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Autore: Tomocchi    04/06/2014    6 recensioni
Un incontro avvenuto nell'infanzia.
Un incontro avvenuto per dovere, per suggellare un patto tra divinità, ovvero quelle della pace e della guerra.
Sensō ed Heiwa, in quanto novizie dee, dovranno affrontare delle prove per completare il loro percorso ma allo stesso tempo avranno a che fare con sentimenti forti e del tutto incontrollabili.
E il suo profumo. Oh, il suo profumo! Quella particolare fragranza di cui la ragazza odorava la mandava fuori di testa.
L’aveva sentito anche nel giardino della casata della guerra, era certa che fosse profumo di Azalea.
Genere: Avventura, Erotico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
Capitoli:
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PROFUMO DI AZALEA

Capitolo 1
Educazione

 

 

Era un giorno come un altro, nell’Alto dei Cieli, un luogo posto al di sopra dell’atmosfera.
Un luogo in cui il tempo scorreva più lentamente, un luogo dove risiedevano le divinità di un mondo molto simile alla Terra, ma pregno di magia e di creature soprannaturali.
Un giorno come un altro… tranne che per la piccola
Sensō.
Sensō era la futura dea della guerra, che avrebbe ereditato il titolo dalla madre, Sensōburēku*- chiamata anche solo Sensō quando non era presente la figlia, in modo da non confonderle-, l’attuale divinità del conflitto.
La divinità era una donna dai lunghi capelli corvini, raccolti in una coda alta ornata da un nastro rosso sangue, lo stesso colore del vestito cerimoniale che indossava completo anche di bordi neri, così come i guanti lunghi fino ai gomiti e gli stivali fino alle ginocchia
; una volta cresciuta la piccola Sensō sarebbe dovuta scendere sulla Terra e avrebbe dovuto passare un esame che l’avrebbe certificata idonea per quel ruolo.
Era ancora una bambina, solo una novizia che dimostrava circa sei anni, ma il suo sguardo sembrava indicare già una certa maturità: essendo una divinità principale, la sua famiglia l’aveva educata rigidamente fin dalla più tenera età, insegnandole le regole, il portamento e la disciplina, ricordandole che la guerra era un’arte, uno stile di vita.
Non si era mai sottratta alla sua natura, anche se spesso i compiti e le lezioni erano state difficili, pesanti, troppo pesanti per una bambina così piccola.
La maggior parte dei suoi compagni, novizi déi come quelli del fuoco, del mattino o della tempesta, spesso iniziavano l’addestramento una volta raggiunta la preadolescenza; altri, invece, come la novizia dea della natura selvaggia, dell’arte e dell’amore iniziavano proprio come lei, ancora infanti.
Quel giorno avrebbe incontrato la sua futura partner, la figlia della dea della pace: infatti era necessario che la coppia fosse formata da due nature opposte, in modo da bilanciare i loro poteri.
Una volta raggiunta l’età adolescenziale, la coppia sarebbe scesa fin sulla Terra a raccogliere fedeli tra gli umani, combattere i demoni e a affrontare l’esame per diventare una effettiva divinità.
Il loro incontro era necessario per suggellare l’alleanza tra le due casate, un evento importante
per entrambe le famiglie.
Vestirono Sensō con u
n kimono rosso scuro dal tessuto pregiato, decorato con immagini di fiori di Azalea*, chiuso e stretto in vita da una fascia nera di cotone, mentre il caschetto corvino era ornato da un fermacapelli dorato molto particolare.
La genitrice prese per mano la piccola novizia, accompagnandola nel grande salone della villa dove si sarebbe tenuto l’incontro, facendola sedere con grazia sul pavimento.
La bambina si guardò attorno, studiando la stanza, una enorme sala con grandi finestre sul lato sinistro, con attenzione: per l’occasione l’arredamento era stato ridotto al minimo, in modo da permettere a più persone di starvi; ad ogni angolo stava un vaso con fiori colorati dai lunghi steli, disposti da sua madre, abile nell’arte dell’ikebana*, mentre sul pavimento erano disposti dei morbidi cuscini di colore rosso su cui era possibile sedersi.
Gettò uno sguardo dietro di sé, avvertendo dei rumori provenienti dall’atrio, che indicavano l’arrivo dei tanto attesi ospiti.
Tornò composta, a testa alta, schiena dritta e le manine appoggiate sulle gambe, proprio qualche attimo prima che i membri della casata affiliata alla loro entrassero nella stanza con un chiasso incredibile.
Contrariamente alla famiglia della dea della guerra, quelli della pace erano sempre allegri, il più delle volte rumorosi ma allo stesso tempo concilianti, tanto da farti dimenticare i problemi di ogni genere, fino a rendere qualunque situazione tranquilla.
La sua attenzione fu subito catturata da una bambina, che dimostrava qualche anno meno di lei, dai capelli bianchi lunghi fino alle spalle, dallo sguardo apatico.
Il vestito era candido e semplice, tanto da farla sembrare un fantasma, tranne che per la pelle di un rosato pallido.
Si fissarono negli occhi per qualche istante, prima che la dea della pace facesse sedere la figlia su uno dei morbidi cuscini.
La bambina corvina osservò poi la madre di quest’ultima, Heiwamusubitukeru -o chiamata anche solo Heiwa da pochi intimi-, una figura che sembrava essere l’opposto della sua genitrice: i capelli bianchi erano raccolti in una bellissima treccia laterale che cadeva morbida sulla spalla e sul petto, il vestito semplice di un colore giallo pallido e dai bordi azzurrini, con stivaletti dagli stessi colori.
Dovette distogliere lo sguardo perché sua madre la richiamò con una mano sulla spalla, intimandole col solo sguardo di stare attenta.
L’incontro stava per iniziare.

 

Era già passata un’ora, la riunione avrebbe dovuto volgere al termine entro breve.
Sensō aveva ascoltato con attenzione fino a metà discorso, in cui la madre aveva chiarito che le due ragazze si sarebbero dovute sostenere a vicenda -come un centinaio di anni prima avevano fatto lei e l’altra dea- nella lotta contro il male, prima di portare i suoi profondi occhi neri di nuovo sulla futura partner.
Al contrario dei parenti piuttosto chiassosi lei era tranquilla, pacata, lo sguardo perso in chissà quale mondo.
Come potevano permetterle una cosa simile?
Se solo lei si azzardava a socchiudere gli occhi aveva già una bella punizione pronta da scontare per tutta la giornata.
Leggermente invidiosa, le rivolse uno sguardo ostile e intimidatorio, come a imporle di interessarsi al discorso che gli adulti stavano affrontando, visto che loro ne erano le protagoniste.
Ma l’altra sembrava ignorarla, anzi, quando entrò una farfalla nella stanza da una delle grandi porte finestre aperte, si alzò in piedi e iniziò a seguirla, presa da quell’esserino così colorato.
La novizia dea della guerra spalancò la bocca, alzandosi in piedi di scatto per raggiungerla e trascinarla di nuovo al proprio posto, quando la madre le posò una mano sulla schiena.
“Sens
ō, risiediti, è maleducazione, lo sai.” La riprese la donna, con voce ferma.
“Andiamo
Sensōburēku, lasciala andare, sono bambine. Tanto dovremmo rispiegare loro queste cose alla cerimonia dell’investitura, quando dovranno partire per la Terra.” Intervenne la dea della pace, con un sorriso dolce.
E così,
Sensō fu lasciata libera di agire di sua volontà per la prima volta da anni.
Ringraziò la donna con un piccolo inchino, rispettosa, e uscì, alla ricerca della bambina scortese.

 

La trovò nel piccolo giardino della proprietà, seduta sull’erba verde vicino al laghetto dei pesci rossi, con un’aria beata sul viso.
“Ehi, tu.”
Sensō la chiamò, cercando di essere autoritaria, avanzando a passo spedito seppur facesse fatica a muoversi con quel kimono.
“Sei stata molto maleducata a lasciare la stanza in quel modo, non hai nemmeno chiesto il permesso, salutato o… o…” si fermò, pensando ad un altro modo per congedarsi senza però trovarlo, concludendo con uno stizzito: “Beh, non si fa!”
La bambina si voltò verso di lei con tutta la naturalezza e la calma di questo mondo.
“Certo che posso farlo. Mamma ha detto che posso farlo, che sono libera di fare ciò che voglio.” Rispose, candidamente.
Sensō aggrottò la fronte.
“Bugiarda.”
“Perché dovrei mentire?” ribatté l’albina, sicura di sé, prima di continuare: “Non ti conosco e tra un centinaio di anni sarò la tua compagna di viaggio, non ne ricaverei nulla a mentirti su questa cosa, giusto?”
In effetti aveva ragione, ma quale genitore permetteva una cosa simile?
La casata della pace era quanto di più strano avesse visto, ma d’altronde erano imparentati con gli déi della mattina, degli stupidi, allegri, pimpanti e assurdi personaggi per natura.
Inspirò profondamente dal naso, prima di tendere la mano, risoluta.
“Sono S
ensō, la novizia dea della guerra. Ora ci conosciamo.” si presentò, sorprendendo l’altra, che sorrise e strinse quella mano.
“Io sono Heiwa, la novizia dea della pace. Per gli amici e parenti sono Hecchan, piac...”
“Ripeto che sei una bugiarda.” Insistette la corvina, senza nemmeno darle tempo di finire la frase, tanto era convinta della sua idea e dal voler ragione.
Heiwa sospirò, mentre il viso tornava ad essere atono, spento.
“E io ti ripeto che è la verità, non ci guadagnerei nulla a mentirti… e, credimi, che poter avere tanta libertà non è poi così bello…”mormorò, tornando a fissare il laghetto.
“Pace e tranquillità… ma tanta noia e solitudine.”
Sensō strinse le mani in un pugno, prima di afferrare la bambina per i capelli e tirarli, arrabbiata.
“Noia? Poter essere liberi lo consideri una noia? Non hai idea di quanto sia… di quanto sia pesante stare sempre sotto gli occhi di tutti, controllata e ripresa continuamente!” le gridò, lasciandola solo quando l’altra singhiozzò per il dolore.
Non le era mai successo, non aveva mai perso il controllo così.
“A me piacerebbe essere guardata, controllata, come dici tu… invece nessuno mi presta mai attenzione… A volte la nonna, ma… a casa sono sempre sola. Oggi è il primo giorno dopo tanto che vedo così tante persone.” Piagnucolò Heiwa, tenendosi le mani sui capelli, come a proteggerli da un altro attacco.
La moretta strinse le labbra, continuando a non comprendere il suo punto di vista, ma in effetti si era comportata male.
Non era colpa di Heiwa se lei era nata in una famiglia così protettiva e rigida, ma il suo orgoglio si rifiutava di chiederle scusa.
“Pensa prima di aprir bocca la prossima volta.” Sbottò, girandosi per tornare in sala, lontano da quella piaga.
Ma non sopportava la sua vista… figuriamoci fare un viaggio insieme lungo trent’anni come prevedeva l’esame!
Heiwa la guardò andare, con un velo di tristezza, prima di alzarsi e tornare nella stanza da cui era uscita prima.

 

Le due divinità madri osservarono le figlie allontanarsi, in silenzio.
Avevano assistito alla scena dietro dei cespugli fioriti, per tenerle d’occhio ma senza intervenire.
“Come inizio è un disastro.” commentò la dea della guerra, a braccia incrociate sotto il seno.
“Non sempre i rapporti sono rose e fiori. La loro educazione è così diversa che era inevitabile uno scontro.” Sospirò la dea della pace, sedendosi con la schiena contro un albero e le gambe raccolte al petto, lasciando così in vista le gambe nude a causa del vestito.
La compagna la guardò, avvicinandosi fino a trovarsi al fianco dell’altra, in ginocchio.
“Noi siamo andate subito d’accordo, se ricordi.” La contestò, accarezzandole il viso con la mano guantata di rosso scuro.
“Eravamo diverse.” Convenne la seconda donna, volgendo la testa altrove.
La dea della guerra era una tentatrice, oltre ad essere stata il suo primo amore. Non voleva lasciarsi andare ancora come nei tempi addietro, ma allo stesso tempo il suo corpo premeva per aver un maggiore contatto, qualcosa di più di quella carezza.
La donna dai lunghi capelli scuri le prese il viso con entrambe le mani, per guardarla nei suoi occhi,  occhi che avevano il colore delle nuvole di un cielo azzurro.
“Sens…” prima che Heiwa potesse pronunciare qualcosa, la corvina era già sulle sue labbra, ad accarezzarle con le proprie, dolci e morbide.
Non riusciva a resistere ai suoi baci, alle sue carezze, che giungevano sempre inaspettate e nei momenti meno opportuni.
La dea della pace si staccò di malavoglia, per parlare: “C’è anche mio marito qui… Lo sai…”
“Anche il mio… ma mi manchi. Mi mancano i nostri momenti insieme…” Soffiò Sens
ō, tornando a baciarla.
“E tu sai… che non smetterò mai di amarti.” Sussurrò ancora, al suo orecchio, dandole qualche veloce lappata e scendendo velocemente sul collo, fino a raggiungere poi il bordo azzurrino del vestito dell’altra, la sua solita veste cerimoniale da dea.
Entrambe erano sposate, si erano dovute sposare per convenienza, per avere una discendenza, ma si amavano.
Si amavano da sempre, si erano amate per tante notti, prima di doversi lasciare e mettere su famiglia.
Volevano bene ai loro mariti e alle loro figlie, ma il loro non era un sentimento facile da cancellare.
Qualche volta sfuggiva al loro controllo.
Come in quel momento.

 

 

* Sensōburēku: guerra/spezzare
* Heiwamusubitukeru: pace/legare
* Azalea: simbolo cinese della femminilità e della temperanza, simboleggia anche la fortuna, un fiore da regalare prima di affrontare una prova importante.
*ikebana: arte giapponese di disporre i fiori


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Parla Tomocchi
: Una mini-long che sarebbe dovuta essere presentata ad un contest, ma alla fine ho deciso di non farlo perché non rispettava il genere e non volevo forzare i personaggi a fare qualcosa che non è tipicamente loro, o perlomeno non in tempi così brevi... Sensoo ed Heiwa sono parte della storia “The Novices” ed era da tempo che volevo parlare anche di loro -che sono secondarie, mooolto secondarie!-...
Sarà composta da circa tre o quattro capitoli, che sto ancora scrivendo y.y
Comunque... sappiatemi dire.
Voglio ringraziare Nemainn e Soheila che hanno letto due capitoli e mezzo in anticipo e che mi hanno assicurato che la ff era a posto :D
Alla prossima!

   
 
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