Capitolo
7
“Dove siamo?” chiesi come prima cosa, perentorio.
“Villagio di Uclia, poco lontano da dove ci siamo incontrati.
Non appena si è addormentato, ho ritenuto più
saggio trovare un posto per riposare, dove potessimo anche ottenere
delle cavalcature.” rispose senza battere ciglio il soldato.
La sua risposta non mi sorprese: niente di meno da Dan il
perfezionista.
“Molto bene. Notizie degli inseguitori?”
“Per ora tutto tace, mio principe. Temo che non tarderanno a
trovarci, i segni del nostro scontro non sono pochi, ma non mi sono
fidato ad andare più lontano. Non sarei riuscito a
proteggerla adeguatamente mentre dormiva. Il fatto che adesso si fidi
di me significa che… ha incontrato la regina
vero?” domandò lui esitante.
La mia voce si fece lontana, quasi sognante, persa ancora in un mondo
grigio e piatto. “Sì, l’ho vista. Mi ha
spiegato anche il tuo compito… motivo per cui non ti sto
uccidendo in questo momento.”
L’ultima parte venne affiancata da un mio sorrisetto ironico,
in cui però si potevano vedere vere tracce di minaccia. Non
avrei permesso di nuovo a Dan di avermi alla sua mercé,
vulnerabile così a lungo.
Mi alzai dal letto, allontanando le coperte, e notai che il pugnale
pendeva al mio fianco, in un fodero di pelle molto semplice. Guardai
interrogativo l’uomo, che rispose scrollando leggermente le
spalle. “È vostro ora. Quello renderà
più facile il trasporto.”
Oooh questa non me la
posso perdere. “E dimmi… chi mi
avrebbe messo il fodero al fianco?” domandai sorridendo, con
un mormorio.
La risposta giunse immediata, lui perplesso, ignaro delle mie
insinuazioni. “Io ovviamente, chi altri?”
“Oh! Male, molto male Dan. È così ti
piace mettere le mani addosso alle persone addormentate. Almeno dimmi,
com’è stato? Il mio corpo era di tuo
gradimento?”
Immediatamente il suo volto si accese di un rosso brillante, colpito
dalle parole. Non si aspettava di certo una domanda del genere, ed
imbarazzato, iniziò a balbettare.
Ohohoho qui qualcuno
è timido vedo.
Avanzai molto lentamente verso di lui, lo sguardo da predatore che
aveva avvistato una facile preda. L’altro fece un piccolo
passo indietro, incerto delle mie intenzioni, incerto delle proprie
intenzioni. Gli passai accanto, sfiorandolo delicatamente, un tocco di
spalla contro spalla. In quel momento sentii un breve sospiro
tremolante da parte sua. Contento del risultato, uscii con un grosso
sorriso.
Scoprii che ci trovavamo in una semplice taverna, il numero delle
stanze era talmente esiguo che il corridoio si affacciava direttamente
al piano inferiore. I tavoli erano pochi, ma anche così
sembrava che la gente si fosse accalcata tutta nel locale.
Dev’essere
l’unico posto della zona dove si possa bere, pensai
distrattamente, scendendo le scale. Notai che alcuni mi fissavano,
forse interessati o forse curiosi del nuovo arrivato, ma non diedi loro
attenzione. Mi avvicinai invece al bancone, e lanciai un sorriso
luminosissimo al ragazzo che vi lavorava, decisamente bello, e dal modo
in cui rispose, interessato.
“Ciao, bell’addormentato.” disse per
prima cosa.
Lo guardai un attimo, sbattendo le palpebre. La mia espressione si
incrinò lievemente.
“Come scusa?”
“Ahah, no scusa tu. È che quando sei arrivato,
stavi dormendo e il tuo amico ti portava in braccio. Dimmi, dove
l’hai lasciato?”
“Mi piace mantenere le distanze. Non siamo mica
sposati.” Ok,
più chiaro di così non potrei essere.
Ma non sembrarono necessari ulteriori chiarimenti, gli si
illuminò il volto, rendendolo ancora più
affascinante. Poggiai lievemente la mia mano sulla sua e a voce
bassissima gli chiesi: “Quando finisci?”
L’altro non si mise problemi, passò un attimo lo
straccio sul bancone, chiamò un giovane dal retro e subito
dopo mi raggiunse. Nel cingermi il fianco con un braccio,
avvicinò la sua bocca al mio orecchio. “Non ho
orari, sono il padrone. Fai un fischio e io sarò sempre
pronto.”
“Oh. Sai potrei anche darti retta, ti fischierò
così tante volte che probabilmente alla fine mi dirai
no.”
Bleah, mi sto facendo
senso da solo. Sento che mi verrà qualche conato.
Il locandiere non condivideva le miei opinioni anzi, dalla grandezza
del sorriso, sembrava che gli avessi proposto il matrimonio.
“Vieni con me!” iniziò a guidarmi verso
la porta, pronto a trovare un posto al riparo da occhi indiscreti.
“Lucas!” Una voce, parecchio infastidita a quanto
pare, sovrastò il brusio della sala, che si spense
immediatamente. Dan mi fissò irato, le mani strette alla
balaustra con grande forza, tanto che il legno scricchiolò.
“Non credi che dovresti restare dentro? Tra poco dobbiamo
andarcene, si sta già facendo tardi. Abbia perso abbastanza
tempo con il tuo pisolino.”
Certo, sono sicuro che
sarà quello il motivo per cui mi vuoi dentro. Ma figurati.
“Susu Daniel, non dovresti preoccuparti così
tanto! Abbiamo ancora tempo, non credi? Questo gentile locandiere mi ha
detto che sa dove ci possiamo procurare dei cavalli. È
così gentile che si è preso persino il disturbo
di accompagnarmi, pensa! Sarebbe da veri maleducati
rifiutare.”
Detto questo mi voltai, e seguii il giovane fuori dalla sala. Ancora
una volta neppure una mosca volò. Lo sguardo di tutti si
alternava tra noi, che tranquillamente uscivamo ancora abbracciati e
Dan, che livido di rabbia ci lanciava sguardi infuocati, tali che li
sentivo sulla schiena. Quando chiusi la porta mi accertai che
sbattesse, giusto per dare un effetto melodrammatico alla scenata.
Subito il giovane (a breve avrei scoperto che si chiamava Jan)
abbandonò il mio fianco, mi prese la mano e con sguardo
invitante mi condusse al fienile di fianco alla sua locanda.
Passammo parecchio tempo lì dentro. Tocchi infuocati,
respiri bollenti, e gemiti. Quando uscimmo, accaldati ma soddisfatti,
il nostro volto portava il nome di Piacere. Fatto che non
sfuggì al soldato appoggiato al muro opposto alla porta del
locale. Con occhi color carbone prima lanciò uno sguardo
gelido al giovane, che un poco preoccupato si allontanò in
tutta fretta dopo un breve saluto, e poi rivolse il suo fastidio verso
di me. Io, come sempre, mi limitai a fare un sorriso sardonico.
“Spero che sia soddisfatto finalmente, principe. Le guardie
ormai saranno molto vicine. Se prima eravamo in pericolo, il tempo
perso per soddisfare i suoi bisogni di certo non ha aiutato.”
“Dan, lasciami dire due cose: quando e come voglio soddisfare
i miei bisogni non sono affari tuoi; ed inoltre mai dire che del buon
tempo passato con me sia sprecato, dici così solo
perché non hai ancora provato. Comunque, andiamocene,
neanche io ho voglia di ritrovarmi le guardie addosso.”
Le ultime parole famose: un’improvvisa ondata di mana
attraversò i dintorni, subito seguita da urla strazianti.
“Troppo tardi temo.” Mormorò cupo Dan.
“Sembra che abbiano fatto uscire allo scoperto i pezzi
grossi.” dissi con un fischio di ammirazione: tutto intorno
al villaggio era stata eretta una barriera di notevole forza,
invisibile all’occhio, senza un singolo punto debole.
“Incantesimo di classe difensiva, livello Generale:
Carapace.” Commentò piatto Dan, con una punta di
preoccupazione.
“Adesso sei diventato un enciclopedia per incantesimi?
Comunque non c’è bisogno di dirmelo, so che
è uno dei generali, se proprio vuoi saperlo è
Tibor, ma scommetto che ci sono anche gli altri. Conoscendo Oberon
avrà deciso di dare il tutto per tutto… Allora
Dan, danziamo?” chiesi io spensierato, allungando la mano
verso di lui.
Per una volta il rigido soldato sembrò capire
l’ironia e con un sorriso disinvolto, inclinò il
capo, eseguendo una riverenza: “Le concedo il primo ballo,
principe.”
“Oh mio caro, tu sì che sai come corteggiare un
uomo.”
Il divertimento e l’esaltazione della prossima battaglia
stavano iniziando a prendermi.
Liberai ogni oncia di mana nel mio corpo, sprigionando una forza tale
da illuminarmi (sapete, se in questo mondo fossero esistiti i fari al
neon, probabilmente le persone mi avrebbero paragonato a quello) e
liberare fortissime scariche di vento. Congiunsi i palmi, concentrando
l’aria in quell’unica zona, preparandomi
all’incantesimo più adatto a spezzare barriere del
genere. Quella qui utilizzata presentava infatti un reticolo
cristallino: grazie ai diversi punti focali possedeva una grande
difesa; allo stesso tempo però era la sua debolezza.
Infatti, una volta distrutto un singolo punto, sarebbe stato facile
abbatterla completamente.
In teoria il piano era semplice, ma attuarlo non lo sarebbe stato
affatto: il potere necessario a distruggere quel singolo punto
d’incontro sarebbe stato tremendo. Dan comprendendo le mie
necessità, assunse una posizione difensiva, pronto a
difendermi da qualunque attacco nemico.
Ovviamente non tardarono ad arrivare: con tutto il potere che stavo
liberando, era difficile non notarmi. Provarono a lanciare
alcuni dardi di fuoco e ghiaccio verso di me, ma vennero immediatamente
distrutti dalle fiamme del mio cavaliere nella sua brillante armatura.
Come si conviene a dei buoni soldati, capirono immediatamente che non
sarebbero riusciti ad abbattermi immediatamente, perciò
cambiarono tattica e puntarono contro Dan. Per ribaltare la loro
mancanza di potenza rispetto all’avversario, cecarono di
creare un incantesimo più potente unendo le forze: lo
rinchiusero in una gabbia di solida roccia, creando intorno
un’altra gabbia e così via, di modo da renderla
una prigione a strati multipli. Una volta terminato però,
non si dedicarono tutti a me, alcuni rimasero concentrati
sull’incantesimo, rafforzando i muri e ricostruendo di
continuo quelli distrutti. Due invece mi rivolsero dei ghigni
soddisfatti, già alcune sfere di fuoco nelle mani. Purtroppo
per me non avevo ancora finito le preparazioni, quindi non potevo
muovermi, o avrei dovuto ricominciare tutto da capo. Ma non mi dovetti
preoccupare: con un rombo assordante infatti, la gabbia si sciolse come
neve al sole, un mare di fiamme eruttando da una singola figura. I
soldati cercarono di creare barriere protettive, sfortunatamente per
loro senza effetto: a poco a poco vennero erose, ogni difesa
stracciata; con urla assordanti, non poterono fare altro che cedere
all’attacco, al fuoco, al dolore. In breve tempo di loro non
rimase nulla.
Altri soldati giunti da poco non si avvicinarono, probabilmente alla
ricerca di un metodo per abbatterlo. Fecero solo dei deboli tentativi
con alcuni bombardamenti, ma senza successo.
Mentre si arrovellavano il cervello, io finalmente terminai. Tra le
mani non più congiunte, si era formata una lancia dai colori
violacei e dai contorni indefiniti; non la toccavo direttamente, ma la
potevo manipolare muovendo semplicemente il palmo della mano. Per
testarla la agitai un paio di volte verso i soldati nei dintorni, che
si allontanarono timorosi, o addirittura si protessero con degli scudi,
quando invece arrivò loro giusto una brezza leggera.
Ridacchiai soddisfatto ed assunsi una posa di lancio.
“Dan, preparati: appena abbatto il primo punto di
congiunzione della cupola, tu parti da quello e distruggi
tutti gli altri; poi ai soldati penso io.” mormorai
poco prima di muovermi.
Lanciai con tutta la forza che avevo l’arma, che una volta
allontanatasi abbastanza iniziò a ruotare su se stessa,
acquisendo un’incredibile forza di penetrazione. Quando
raggiunse la barriera, un bagliore viola illuminò la zona.
Nonostante ciò, potei percepire distintamente il contrasto
tra le due forze: la barriera sembrava non voler cedere, ma col tempo
non ebbe scelta, annientata dalla forza superiore del mio
incantesimo. Abbattuto quello, subito percepii le fiamme
distruttive cercare e abbattere ad uno ad uno gli altri punti di
intersezione, diffondendosi come un virus.
Durante l’abbattimento dello scudo io mi dedicai alle altre
guardie: prima lanciai alcune sfere di vento che diversamente da quelle
nemiche, annientarono facilmente le loro difese. Probabilmente
ritenendomi un tipo di attaccante a lunga distanza, i sopravvissuti si
avvicinarono con spade e pugnali, commettendo anche in quel caso un
grave errore. Presi infatti la mia nuovissima arma e la danza delle
lame iniziò. Colpo su colpo; scintille di acciaio contro
acciaio; grida di dolore; carne squartata; schizzi di sangue a bagnare
i dintorni, ben poche mie. Ruotai, evitai, tagliai, saltai, calciai,
pugnalai… nessuno si salvò. Alcuni minuti dopo
alzai lo sguardo, mentre il cielo cadeva in numerose schegge luminose.
I miei vestiti erano schizzati di sangue, ma non me ne preoccupai,
probabilmente a breve ne sarebbe arrivato altro.
“Grazie per avermi dato del tempo principe. Mi ha
sorpreso… non sapevo che fosse abile con le armi da
taglio.”
“Figurati se la mamma non ci ha insegnato a combattere a
distanza ravvicinata. Sarebbe stato penoso: i figli della Regina di
spade che non riescono ad usare un’arma. Poi
l’evocazione della lancia mi ha sfiancato, quindi preferisco
evitare di lanciare incantesimi per qualche ora. Non posso neppure
creare le illusioni con il pugnale: non ho mai provato e non mi sembra
il caso di farlo ora, ti pare?”
“Capisco... però se non è in grado di
usare la magia, temo che sarà difficile batterci. Non crede,
principe?” disse una voce alle mie spalle.
Sospirai per niente sorpreso, li avevo percepiti avvicinarsi, ma viste
le loro capacità sarebbero stati comunque in grado di capire
la mia fatica. “Tibor, Ilona, Alexander, da quando i generali
si spostano da soli? Non vedo Yuri però…
è in vacanza?”
Finalmente mi voltai per osservare i volti dei tre nemici. Due erano
molto simili, anche se di sesso differente: Tibor e Ilona, i generali
gemelli. I loro capelli un tempo completamente castani erano ormai
ornati da numerose ciocche grigie (non so bene se per lo stress o la
vecchiaia); nonostante ciò il loro corpo era ancora agile e
scattante, capace di rivaleggiare facilmente quello di giovani
ventenni. Il terzo membro era Alexander, il più giovane da
un secolo a questa parte ad ottenere la sua carica; era difficile darne
una vera e propria descrizione, visto che indossava sempre un cappuccio
talmente grande da coprire completamente i suoi lineamenti,
nascondendoli nell’ombra (credo che ci fosse un incantesimo
dietro, ma anche se fosse, era talmente flebile che mi era impossibile
percepirlo).
Tibor inclinò il capo in saluto quando incrociai i loro
sguardi e rispose: “No, sire. Ci sembrava scortese
abbandonare la regina in un momento simile, quindi Yuri è
rimasto al suo fianco. Il suo viaggio non è ancora
terminato…” la sua voce si spezzò
leggermente al finire della frase, ma subito venne rincuorato dalla
sorella, che con dolcezza gli strinse il braccio.
“E ditemi, la vostra è una visita di piacere? Ho
sentito che qui vicino ci sono delle terme fantastiche, un vero
toccasana per il corpo!”
“La prego principe la smetta, sa benissimo perché
siamo qui. Per piacere ci segua senza lottare. Senza la magia non
può sperare di battere tutti e tre, neanche con
l’appoggio di Dan.”
“Ho solo detto che preferirei non usarla, mica che non
posso.” ribattei io facendogli l’occhiolino. Subito
afferrai la mano di Dan, mi avvicinai al suo orecchio e mormorai:
“Preparati a rendere le cose bollenti.”
Sollevai una forte corrente d’aria, che avvolse i tre senza
preavviso, non l’avvicinai troppo, in quanto i loro scudi
l’avrebbero dispersa in fretta, ma di colpo vennero
avviluppatii da numerose fiamme. Dan, capendo le mie parole aveva
subito creato un bel tornado di fuoco, che continuammo ad alimentare
aumentando il potere di entrambi gli incantesimi.
Quando fui sicuro che avrebbe retto per un po’ iniziai a
correre, allontanandomi. Lanciai un breve sguardo alle mie spalle,
chiedendomi perché la mia guardia non si fosse mossa, ma con
un gesto mi fece capire di non fermarmi.
Li terrò a
bada il più possibile, lei scappi. Probabilmente
cercava di farmi capire questo, o semplicemente voleva offrire loro del
tè. Qualunque fosse il motivo, io fuggii. Mi sentii un
po’ codardo ad abbandonarlo, ma lo conoscevo: sarebbe
scappato in un modo o nell’altro.
Corsi con tutta la forza che avevo, evitando ogni ostacolo, svoltando
angolo dopo angolo. Non potevo permettermi di volare, quindi dovetti
accontentarmi di attraversare vicoli e vie nascoste per non farmi
trovare. Ero quasi arrivato alla foresta quando dovetti fermarmi, ogni
via di fuga bloccata: ero stato circondato completamente da una
barriera. Cercai di riprendere fiato, spossato dalla corsa; non avevo
potuto neppure utilizzare delle magie di sostegno fisico, per evitare
che mi rintracciassero, ma sembrava che fosse stato inutile.
“Ora basta scappare, principe. Non si addice ad una persona
del suo rango.” disse Tibor spuntando da una casa di fronte,
seguito subito da Ilona.
“Siete proprio persistenti, cosa vi costa lasciarmi andare?
Avete Mikhael come principe no? Prendetevi lui e fatemi vivere la mia
vita.” esclamai, seriamente infastidito.
“Sa bene quanto me che potendo lo faremmo, ma non
è questo il caso. Adesso ci segua.”
ribatté l’altra.
Certo, come no pensai.
Invece di rispondergli, mi limitai a dare fondo alla mia riserva di
mana, sperando che bastasse per sconfiggerli entrambi. Dal terreno
iniziarono ad innalzarsi numerose sfere di metallo che,
richiamate e manipolate dal mio potere presero la forma di
catene, la cui punta terminava in uncini acuminati. Senza perdere
tempo, le diressi verso i due, che non si mossero, essendo protetti da
un ulteriore scudo. Subito dopo risposero a loro volta sferrando
numerosi attacchi.
Ilona si lanciò contro di me ad una velocità
folle, i pugni ben stretti. Cercai di scartare di lato, ma il mio
movimento ebbe vita breve: sbattei in fatti contro un'altra barriera,
perdendo l’equilibro e rendendomi impossibile un
contrattacco. La nemica ne approfittò, comparendomi subito
alle spalle: dopo un calcio ben assestato al retro del ginocchio,
cercò di farmi perdere i sensi con una serie di pugni prima
al fianco e poi alla testa. Grazie alle mie difese riuscii a resistere,
ma ormai vedevo tutto sfocato. Non potevo sperare di batterla in un
combattimento corpo a corpo, quindi cercai di allontanarmi. Scossi la
terra, così da farle perdere un punto d’appoggio
solido, quindi con una bolla d’aria la allontanai, ma
sembrava che anche questa mossa fosse stata prevista, infatti dopo
pochi metri, una barriera comparsa alle sue spalle venne usata come
punto d’appoggio per un ulteriore scatto nella mia direzione.
In tutta fretta diressi le catene a creare una sorta di rete che grazie
soprattutto alla sua stessa spinta, causarono qualche danno stordendola
momentaneamente.
Mentre recuperavo un attimo fiato, lanciai una serie di incantesimi:
prima di tutto evocai uno spirito del Metallo, che si sarebbe occupato
del controllo delle catene, fornendomi aiuto (non osai evocarne uno
più potente, in quanto avrebbe richiesto troppo tempo),
quindi manipolando la terra, creai una serie di crepacci. I due
avversari evitarono tutte le spaccature senza problemi, saltando da un
punto all’altro, ma non era con quello che speravo di
ferirli. Mentre erano in aria infatti, erano più vulnerabili
e li attaccai. Mentre le diverse catene non lasciavano loro spazio per
destreggiarsi, iniziai a lanciargli ad alta velocità diverse
sfere di metallo, della grandezza di una mano. Puntai soprattutto verso
Tibor, perché se avessi abbattuto lui, sarebbe stato molto
più semplice sconfiggere la sorella.
Inizialmente la sua difesa rimase perfetta, ma a poco a poco cedette.
Neppure un generale poteva sopportare due attacchi in contemporanea,
mentre era costretto a saltellare come un coniglio per non finire sotto
terra. Fu musica per le mie orecchie sentire la barriera infrangersi e
con esse le costole del guerriero, provate dalle mie sfere. Ovviamente
non mi fermai a questo: il metallo assunse infatti una forma appuntita
che trapassò lo stomaco del generale, facendogli sputare
sangue.
Il territorio fu nuovamente libero, ogni barriera abbattuta a causa
delle ferite e della mancata concentrazione del loro creatore. Non ebbi
però tempo per godermi la vittoria, infatti durante il mio
attimo di distrazione Ilona, sfuggita all’assalto delle
catene, si era avvicinata abbastanza da tirarmi un pugno. La forza
dell’attacco fu tale che mi schiantai contro il muro di una
capanna, che cedette sopra di me.
Sputando sangue cercai di liberarmi dai detriti, ma il corpo non
rispondeva bene ai comandi.
Stronza, mi deve aver
rotto un bel po’ di costole e almeno un braccio. Dannazione,
dannazione, dannazione.
Dopo alcuni tentativi, riuscii a concentrarmi abbastanza da crearmi una
via di fuga spostando i detriti. Quando ne uscii, vidi che Ilona era
affianco al fratello, cercando di capire il danno. Gorgogliai una
risata, e seppur dolorante riuscii a dire: “Non
l’ho ucciso, se lo porti in fretta da un guaritore si
salverà.”
Lei rispose con un semplice sguardo infuocato, d’odio puro;
prese il fratello tra le braccia e si allontanò, con tutta
la velocità che il ferito poteva sopportare.
Mi accasciai ad una parte di muro ancora intatta, continuando a sputare
così tanto sangue che iniziavo davvero a preoccuparmi. Non
conoscevo molti incantesimi di guarigione, e anche quei pochi che ero
in grado di utilizzare, mi permettevano solamente di accelerare un poco
la rigenerazione.
Non riesco neppure ad
invocare uno spirito ormai, non ho praticamente più mana, e
come minimo devo avere parecchie ferite interne per colpa delle schegge
d’ossa. Bella fine per un genio in fatto di magia, non
c’è che dire.
Cercavo di rimarginare le ferite interne con i pochi poteri curativi
che possedevo, ma non sembravo avere molto successo. Le palpebre
iniziarono a chiudersi, le forze mi abbandonarono e non potei fare
nulla per impedirlo. Per un po’ cercai di lottare, ma senza
successo.
Che cavolo…
scappo una volta e riesco a stare in latitanza per anni, scappo la
seconda volta e mi ritrovo a morire il giorno dopo. Dimmi se non
è sfortuna questa. Non posso neppure dire che sia stato un
viaggio divertente… sembra che ti raggiungerò
presto, mamma.
Infine mi arresi al calore che sentivo crescere sempre più,
chiusi gli occhi e mi abbandonai all’oblio.
In un mondo di completa tenebra, in cui neppure il mio corpo sembrava
esistere, l’unica presenza costante era il calore. Un onda
bruciante, dolorosa, cocente. Il tempo passava, ma non ero in grado di
seguirlo, potevano essere secondi, minuti, ore, giorni.
Quando riaprii gli occhi, non ero sicuro se fossi semplicemente passato
aldilà, se questo fosse il famoso Infinito tanto acclamato
dal popolo. Devo ammettere che non era un granché: ero
disteso su un giaciglio di paglia (particolarmente scomodo)
all’interno di una grotta; da quanto potevo vedere fuori
stava piovendo; senza contare che a causa delle continue vampate ero
sudato fradicio. Ormai sicuro di essere sopravvissuto, mi voltai
mormorando debolmente. “Dan?”
Finalmente vidi chi mi faceva compagnia nella grotta. Nonostante non
fossi in grado di esprimerlo al meglio, ero assolutamente sbalordito:
non soltanto non c’era Dan, ma non conoscevo neppure la
ragazza che mi stava sorridendo mezza divertita.
“Mi dispiace ciccio, ma non sono Dan. Preferisco che mi
chiamino Nahia.”
Cercai di alzarmi, ma una fitta lancinante al costato me lo
impedì, facendomi ricadere pesantemente a terra e
provocandomi ancora più dolore. Subito si mosse verso di me,
tirando fuori dalla borsa al suo fianco una fiala contenente del
liquido che mi fece bere forzatamente. “Potresti startene
fermo per cortesia?” disse irritata.
“Già è un miracolo che ti abbia trovato
e guarito in tempo, sarebbe alquanto fastidioso se morissi
ora.”
Combattendo un altro attacco di tosse, cercai di muovermi il meno
possibile, sperando che mi passasse in fretta. Una volta
tranquillizzato un poco la osservai più attentamente. Una
donna alquanto affascinante, dalla pelle color caffelatte.
L’attenzione veniva però concentrata maggiormente
sui suoi occhi, per il loro colore: uno era infatti viola, mentre
l’altro era color zafferano.
Probabilmente l’avevo fissata troppo a lungo (mi era sembrato
poco tempo, ma con la febbre che mi ritrovavo non si poteva mai dire)
perché domandò: “Dimmi, trovi
interessante quello che vedi? Mi dispiace ma non
c’è niente in vendita!” con un
espressione divertita.
“Non preoccuparti, non vedo niente di
interessante.” Risposi io con un accenno di sorriso.
“Passando alle cose serie… chi sei e dove
sono?”
“Non perdi tempo eh? Come ho già detto mi chiamo
Nahia e ci troviamo in una grotta vicino ad Uclia. Sono stata attirata
dai rumori della battaglia, tra l’altro complimenti, sei
piccolino ma riesci a fare parecchio danno se ti ci metti.”
terminò lei ridendo.
Io senza darle retta continuai con le mie domande. “Per caso
hai visto se c’era qualcun altro nel villaggio? Alto, biondo
occhi neri, gioca col fuoco?”
“No, mi dispiace. A dire la verità non ho neppure
controllato, ti ho subito tratto in salvo. Non sono una persona
bravissima?”
“Certo, certo. Dimmi, sei sicura che non ci troveranno qui?
Ho giusto un esercito intero che mi segue, sai.” commentai
ironico.
Un sorriso divertito le attraversò il volto. “Non
preoccuparti ciccio, ho messo un sacco di barriere in giro, non
potranno rintracciarti. Saremo soli soletti, non è
fantastico?
“Si, certo. Ora però puoi anche confessarmi cosa
vuoi in cambio. Difficilmente la gente si prende tanto disturbo per
salvare uno sconosciuto. Men che meno se deve stare attento ad un
intero esercito di soldati nel frattempo.”
Non potevo fare molto in quello stato, ma non mi costava nulla fare
domande. Al massimo mi avrebbe minacciato, cosa che non avrebbe potuto
comunque peggiorare la mia situazione.
Per un secondo gli occhi le si rabbuiarono, ma in breve assunse di
nuovo un espressione divertita. “Ogni cosa a suo tempo mio
giovane paziente, adesso cerca di riposarti. Quando ti sveglierai,
starai molto meglio.” Mise una mano sulla mia fronte,
applicando un incantesimo del sonno.
Mentre la coscienza scivolava via, riuscii a mormorare alcune parole:
“Cerca Dan, per favore.”
“Stai tranquillo, ci pensa sorellona Nahia a te ora.
Dormi.”
Infine mi abbandonai nuovamente al buio e al calore, perdendo i sensi.