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Autore: wolfsbane97    11/06/2014    2 recensioni
E' una specie di diario, e voi, cari lettori, probabilmente mi conoscerete meglio di chiunque altro.
Spero di non annoiarvi, e se avete critiche naturalmente mi farebbe piacere sentirle, anche se volete dirmi che fa schifo. Qualsiasi cosa, davvero.
Enjoy.
S.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
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E ci siamo, l’ultima festa del mio terzo anno di liceo. Non sono più una “bimba” del biennio, ora sono vista in maniera diversa, o almeno, io vedo in maniera diversa gli altri. Non sono piccola come le ragazze del primo e del secondo anno, ma di certo non sono grande come quelle di quarto e quinto. Sono nel bel mezzo, e questo dovrebbe avvantaggiarmi. Ho comprato un vestito rosso acceso, lungo fino a sopra il ginocchio, con taglio in vita e schiena scoperta: il mio acquisto migliore da molto tempo. Misi dei tacchi neri e il giubbotto di pelle, presi il cellulare e la borsetta nera, e si parte. Mi ritrovai con il mio gruppo di amici all’entrata, aspettammo i ritardatari ed entrammo. Nemmeno a farlo apposta, chi è la prima persona che notai entrando? Ma certo, un ragazzo di 1,80 m, in camicia bianca e jeans. L.
No. Mi ero ripromessa di non pensarci più. Era fidanzato, anche se della ragazza nemmeno l’ombra per tutta la sera, e di lì a poco non lo avrei rivisto più. O almeno, questo era ciò che pensavo il sabato precedente: come ho già detto negli scorsi capitoli, il sabato abbiamo educazione fisica alla stessa ora, e dividiamo la palestra; beh, la settimana prima, appunto il sabato a seconda ora, ero partita con l’intenzione di vederlo per l’ultima volta, perché poi si sarebbe diplomato e chissà dove sarebbe andato poi. Insomma, entro in palestra e la sua classe non c’è, siamo solo noi. Inutile dire che una specie di piccolo vuoto mi si è formato dentro: per quanto mi ripetessi che non mi importava, mi importava eccome. Non lo avrei più rivisto.
Avevo completamente rimosso la possibilità di rivederlo alla festa, e in un certo senso mi aveva fatto bene: niente preoccupazioni, potevo pensare solo a me. E lo feci. Peccato che tutto finì nel preciso istante in cui lo vidi appena entrata. Era bello, perché prenderci in giro, e anche involontariamente lo cercavo in continuazione. I miei occhi combattevano con il mio cervello, che tentava di convincermi a non fregarmi di lui, o di nessuno: dovevo andare sulla pista e ballare, senza pensieri, solo divertimento. Per una volta, decisi di non farmi altro male, e convinsi gli altri (sì, ogni volta devo convincerli, perché chissà perché, ma i drammi esistenziali emergono solo alle feste) a venire con me a ballare. Ben presto ci separammo tutti, e io rimasi con una coppietta (quale novità). Per quanto potesse sembrare una situazione scomoda, è stata la più “vivibile” fino ad ora: mi hanno coinvolta, per non lasciarmi sola, e mi andava bene se ogni tanto mi ritrovavo per qualche minuto sola mentre loro si succhiavano l’anima a vicenda.
Ok, non mi crederete mai, ma alcune persone hanno provato a ballare con me.
Sì, S. era ricercata! Peccato fossero al 90% maniaci.
Ma hey, c’è sempre quel 10%.
Va bene,  procediamo con calma: il primo fu un mio vecchio compagno di elementari, che era solito prendermi in giro in continuazione. Non essendo abituata a sentire le mani di un ragazzo addosso, mi venne spontaneo spostarmi. Forse era la mia me interiore di 10 anni che mi obbligava a prendermi una piccola vendetta. Ma non ci avevo perso molto.
Il secondo fu un malato psicopatico che mi toccava ovunque, e ebbe anche il coraggio di dirmi all’orecchio “Stai tranquilla, non ti faccio niente”. Beh, prontamente spostata verso la coppietta, che aveva notato la mia situazione di disagio e mi aveva tirata a se.
Il terzo fu un ragazzo che un tempo mi scrisse in chat: dolce sì, ma allo stesso tempo freddo. Era un chitarrista se non sbaglio, capelli lunghi fino alle spalle, ingelatinati indietro. Okay, la mia situazione con questo ragazzo è complicata: penso che lui sia l’unico ragazzo che si sia mai leggermente interessato a me, ma che, purtroppo, non era contraccambiato. Ho cercato in tutti modi di dire a M, che faceva da mediatrice tra me e lui che io non ero per nulla interessata, e che me ne dispiaceva moltissimo, e forse in reazione a questa notizia, smise di scrivermi. Mi sono sentita malissimo, ma non per averlo perso (alla fine non avevamo legato): ero uno schifo perché troppe volte ho provato il dolore di essere rifiutata, e non avrei mai pensato di poter essere l’artefice di un atto del genere. Ho potuto vedere la cosa dal punto di vista di chi rifiuta, per una volta. Penso con un' eccezione, però: non credo nessuno si sia mai sentito così male a rifiutare me.
Insomma, questo ragazzo, che chiamerò R, mi cercava tra la folla dall’inizio della serata, l’avevo notato, ma per nessuna ragione al mondo avrei voluto avvicinarmi. Perché? Semplice: tutto ciò avrebbe comportato un mio rifiuto (a ballare, logicamente), e non volevo sentirmi a disagio come mi sono sentita quando l’ho respinto qualche mese fa. Starete pensando “Oh, è arrivata l’anima santa”. Chiamatemi come volete, ma davvero, lo giuro, non volevo creare la stessa situazione di nuovo (scomoda e imbarazzante per me, e penso triste per lui). Quindi ero lì, a ballare con E e B (che si sono messi insieme, è vero, non ve l’ho detto), e tutto a un tratto sento delle mani sui miei fianchi: fu istintivo voltarmi a vedere chi fosse, e quando capii che era lui una morsa mi prese lo stomaco. No, no no! Feci una cosa di cui so che mi sarei pentita, ma che era l’unico modo per liberarmene (che brutta parola, Dio mio): lo fulminai con uno sguardo da stronza, come a dire “scollati”. Fare la stronza è davvero qualcosa che non mi appartiene, non l’ho mai fatto e di certo non sono brava. Peccato che questa volta penso abbia funzionato davvero bene: sparì. Non lo vidi più per tutta la serata; mi preoccupai anche un po’, a dire il vero. Anche semplicemente scriverlo, mi mette un' angoscia incredibile, mi sento davvero male.
Il quarto ragazzo fu davvero un bel ragazzo: alto, muscoloso, capelli biondo scuro con un ciuffo alzato, un po’ di barbetta e occhi castani: mi stava appiccicato dietro come una cozza. Qui dalle mie parti si dice “presciarsi”, ovvero essere soddisfatti di se stessi o di qualcosa; beh, ero davvero davvero presciata.
Ma secondo voi, chi viene a bussare alla porta del piccolissimo ego di S.? Ma certo, è il senso di colpa!
E chi aveva più il coraggio di ballarci insieme? All’occorrenza, un trenino di persone mi divide da E e B, lasciandomi sola con questo ragazzo semiperfetto. Era quasi il mio momento, ma B afferra la mia mano, fermando il trenino e mi tira a sé. Del ragazzo con cui ballavo nessuna traccia: era come evaporato. Non mi stupirei se fosse stata solo la mia immaginazione. Alla fine, però, fui quasi sollevata di esserne stata separata. Quella odiosa vocina dentro di me collegata al cuore mi diceva che non era giusto. E io l’ho ascoltata.
Continuavo a ballare con E e B, mentre cercavo in tutti i modi di avvicinarmi a L. Non ci fu storia, non ci riuscii. Poco prima di andarcene tutti a casa, lo vidi: appoggiato al muretto, fuori il locale, con un drink in mano, aspettando che i suoi amici uscissero con la macchina per accompagnarlo. Quella era davvero l’ultima volta che l’avrei mai visto. Lo guardavo, cercando di ricordarmi quanti più dettagli possibili, mentre sorridevo come un' idiota. La macchina che doveva portarlo a casa alla fine uscì, e lo vidi lentamente allontanarsi e scomparire tra le tante altre macchine che attraversavano la strada per portare in paese.
Era davvero finita.
Penso che una parte di me sia finita con tutta questa storia: di certo, ora ci penserò due volte a fissarmi con qualcuno (sempre che il controllo di questo sia nelle mie facoltà). Eppure non mi è dispiaciuto tanto stare male: è stata un esperienza; dolorosa, ma pur sempre esperienza. Voi direte che sono pazza, beh probabilmente sì. Sì, direi proprio di essere pazza.
Ma hey, non sarei S altrimenti.


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