e
giocava l'Italia. Ha vinto l'Italia.
Abbiamo
festeggiato l'Italia. E lui non c'era, Gaia. Lui ha
preferito gli
altri.
Ma quante partite di calcio abbiamo visto insieme, eh?
Quanti mondiali? A Loano, ti ricordi?-
La macchina si fermò
all'imbocco della via dove viveva Gaia, lì dove un tempo si
fermavano a piedi per fare le ultime discussioni prima di andare a
casa.
- Ne è passato di tempo da Loano. Sono passati anni,
amici, giornate, estati.
Sono passate anche vite da quando
andavamo a Loano. Sarebbe stato bello fermare il tempo, ma non
è
possibile. Non siamo più i bambini di Loano, Simo.-
Il ragazzo
abbassò la testa come un cane bastonato.
Quel “sono passate
anche vite” aveva un significato ben preciso, l'amica parlava
di
suo padre.
Non dissero più nulla, e al momento di salutarsi Gaia
strinse semplicemente forte la mano di Simone.
La vide che andava
verso casa passandosi una mano sul volto, forse per asciugarsi
qualche lacrima.
E dunque era quello il problema, si disse
tornando verso casa.
Erano stati i bambini di Loano, tanti anni
prima. Felici, spensierati, bambini come tanti.
Si erano
conosciuti lì, su una spiaggia affollata sotto il sole
d'estate, in
un luogo dove non contava chi fossero, se figli di operai, magistrati
o attori, ma dove contavano solo loro. Anche perché erano
stati un
po' figli di tutti, in quel tempo, e lui ricordava bene Alfio che gli
pagava un gelato o lo faceva giocare senza chiedere nulla in cambio,
trattandolo proprio come fosse stato un suo quarto figlio.
Ma
Gaia aveva ragione, purtroppo, quel tempo era finito.
Tornavano a
Genova prima della scuola e riprendevano le loro vite normali,
diverse, e anche se si vedevano spesso in città era comunque
tutto
diverso.
Ora che da Loano erano passate tanti estate era
scomparso ciò che li legava, erano rimasti soli con le
differenze
che li separavo.
E, cosa peggiore, non stavano facendo nulla per
evitare questa separazione.
****
L'estate precedente, prima
di iniziare l'ultimo anno di liceo, Gaia aveva vissuto per quasi un
mese un'intensa storia con Andrea, sfociata anche in lati fisici
espliciti lì vicino alla spiaggia di Porto Santo Stefano.
Erano
stati momenti importanti per entrambi, dotati di una forte carica di
emozioni belle, di passione, forse il primo mese davvero felice di
quella nuova vita che si reinventava giorno per giorno dalla morte di
suo padre.
Alla fine, però, per quanto fossero innamorati, per
quanto bene fossero stati in quel periodo, avevano deciso di non
sforzarsi a rimanere uniti anche lontani, perché forse si
ritenevano
ancora troppo giovani per un amore a distanza.
Ne avevano parlato
con tristezza, era vero, ma neanche quella era bastata per far
cambiare loro idea.
Cosa fosse accaduto tra i due ragazzi durante
quel mese, però, non lo sapeva con precisione nessuno tranne
Luisa,
che come migliore amica di Gaia doveva essere a conoscenza di tutto,
e gli altri erano rimasti convinti che quella cotta estiva si fosse
limitata a carezze, scherzi e baci sulla spiaggia.
Di come
fossero poi andare le cose, era chiaro, lei aveva sofferto molto,
forse perché dopo aver vissuto qualcosa di così
importante con
Andrea si era convinta che le cose potessero durare a lungo, ma alla
fine si era rassegnata a continuare con lui una semplice amicizia.
Un
giorno di inverno, mentre era a casa da sola, il ragazzo l'aveva
chiamata e, tutto contento, le aveva detto di essersi fidanzato con
una ragazza di Pisa, tale Teresa.
Lei, mentre parlavano, si era
mostrata felice, non troppo risentita da quel fatto, ma quando aveva
messo giù, dopo che quasi ipocritamente lui le aveva detto
“beh,
mi auguro che anche tu possa essere un giorno così
felice”, era
scoppiata in lacrime.
Ci aveva sperato, Gaia, aveva sperato che
l'arrivo di un'altra estate, dopo la maturità, li portasse a
ritrovarsi, cresciuti e pronti ad affrontare un amore distante.
E
invece, ancora una volta, la vita aveva scelto diversamente.
Però
quando si era calmata, asciugandosi ancora una volta le lacrime che
scendevano lungo il suo volto, era stata felice di aver pianto per un
amore nato e finito troppo presto, perché per una volta dopo
tanto
tempo si era sentita proprio come le altre ragazze, quelle che non
avevano vissuto il dramma di un padre ammazzato a cento metri da dove
lavorava.
Quella stessa sera aveva chiamato i due ragazzi per
mettersi d'accordo e vedersi, voleva raccontare loro tutto quando
anche se sapeva si sarebbero arrabbiati, almeno per finta, nel
sentire che per tanti mesi gli aveva nascosto una cosa così
importante.
Simone si era dato disponibile subito per il giorno
seguente, nel pomeriggio, ma Giorgio aveva detto che in quel periodo
era molto impegnato.
Come sempre la ragazza aveva risposto che
non era importante, che appena si sarebbero visti gli avrebbe
raccontato tutto, ma poi tra una cosa e l'altra, col tempo che
passava e la maturità che si avvicinava, si era scordata di
tutto;
aveva parlato con Simone il giorno dopo la telefonata di Andrea e si
era fatta consolare da lui e basta, senza problemi, malgrado il
ragazzo, come aveva sospettato, si era un po' risentito dell'aver
saputo tutto così tanto tempo dopo.
A parte quello però non ne
avevano più parlato, tanto che, appunto, Giorgio alla fine
non era
stato reso partecipe della vicenda.
Soltanto quella sera d'estate,
dopo la litigata a Quarto, le era venuto alla mente quel fatto.
In
effetti Simo non aveva tutti i torti, da qualche tempo l'altro amico
era diventato sfuggente, diverso.
Gaia
non voleva pensarci, forse preferiva fare finta di niente, non dare
peso a quello che succedeva, convinta infantilmente che questo
avrebbe potuto cambiare qualcosa.
Le cose parevano andare sempre
peggio, però. Anche quando erano solo lei e Giorgio lui si
chiudeva,
rispondeva a monosillabi, addirittura l'attaccava.
Il giorno del
terzo anniversario della morte di Alfio si era fatto sentire solo in
serata, dicendo come al solito che era stato impegnato.
Lei non
aveva replicato, continuando a credere che l'amico dicesse solo la
verità.
Ma per Simone qualcosa si era rotto.
Tra loro due,
nel loro trio.
Nella vita di Giorgio.
****
A
Ottobre, appena prima di compiere diciannove anni, Gaia aveva
iniziato l'università e subito aveva fatto amicizia con
alcuni
compagni di corso, maschi e femmine.
A nessuno di quelli aveva
raccontato di suo padre, non lo riteneva affatto importante, ma
quando una ragazza, Alessandra, le aveva domandato se fosse
imparentata con il magistrato ucciso tre anni prima aveva risposto di
sì senza problemi, accettando anche la specie di compassione
che
quella aveva avuto per lei.
In fondo non poteva nascondersi, era
la sua vita, lo sarebbe stato per sempre.
Quella confessione però
era stata una bella cosa, alla fine, perché condividendo
quel
segreto, per modo di dire, tra lei e Alessandra era nato un legame
forte pur conoscendosi da poco.
Lingue le piaceva molto, tanto da
farla perdere ogni tanto tra i libri malgrado non avesse bisogno di
studiare così tanto.
Luisa si era iscritta invece a lettere
classiche, rimasta affascinata da un professore di latino e greco
avuto al liceo, ma non condivideva la passione per lo studio
dell'amica.
Insieme, però, davano una mano a studiare a
Cristina, la figlia del procuratore Mariotti, il magistrato che un
giorno aveva trovato in procura Gaia e che poche settimane dopo
aveva, insieme a lei, svuotato l'ufficio di Alfio.
Non chiedevano
nulla in cambio, le due ragazze, ma l'uomo non le mandava mai via da
casa sua senza qualcosa, fosse qualche lira o una bottiglia di
vino.
A casa di Gaia, da quando Antonello era andato a convivere,
i soldi arrivavano grazie a Beatrice, che lavorava come donna
tuttofare in varie case della zona, da quelle persone che un tempo le
lasciavano un po' di soldi in buca per ringraziarla e ora la
stipendiavano con un regolare contratto, e Patrizia, che quando non
aveva da studiare stava in una libreria del centro a fare la
commessa.
La figlia più piccola si era presa un momento per
vedere quanto tempo per sé le lasciasse lo studio, e aveva
promesso
che appena messa in ordine la sua nuova vita da universitaria avrebbe
fatto il possibile per cercare qualcosa da fare anche lei.
Però
tutti i suoi piani avevano preso una piega diversa appena prima di
Natale, quando, mentre era con amiche a studiare in biblioteca, si
era avvicinato a lei un ragazzo a dir poco bellissimo, tale Fabrizio,
che con i suoi occhi chiari l'aveva affascinata in pochi secondi.
Studiava
economia e si vedevano molto poco, solo in biblioteca, ma, tra una
battuta e un caffè insieme per prende una pausa dallo
studio,
durante la sessione invernale degli esami lui aveva trovato il
coraggio di invitarla a cena.
Gaia aveva riprovato per la prima
volta la sensazione di benessere che, tanto tempo prima, le aveva
dato spesso Andrea.
Una cena una volta, un giro in centro un'altra
i due alla fine si erano dichiarati e la notizia del loro
fidanzamento era girata ovunque.
Questa volta, però, lei era
stata molto attenta ad avvisare Simone con anticipo, e il ragazzo
aveva conosciuto Fabrizio prima che la cosa divenisse ufficiale,
dando apertamente il suo ok alla relazione.
Naturalmente,
purtroppo, con Giorgio non era andata nello stesso modo.
Lui non
aveva saputo nulla, non si sentivano per davvero da dopo le feste e
le poche volte che si erano incontrati per strada in quel periodo non
si erano scambiati più di un rapido saluto.
Distanti davvero,
ormai. E se per Simone quello non era quasi più importante
per Gaia
era fonte costante di dolore.
Un dolore così forte da spingerla a
fare un ultimo disperato tentativo per recuperare una delle cose
più
importanti che aveva.
****
Era
una bella mattina di inizio Aprile.
C'era il solo e in giro per
Genova era già pieno di fiori sbocciati o pronti a
sbocciare, colori
accesi che si rinnovavano ogni primavera.
Gaia non aveva lezione
e ne aveva approfittato per dormire un po' più del solito,
ma
neanche troppo perché verso le dieci l'aveva chiamata
Fabrizio, che
sapeva fosse a casa e aveva voglia di sentirla.
Ormai sveglia, la
ragazza, si era vestita e preparata con calma, ascoltando la sua
musica dallo stereo ad alto volume.
Poi aveva fatto lei una
telefonata a suo fratello, che era in ufficio, e si erano organizzati
per vedersi a pranzo in un ristorante vicino al mare comodo per
entrambi.
Gaia si era messa a studiare sul suo letto aspettando
l'ora di uscire, ma dopo poco si era accorta di come più ci
provasse
più le venisse voglia di dormire, tanto che alla fine aveva
lasciato
perdere e si era messa a risistemare la sua scrivania, la libreria e
le mensole che aveva in camera sua sopra al letto, piene di ricordi
sparsi in giro; fotografie, cartoline, orecchini, braccialetti,
penne... Gaia aveva trovato di tutto, lì sopra, anche
oggetti che si
era totalmente scordata di avere ma che, d'improvviso, nel rivederli
le portavano alla mente momenti meravigliosi e immagini di giorni
passati felici, prima che Alfio morisse ma, ogni tanto, anche dopo.
Verso mezzogiorno e mezza si era mossa di casa per andare a
prendere l'autobus verso il mare.
L'aria di salsedine era forte, a
volte quasi fastidiosa, ma sembrava un giorno d'estate e si stava
così bene che Gaia quel fastidio non lo sentiva neanche
più di
tanto, concentrata com'era a godersi quella mattinata
libera.
Antonello l'aspettava già al ristorante, seduto ad un
tavolo sulla terrazza, proprio davanti al mare, come la sera che
aveva presentato alla madre e alle sorelle la fidanzata.
Prima di
sedersi rimasero a lungo abbracciati, i due, perché non si
vedevano
da parecchi giorni e non erano abituati a stare lontani per
così
tanto tempo.
Avevano ordinato entrambi una pizza benché,
inizialmente, il loro piano riguardasse un pranzo leggero e
possibilmente fresco. Ma il profumo e l'immagine di una Margherita
portata ad un tavolo vicino li fecero cambiare idea in pochi attimi.
- Mi mancate un sacco da quando non vivo più a casa con
voi.-
Aveva esordito Antonello quando era arrivato il pranzo.
- Beh,
allora non ci hai totalmente scordate!- Aveva sorriso la ragazza. -
Comunque ogni tanto potreste anche venire a cena da noi. Mamma,
malgrado tutto, è ancora abituata a cucinare per cinque.-
Gaia aveva
finito la frase con un velo di tristezza, abbassando gli occhi e
ripensando a quando in casa erano in cinque senza il bisogno di
invitare persone a cena.
Il ragazzo si accorse subito dello stato
d'animo di sua sorella e provò, senza staccarsi troppo
dall'argomento centrale della discussione, a dire qualcosa che
potesse farla ridere almeno un attimo. - Guarda che da quando sei
fidanzata con Fabrizio penso che mamma debba iniziare a cucinare per
sei.- Lei era scoppiata in una fragorosa risata, missione
riuscita.
Antonello ne aveva allora approfittato per farsi i fatti
della giovane e interessarsi alla sua vita sentimentale.
- Ma, a
proposito di Fabrizio, perché non mi racconti qualcosa? Di
lui, di
voi... come va? State già facendo progetti per il futuro?-
Era la
prima volta che vedeva sua sorella così innamorata e presa
da una
relazione.
Sì, c'erano stati altri ragazzi all'inizio delle
superiori, prima della morte di Alfio, ovviamente, e anche la storia
con Andrea, che lui aveva vissuto accanto a loro, ma erano state cose
diverse, forse per la giovane età degli innamorati o forse
perché
stare insieme durante le vacanze era tutt'altro dall'avere una
relazione durante un periodo normale dell'anno. Fatto stava che con
Fabrizio, per la prima volta davvero, Gaia scopriva l'amore nel senso
vero, quello che andava fatto coincidere con la vita di tutti i
giorni, con gli impegni e la quotidianità che si avevano
prima della
relazione.
La ragazza era arrossita lievemente alla domanda, ma
poi aveva risposto. - Va bene, stiamo bene insieme, siamo felici.
Progetti tanti ma non come pensi tu, è ancora presto anche
solo per
pensare al matrimonio o a una convivenza. Per ora ci godiamo questa
vita, vedremo col tempo come andrà.-
- Fate bene, fate bene. Io
ed Elisa al matrimonio ci pensiamo, invece, ma lo troviamo molto
più
impegnativo del semplice convivere, anche se forse lo è solo
una
convinzione. Deve essere per la formalità che c'è
dietro al
matrimonio; sai, il per sempre, le continue domande su quando
arriveranno i figli... No, non abbiamo intenzione di metterci in
questo guaio, per adesso. E Patrizia? Lei e i maschi sono sempre
stati un mistero! Anche quando frequentava palesemente qualcuno ci
era del tutto vietato di sapere qualcosa. Tu hai informazioni segrete
a riguardo?- Aveva riso il fratello parlandone come si parla di
qualche importantissimo segreto da tenere nascosto.
-
Ufficialmente no.- Rispose Gaia. - Ma qualcosa secondo me
c'è. È un
periodo che spesso si chiude al telefono in camera di mamma e che
nessuno provi ad entrare che inizia ad urlare come una pazza! Secondo
me dall'altra parte della cornetta c'è qualcuno di cui non
dobbiamo
sapere l'esistenza...-
Antonello rise convinto che la sorella
minore avesse ragione.
Avevano finito di mangiare e aveva pagato
lui, offrendole il pranzo come succedeva quando erano più
piccoli e
la andava a prendere a scuola.
Prima di salutarsi avevano fatto
quattro passi gustandosi un gelato sulla strada verso l'ufficio del
ragazzo.
Gaia lo aveva accompagnato fin sotto il palazzo dove
lavorava e poi era tornata indietro verso il mare.
Era primo
pomeriggio ma non faceva troppo caldo, complice anche un venticello
leggero che si era alzato poco prima mitigando la temperatura.
Si
mise a percorrere la passeggiata sopra il mare fermandosi qualche
volta per sedersi su una panchina, riposare e prendere un po' di
sole.
Era annoiata, in realtà, ma non voleva tornare a casa
subito, specialmente perché sapeva che lì sarebbe
stata da sola.
Patrizia, Luisa e Fabrizio erano tutti e tre in facoltà o in
biblioteca a studiare e lo stesso era per Simone, probabilmente
impegnato in qualcosa riguardante l'università.
Era sola anche
fuori dalle mura di casa, dunque, e un poco si sentiva in errore a
pensare che, forse, pure lei si sarebbe dovuta fiondare sui libri.
Ma era una bella giornata e voleva godersela, dopo tutto si era
fatta una tabella di marcia per lo studio ed era in regola.
Una
bella giornata come quella, secondo Gaia, andava condivisa con
qualcuno a cui si voleva bene, una persona cara che magari era
lontana.
Così, trovando il coraggio per la prima volta dopo
parecchio tempo, si avviò verso il cimitero in completa
solitudine.
Mentre camminava verso la fermata dell'autobus che l'avrebbe
portata in quel luogo di lutto e dolore realizzò che fosse
davvero
parecchio tempo che non andava a trovare suo padre, da appena dopo
l'inizio dell'anno nuovo, come se l'inizio della storia con Fabrizio
l'avesse davvero portata a ricominciare a vivere. Anche Beatrice,
lavorando sempre, non trovava più il tempo di andare sulla
tomba del
marito come all'inizio, quando lo aveva appena perso e neanche ci
credeva che potesse essere accaduto. Però lei teneva in
camera ogni
foto avesse trovato dopo quel giorno, le foto di Alfio da solo,
quelle di loro due e quelle coi figli. Solo una delle ultime, quella
che l'uomo teneva sulla scrivania in ufficio, l'aveva data alla
ragazza più piccola, perché in fondo era stata
lei a portarla a
casa il giorno in cui, dimostrando molto più dei suoi sedici
anni,
aveva svuotato la stanza del padre in procura.
La lapide che
segnalava il luogo di sepoltura di Alfio Olivietti era stata quindi
abbandonata a se stessa per non più di due o tre mesi, ma
appariva
lasciata sola da anni a causa delle intemperie che l'avevano sporcata
e quasi rovinata durante quell'inverno.
Gaia la pulì con cura,
buttando i fiori vecchi e le erbacce intorno, togliendo la polvere
dal vetro della fotografia e sistemando i nuovi fiori che aveva
portato. Erano colorati, quasi a volerlo informare della bella
stagione che stava tornando per la terza volta senza di lui.
Accarezzando dolcemente la lapide raccontò a suo padre,
sicurissima come sempre che la sentisse, del fidanzamento con
Fabrizio e di tutte le cose belle che erano accadute in quei
mesi.
Poi però, finito questo racconto, si sedesse accanto a
quella.
Lo fece perché doveva raccontargli un segreto, e da che
ricordava per tutta la vita vissuta con lui era stato sempre seduta a
terra che lo aveva messo al corrente delle cose più nascoste
della
sua vita.
Non c'era un motivo, o se c'era l'aveva scordato, ma era
sempre stato così
- Sai papà? Va tutto bene tranne Giorgio. Lui
e Simo non si parlano praticamente più, è strano,
se li vedessi non
ci crederesti. Ma io purtroppo sì, lo vedo e ci credo.
Però per me
è diverso; Simone dice di essere arrabbiato con lui, mentre
io sono
solo preoccupata...- Si appoggiò lievemente con la testa
inclinata
al freddo pezzo di marmo, come se in qualche modo potesse trovare lo
stesso conforto che da bambina aveva nell'appoggiarsi alla spalla del
padre.
- Come devo fare, papà? Cosa faresti se fossi nella mia
situazione, cosa mi diresti se fossi ancora qui?-
Chissà, si
domandava Gaia, se davvero suo padre fosse stato ancora vivo forse le
cose sarebbero andate diversamente.
Oppure no, ma di certo lui
sarebbe stato in grado di dirle cosa fare in quel momento.
Rimase
lì a lungo, poi una folata di vento fresco e fastidioso nei
suoi
occhi umidi di pianto le diede qualcosa di simile ad una risposta. Si
alzò e lasciò un leggero bacio sulla lapide del
padre senza
proferire parola, ma dentro di lei Gaia aveva sentito una voce dirle
che l'unica possibilità, l'unica cosa da fare davvero, era
andare a
parlare direttamente con Giorgio.
Uscì dalla parte opposta del
cimitero rispetto a quella da cui era entrata per andare a prendere
un autobus che l'avrebbe portata nella zona dove viveva il suo amico.
Un percorso, anche quello, che non faceva più da una vita e
che le
mancava.
Si rese conto di non conoscere neanche gli orari di
lavoro dell'amico, e a dire il vero non era certa nemmeno del lavoro
che in quel periodo svolgesse il ragazzo.
Sempre ammesso che
lavorasse ancora.
Dunque erano così che finivano le amicizie,
pensò Gaia. Non con grosse liti, con urla e pianti, ma con
la
perdita della quotidianità comune, col non sapere
più nulla gli uni
degli altri.
Bastava non sentirsi, non vedersi e tutto terminava.
Per quanto ci si potesse voler bene non era vero che si rimanesse
amici anche distanti.
Aveva perso Giorgio il giorno che si era
scordata di chiedergli come stava.
L'aveva perso e, mentre andava
verso casa sua, capì che qualsiasi cosa sarebbe successa non
l'avrebbe trovato mai più.
Si trovò seduta, senza farci troppo
caso, sulla panchina in cui spesso si sedeva da ragazzina con i due
amici e si mise ad attendere l'amico o quel che era per lei Giorgio.
Lo aspettò a lungo.
Il sole iniziava a scendere per
congiungere cielo e mare quando, finalmente, lo vide arrivare
dall'angolo che portava alla via principale del quartiere.
Gli
andò in contro con calma, molto diversamente da come avrebbe
fatto
un tempo.
- Ciao, Giorgio.-
- Gaia... cosa ci fai qui?-
Lo
aveva spiazzato, dunque, e si scoprì subito incapace di
capire il
perché di quella reazione.
- Ho pensato che non ci vedessimo da
davvero troppo tempo. Insomma, sarà da prima di Natale che
non ho
tue notizie!- Disse cercando di mostrarsi convincente.
- Ho avuto
da fare, ma sto bene.- Replicò il ragazzo.
Non aveva alzato più
lo sguardo da che lei aveva iniziato a parlare e dopo averle detto di
“stare bene” cercò di allontanarsi
velocemente da quella visita
inaspettata e quell'interrogatorio indesiderato.
Se ne accorse
subito, Gaia, e si affiancò a lui rapida mentre andava verso
casa.
-
Certo che complimenti per l'entusiasmo! Non ci vediamo da mesi e fai
così!- Fece la finta offesa come da ragazzini, ma
capì dopo un
attimo che quell'atteggiamento era da lui tutt'altro che gradito.
Passò alle maniere forti. - Oh ma mi spieghi che c'hai
Giò?-
Domandò fermandolo appena tenendogli il braccio.
Il ragazzo si
liberò dalla presa rapido e si fermò per
guardarla. - Non ho nulla.
Semplicemente non mi aspettavo la tua visita e ho avuto una
giornataccia. Scusa se non sono spensierato come te, Gaia.- Lei
rimase di sasso davanti a quelle parole. Perché glielo lesse
in
quegli occhi che fece fatica a riconoscere, Giorgio non era in
sé.
Il suo amico, quello vero, quello che era stato due giorni seduto ai
piedi del suo letto mentre lei non parlava né piangeva, non
le
avrebbe mai detto che era spensierata.
Non
disse nulla e lo vide andare via.
Lo seguì velocemente
prendendogli di nuovo il polso e facendolo girare di scatto, tanto
che dalla tasca della giaccia di jeans del ragazzo cadde
qualcosa.
Prima che Giorgio riuscisse a fare qualcosa si chinò e
raccolse l'oggetto.
Gaia si trovò tra le mani una siringa e non
capì.
Non capì, non volle capire e desiderò non essere
lì.
Il
ragazzo gliela strappò rapido dalle mani ma non
riuscì ad
allontanarsi.
- Cos'è? Giorgio cos'è quella?-
- Non sono
cazzi tuoi! -
- Giorgio... Giorgio tu... no...-
Uno scatto
d'ira partì dagli occhi di Giorgio e arrivò alle
sue mani che,
violentemente, si abbatterono sul collo della ragazza colpendola con
un pugno.
- Via...! Gaia vai via! VIA!-
Lei, a terra, si trovò
paralizzata dalla paura.
Fu da quella prospettiva che notò
qualcosa di strano sul braccio di quello che era stato uno dei suoi
migliori amici.
Rimase ferma e lo vide andar via bestemmiando e
imprecando, buttando quella siringa maledetta tra dei rovi.
Gaia
fu in grado di alzarsi solo parecchi minuti dopo, in lacrime.
****
La
sera dopo aver parlato, se così si poteva dire, con Giorgio,
Gaia
era tornata a casa in lacrime e sporca di terra.
Sull'autobus
praticamente vuoto non era stata vista da nessuno e anche a casa, per
un fortuito caso del destino, era riuscita a sgattaiolare fino al
bagno senza destare sospetti.
Aveva messo i vestiti nel cestone
dei panni sporchi di corsa e si era buttata sotto la doccia per
lavarsi e continuare a piangere in silenzio.
Pulita si era
rivestita e guardata allo specchio.
E solo in quel momento si era
accorta di un grosso livido sul collo, sicuramente opera della botta
datale dal ragazzo.
Era andata a cercare in camera sua una
sciarpa o un foulard per nascondere la macchia scura e poi aveva
raggiunto la famiglia a cena.
Come era naturale le avevano
domandato tutti e tre, madre, sorella e fratello, quella sera a cena
da loro perché Elisa era fuori con amiche, per quale motivo
tenesse
il collo riparato e aveva inventato in fretta un fastidioso mal di
gola dal quale desiderava guarire il prima possibile.
- Eppure
oggi a pranzo stavi bene.- Aveva fatto notare Antonello.
- Sì, ma
poi sono stata in giro e devo aver preso un colpo di freddo. Lo sai
come va con queste mezze stagioni; ti svegli e sembra estate poi
basta un attimo ed ecco che ti sei preso un'influenza quasi
invernale. Anzi, per evitare questo me ne vado subito a letto. Domani
devo studiare e non è proprio il momento giusto per
ammalarsi,
questo.-
Era corsa in camera senza dare a nessuno il tempo di
replicare, lasciando anzi tutti stupiti.
Beatrice, che non capiva
il comportamento della figlia, aveva mostrato un'espressione alquanto
preoccupata e il ragazzo si era subito premurato di fare una battuta
per scacciare i brutti pensieri della madre. - Secondo me
più che
malata quella è strana per amore. Dovevate vederla oggi
mentre
parlava di Fabrizio, sembrava una ragazzina.- Le due donne risero e,
per un attimo, Patrizia si fece scappare il suo segreto, il ragazzo
con cui si sentiva al telefono, Amedeo.
Ma non era ancora il
momento, in casa Olivietti l'amore pareva star dando già
troppi
problemi.
****
Il
giorno successivo e tutti quelli a venire, però, Gaia non
aprì un
libro.
Rimaneva sola a casa sdraiata sul suo letto a ripensare a
Giorgio o andava a lezione tornando coi quaderni dove solitamente
prendeva appunti totalmente vuoti.
Svolgeva le sue attività
quotidiane normalmente e nessuno aveva notato questi suoi
cambiamenti, tanto che a casa la battuta di Antonello sulla sorella
innamorata continuava a fornirle un ottimo alibi.
Ma l'amore,
evidentemente, era qualcosa di molto diverso dalla famiglia,
perché
sul comportamento della fidanzata Fabrizio qualche domanda aveva
cominciato a farsela, almeno dentro. A lei non era in grado di
chiedere nulla, preoccupato dall'idea che potesse dire qualcosa di
sbagliato, perché magari i pensieri di Gaia erano
concentrati su suo
padre o altro di cui lui non poteva capire.
In realtà, com'era
ovvio, nella testa della giovane non risuonava altro che il nome di
quello che un tempo era stato uno dei suoi migliori amici. E si
accavallavano nella sua testa le immagini di un tempo che non credeva
neanche più appartenente alla sua vita tanto appariva
lontano.
Non
aveva visto neanche Simone, nei giorni subito successivi alla tragica
scoperta, e non sapeva bene come potesse affrontarlo.
Pensare a
Giorgio come un eroinomane, un drogato, era come prendere una parte
di sé e ucciderla a coltellate più forti ancora
di quelle ricevute
dopo la morte di suo padre. Perché tra i tanti motivi per
cui il
ragazzo poteva essersi allontanato quello non l'aveva mai minimamente
sfiorata,neanche per un attimo aveva pensato che lui potesse aver
fatto scelte simili. Così drastiche, così
terribili.
Forse
erano state quelle le paure di Simone all'inizio, quando la loro
amicizia aveva cominciato ad incrinarsi irreparabilmente.
A
quanto pareva lei, la ragazzina che temeva per la vita di suo padre
magistrato e l'aveva fatto a ragione, aveva seguito fin troppo il
suggerimento del fratello maggiore, il consiglio di non preoccuparsi.
Se avesse fatto lo stesso con Giorgio le cose sarebbero andate
diversamente, si diceva.
Di certo non sarebbe mai potuta
intervenire sulle menti degli ancora ignoti assassini di suo padre,
se lo ripeteva spesso in lacrime domandandosi perché senza
risposta,
ma magari convincere un amico a non fare cazzate tanto gravi sarebbe
stato più semplice.
Oppure no, e se ne accorse quando realizzò
che dopo quel giorno maledetto nulla aveva fatto per aiutare Giorgio.
Non lo aveva più cercato, non aveva domandato aiuto.
Si era
chiusa senza che neanche gli altri lo capissero, cercando
disperatamente di tenere per sé quel segreto.
Su di lei, di quel
giorno, era rimasto ancora il segno sul collo.
Non passava, non
voleva andarsene, quasi a ricordarle che qualcosa era successo e non
poteva nasconderlo per tutta la vita.
A casa non ci facevano più
caso; benché immaginassero tutti che il mal di gola le fosse
passato
si erano convinti che tra una cosa e l'altra Gaia avesse deciso di
tenere il foulard al collo come accessorio.
Anche il fidanzato e
gli amici la pensavano allo stesso modo, tanto che alla ragazza
capitava di non ricordare neanche più la scusa inventata.
Faceva
ancora strano vederla con la gola coperta a primavera avanzata a chi
magari non la vedeva da un po' e doveva poi quindi credere alla
storia del mal di gola, ma solitamente anche quelle persone non
dubitavano troppo della versione di Gaia.
A meno che, come accadde
il giorno in cui si incontrò con Simone per la prima volta
dopo
alcune settimane, quelle persone non fossero in grado di leggere ben
oltre i suoi occhi.
Era successo un giorno dopo le lezioni, un
pomeriggio in cui, per
caso, aveva
detto lui, si era ritrovato dalle parti della sua facoltà e
si erano
incontrati.
Amici come ancora almeno loro erano si erano messi
subito a parlare del più e del meno non facendo neanche caso
al
tempo passato lontani, approfittando anzi di tutte le cose che
avevano da dirsi per stare insieme parecchio.
Avevano sfiorato
spesso il discorso di Giorgio, a dire il vero, e altrettanto spesso
il ragazzo aveva espresso le sue idee a riguardo in un crescendo di
dubbi e accuse; prima lo aveva definito strano, poi voltafaccia, poi
ancora strano e complesso da capire.
Un'ultima volta, continuando
a parlarne seduti su una panchina, lo aveva chiamato addirittura
pazzo.
Gaia aveva sempre fatto finta di niente, continuando a
stare sulla sua posizione solita per cui era Simone il paranoico, ma
a sentirlo definire in quel modo aveva fatto un'espressione
angosciata e si era portata di getto la mano al collo.
Un'altra
persona non avrebbe capito, ma davanti a lui si rese subito conto di
essersi tradita.
- E questa sciarpa?- Le chiese Simone indicando
dove si era appena toccata.
- Ho mal di gola.-
- A metà
Aprile?-
- Perché, non si può?-
Lui scosse la testa, e alla
fine la costrinse a toglierla, facendole mostrare il livido sul collo
che malgrado il tempo passato pareva ancora fresco.
Che non avesse
nulla a che fare con l'amore il ragazzo lo capì subito.
-
Cos'è?-
- Non ti interessa!-
- Gaia chi è stato?!-
La
ragazza si alzò di scatto dalla panchina iniziando a
piangere e
ripetere che fossero affari suoi.
- Giorgio, vero? È stato lui! È
impazzito davvero, è stato lui?! Gaia guardami cazzo!
È stato
Giorgio a farti del male?-
Lei singhiozzò.
Si trovavano di
nuovo entrambi in piedi, Simone rivolto verso la sua schiena con gli
occhi rossi di rabbia e lei girata col volto nascosto e rigato dalle
lacrime.
Aspettò che tacesse e poi si girò di nuovo verso
di
lui, piangendo forte.
Annuì
debolmente a testa bassa.
- Simo... Giorgio si fa di eroina.-
Disse buttandosi contro il petto dell'amico.
****
La
reazione di Simone alla notizia era stata molto peggiore rispetto a
quella di Gaia.
Si era messo a piangere e aveva urlato forse al
cielo, urlato come se non potesse essere sentito da nessuno quando in
realtà intorno a loro continuava ad esistere un modo che
osservava e
non capiva.
Per farlo tacere Gaia lo aveva abbracciato, cercando
da qualche parte quella forza d'animo che la vita le aveva insegnato
avesse.
Erano rimasti a lungo abbracciati in lacrime sperando
fosse solo un brutto sogno, un incubo dal quale si sarebbero
risvegliati magari insieme a Giorgio sul lungomare di Loano.
Ma
avevano riaperto gli occhi lì, davanti a una panchina a
poche
centinaia di metri dalla facoltà di lingue
dell'università di
Genova.
Simone si era dovuto sedere perché staccato da
quell'abbraccio, lontano dal coraggio che gli dava stare tra le
braccia dell'unica amica che gli era rimasta, non aveva neanche la
forza di stare in piedi.
Gaia aveva fatto come lui ed era rimasta
in silenzio tenendogli le mani.
- Sono... non lo so, cosa sono?
Allibito, triste, deluso...- Aveva staccato una mano da quelle di lei
e le aveva accarezzato il livido. - Vorrei solo sapere il motivo...
-
La ragazza aveva continuato a tacere per alcuni istanti,
rivivendo nella sua mente i momenti subito successivi alla
scoperta.
Poi aveva trovato il coraggio di parlare e di raccontare
di quel giorno.
- Quando ho visto la siringa cadere dalla sua
tasca ho capito subito. È terribile... non avevo mai pensato
a una
cosa del genere eppure è bastato un attimo per capire
tutto... come
se quella siringa non fosse solo un... un oggetto maledetto, ecco, ma
una spiegazione logica a tutta questa assurdità-
- Credevo di
essergli diventato antipatico, Gaia. Mi sforzavo di odiarlo
perché
ero convinto che lui mi odiasse e invece...- D'improvviso la voce di
Simone perse tristezza e assunse un tono rabbioso, di rabbia contro
se stesso. - Studio medicina, cazzo. Potevo capirlo, dovevo
capirlo...- Dalla rabbia ricominciò a lacrimare e
iniziò a sudare
come in preda a un attacco di febbre alta.
Fu istintivo per la
ragazza scendere dalla panchina e stare davanti a lui piegata sulle
ginocchia per guardarlo negli occhi che teneva ancora bassi.
- Non
hai nessuna colpa. Abbiamo sbagliato tutti, non dovevamo lasciarlo
andare così. Ma non hai colpe. Però l'hai detto
tu, studi
medicina... possiamo aiutarlo, vero?-
Tra le parole dell'amica
Simone colse una preghiera.
Gli stava chiedendo di salvare una
persona che fino a due ore prima era per lui morta, un'amicizia
finita per sempre.
E invece, in quel momento, sembrava la cosa più
preziosa della sua vita, come se sapere che qualcosa di esterno stava
distruggendo Giorgio cambiasse di nuovo tutto.
Erano sempre lì,
su quella panchina intorno alla quale si era consumato quel dramma
assurdo.
****
Più calmi, dopo aver discusso sul da farsi
nell'immediato della consapevolezza, i due ragazzi avevano cercato
una cabina telefonica e avevano chiamato le famiglie per dire che
avrebbero cenato fuori.
Si erano presi una pizza al taglio
veloce, in realtà, e poi erano andati al porto a
chiacchierare.
Alla
richiesta di salvare Giorgio che Gaia gli aveva fatto prima di cena
Simone non aveva risposto in nessun modo.
Le avrebbe voluto dire
di sì, naturalmente, ma qualcosa sulla droga la sapeva
meglio di
lei, ed era consapevole del fatto che avrebbe potuto aiutare Giorgio
solo se Giorgio si fosse voluto far aiutare.
Non fece però in
tempo a dirle che sarebbe dovuto andare a parlarci, perché
Gaia gli
disse spaventata di non andare a cercarlo.
Simone sospirò
annuendo.
- Perché non mi hai detto nulla?-
Cercò di parlare
con calma. Non voleva accusarla, immaginava benissimo cosa potesse
essere passato nella mentre della ragazza quando aveva scoperto il
fatto.
- Perché ero sconvolta, credo. E non sapevo bene cosa
fare. Né sapevo come dirti ciò che era accaduto.-
- Tanto che
l'ho scoperto per caso...-
Gaia era rimasta zitta appoggiata al
ragazzo guardando verso il mare.
- Ti prometto che troveremo il
modo per aiutarlo, Gaia. Ma dobbiamo essere coraggiosi, e se servisse
parlarne con qualcun altro dovremmo farlo. Lo capisci, vero?- Le
parlava come avrebbe parlato ad una bambina piccola, era vero, ma lei
non replicava in nessun modo a quel suo atteggiamento. Anzi, in un
certo senso le faceva bene sentirsi coccolata dall'amico in quel
modo, farsi proteggere da quelle parole.
Aver diviso con lui le
paure e le preoccupazioni, essersi aperta con Simone le aveva fatto
bene. In fondo avrebbe dovuto farlo da subito, perché,
malgrado
tutto, era ancora certa che solo loro due conoscessero Giorgio tanto
bene da poter fare qualcosa.
- Sai, sei tutto questo finisse, sei
lui tornasse in sé, se smettesse con quella merda io non
avrei il
coraggio di chiedergli il motivo. Sarebbe come una piccola parentesi
neanche importante della sua vita, un momento di errore da
scordare.-
Simone non replicò alle parole dell'amica. Si capiva
subito come per lei il discorso droga fosse una triste
novità,
qualcosa di cui conosceva davvero poco.
Lui,
di certo più informato, sapeva benissimo che non sarebbe
stato
semplice, che Giorgio sarebbe stato sempre a rischio di ricadere in
quello “sbaglio”, che non avrebbe mai dimenticato
quel periodo
della sua vita. E il tutto ammesso che ne uscisse, naturalmente.
Non
voleva spaventare Gaia, non voleva metterla di fronte a una
realtà
terribile, possibile però non certa.
Portando a galla la verità
su Giorgio davanti a lui Gaia aveva condiviso un segreto che tra loro
neanche ci sarebbe dovuto essere, e chiedendogli di salvarlo gli
aveva messo in mano più di una vita; quella del giovane,
certamente,
ma anche la sua, la vita di quella ragazza di nemmeno vent'anni
già
troppo provata dagli eventi.
Gli aveva detto che sarebbero dovuti
essere coraggiosi, ed era vero, ma a Gaia Olivietti quanto coraggio
il fato doveva ancora domandare?
- Non hai detto nulla neanche ad
Antonello? O a Fabrizio, ad esempio.-
L'amica scosse la testa. -
Antonello avrebbe potuto avere reazioni peggiori della tua,
specialmente vedendo il livido, e Fabrizio Giorgio lo conosce solo
per i nostri racconti. No, l'unico che doveva saperlo eri tu, forse
subito.-
Simone le disse chiaramente di lasciar perdere le
discussioni sul tempo, che forse il tempo era solo un'illusione e a
contare erano i fatti.
Poi però butto un occhi sull'orologio al
polso e realizzò che, per qualcuno, il tempo poteva anche
essere
reale.
- Ti accompagno a casa, è tardi per essere rimasti
semplicemente fuori a cena.-Le aveva detto.
Erano rimasti ancora
un attimo a parlare vicino al palazzo di Gaia, e lì per
l'ultima
volta in quella giornata lei era scoppiata in lacrime sfogandosi del
tutto.
Simone aveva continuato a ripeterle di stare tranquilla
perché avrebbero trovato una soluzione, ma più
glielo diceva più
si obbligava a non cadere nel tranello di quelle parole, a non
credere anche lui alla piccola menzogna che cercava di far passare
per verità al fine di non far soffrire l'amica.
Quando l'aveva
vista calma aveva aspettato che salisse fino al suo appartamento e
poi era andato via, ritornando dalla sua famiglia senza fare troppo
in fretta.
Da quando le cose con Giorgio avevano cominciato a non
funzionare aveva fatto il possibile per non pensare a lui.
Girare
per Genova, se si metteva a rifletterci troppo, gli riportava alla
mente troppi ricordi, proprio come Gaia gli raccontava di subito dopo
la morte del padre.
Così continuava la sua vita facendo finta
che nulla fosse, non pensando all'amico neanche passando davanti al
locale dove avevano bevuto insieme l'ultima birra prima della
maturità o al parchetto dove per anni avevano passato i loro
pomeriggi.
Quella
sera, per la prima volta, nel percorso da casa di Gaia a casa sua si
era messo invece a contare quanti fossero i luoghi che gli
riportavano alla mente gli anni di amicizia con Giorgio.
E
si accorse che anche nel breve tratto che congiungeva le due
abitazioni, andava a passo lento e non ci mise più di
mezzora, il
numero di posti in cui viveva il ricordo di loro due o loro tre era
esageratamente alto.
Se non si fosse sforzato di dimenticare in
quei mesi, quindi, avrebbe potuto anche fare qualcosa.
Si era
arreso all'idea che le amicizie finissero così, dall'oggi al
domani,
indipendentemente da quanto potessero essere forti o durature.
Gaia
di certo non lo aveva fatto, ed era per quello che aveva scoperto la
verità, perché aveva avuto il coraggio di non
cedere alla pigrizia
di accettare il destino così come veniva.
Ma Gaia era una
ragazza, una femmina, e probabilmente anche per quello non aveva
voluto credere che una relazione potesse finire così, senza
neanche
un ciao.
In fondo lo ricordava bene, quando avevano cominciato a
litigare lei aveva fatto il possibile per mettere qualche toppa a
destra e a manca in quell'amicizia che non voleva si sgretolasse
sotto i suoi occhi impotenti.
Altro che amicizia, però, perché
quello che avevano scoperto si stesse distruggendo davanti a loro era
proprio una vita umana.
Nel letto, mentre si addormentava, Simone
provò a ripercorrere con la mente tutti i sentimenti che
aveva
provato nei confronti di
Giorgio
durante quella giornata. Prima di vedere la ragazza era stata la
solita mancanza mascherata per bene da indifferenza, la convinzione
che lui lo odiasse e che quindi tanto meglio neanche pensarci
più a
quell'infame.
Infame, voltafaccia, tutte parole che aveva usato
per descriverlo prima di scoprire il livido sul collo di Gaia.
E
allora erano subentrati la rabbia e l'odio vero, quello che si ha per
chi fa del male a qualcuno che sia ama.
Ma poi le lacrime della
sua amica, la confessione, un cambiamento totale di prospettiva.
I
sentimenti negativi erano spariti, lasciando il posto alla
disperazione, all'impotenza. Era riaffiorato un mai morto sentimento
di amicizia e per la prima volta dopo chissà quanto tempo
aveva
avuto paura di perderlo.
Gli voleva ancora bene, quindi.
E
non avrebbe mai smesso, neanche se fosse successa la più
terribile
delle cose.
Si ritrovò ingabbiato tra i suoi pensieri e la mezza
bugia che aveva detto a Gaia.
Mentre chiudeva gli occhi si scoprì
convinto che le cose sarebbero davvero andate bene, che sarebbe
riuscito a far tornare Giorgio quello di prima.
L'illusione che
quella notte gli conciliò il sonno sarebbe stata pronta a
diventare
la sua croce dalla mattina seguente, lo sapeva.
Ma realizzò che,
almeno per quel momento, non gli importava.
****
Il periodo
immediatamente successivo alla scoperta per Gaia e Simone fu
un'occasione di riavvicinamento.
Passavano a lungo il tempo
insieme cercando di trovare qualcosa da fare per salvare Giorgio da
se stesso o semplicemente per distrarsi dai brutti pensieri di quei
giorni scuri.
Il ragazzo aveva trovato, dopo non pochi
ripensamenti, il coraggio e le parole per chiedere a un amico
recentemente laureato qualcosa in più su quello che poteva
essere
l'aiuto da dare a una persona immersa nel dramma della droga.
Non
aveva fatto nomi e si era ben guardato dal far intendere che quella
storia lo riguardasse il prima persona, e anche se quel suo interesse
era apparso sospetto nessuno aveva fatto domande. Era poi riuscito a
mascherare la ricerca disperata di informazioni con un dubbio,
normale per gli studenti di medicina, sul percorso da intraprendere
per la laurea specialistica. - Stavo pensando a qualcosa che
riguardasse questo nuovo terribile fenomeno e volevo iniziare a
capirci qualcosa.- Aveva detto.
Però le sue scoperte, per la
maggior parte, le teneva per sé, non volendo ancora fa
capire a Gaia
quanto la situazione potesse essere complessa.
Lei, che da quando
si era liberata del suo segreto aveva iniziato a vivere meglio
malgrado le preoccupazioni, ricominciava a fare quello che faceva
prima, accorgendosi di colpo di aver perso troppo tempo e di essere
tragicamente indietro con lo studio.
Il giorno in cui,
finalmente, si era rimessa sui libri con la determinazione necessaria
a fare qualcosa si era ricordata di quando suo padre era morto e
dell'importanza che in quel momento aveva avuto per lei riprendere
subito le sue solite occupazioni. E così sarebbe stato anche
in quel
caso.
Il livido era scomparso, alla lunga, tanto che piano piano
la ragazza aveva smesso di portare il foulard fino a che, per un
buffo caso del destino, a Maggio le era venuta una forte influenza
che l'aveva costretta prima a letto e poi a continuare nel tenere
coperta la gola.
Nel vederla ammalata di quel periodo Beatrice si
era spaventata parecchio, ma il medico di famiglia, che conosceva
Gaia da ancora prima della sua nascita, aveva tranquillizzato la
madre e prescritto alla giovane una cura che in poco tempo l'aveva
rimessa in forma.
Nei giorni in cui era però stata costretta a
letto Simone ne aveva approfittato per infrangere la promessa di non
cercare Giorgio.
Non si era sentito un granché ad utilizzare il
periodo di debolezza dell'amica per mentirle, era vero, ma ormai
aveva fatto abbastanza ricerche sulla situazione in cui probabilmente
era l'altro da sapere che l'unica strada possibile passava attraverso
di lui.
Così, proprio come Gaia parecchie settimane prima, si era
messo a ripercorrere coi piedi e con la mente la strada che tante
volte aveva fatto assieme agli amici. Fino a casa di Giorgio,
là
dove aveva scoperto che la vita di Alfio si era spenta, dove per la
prima volta aveva pianto senza vergogna davanti a quello che era il
suo migliore amico.
L'erba era profumata e le piante in fiore, la
zona di Genova dove viveva Giorgio si era riempita di colori e alti
fusti che fornirono a Simone un ottimo nascondiglio quando, a poche
decine di metri dal portone, si sentì prendere dall'ansia e
decise
di aspettare.
Doveva suonare o attendere di vederlo uscire di
casa piuttosto che rientrare? E poi che avrebbe dovuto dirgli, di
preciso? Che sapeva? Che lo voleva aiutare?
Pensò di andarsene,
di ascoltare Gaia.
Si era portato dietro un coltellino svizzero
di chissà quanti anni prima ritrovato per caso in camera
sua, ma
sapeva che non avrebbe mai avuto il coraggio di usarlo contro
Giorgio.
Rimase seduto su una panchina in mezzo al verde, con gli
occhi fissi sullo scorcio di strada che vedeva dalla sua posizione
aspettando, forse inutilmente, il passaggio del ragazzo per poi
decidere cosa fare.
Il tempo passava lento in quell'attesa che
cominciava a consumare Simone, riempendolo di dubbi maggiori ogni
minuto che passava.
Continuava a guardare verso la strada ma
nulla, non c'era anima viva che passasse per quella via.
Poi, ad
un certo punto,sentì l'aria intorno a lui farsi pesante e la
panchina sulla quale sedeva, mezza rotta, diventare più
stabile.
-
Mi fa piacere sapere che ti ricordi ancora dove vivo, Simo.- Il
ragazzo si girò di scatto e vide al suo fianco Giorgio.
Per un
attimo non riuscì a muoversi, preoccupato o spaventato, ma
poi
l'altro gli mise una mano sulla spalla e provò a
tranquillizzarlo.
- Sto meglio di quando ho visto Gaia, non ti preoccupare.- Gli
disse con un leggero sorriso.
Il respiro di Simone tornò
lentamente regolare e pochi secondi dopo fu in grado di parlare.
-
Come fai a sapere che so del tuo incontro con Gaia?- Disse. La
domanda più stupida che potesse venirgli in mente, forse, ma
non
sapeva come altro iniziare un discorso.
- Non mi pare ci fossero
molte altre alternative al perché tu sia qui, no? Lei deve
averti
detto cos'era successo e tu devi esserti ricordato di avere un amico
in questa zona.-
Simone volse lo sguardo altrove. - Non mi pare tu
ti sia ricordato spesso di noi, in questi ultimi mesi.- Rispose. Se
ne pentì subito dopo, quando temette di averlo fatto sentire
in
colpa.
Ma Giorgio non diede molto peso a quella frase.
- Come
mai non sei venuto con lei? Era spaventata?-
- Si trova a letto
con l'influenza. E poi non voleva che venissi, a dirla tutta.
Più
che spaventata direi fosse preoccupata, angosciata. Non lo so....-
Il
ragazzo evitò di nuovo di rispondere alla maggior parte
dell'affermazione appena fatta. Dover pensare al male che aveva
procurato alla giovane non gli faceva bene.
- Sei venuto qua senza
il suo permesso?-
- Sì. E l'ho fatto anche tardi. Adesso è a
posto ma prima, subito dopo la vostra discussione, aveva un livido
sul collo che ti avrei ammazzato, Giorgio, ti avrei ammazzato a mani
nude se ti avessi incontrato anche solo per caso.-
L'altro abbassò
la testa e se la prese tra le mani poggiate sulle gambe.
- Lo so.
Mi sarei ammazzato anche io in quel momento. Quella sera,
precisamente, quando strano ma vero ho avuto un momento di
lucidità.
L'idea di aver fatto una cosa del genere a Gaia era...
incomprensibile. Era come se non fossi stato io.
Ma da quel
momento qualcosa è cambiato. Sto provando a smettere,
Simone.-
Giorgio rimase in silenzio, Simone voleva parlare ma non
gli uscivano parole.
Doveva credergli? Poteva fare affidamento su
quelle parole?
Il ragazzo pareva seriamente dispiaciuto, il tono
della sua voce era stato anche smorzato da un singhiozzo, ad un certo
punto.
Era lì per quello, però, per dirgli che poteva
rifarsi
una vita lontano dalla droga, e sentire che già di suo
voleva
provarci non poteva che fargli bene.
- E... e come sta andando
questo tuo tentativo?- Gli chiese quasi tremando, sussurrando le
parole come se ci fosse qualcosa che non doveva rompersi.
- Sta
andando Simo, sta andando. Forse se avessi proseguito gli studi
starebbe andando meglio.-
Era vero quello che diceva il ragazzo,
dall'inizio dell'anno accademico non aveva frequentato una sola
lezione, figurarsi un esame.
Ma anche lì, tra i banchi
dell'università, col passare del tempo Simone aveva smesso
di
accorgersi della sua assenza.
- Ti stai facendo aiutare,
vero?-
Giorgio scosse la testa e Simone fu scosso da un brivido.
Stava affrontando davvero tutto quello in completa solitudine?
Era preoccupante la cosa, a suo dire, perché poteva
sbagliare, e in
quella situazione uno sbaglio poteva essere l'ultimo.
- Farmi
aiutare da qualcuno vorrebbe dire ammettere pubblicamente di essere
un drogato. Perderei chi lo sa perché considerato infame e
chi non
lo sa per i motivi che puoi benissimo immaginare. Posso farlo da
solo, davvero. Piano piano, ma posso farcela.-
Il ragazzo
sospirò.
Era incastrato. Da una parte convincerlo con le cattive
era impensabile e controproducente, dall'altra lasciarlo fare era
come non far nulla.
Rimase zitto, ancora una volta spiazzato
dalla vita.
C'erano così tante cose di cui parlare in quel
momento, anche ben distanti dalla droga, che nessuno dei due fu
capace di iniziare un nuovo discorso.
Giorgio
voleva sapere qualcosa di Gaia e di tutta quella loro vita che si era
perso, ma taceva temendo di apparire ipocrita o fuori luogo, mentre
Simone continuava a domandarsi dentro per quale assurdo motivo il suo
amico si fosse infilato in un giro simile pur non avendo il coraggio
di esternare quella domanda.
Alla fine, dopo troppo silenzio, fu
Giorgio a parlare.
- Mi ha fatto piacere sapere di non essere
stato dimenticato, mi spiace solo che questo nostro incontro
rimarrà
per sempre segreto anche per Gaia, forse l'unica che ne sarebbe
felice.-
- Già... Ah, si è fidanzata. Un ragazzo
conosciuto in
università. L'ho incontrato qualche volta, non è
male.- Rispose
Simone per dare una parvenza di normalità a quella
conversazione.
-
Sono contento, se lo merita.-
- Sì.-
I due ragazzi si alzarono
quasi in contemporanea, perché le ombre iniziavano ad
allungarsi e
l'ora di salutarsi si stava avvicinando.
- Ti prometto di uscirne
e di farmi vivo appena questo accadrà, davvero.- Disse
Giorgio
salutando l'amico.
- Allora ti aspetto il prima possibile.- Provò
a convincerlo e convincersi Simone.
Si abbracciarono. Senza
vergogna, senza timidezza. Chissà quanti anni era che non lo
facevano.
Poi, senza neanche un vero e proprio ciao, ritornarono
ognuno sulla sua strada.
Quell'incontro che non sarebbe stato mai
esistito, finito su un tramonto di tarda primavera, sembrava
anticipare una bellissima alba.
****
Gaia si era ripresa
dall'influenza e aveva ricominciato di nuovo la sua vita, che a
quanto pareva era un continuo di stop e partenze.
Con
Simone continuava a parlare di Giorgio e di come aiutarlo, ma quando
ne discutevano, forse si sbagliava, le pareva di vedere una strana
luce negli occhi del ragazzo.
L'amico manteneva il segreto ma non
riusciva a mostrarsi felice, ogni tanto, quando riusciva a
convincerla che potevano davvero aiutarlo.
Non si erano più visti
ma Simone sapeva che c'era bisogno di tempo perché tutto
andasse a
posto tanto da far tornare il giovane insieme a loro.
Intanto era
arrivata l'estate, a Genova.
Giugno era volato come tutti gli
anni, non diversamente da quando andavano ancora a scuola e il primo
mese di vacanza pareva durare un attimo.
Tutto il contrario di
Luglio, che fu mese di esami tanto per loro quanto per Luisa e
Fabrizio e parve lungo come un intero anno.
Il caldo soffocante
non aiutava a studiare ma andare a cercare un po' di fresco al mare
li deprimeva.
Alla fine avevano trovato un'ottima via di mezzo
nella cucina di casa di Simone che, sita su una parte molto alta
della città, riusciva a fornire ogni giorno parecchie ore a
temperatura sopportabile.
Con molta fatica, parecchia
disperazione e un pizzico di fortuna, però, erano riusciti
bene o
male a farcela tutti quanti, arrivando ai primi giorni di Agosto
stanchi ma liberi anche per quell'anno dagli impegni che li legavano
alla loro istruzione.
C'era da decidere, a quel punto, se fare o
meno una piccola vacanza.
Ma tra chi lavorava e chi era troppo
stanco per trovare un posto dove rilassarsi che fosse più
lontano
del lungomare genovese gli unici che erano riusciti a concedersela
erano stati i due fidanzatini, che avevano lasciato Genova per Roma
durante la settimana di Ferragosto.
Inutile raccontare della
situazione che trovarono nella capitale, colma di turisti e cittadini
tenuti a casa da motivi più o meno vari. Il caso non fu
però un
problema, a quanto raccontarono al loro ritorno, perché
malgrado
tutto erano riusciti a seguire il programma che si erano prefissati e
a visitare ogni singolo monumento desiderato.
Per
entrambi si trattava della prima volta nella città eterna ed
era
stato bello condividere quel momento.
Ritornati a Genova avevano
ripreso a frequentare ognuno la sua compagnia di amici fino a fine
estate, continuando a vedersi e amarsi, in ogni senso, ma senza
rendere la loro una relazione esclusiva.
Gaia aveva passato
parecchi giorni sola assieme alla sua migliore amica, raccontandosi
ogni singolo dettagli della loro vita senza paura di essere giudicate
ma solo con la voglia di riprendersi quel legame che la crescita
pareva voler allentare.
Così la figlia del magistrato aveva
scoperto che c'era un ragazzo parecchio interessato a Luisa e,
fingendosi esperta per il modo in cui aveva fatto innamorare
Fabrizio, le aveva dato qualche consiglio che di certo l'altra
avrebbe messo in pratica appena sarebbero ricominciate le lezioni e
si sarebbe rivista col giovane.
Una delle ultime sere di Agosto
Simone aveva telefonato a casa di Gaia e aveva chiesto all'amica se
non le andasse, la giornata seguente, di andare in spiaggia insieme.
Gaia,
che stranamente per quel giorno non aveva preso impegni con Luisa, si
dimostrò subito entusiasta.
Passarono insieme parecchie ore tra
la spiaggia e il mare, parlando di tutto e soprattutto di Giorgio,
entrambi sicuri che l'estate successiva sarebbe stato assieme a loro,
finalmente pulito e pronto a ricominciare a vivere.
Simone
continuava a custodire gelosamente il suo segreto ma iniziava a
preoccuparsi; Settembre era alle porte e ancora nessuna notizia
arrivava dal suo amico impegnato a combattere se stesso.
Era vero
che le notizie brutte viaggiavano molto più rapidamente di
quelle
belle, che “!nessuna nuova buona nuova” ma nella
situazione di
Giorgio chi avrebbe potuto portare qualche cattiva notizia?
Simone
spesso dormiva male la notte per via della preoccupazione. Solo che
poi, quando la notte finiva, guardava Gaia e capiva che non poteva
mostrarsi in quelle condizioni se davvero desiderava non
agitarla.
Così anche quel giorno, mentre parlavano dell'amico, si
era impegnato per non destare sospetti, scoprendo sempre meglio come
si doveva essere sentita lei all'inizio di tutta quella vicenda.
A
metà pomeriggio il cielo si era fatto scuro e gli uccelli
avevano
cominciato a volare basso, preannunciando un temporale dal quale non
si sarebbe salvato nessuno se non si fossero allontanati in fretta
dalla spiaggia.
Nella
rapidità con cui si erano preparati ed erano corsi via, Gaia
e
Simone erano saliti sul primo autobus trovato senza fare caso al
numero che portasse sopra.
Solo quando ormai erano parecchio
lontani dalla spiaggia, in una zona che sembrava distante da quel
posto anche climaticamente visto che il cielo era ancora azzurro
chiaro, il ragazzo si rese conto di star andando verso casa di Gaia e
non verso la sua.
- Dai, non ti preoccupare. Questo sarà uno di
quei temporali estivi che in mezzora iniziano e finiscono, appena la
situazione si calma torni da te, adesso ti fermi da noi.- Gli aveva
detto lei semplicemente.
Scesi dalla vettura alla fermata giusta
si erano accorti che il grigiore si stava espandendo anche sopra le
loro teste.
Si mossero rapidi verso il palazzo di Gaia ma rimasero
stupiti, perché proprio sotto il balcone della camera della
ragazza,
pronti a ripararsi da un eventuale nubifragio, si trovavano Beatrice,
Antonello, Patrizia e la madre del ragazzo.
La più piccola dei
fratelli Olivietti non capì immediatamente cosa stesse
accadendo, ma
a Simone corse un brivido freddo lungo la schiena.
A
lui pareva una scena già vista, una scena che ogni tanto
ancora
sognava in incubi dai quali non era neanche più capace di
scindere
la realtà dei suoi ricordi dalla fantasia tragica della sua
immaginazione.
E lo capì avvicinandosi sempre di più al balcone
che gli incubi sarebbero cambiati e aumentati, da quel
momento.
Antonello aveva in mano una copia del giornale cittadino
e l'aria di chi doveva essere forte almeno per gli altri.
Le
tre donne stavano una vicina all'altra in silenzio, squadrando i due
appena arrivati e facendo intendere che i loro sorrisi si sarebbero
presto spenti.
Il fratello maggiore sospirò poggiando una mano
sulla spalla della piccola e fu allora, quando anche in Gaia si
riaprì il ricordo di un momento terribile, che tutto
acquistò un
drammatico senso.
- I genitori di Giorgio lo stavano cercando da
due giorni...- Provò a spiegare senza piangere. - E oggi lui
è
stato ritrovato su una panchina con un ago in vena. Nessuno ha potuto
fare nulla, mi dispiace.-
Gaia e Simone non riuscirono neanche a
guardarsi in faccia, lasciarono parlare le urla e le lacrime che non
furono in grado di trattenere davanti alla frase terribile di
Antonello.
Perché era vero, nessuno aveva potuto fare nulla.
Neanche
loro.
****
Era scorsa la vita accanto a Gaia, a Simone e alle
loro famiglie ancora una volta, quindi.
Lenta e inesorabile si era
messa al loro fianco nei panni di quell'amico così
problematico e
poi li aveva lasciati proprio come con Alfio.
Un funerale con
poche persone incredule aveva chiuso per sempre una pagina della loro
vita durata quattordici lunghissimi anni.
Era stato quasi peggio
della prima volta anche per Gaia, che se con grosse
difficoltà aveva
superato la perdita assurda di suo padre non si sentiva nelle
condizioni di affrontare anche quel momento, quel dolore sordo che le
era entrato nell'anima.
Buffo era pensare che entrambe le morti,
entrambe le volte in cui la realtà si era scontrata con la
sua
volta, era successo sul finire di un'estate felice, in un giorno
caldo e che nella sua prima parte si poteva considerare anche
normale.
Chissà se la vita l'avesse fatto per darle sempre
un'ultima gioia prima di distruggerla o perché, bastarda
com'era, si
divertiva a prenderla in giro.
Il giorno del quarto anniversario
della morte di suo papà lei non aveva fatto altro che stare
a letto
in camera, incapace di reagire.
Era
passato così poco tempo dalla scomparsa di Giorgio, appena
una
decina di giorni, che per lei ricordare tutto insieme il dolore dei
suoi neanche vent'anni era troppo.
La
mattina dopo però si era rialzata, di nuovo, ancora.
Il lutto
aveva stretto il legame tra lei e Simone. Ma lui, oltre che col
dolore, conviveva con i sensi di colpa per quell'aiuto che non aveva
dato al suo amico.
Si era convinto davvero che ce l'avrebbe potuta
fare da solo, che esisteva gente in grado di vincere da sola quel
mostro.
Si era convinto, lo aveva fatto per sé, per Gaia e per
Giorgio.
Si era convinto ed aveva sbagliato.
Un giorno,
distrutto da quel pensiero, era corso dall'amica e l'aveva fatta
scendere da casa.
Le aveva raccontato tutto, ogni singolo
particolare del loro incontro e ogni pensiero che aveva fatto
sull'amico da quel momento in poi.
Le aveva detto dei suoi sensi
di colpa e della consapevolezza che in quel momento lei di certo lo
stava odiando e ne aveva tutte le ragioni del mondo, ma le aveva
anche spiegato la sua necessità di dire tutto, tutto una
volta per
sempre.
A qualsiasi prezzo, perché purtroppo a sue spese l'aveva
imparato, per quanto la verità costasse il conto delle bugie
era
sempre più salato.
Gaia non aveva detto niente, l'aveva
semplicemente stretto al suo corpo, nella speranza di non mandarlo
via, mai.
Non le importava più nulla, arrivati a quel punto.
Erano rimasti solo loro.
Malgrado tutti gli amici che avevano
e che avrebbero avuto continuando con le loro vite una parte dei loro
cuori non si sarebbe mai aperta a niente e nessun altro.
Gaia,
Simone, il ricordo e il dolore.
****
Appena
due settimane prima di compiere vent'anni, un sabato, la ragazza
aveva trovato l'amico in quello che un tempo era stato un campo da
basket e che in quel momento altri non era se non un pezzo di asfalto
rovinato e recintato con ai lati due strutture un tempo definibili
canestri.
Era una zona di Genova periferica, povera,
degradata.
Quando a casa di Simone le avevano detto che l'avrebbe
probabilmente trovato lì si era stupita, ma poi si era
ricordata
della vicinanza tra quel luogo e la scuola media che aveva
frequentato il ragazzo, capendo che in quel campetto distrutto doveva
esserci qualche ricordo importante.
- Nessuno si aspetterebbe di
vedere il figlio di un attore qui.- Aveva detto cogliendolo di
sorpresa.
Lui si era mosso nella sua direzione e si erano seduti
in terra a bere dalle bottigliette di coca-cola che la ragazza aveva
portato con sé.
- Succedono tante cose che non ci aspettiamo.- Le
aveva poi risposto. - Ad esempio quando giocavo qui con Giò
non mi
sarei mai aspettato tutto questo... ma poi che vuol dire figlio di un
attore? Tu di chi ti senti figlia, Gaia Olivietti?-
Lei attese
prima di rispondere, perché l'avvertì subito come
una domanda
difficile, di quelle piene di tranelli.
Riuscì a riorganizzare
le idee, a rifare quella domanda al suo io più interno, poi
se la
sentì di parlare. - Sono figlia di mio padre, sicuramente,
anche se
manca da anni. Del suo affetto, dei suoi insegnamenti. Ma soprattutto
credo, come tutti, di essere figlia del mio tempo, di questi anni
maledetti che hanno portato via prima lui e adesso Giorgio. E tu?-
Ma
il ragazzo non dette mai risposta a quella domanda, concentrato sulla
frase appena detta da Gaia come fosse un passo del libro di testo
prima di un esame.
- Vedi perché sono qui? Perché qui il tempo
si è fermato a prima, a quando questi anni maledetti come tu
li hai
chiamati, e sono d'accordo con te, non erano neanche in vista e la
felicità era una cosa semplice.-
- Sarebbe bello fermare davvero
il tempo, ma non si può, Simo. Non in un campetto da basket
della
periferia di Genova distrutto dagli anni. Qui non sei fermo, qui sei
solo invisibile agli occhi del mondo.- Aveva sospirato Gaia, che
ormai da anni sognava il tempo rimanesse immobile ma aveva smesso di
sperarci davvero.
- Invisibile? Nel senso che posso non essere
visto qualsiasi cosa io faccia?-
- Probabile visto che qui non
passa una macchina neanche a pagarla.-
- Quindi posso ridere,
piangere, dimenticare di essere figlio di uno famoso, dimenticare che
la vita fa schifo e fingere di essere qualcun altro?-
- Beh...-
Gaia era rimasta stupita. - Ma che vuoi dire, scusa?-
- Che se non
posso tornare indietro, se non posso fermare il tempo, se non posso
riavere quello che ho perso mi va bene essere invisibile. Significa
essere libero ed è tutto quello che mi manca. Fisicamente,
moralmente.
Chissà quanto a lungo si è sentito invisibile
Giorgio, cercando disperatamente risposte in qualcosa di troppo
grande. Io non voglio fare i suoi errori, a me basta questo campetto.
Ma concedimi di essere invisibile, Gaia.
E ti prometto che se è
meglio della vita vera ti spiegherò come fare.-
La ragazza
sorrise e raccolse il pallone che si trovava a pochi metri da lei.
Lo
lanciò verso Simone. - Avanti, raccontami quanto
è bello non
esistere. Se è così diverso dal viver mentre
siamo invisibili
possiamo essere
felici.-
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http://it.wikipedia.org/wiki/Irruzione_di_via_Fracchia
(se è troppo in alto nel testo è, per capirci,
l'irruzione che
portò alla morte di quattro terroristi di cui si parla a
inizio
capitolo.)
Spazio
;Sun
Sono
in un ritardo assurdo, lo so. Ma è colpa della scuola, che
impegnativa come è stata in queste settimane mi ha succhiato
via
tempo e anche salute.
Allora, io sono molto dubbiosa su questo
capitolo, lo ammetto, ma lascio i giudizi a voi lettori che di sicuro
saprete giudicare meglio di me. Francamente temo di essere sempre
troppo veloce nelle narrazioni, ma lascio a voi i commenti di
qualsiasi genere.
Spero vivamente si fosse inteso dall'inizio che
questa non è una storia felice (oddio, non che lo siano
molte mie
storie) e quindi anticipo che anche sul terzo capitolo qualche
fazzoletto andrà preparato.
Spero di postarlo entro il 19 perché
poi (finalmente) dovrò fare un piccolo intervento e non so
in quanto
tornerò in forma per scrivere (si spera poco
però!)
Niente, io
vi saluto e vi mando un bacio enorme :) Finalmente è
arrivato
Giugno!
Alla prossima!
;Sun
<3