Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: reb    09/06/2014    2 recensioni
Prima non ci aveva fatto caso per via del buio, ma era carina. Con quella pelle chiara e le lentiggini sul naso. Poi occhi così non ne aveva mai visti.
-Perché non togli il cappello?- chiese curioso il bambino – Hai le orecchie a punta? O magari come un gatto?-
-Hai i capelli rossi!-
[... ...]
Perché quella bambina conosciuta tanti anni prima, che per i primi mesi si era aggirata curiosa per il castello con la sola compagnia di Mocciosus, adesso era diventata non solo bellissima, ma anche popolare. E tutti, tutti dannazione, non facevano che girarle intorno.
Eppure avrebbero dovuto saperlo che Lily Evans era territorio proibito!
-Eeevaans?- esclamò ancora vicino alla carrozza.
-Esci con me, Evans?-
Era talmente presa dai suoi pensieri che nemmeno l’aveva visto avvicinarsi. -Quante volte devo dirti di no, Potter, prima di farti capire la mia risposta?-
-Tante quante io ne impiegherò per convincerti a darmi una possibilità.- rispose serio lui.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, I Malandrini, Severus Piton | Coppie: James/Lily
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A















Hogwarts era sempre un magico spettacolo sotto Natale, che tutti gli studenti non si stancavano mai di ammirare con gli abeti decorati e le armature lucidate a specchio, Pix che da anima sadica qual’era organizzava attentati con gavettoni pieni di porporina e neve, perché appiccicasse meglio ai capelli e alla pelle dei ragazzi e li temprasse, gelandoli, contro le avversità del mondo, e il Frate Grasso che cantava carole a pieni polmoni, coinvolgendo, loro malgrado, tutti i malcapitati studenti che gli capitavano a tiro. E se tutti scappavano davanti a quella sorte peggio che davanti alla Signora con la falce, lui non sembrava accorgersene affatto, perso nei fumi dei festeggiamenti che lo rendevano euforico quanto un Bacco pieno di vino novello. A voler eufemizzare.
Hogwarts era sempre un magico spettacolo sotto Natale, soprattutto per chi dava per la prima volta un nuovo significato a magico Natale, come nel caso dei ragazzi mezzosangue.
Per Lily, il Natale dei suoi undici anni, era stata una rivelazione che l’aveva lasciata meravigliata ogni secondo di più e che l’aveva costretta a camminare con il naso continuamente per aria, cercando di non perdersi nemmeno il più piccolo dettaglio delle fantastiche decorazioni che i professori e gli studenti anziani avevano sparso ogni dove, nel castello. L’abilità di trasformare un posto come Hogwarts, che era l’essena stessa della magia, in uno che sembrava uscito direttamente da una fiaba, l’aveva commossa fino quasi alle lacrime. O meglio, la consapevolezza che un giorno, anche lei, che si era sempre ritenuta uno strano scherzo della natura, sarebbe stata in grado di creare tanta bellezza, l’aveva fatto.
Con lo scorrere degli anni quella meraviglia e gratitudine erano rimaste intatte e la ragazza pensava sinceramente che non sarebbero scomparse mai, come non sparivano quelle che la coglievano ogni volta che toccava la sua bacchetta e un piacevole calore le si diffondeva sottopelle. Una meraviglia che la faceva sentire ancora l’incredula bambina che era stata di fronte alla sua nuova scuola e alla sua nuova vita, incapace di capire in che modo avesse potuto meritarsi tanto.
Era stato in quel momento, in quel Natale dei suoi undici anni, che Lily aveva capito, con la certezza che solo le rivelazioni più grandi possono portare, che aveva trovato il suo posto nel mondo, che avrebbe dovuto svegliarsi ogni giorno e ringraziare del dono che le era stato fatto. Non era più la stramberia fuoriposto da nascondere e osservare con preoccupazione, ma una ragazza come tante. Normale, non aveva mai avuto un suono tanto dolce. E, senza Hogwarts, non l’avrebbe mai scoperto.
Proprio per quel motivo ancora non si capacitava di come fosse potuto succedere che si dimenticasse l’imminente arrivo della sua festa preferita. Non notare le mille piccole luci che illuminavano a festa i corridoi, i ghiaccioli incantati alle pareti, le calze colorate al camino della Sala Comune e la neve perenne che infestava i sotterranei. Quella, supponeva, non fosse stata esattamente un progetto approvato dai professori, ma qualche buontempone aveva pensato bene di terminare anzi tempo le lezioni di Pozioni, e nessuno avrebbe potuto fargliene una colpa.
Nessuno, a meno che non si chiamasse Lily Evans indietro sul suo quarto ripasso pre-MAGO ovviamente, ma non era quello il punto.
Era stata sua madre a riportarla all’ordine, con una lettera stranamente recapitata entro l’orario prestabilito, e in cui le aveva ricordato che l’avrebbero aspettata come ogni anno fuori da King’s Cross, che le avrebbe fatto piacere se avesse deciso di invitare le ragazze per la tradizionale merenda della vigilia, quando avrebbero potuto scartare insieme i regali anche se in anticipo rispetto alla comune tradizione e che non vedeva l’ora di abbracciare nuovamente James.
Lily sapeva leggere abbastanza tra le righe da sapere che sua madre le intimava di invitarlo almeno per un paio d’ore o lo avrebbe fatto lei così come le aveva ripetuto, tra l’altro, almeno una volta a settimana da che lo aveva incontrato e adorato per la prima volta. Ad Anne, la faccia tosta non mancava affatto e, scommetteva, che avrebbe fatto in modo di creare l’occasione per intontire il ragazzo di parole fino a fargli accettare qualunque sua proposta. Ciò nonostante non se ne era preoccupata, anzi, aveva volutamente ignorato tutto il sottotesto materno perfettamente conscia che, per una volta, la materna ingerenza sarebbe stata bene accolta. Da favorire, addirittura.
Ma dopotutto il clima nella torre di Grifondoro era irrespirabile da giorni, perfino chi non era a conoscenza delle circostanze, e cioè la stragrande maggioranza degli studenti, sentiva che il clima era tutto tranne che festivo.
E Lily si era ingegnata. A mali estremi, estremi rimedi, nonna Daphne lo diceva sempre, anche se di solito riferito al suo scontento per gli Irlandesi e il loro infestare, ovviamente di proposito e col solo scopo di irritarla, il suo quartiere. Quale fosse in quel caso, invece, il male estremo e il rimedio che intendeva applicare erano ovvi.
Cresciuta con una donna come Anne Evans, le festività, perfino le più commerciali che mente umana potesse partorire, avevano assunto gli stessi connotati di un dogma religioso e in quanto tale non esisteva funesto evento che tenesse impedendo di celebrarlo con tutte le tradizioni del caso. Nemmeno lo scontento di un Malandrino.
Dal momento poi che Petunia l’aveva sdegnosamente informata dopo il loro ultimo incontro che si sarebbe tenuta quanto lontano possibile da lei e dai suoi amici mostri, non c’erano pericoli di sorta in agguato nel lasciare campo libero a sua madre.
Inoltre sospettava che Sirius avrebbe potuto staccare per un po’ dai problemi. Ne aveva bisogno.
James non ne aveva parlato, non sapeva neppure nei dettagli cosa fosse accaduto quella sera nella torre, ma era bastato osservare il giovane Black in quei giorni per sapere che stava tutto, tranne che bene.
Eppure aveva ancora abbastanza spirito in corpo da camminare apparentemente tranquillo per i corridoi e scherzare con amici e conoscenti come faceva sempre, sotto l’ala protettiva degli altri tre, sebbene nessuno l’avrebbe mai detto. Se non gli avesse visto negli occhi quel tormento, appena rientrato dal colloquio col preside, forse avrebbe creduto alla sua farsa. Se non avesse saputo, non avrebbe mai capito, quanto quei tre spensierati ragazzi lo stessero proteggendo in una premura silenziosa e talmente profonda da non aver nemmeno bisogno di parole.
Erano straordinari, quei quattro.
Il resto della scuola, infatti, ne era stato abbagliato.
Erano straordinari, quei quattro.
Ma Anne, alla faccia di chi pensava che nei babbani non ci fosse la benché minima traccia di magia, le magie riusciva a farle davvero. E, di solito, le faceva parlando.
Ascoltare i suoi deliri e assecondare le sue mille manie faceva dimenticare i problemi anche a persone cervellotiche del calibro di Lily Evans e, per una volta, la ragazza aveva approfittato di lei.
Ora non le rimaneva che aspettare.
-Ehm Evans?- la chiamò esitante James un paio di giorni dopo l’arrivo della lettera di Anne.
-Cosa?-
La Sala Grande era ancora stranamente gremita, vista l’ora, ma nessuno sembrava far caso all’approssimarsi dell’inizio delle lezioni mattutine. Tutti i ragazzi erano troppo presi, nell’ordine, dalla loro colazione, dall’imminente festività e il conseguente ritorno a casa per prestarvi troppa attenzione e i professori si erano mostrati indulgenti per lo stesso motivo. Eppure, quando il ragazzo le si accostò, il chiacchiericcio si stemperò per alcuni secondi, prima di riprendere in una cacofonia di voci e sussurri, che rese noto ai due di essere sotto stretta sorveglianza.
Come ogni volta che si trovavano troppo vicini dalla giornata insieme a Hogsmade.
-Ecco…mi è arrivata questa e…insomma…- era davvero in difficoltà, il ragazzo, e lo dimostrava il tono incerto e le mani nervose, che stropicciavano la busta da lettere che teneva in mano, così inusuali per lo sfacciato che era James Potter.
Una busta estremamente familiare e, stranamente per la seconda volta a fila, non consegnata a un orario indegno.. Se non fosse stata sua madre, il mittente, Lily avrebbe anche potuto credere che finalmente avesse compreso come funzionavano le cose a scuola. Ma poiché era di Anne che stavano parlando, probabilmente lo aveva fatto solo con lo scopo di coglierla di sorpresa e irritarla, giacché lei aveva ignorato i suoi suggerimenti. E per fare buona impressione sul suo adorato tesoro, ovviamente. Mai che scontentasse il caro James, quella donna!
-Per Merlino finalmente! Ce ne ha messo di tempo!- borbottò Lily girandosi completamente verso di lui sulla panca e strappandogli di mano la lettera.
Tutta la Sala Grande, adesso, li guardò sbigottiti. L’atteggiamento di Lily risultava ancora atipico e, soprattutto considerando che era con James Potter che si rapportava così normalmente, nessuno ormai fingeva nemmeno più di non osservarli con spasmodico interesse e scommettere sulla loro prossima mossa.
La rossa, finalmente di nuovo tale per buona pace di James e le sue tenere ossessioni per le sue lentiggini, odiava tutte quelle occhiate invadenti ed era capitato, stranamente senza che nemmeno un’oncia di senso di colpa la pervadesse, di far finire in punizione alcuni tra i più impiccioni.
Non che fosse servito a qualcosa, ovviamente, erano ancora l’argomento più gettonato del momento!
Ma quella volta non se ne curò, presa com’era a leggere le parole di sua madre e il vedersi avverare davanti le sue macchinose aspettative.
Non sarebbe stato lo stesso, almeno per Sirius pensava, essere invitato da lei. Probabilmente l’avrebbe sentito come un invito imposto dal dispiacere. Dalla pietà, se il ragazzo era particolarmente tarato.
Nella lettera, tra i vari deliri, i tesoro e altre zuccherosità simili, che sua madre avesse una cotta per il suo ragazzo, che ancora non sapeva essere tale, era ormai assodato, trovò la parte che le interessava.
-Oh, ti ha invitato per la Vigilia, bene! Beh rispondile, no?- e con un gesto veloce gli piazzò davanti il retro della lettera di sua madre e, dopo aver frugato per alcuni secondi nella borsa strapiena che le stava a fianco poiché non sarebbe riuscita a salire fino alla torre di Grifondoro prima di pranzo, anche una penna.
Una penna babbana.
Che James guardò con lo stesso sguardo vacuo con cui guardava lei, indeciso se stupirsi di più per il suo comportamento o per quell’oggetto di cui non conosceva la funzione esatta.
Ovviamente non la conosceva, quel maledetto di Remus permetteva a lui e al suo degno compare di copiare i compiti dall’alba dei secoli.
Smidollato, lo insultò distratta la ragazza, prima di riprendersi la penna, stapparla e ripiazzarla in mano a Potter.
-Accetta, su!- lo incitò spiccia stringendogli la mano nella propria e mostrandogli cosa fare tracciando un ghirigoro veloce di inchiostro nero.
-Ma c’è Sirius da me…- borbottò ancora lui, occhieggiando curioso la penna e uscendosene con un tenero “Oh!” stupefatto quando riuscì a tracciare uno scarabocchio sulla pergamena di mano propria.
Era proprio come un bambino, pensò intenerita, prima di riportare all’ordine lui e se stessa.
-E allora? Pensi che a mia madre piacerà di più lui?- lo prese infatti in giro impietosa, punendosi per la piccola debolezza di poco prima. Da quando l’incapacità di James di concentrarsi su uno stesso argomento per più di cinque minuti e meravigliarsi invece per un oggetto sconosciuto fosse tenero, invece che abissalmente stupido, proprio non sapeva da dove le fosse uscito.
Frequentarlo le stava facendo male, era evidente.
L’aveva temuto per anni ed evitato per altrettanto, dopotutto.
-Ma ha invitato me e non posso certo presentarmi con un altro ospite…- provò ancora a spiegarle esitante lui.
La rossa ricordò improvvisamente tutti gli scrupoli che si era già fatto quel primo giorno a casa Evans, quando stupito si era ritrovato accolto in famiglia come se ne facesse parte da sempre e, giorni dopo, quando Dorea gli aveva chiesto consiglio su cosa mandare come ringraziamento per i padroni di casa e lei gli aveva risposto di lasciar perdere che Anne era già felice così, solo avendolo intorno.
A volte dimenticava quanto l’educazione che James aveva ricevuto da bambino differisse dalla sua, osservandolo spavaldo e spaccone camminare tronfio per i corridoi. Ma poi lo trovava in difficoltà ad accettare un invito, invito! quello di Anne sembrava più l’ordine di un dittatore e se lui non l’aveva capito era solo perché non la conosceva ancora bene, arrivato all’improvviso.
-Ci sono anche le ragazze, te lo ha scritto. E lo dirò io Sirius, se questo è il problema, e informerò mamma che saremo in più del previsto. Vedrai che le piacerà. Le piace avere la casa piena di gente strana. La fa sentire tra suoi simili, in fondo.- gli rispose incoraggiante carezzandogli la mano libera dalla penna, senza però potersi impedire una frecciata verso le stranezze di sua madre.
Lo vide sorriderle in risposta e stringerle la mano nella sua, come ringraziamento o forse solo perché era lui.
Era dolce, James, in quei momenti. Veniva voglia di stropicciargli le guance. O baciarlo.
Ancora sorridendo il ragazzo si mise a scrivere una risposta per Anne, firmandola poi con uno svolazzo degno del nobilastro che probabilmente era e agguantando spudoratamente il gufo di un altro studente, la cui unica colpa era stata quella di capitare a tiro del migliore cercatore della scuola, perché la recapitasse il prima possibile.
Aveva una sfacciataggine incredibile quel mentecatto, pensò esterrefatta Lily mentre lui ringraziava con un gesto il proprietario dell’animale e questo, abbagliato da quella scintillante aura che circondava sempre James Potter, quasi lo ringraziava a sua volta per avergli rubato il gufo impedendogli di spedire la propria, di lettera.
Era circondata da idioti, l’aveva sempre saputo.
Probabilmente leggendole in faccia quel pensiero, James mise su quella sua aria saputa e irritante e aprì bocca e Lily sapeva che, fino a qualche mese prima, quello che stava per uscirgli di bocca le avrebbe fatto venire voglia di prenderlo a sberle, ma adesso invece le avrebbe fatto venire voglia di ridere con lui.
Come fosse possibile che lei, il loro modo di approcciarsi, le reazioni istintive che lui le provocava, fossero cambiati così tanto in così poco tempo la stupivano ancora.
-Quindi inviterai Sirius, ma hai lasciato che fosse tua madre a invitare me.- le disse infatti allusivo e con la sua solita faccia da schiaffi.
-James…- lo ammonì Lily con un sorriso che già le saliva in viso.
-Evans se non volevi invitarmi…- continuò lui.
-Oh quanto sei scemo!- rise la ragazza.
Sapeva dove stava andando a parare.
E sapeva cosa voleva sentirsi dire.
Era la stessa cosa che le chiedeva di ripetere almeno una volta al giorno dal loro appuntamento a Hogsmade.
“Sei il mio ragazzo, James”.
E saperlo rendeva perfino quella faccia da schiaffi che aveva James Potter, il Malandrino per eccellenza, il più perfetto dei ragazzi.
Almeno per lei.
“Sei il mio ragazzo, James”.
-E allora dimmi quello che voglio sentire.-
-Vuoi passare la Vigilia con me, James? Dopotutto sono anni che papà aspetta di poter fare il terzo grado al mio ragazzo.- cedette alla fine, con una tranquillità che solo le costanti conferme che lui le dava, ogni secondo, ogni volta che le chiedeva di ripeterlo, ogni volta che le sorrideva illuminandosi letteralmente,ogni volta che entrava in una stanza e sapeva esattamente dove trovarla, ogni volta che chiamava il suo nome, potevano dare, nonostante il tempo per parlare e per stare soli fosse stato davvero irrisorio. Ma non poteva fargliene una colpa, lo avrebbe preso a calci se non fosse stato vicino a Sirius come doveva.
-Tua madre mi adora. Gli impedirà anche solo di avvicinarsi con intenti meno che amichevoli.- la prese ancora in giro Potter, ben consapevole che quella, purtroppo, era solo la mera verità.
Anne non avrebbe permesso a nessuno di toccarle il suo James. Nemmeno al marito, che pure adorava.
-Ma mamma non sa che stiamo insieme.- si prese una piccola rivincita lei.
Dopo un attimo di silenzio, in cui Lily pensò che forse buttargli in faccia in quel modo il suo volontario silenzio circa la loro novella relazione non era stata la più brillante delle idee, James le si avvicinò di alcuni centimetri, portando i loro nasi a toccarsi quasi.
-Certo che lo saprà, Evans. Gliel’ho appena scritto.- sogghignò poi lui e con un gesto vago della mano indicò la volta della Sala Grande verso cui, alcuni minuti prima, il gufo rapito era sparito insieme a tutti gli altri piccoli postini piumati.
-Potter!- lo sgridò lei, rossa in viso per l’indignazione e l’incredulità, mentre lui rideva fino alle lacrime sbilanciandosi all’indietro.
-Dai Lily, prima o poi avresti dovuto dirglielo comunque, no? E poi era stata proprio Anne a chiedermi se finalmente potesse considerarmi di famiglia o meno, non potevo non risponderle.- riprese a spiegarle sempre ridendo, mentre lei gli lanciava la penna contro. Che James il maledetto fosse riuscito a scansarla nonostante la distanza irrisoria che li divideva non era stato nemmeno ennesimo motivo di irritazione per Lily, tanto l’aveva dato per scontato.
-Che cretino, che sei!- lo insultò, ma sapevano entrambi che non era davvero arrabbiata.
Era stata arrabbiata mille volte nei loro anni insieme, e non c’era nemmeno da illudersi che lui non sapesse riconoscere quando rischiava la vita per mano sua da un bluff.
E dallo sguardo soddisfatto e ironico che gli illuminava gli occhi, Lily capì quanto poco si sentisse in colpa per aver dato quella notizia al posto suo, quanto quella situazione lo divertisse e, soprattutto, quanto fosse soddisfatto di averla fregata come ogni volta.
Era un subdolo manipolatore.
E capì anche qualcos’altro.
Quel subdolo manipolatore stava per calare un altro asso.
Prima sua madre.
Quel subdolo manipolatore stava per baciarla.
Poi tutta la scuola.
-Non provarci, Potter. Non pensarci nemmeno!- gli sibilò infatti scostandosi di alcuni centimetri da lui.
Il tono di comando che gli aveva rivolto per anni sembrava fare ancora il suo effetto, tanto che James si era  immobilizzato per alcuni secondi, prima di sogghignare ancora come il perfetto infame che era, e intrappolarle un polso con una mano e un ginocchio con l’altra, impedendole di alzarsi e andarsene.
Le catturò la bocca in un bacio appena accennato, uno strofinio di labbra ancora piegate in un sorriso, ma che bastò a mandare Lily nel pallone. E a far accendere James come una lampadina.
Il loro primo bacio in pubblico.
Davanti all’intera Sala Grande.
Quando James si staccò, con ancora negli occhi il baluginio felice che il non essere stato respinto aveva portato con sé, le sussurrò piano –Non si torna indietro, adesso, Evans.-
Come se avesse davvero voluto farlo, pensò lei, guardandosi comunque bene dal dirglielo per evitare che facesse la ruota come il pavone vanaglorioso che era.
-Borioso viziato ragazzino arrogante…- lo insultò allora, con un sorriso in viso.
Perché James aveva fatto la sua magia, come la faceva ogni volta da che aveva iniziato a vedere le crepe della sua maschera, e lui di quella di lei, e nemmeno quei difetti la toccavano più.
James le piaceva così com’era.
Arrogante e viziato e manipolatore e, spesso, impossibile.
Ma era James e con un sorriso tutti quei difetti smussavano improvvisamente i loro angoli.
 
 







Fu così che la relazione di James Potter e Lily Evans divenne ufficialmente di dominio pubblico, sotto lo sguardo sbalordito del professor Lumacorno, che osservava la sua migliore studentessa irretita dal ragazzo più festaiolo della scuola, quello sdegnato della McGrannitt, che non approvava certe effusioni in pubblico, e quello divertito di Silente, che invece vedeva solo due dei suoi migliori studenti, ragazzi in gamba ed estremamente dotati, innamorarsi tra le mura del suo castello.
Così presi dalle loro schermaglie, sommersi dal chiacchiericcio degli altri studenti e dalle esclamazioni felici dei loro compagni di casa, inutile dirlo tutti avevano tifato per James e ritenevano doveroso congratularsi con lui quasi fosse un eroe di guerra, Lily non si accorse quando con un rumore sordo alcuni libri caddero a terra. Così come non si accorse della figura che si era ghiacciata sulla porta d’ingesso alla Sala Grande, vedendoli così vicini, vedendo quel bacio improvviso e il sorriso complice che ne era seguito, per poi andarsene spintonando chi si trovava sulla sua strada.
Severus Piton non aveva mai tifato per James.
Non aveva accolto la notizia con divertita e incredula sorpresa.
Severus Piton aveva appena visto realizzarsi, davanti ai suoi occhi, il suo incubo di sempre.
James Potter, alla fine, aveva vinto.
Tutto quanto.
Perché aveva Lily, al suo fianco.
 































 
*
 



































Avere la casa invasa da maghi, intesi come un branco di maghi appena maggiorenni con la deprecabile abitudine agli scherzi e con un caratterino niente affatto malleabile, sembrava essere il sogno di Anne da parecchi anni a quella parte. Più precisamente da quando aveva bussato alla loro porta, in un’assolata mattinata di metà estate, un eccentrico nonnino dalla lunga barba d’argento e un gusto per la moda che definire kitsch sarebbe stato un complimento.
Il vecchio si era presentato come Albus Percival Wulfric Brian Silente, preside della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts e un’altra decina di titoli tra i più vari, forse perfino più strambi dei suoi innumerevoli nomi, ma Anne non lo aveva mai discriminato per questo. Dopotutto, quell’uomo aveva aperto una finestra su un mondo fino ad allora sconosciuto e che, finalmente, dava un nome alle mille stranezze della figlia.
Sapere che la sua bambina speciale, che a cinque anni era riuscita a incantare il suo orsacchiotto preferito perché prendesse il the con lei e i cui capelli erano ricresciuti nel giro di una notte nel periodo in cui voleva sembrare una principessa e la madre aveva tentato di tagliarli perché invece assomigliava più a Maga Magò, non era la sola bambina speciale nel mondo, e che c’era qualcuno in grado di insegnarle tutto quello di cui avesse bisogno di sapere, aveva tranquillizzato il suo cuore di mamma come nessun ansiolitico babbano avrebbe mai potuto.
E lo stesso effetto sortivano quelle piccole periodiche escursioni che lei e il marito organizzavano nel mondo privato di Lily, conoscere i suoi amici e ascoltare i suoi racconti, girare con lei per Diagon Alley o cambiare i soldi alla Gringott, perché se Silente lo aveva assicurato loro, in quel modo poteva assicurarsene.
Perché Lily era sempre stata speciale ai suoi occhi, come ogni figlio agli occhi della madre, ma grazie a Hogwarts e a quella lettera, speciale non avrebbe mai significato sola o diversa confrontandosi con il resto del mondo, nemmeno quando lei e George non ci sarebbero più stati.
Grazie alla magia, Lily finalmente aveva il suo posto nel mondo e questo, per Anne, compensava l’avere la figlia lontana per la maggior parte dell’anno e, perfino, l’incrinarsi sempre più profondo nel rapporto tra Lily e Petunia.
Non importava che spesso non la capisse fino in fondo o che le lettere di Lily assumessero  i contorni fiabeschi delle storie che le leggeva per augurarle la buonanotte da bambina. La sua piccina dagli occhi verdi non arrivava più da George correndo preoccupata per l’ennesima stramberia che le era capitata e che la sua mente razionale non le permetteva di capire. Anche se nel caso di Muffin, il suo adorato orsetto di pezza, si era ben guardata dall’informarli che avesse improvvisamente preso a muoversi e parlarle, quell’occasione era stata un’autentica gioia, quasi l’avverarsi di un sogno, che pertanto non era stata vissuta con disagio.
George, d’altra parte, sebbene condividesse le preoccupazioni della moglie quando ancora non sapevano esattamente come affrontare la particolarità della piccola Lily, era stato il più restio ad accettare tutti i cambiamenti che la lettera da Hogwarts aveva portato con sé. Per quanto amasse Petunia, infatti, Lily aveva sempre avuto un posto speciale nel suo cuore, due anime simili che si erano riconosciute immediatamente, indipendentemente dal legame di sangue che le univa, e sapere che presto sarebbe stata inghiottita da un mondo di cui non potevano far parte, in una scuola lontana che non avrebbero mai potuto raggiungere se lei avesse avuto bisogno, lo aveva terrorizzato.
Lily era così piccola, a undici anni. Con la testa piena di sogni e parole. Sogni e parole che lui aveva contribuito in larga parte a fornirle, trasmettendole la passione per la lettura e la curiosità verso il mondo.
Ma sapeva che avrebbe dovuto lasciarla andare, che la sua piccola avrebbe dovuto imparare a difendersi da sola e risolvere i mille piccoli crucci di cui George si occupava per lei fin dalla sua nascita, e così aveva sorriso e si era lasciato contagiare dall’entusiasmo di Anne, facendo si che il distacco tra loro fosse il meno doloroso possibile.
“Abbiamo una strega in famiglia!” aveva, per primo, esclamato orgoglioso, affrontando finalmente il grande elefante rosa nella stanza con il nome che meritava.
Era la sua bambina, dopotutto, e voleva solo la sua felicità.
Vederla con i suoi amici, prima con quel ragazzino che viveva a Spinner’s End e che la guardava con una luce di adorazione negli occhi, e poi con Alice e Julie e le altre ragazze che venivano a trovarla almeno un paio di volte l’anno, gli aveva solo fatto capire di aver fatto la scelta giusta, anni prima.
Aveva fatto il possibile per rendere le proprie figlie felici.
Con Petunia era stato facile.
Le era stato vicino in ogni sua scelta, perfino quando aveva deciso di sposarsi, appena maggiorenne con un uomo che George non sentiva particolarmente vicino. Averla accompagnata all’altare e aperto le danze con lei era stato tutto quello che gli era stato chiesto.
Era la sua bambina, dopotutto, e voleva solo la sua felicità.
E Petunia sapeva esattamente cosa voleva e così era stato anche quel giorno.
Lily, però, non si sarebbe mai accontenta di una vita del genere. Essere madre e moglie non sarebbe bastato a farla sentire realizzata, lo sapeva da sempre. Lily voleva affermarsi come donna per intero, nel mondo e nella vita privata e per farlo aveva bisogno di quello che solo Hogwarts e altri maghi come lei potevano darle.
La frattura tra le due sorelle, che proprio sulle necessità particolari di Lily profondava le sue radici, forse un giorno sarebbe stata sanata, dopotutto erano entrambe così giovani. Forse avrebbero trovato un nuovo punto d’incontro e si sarebbero riconciliate, un rapporto più maturo e consapevole, diverso dall’istintivo affetto che le aveva legate ancora bambine, ma lui non poteva far altro che star loro vicino e sperare per il meglio, raccontando all’una cosa stava succedendo nella vita dell’altra e viceversa, perché non si riscoprissero completamente estranee quando avrebbero voluto confrontarsi.
Era Anne, quella dai mille piani e strategie, in genere. Ma sembrava che anche Lily avesse ereditato quella dote in particolare, sebbene la sua mente in genere inquadrata non l’avesse mai fatto sospettare. Eppure proprio quello sembrava, da quando quella mattina si era alzata insolitamente presto per i suoi standard da studentessa in perenne carenza di sonno per l’ennesimo ripasso fino a tarda notte, e cos’ anche in quel momento.
George la osservava voltare il viso a intervalli irregolari verso la porta dalla cucina da cui proveniva la voce squillante di Anne e le risate di due ragazzi così come poco prima aveva portato avanti una conversazione di sguardi con la madre prima di sbuffare e lanciarle un’occhiata intimidatoria. Come se certe occhiate funzionassero, con sua moglie. Quella donna ignorava sistematicamente ogni cosa che non le interessava  o che la infastidiva, ma Lily, testarda quanto lei, ancora cercava di vincere.
Cosa si fossero dette, George aveva deciso di ignorarlo fin dal ritorno a casa della figlia per le vacanze natalizie, quando Anne le era saltata al collo pigolando di quanto fosse orgogliosa di lei, che era stata abbastanza furba da accaparrarsi James prima che una sciacquetta qualsiasi glielo rubasse di sotto il naso, in barba al suo credo femminista. Lily aveva borbottato indignata cercando di fermarla, ottenendo in cambio solo di sentirsi redarguire circa il silenzio stampa che aveva portato avanti sull’argomento.
“Se non fosse stato per il caro James tu, figlia degenere, avresti taciuto tutto alla tua mamma…” ed era andava avanti per ore tenendo imperterrita la propria posizione sulle linee d’attacco.
Di certo, però, tutta quella premura andava ai ragazzi sconosciuti e di cui, negli anni, non avevano mai sentito parlare, che avevano bussato alla porta di casa Evans verso le quattro di pomeriggio e che avevano fatto ridere George in un modo che non ricordava di aver fatto da anni. Forse fin da quanto era solo un ragazzo.
Ma se, inizialmente, l’uomo aveva imputato tutte quelle attenzioni a James e al sentimento che provava per lui, si era dovuto presto ricredere e aveva iniziato a studiare con occhi diversi e più attenti l’altro ragazzo arrivato con lui, quel Sirius, così come aveva fatto mesi prima con James.
E stavolta non c’entrava niente il modo sincero e istintivo con cui sua figlia si rapportava con quello che per George altro non era che uno sconosciuto, ma le silenziose attenzioni che tributava ad un nuovo e altrettanto complesso estraneo, stando bene attenta che lui non le notasse, ignorando, se non addirittura, incoraggiando, tutta l’esuberanza della madre.
“Cosa stai facendo, Lily?” avrebbe voluto chiederle, ma non era sicuro che la risposta gli sarebbe piaciuta così come non era sicuro che Sirius gli piacesse.
Non per qualche atteggiamento strano e nemmeno per la sua educazione, sembrava che i giovani rampolli del mondo magico avessero tutti l’educazione impeccabile e vecchio stile che lui apprezzava, ma per quanto gli aveva sentito dire a sua figlia, farmatosi a osservare con curiosità le foto di famiglia disposte con amore sul camino.
-Tua sorella, Evans?- le aveva chiesto con tono tranquillo e tuttavia la mascella contratta.
 Lei, dopo alcuni secondi di silenzio, si era avvicinata per studiare a sua volta la foto e commentare tranquilla –Petunia, si…come ti ho detto, ti adorerebbe.-
-Come il mio con te, immagino.- aveva replicato con tono amaro, riprendendo quello che evidentemente era uno scherzo solo loro.
George non aveva avuto bisogno di sapere cosa si erano detti in precedenza al riguardo per sapere che quello non era un complimento verso la maggiore delle sue figlie né il fratello di lui, ma che Lily ne avesse parlato così tranquilla, senza l’angoscia che la prendeva da sempre per quel particolare argomento, con quel ragazzo gli aveva fatto male al petto.
Cosa li unisse, cosa fosse successo tra loro, da arrivare a un’intimità tale da poter scherzare sulle tragedie della propria vita non lo sapeva, ma gli aveva messo davanti agli occhi, come se ce ne fosse bisogno, che Lily era cresciuta e che, tutto quello che si era augurato la sua piccina riuscisse a fare una volta arrivata la lettera per Hogwarts e ogni giorno da allora, si era avverato.
Eppure non ne era stato contento.
Sapendo quello che sapeva del mondo magico, della situazione che stava vivendo, sul terrore che un uomo stava seminando come una trentina di anni prima un altro uomo aveva già fatto in Europa e nel mondo delle idee e delle paure di sua figlia al riguardo, vederla pronta a diventare donna non gli piacque affatto. Eppure, saperla accanto a persone del genere era, allora stesso tempo, stranamente confortante.
Era mostruoso pensarlo di ragazzi tanto giovani. Non erano nemmeno adulti eppure erano chiamati a fare scelte impossibili. Lui e Lily ne avevano parlato così spesso, prima mentre cercava di dissuaderla, poi cercando di convincerla a prendere tempo, procrastinando quando possibile. Ma Lily, come Petunia, sapeva cosa voleva. E voleva combattere per i proprio sogni e il proprio futuro.
James l’avrebbe protetta, gli occhi del ragazzo ne erano una conferma silente ogni volta che si posavano sulla ragazza, e anche le sue amiche, le ragazze si sarebbero sempre guardate le spalle a vicenda nel momento del bisogno. E forse anche Sirius, sarebbe stato al suo fianco.
La morsa allo stomaco che sempre lo coglieva ogni volta che pensava al futuro che Lily si era scelta, a quello cui sarebbe andata incontro, i pericoli, gli scontri, la paura, si fece più forte fino a stringergli la gola, tanto che fu costretto a uscire in giardino, in maniche di camicia nonostante il freddo, per riprendere a respirare. O almeno convincersi che quella era la soluzione.
Era un padre che amava sua figlia. Ma, in certe scelte, era costretto a farsi da parte e pregare. Pregare, in un Dio in cui non aveva mai creduto davvero,sembrava l’unica cosa che gli fosse rimasta.
 
 













 
 
ANGOLO AUTRICE.
Ecco, si ho ancora il coraggio di farmi viva, quando forse dovrei ammettere i miei limiti e lasciar perdere. Sinceramente, non so come scusarmi per aver lasciato passare così tanto tempo dall’ultimo aggiornamento. Giuro che non me ne ero resa conto, anche se, lo avessi fatto, l’ispirazione latitava e, tra esami e tirocinio, non è che avrei potuto fare molto.
Non posso che scusarmi in ginocchio e accettare tutti i pomodori che vorrete tirarmi, ammesso che non abbiate abbandonato la storia.
Le risposte alle recensioni, al solito, arriveranno in serata, massimo domani. Non posso che sperare che qualcuno passerà a dare un’occhiata al capitolo, anche se lo so che non succede poi molto. Praticamente nulla, insomma!
Ora solo due note.
Muffin, l’orsetto di pezza di Lily con cui prende il the, è un omaggio a una delle mie puntate preferite di SPN, “Wishful thinking” (4X8), per chi volesse andare a vedersela che, sebbene poco del pauroso delle prime stagioni ci sia, è geniale. E l’orso di pezza bipolare, depresso e con manie suicide perché non riesce a comprendere il mondo cattivo in cui si è ritrovato, l’ho ancora nel cuore dopo anni.
L’altro, che avrete riconosciuto è “Abbiamo una strega in famiglia!”. Ho iniziato a leggere Harry Potter appena uscì in Italia, avrò avuto sette anni a dire tanto, infatti sapevo leggere a stento, e Petunia la odiavo. Dopo anni, e ancora leggo la saga quando mi viene nostalgia, con una maggiore consapevolezza, senza più la visione in bianco e nere che avevo da piccina e un quadro generale di tutta la storia, capisco che c’è molto di più dietro la donna rancorosa e irascibile che leggevo ai tempi. Insomma, indiretto omaggio a lei. Perché probabilmente anche io sarei diventata una stronza megera, passatemi l’insulto, se mia sorella avesse ricevuto una bella lettera per Hogwarts e io un due di picche!
Mi scuso ancora per l’assurdo ritardo e ringrazio chi darà un’opportunità anche dopo tanto tempo. Sempre felicissima se mi fate sapere cosa ne pensate.



Un abbraccio,
Rebecca.
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: reb