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Autore: lilyhachi    11/06/2014    3 recensioni
(AU; Storybrooke; highschool; Peter Pan/Wendy Darling)
Se Peter e Wendy fossero due liceali che si ritrovano a Storybrooke alle prese con la vita di tutti i giorni e con le loro "controparti"? Da questa domanda, che mi sono posta spesso durante la terza stagione, è nata un'idea abbastanza strana che mi ha spinta a dare vita a questa storia. Spero che vi piaccia e buona lettura.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Pan, Wendy, Darling
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dimenticali, Wendy. Dimenticali tutti.'
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V
 
You and me

 
“And I had the week that came from hell. And yes I know that you can tell.
But you’re like the net under the ledge. But I go flying off the edge
You go flying off as well. And if you only die once I wanna die with.
You got something I need”.
(One Republic – Something I need)
 
 
“Ti serve un passaggio per tornare a casa?”.
Quella domanda, pronunciata con una leggera incertezza e  con un sorriso che sapeva un po’ di imbarazzo un po’ di arroganza, aveva completamente stravolto la serata di Maggie Banning. Si era ritrovata alla festa di compleanno di Julia Adams (1), amica fedele di Jeremy e ragazza di suo fratello John, avvolta in un vestito verde che arrivava fino al ginocchio: semplice ma senza dare troppo nell’occhio se non per il colore acceso, e i capelli biondi si poggiavano alle sue spalle in boccoli perfetti, mentre si muoveva con naturalezza fra gli invitati con un sorriso sbarazzino. Inoltre, aveva trascorso almeno metà della festa a sorbirsi la visione di Jeremy appiccicato alla sua ex-ragazza, Shana Samuel (2), perfetta nelle sue curve morbide, nei suoi capelli neri che ondeggiavano lungo la schiena e nella sua pelle d’alabastro. Maggie aveva tenuto il bicchiere di Coca fra le mani per tutto il tempo, fingendo di non aver analizzato le loro figure nei minimi particolari e studiato il loro labiale per ipotizzare cosa stessero dicendo. Eppure, non c’era bisogno di molta immaginazione per intuirlo: il sorriso complice e la mano di lei poggiata delicatamente sul suo braccio diceva praticamente ogni cosa. Si era distratta solo per concentrarsi su Paige mentre le si avvicinava con un sorriso radioso, accanto ad Henry, impegnato a prenderle qualcosa da bere. Vedere la sua migliore amica fra le braccia del ragazzo per cui aveva avuto una cotta fin da bambina era qualcosa di meraviglioso: la dimostrazione che chiunque poteva aspirare alla felicità e raggiungerla. Sembrava che ci fosse speranza per tutti, tranne per quelle persone come lei che preferivano ignorare un flebile accenno di sentimento, lasciandolo crescere, alimentandolo solo per poi ritrovarsi senza nulla fra le mani.
Non voleva disturbare Paige, guastando una serata che aveva aspettato tanto, né tantomeno suo fratello che teneva la festeggiata per la vita con un sorriso dolce in viso. Era già pronta a comporre il numero di suo fratello Michael ma Jeremy aveva fatto sì che le sue dita lunghe si fermassero, indugiando sulla tastiera.
Si era offerto di accompagnarla a casa e ci era voluto un silenzio imbarazzante lungo il tragitto verso casa per far sì che fra i due ci fosse un bacio improvviso e non calcolato. Non era stato un bacio a fior di labbra, un gesto timido fatto per sondare il terreno: era un vero e proprio bacio, spinto da qualche sguardo lanciato nella speranza che l’altro non se ne accorgesse. Dopo aver fermato la macchina fuori casa di Maggie, Jeremy si era semplicemente sporto verso di lei, senza dire una parola, senza nemmeno darle modo di prepararsi a ciò che stava per fare ma dopo un tentennamento iniziale, la ragazza si era ritrovata a ricambiarlo, affondando le dita nei suoi capelli e stringendolo a sé, senza sapere come, quando o per quale motivo.
Si erano baciati per un tempo quasi indefinito, senza aggiungere parole superflue, solo sospiri, ma come era iniziato, allo stesso modo il bacio era terminato e Jeremy l’aveva guardata con la bocca dischiusa e l’espressione stranita, come se avesse appena visto un fantasma.
Sembrava pentito. A quella sensazione, Maggie aveva fatto respiri profondi in modo da far arrivare quanto più ossigeno al suo cervello che, in un moto di ribellione, aveva riattaccato la spina, portando la ragazza ad allontanarsi immediatamente da lui e scendere dalla macchina, mettendo fine a tutto.
Inutile dire che non aveva preso sonno, troppo intenta a rigirarsi nel letto...e come lei, anche Jeremy, che era portato le dita alle labbra, in ricordo del bacio.
Il mattino dopo, Maggie non aveva avuto idea di come comportarsi o gestire la cosa.
A dirla tutta, erano molte le cose che Maggie non sapeva, come dove fosse finito il leggero odio che aveva sempre provato verso il ragazzo, ma forse era svanito nel momento esatto in cui l’aveva visto nel corridoio con gli occhi lucidi e il viso pallido, o forse semplicemente non c’era mai stato.
Quando Jeremy la incrociò nel corridoio, Maggie sgusciò via, come un topolino in trappola che cerca disperatamente una via di fuga, senza guardare gli occhi azzurri e luminosi del ragazzo. Sorrise amaramente, più a sé stessa che a qualcun altro, ripetendosi che non doveva cadere in quella rete, che doveva lasciarsi quei baci alle spalle, perché dietro la copertina del ragazzo viziato e pieno di sé, forse non c’era nulla che potesse essere in qualche modo diverso.
 

“Quindi pensavo di chiederle di uscire”, terminò Chris, addentando una patatina fritta, seduto accanto a Jeremy che fissava distrattamente il suo vassoio.
“Uhm“, mormorò l’altro, perso nei suoi pensieri.
Chris si voltò verso di lui, scompigliandosi i capelli biondi con fare turbato e osservando Jeremy: il suo sguardo era così severo che il chiarore dei suoi occhi era mutato. Se solo Jeremy si fosse voltato a guardarlo, sarebbe rimasto colpito, ma ovviamente non lo fece.
“Sai, ieri sono uscito con tua madre”, dichiarò con naturalezza, aspettando la reazione dell’amico. “Devo dire che è una donna molto interessante, mi piace".
“Fantastico”, rispose il ragazzo, suscitando una maggiore stizza nel suo amico che, stufo, lo colpì con uno scappellotto sulla nuca, richiamando la sua attenzione.
“Amico, non hai ascoltato neanche una parola”, lo rimproverò il ragazzo, adirato ma allo stesso tempo preoccupato, poiché vedere Jeremy in quello stato non era cosa da tutti i giorni. “Si può sapere cosa ti prende? Hai la testa fra le nuvole”.
Jeremy sbuffò, spingendo con le dita il vassoio e allontanandolo del tutto, mentre Chris lo guardava sempre con maggiore perplessità.
Jeremy Barrie non si era mai ridotto in quello stato, nemmeno per una ragazza: non mangiava, non parlava, non ascoltava. Quando stava insieme a Shana, la sua ex-fidanzata storica, non lo aveva certo visto struggersi, anzi, eppure in quel momento sembrava afflitto da qualcosa che Chris non riusciva ad identificare.
“Mi dispiace”, si scusò l’altro, grattandosi il capo e cercando di non pensare a quella ragazza che gli occupava la mente da diversi giorni o forse non l’aveva mai abbandonata. “Sono solo molto stanco tra lo studio e gli allenamenti”.
“Amico, mi credi un imbecille?”, domandò Chris, corrugando le sopracciglia, e accigliandosi ancora di più quando Jeremy lo fissò come se volesse rispondere. “Non dirlo, sta zitto! Dimmi cosa ti sta passando per l’anticamera del cervello prima che ti faccia parlare con le cattive”.
Jeremy sospirò, sconfitto, perché se c’è era una cosa su cui Chris non poteva essere fermato era proprio la voglia di farlo parlare. Quando si metteva qualcosa in testa, nessuno riusciva a farlo desistere, nemmeno lui. Riordinò un attimo le idee, non sapendo da dove iniziare.
Si sentiva stordito ogni volta che Maggie gli girava intorno. Qualche sera fa l’aveva baciata, spinto da qualcosa che non comprendeva e poi si era spaventato al pensiero di ciò che avrebbe potuto comportare quel gesto azzardato. Da allora, non aveva avuto alcun modo di avvicinarsi a Maggie, un po' per paura, un po' perchè lei aveva cercato di impedirglielo in ogni modo possibili. La verità era che Jeremy quasi odiava l’idea di loro due insieme, che camminavano per i corridoi tenendosi per mano e scambiandosi sguardi complici. Odiava quell’immagine che si proponeva nella sua mente, perché troppo distante da lui, come se non la meritasse. Odiava immaginare sé stesso in uno scenario felice, allegro e spontaneo...come la ragazza che gli sarebbe stata accanto.
“Una ragazza”, disse semplicemente, senza fare alcun nome.
“Non ti avevo mai visto così per una ragazza”, gli fece notare Chris mentre l’amico scrollava le spalle. “Ho la sensazione che non mi dirai di chi si tratta”.
“Non mi ero mai sentito così”, sussurrò Jeremy, trovando strana e imbarazzante tutta quella situazione che stava vivendo.
Lui non era tipo da parole e descrizioni sui sentimenti. Non aveva mai fatto simili discorsi con Chris, ma neanche con qualcun altro.
Di solito bastava una pacca sulla spalla e una frase di incoraggiamento ma nell’ultimo periodo le cose stavano cambiando. Jeremy poteva percepirlo sulla propria pelle che c’era qualcosa di diverso nell’aria: ogni cosa stava mutando e lui non poteva fare nulla per impedirlo, se non aspettare.
“Sembra importante”, esclamò Chris con tono pacato, come per dare al suo amico il tempo di abituarsi a quella affermazione che aveva fatto, perché forse non doveva essere semplice.
Jeremy si voltò verso di lui, facendo un cenno con il capo e ricordando tutti quei trascorsi che aveva avuto con Maggie, fin da bambino.
Ricordava ancora l’ambiente calmo e sereno della sua casa, così come ricordava quella bambina che gli si era avvicinata, donandogli una ghianda che lui teneva ancora gelosamente custodita, come il più prezioso dei tesori, da cui non si era mai separato.
“O vuoi stare con qualcuno oppure no”, sentenziò Chris, incrociando le braccia, mentre Jeremy lo scrutava con attenzione. “Non è tanto difficile, se ci pensi è molto più semplice di quanto sembri. Se questa ragazza conta tanto, non credo ci sia molto da dire”.
Quando aveva sentito Chris parlare a quel modo? In realtà, mai. Chris Andersen non si era mai cimentato in consigli detti con il cuore o frasi di quel tipo, eppure era davanti a lui e gli stava parlando come mai prima di allora, e doveva pur significare qualcosa.
 
Maggie passò il telefono all’orecchio sinistro mentre con la mano destra tentava di mettere in ordine la propria camera, ascoltando Paige in preda al panico per il suo appuntamento con Henry. Scosse la testa, sorridendo, mentre la sua amica blaterava su come la sua scelta di vestiti fosse così pessima da far scappare il ragazzo, ma Maggie poteva solo divertirsi a quelle parole dettate dall’ansia. Paige avrebbe trascorso una bellissima serata, ne era più che certa.
“Devi solo stare calma”, la rincuorò Maggie, ricevendo un mugolio afflitto in risposta.
“Come faccio?”, le chiese la ragazza, sempre più sconsolata.
“Respira”, consigliò Maggie, ascoltando il respiro regolare dell’altra. “Adesso, smetti di ciarlare, attacca il telefono e vai a darti un ultimo sguardo per uscire con il tuo Henry Mills. Chiaro?”.
Dall’altro capo del telefono, Paige sospirò. “Cristallino”.
Maggie sorrise, salutandola e chiudendo la telefonata: la sua migliore amica sarebbe sempre stata incorreggibile, ma come darle torto? Era pur sempre una ragazza innamorata. Infilò i pantaloni della tuta e scese in cucina, beandosi del silenzio della sua casa, libera dai suoi rumorosi fratelli, entrambi usciti, e dai suoi genitori, impegnati in una cena di beneficienza.
Maggie si stiracchiò, pronta a godersi una serata in completa solitudine
Aveva un programma da rispettare che non prevedeva alcun pensiero diretto ai baci o al ragazzo che glieli aveva donati, ovvero Jeremy Barrie. Ogni volta che pensava a lui, c’era sempre un aggettivo che gli si accostava quasi automaticamente: “tossico”.
Paige ripeteva che fra loro c’era una connessione forte, ma silenziosa, poiché nessuno dei due sembrava intenzionata a mostrarla, ma c’era anche da dire che Paige era un’inguaribile romantica, sempre piena di speranze e aspettative, cose con cui Maggie aveva perso familiarità. Negli ultimi due giorni, si era volutamente impegnata ad ignorarlo, fare in modo che stessero a debita distanza per non vederlo, per non sentirlo, per non ricordare i due baci che si erano scambiati. La ragazza scosse la testa, riponendo il bucato nella lavatrice e azionandola, per poi recarsi in soggiorno e scegliere il film che avrebbe visto: la scelta cadde su “Thor”.
Forse quella non era una serata tipo a cui poteva aspirare una ragazza della sua età ma ogni tanto Maggie sentiva il bisogno di concedersi un po’ di relax che poteva comprendere una passeggiata, come una serata con le amiche o, come in quel caso, un po’ di tranquillità e un film.
Stava andando tutto secondo il suo programma, o almeno così credeva, poiché quando tornò nella lavanderia, notò come la sua convinzione fosse andata in frantumi. La sua lavatrice aveva deciso di tirarle un colpo basso, cacciando acqua e schiuma, e rischiando di far prendere un colpo alla ragazza che si precipitò subito verso il display, premendo ripetutamente il tasto “off”, senza ottenere alcun risultato.
“Oh mio dio!”, esclamò Maggie, in preda all’agitazione.
Tentò di staccare il tubo dell’acqua ma quello che ottenne fu soltanto una doccia non prevista e per nulla piacevole.
Come se quella serata non avesse già preso una pessima svolta, il suono del campanello rischiò soltanto di farla imprecare. Maggie corse all’ingresso con i capelli completamente bagnati e i vestiti zuppi. Era così distratta e in preda al panico che aprì la porta senza neanche chiedere chi fosse: se si fosse trattato di un ladro, sarebbe stata la sua serata fortunata. Tuttavia, forse un ladro sarebbe stato meglio di Jeremy Barrie, almeno per Maggie.
La ragazza lo fissò, schiudendo le labbra, mentre Jeremy osservava la sua figura esile e completamente bagnata, chiedendosi cosa le fosse capitato.
Non fece in tempo a parlare che Maggie si volatilizzò nella lavanderia, rifilandogli un semplice “non è il momento adatto” ma Jeremy la seguì, chiudendosi la porta alle spalle. Quando il ragazzo la raggiunse, si trovò di fronte ad una scena che non avrebbe pensato di vedere nemmeno nei prossimi dieci anni: quella stanza sembrava più una piscina che una lavanderia, poiché l’acqua aveva invaso almeno tutto il pavimento e così anche la schiuma.
“Cosa diamine combini?”, domandò, facendosi spazio.
“Uno schiuma party!”, rispose Maggie, stizzita. “A te cosa sembra?”.
Il ragazzo si avvicinò maggiormente, cercando di non scivolare e affiancandosi a Maggie che non sembrava andare molto d’accordo con la lavatrice.
Jeremy si sporse verso il tubo dell’acqua dietro la lavatrice e riuscì a chiuderlo, premendo poi il tasto che la spense, come fosse la cosa più normale del mondo, sotto lo sguardo basito della ragazza. Maggie si portò i capelli madidi di acqua e schiuma dietro le spalle, allargando poi le braccia.
“Come hai fatto?”, chiese con tono sorpreso.
“Ho premuto il tasto per spegnerla”, rispose lui, scrollando le spalle e togliendosi la schiuma di dosso, sentendosi davvero come se avesse preso parte ad uno di quegli schiuma party che si organizzavano in piscina. (3)
“Non ci posso credere”, dichiarò Maggie, poggiando la schiena contro il muro, per poi ridestarsi, come se fosse appena resa conto di avere Jeremy in casa. “Ma tu cosa fai qui?”.
Jeremy boccheggiò, portando le mani sui fianchi e cercando di ricordare il vero motivo per cui si fosse presentato a casa sua, ma era troppo distratto da Maggie.
Cercò di concentrarsi ma quando si accorse dello sbuffo di schiuma sul suo naso, Jeremy fu costretto a dire addio a quel poco di concentrazione che aveva conservato per l’occasione. Si sforzò di non scoppiare a ridere, facendo segno a Maggie che sembrava non capire, così Jeremy si avvicinò a lei per toglierle la schiuma dal viso, mentre lei sorrideva imbarazzata.
I loro sguardi si incontrarono per un attimo, carichi delle parole che non riuscivano a pronunciare, e Jeremy, spinto da chissà cosa, decise di gettarle addosso della schiuma, assecondando un lato giocoso che non credeva di possedere. Il fatto era con Maggie venivano fuori davvero molti lati che il ragazzo non credeva di conoscere, sorprendendosi. Maggie rispose a quello strano gioco, ridendo giocosamente e cercando di difendersi dagli assalti di schiuma che il ragazzo aveva deciso di progettare contro di lei. Per qualche motivo, Maggie ignorò la sua mente, prendendosi la libertà di ridere senza riserve e senza il timore di pentirsene.
Intanto, Jeremy continuava, lasciandosi trasportare dalle risa di lei, e azzerando la distanza fra i loro corpi, senza neanche rendersene conto.
Quando il ragazzo si trovò ad un palmo dal suo viso, le risate cominciarono a scemare, permettendo ad entrambi di accorgersi dell’estrema vicinanza che avevano entrambi creato, scrutando i rispettivi occhi. Jeremy le tolse un po’ di schiuma che si era depositata sulla sua fronte, senza staccare gli occhi azzurri dai suoi, mentre il battito di Maggie accelerava.
Maggie odiava ciò che la sua mente stava elaborando. Odiava l’idea di loro due insieme, che si baciavano, che si tenevano per mano come una coppia normale. Rigettava quell’idea come fosse un corpo estraneo che doveva assolutamente essere eliminato, come la spina di una rosa che rimaneva incastrata nella sua pelle facendole male e che cercava di espellere ma restava lì, intatta.
Jeremy era esattamente come quella spina e lei odiava l’effetto che le procurava.
“Cosa fai qui?”, domandò lei, abbassando lo sguardo sulla schiuma che li circondava.
Sentì Jeremy armeggiare con qualcosa nella sua tasca e si concentrò su un leggero fruscio, fino a trovarsi con la mano del ragazzo davanti agli occhi che stringeva qualcosa. Maggie focalizzò con più attenzione, riconoscendo una piccola ghianda stretta tra le dita lunghe e ossute del ragazzo, il cui respiro sembrava essersi fermato, come fosse in apnea. (4) La ragazza allungò la mano tremolante verso quell’oggetto familiare, percorrendolo con le dita ma lasciando che fosse ancora Jeremy a tenerlo stretto, senza dire una parola.
“Tu-“, cominciò lei, interrompendosi quasi subito e realizzando a pieno cosa significasse quel gesto.
“L’ho conservato”, continuò Jeremy con voce roca. “Allora sapevo che non fosse un bacio”.
Maggie portò lo sguardo su di lei, sentendosi una stupida mentre rammentava la sua stupida idea che vedeva quella ghianda come un vero e proprio bacio, arrossendo impercettibilmente.
“Jeremy, io non-“, lei tentò di parlare, di sorreggere un altro muro, di fare in modo che tutti quei mattoni che se ne stavano intatti attorno a lei smettessero di sgretolarsi uno ad uno, ma Jeremy non glielo permise, sovrastando la sua voce debole e completamente incerta.
“Io non so molto di legami”, la interruppe lui. “Non capisco  nulla sull’amore o su un qualsiasi sentimento che vi si possa avvicinare ma quando mi guardi, io-".
Un altro mattone cadeva, e un altro ancora…non facevano che precipitare mentre il respiro di Maggie si regolarizzava come se tutto il cemento smettesse di opprimere il suo petto. Un flebile sorriso le illuminò il viso, mentre assorbiva le parole nuove di lui, immaginando come dovesse essere difficile per qualcuno come Jeremy aprirsi a quel modo. In quel momento, Maggie capì che non le importava di tutti i limiti che si era posta, perché Jeremy era nella sua lavanderia completamente zuppo con un ricordo della loro infanzia tra le dita e lei sarebbe stata solo una sciocca completamente cieca ad ignorare il tutto.
Portò una mano al suo viso, con estremo stupore da parte di Jeremy che non riusciva a trovare le parole adatte per continuare.
“Potremmo capirlo”, sussurrò semplicemente lei, inclinando il capo e regalandogli un sorriso.
Jeremy non rispose, lasciando che le loro labbra si sfiorarono ancora una volta in modo dolce e lievemente incerto, e percependo il sorriso di lei in quel bacio.
“Prima rimediamo a questo casino”, esclamò lei, allontanandosi leggermente da lui.
Jeremy alzò gli occhi al cielo e trattenne uno sbuffo, guardandosi attorno con aria seccata ma felice, anche se probabilmente non lo avrebbe mai confessato a voce alta. Maggie gli prese delicatamente la mano con naturalezza, lasciando che le loro dita si intrecciassero e cominciando a camminare, mentre Jeremy portava il suo sguardo sulle loro mani unite, come se non avesse mai visto nulla del genere.
Dopo tutto, poteva capirlo.
Sì, lo avrebbe capito.
 
 
Angolo dell’autrice
 
  • (1) Julia Adams: l’alter ego di Trilly a Storybrooke;
  • (2) Shana Samuel: l’alter ego di Giglio Tigrato;
  • (3) la scena si rifà lievemente a quella del film “Baciati dalla sfortuna”, mi è venuto in mente quello spezzone nella lavanderia e ho pensato di trarvi un po’ di ispirazione;
  • (4) richiamo alla scena del primo capitolo.
 
Siete pienamente liberi di lanciarmi di tutto: pomodori, ortaggi, pantofole, macchine, corpi contundenti, mattoni, forchette, coltelli, tutto! Li merito, sono pessima e aggiorno con un ritardo davvero improponibile che proprio non è da me. Non mi capita mai di far passare tutto questo tempo tra un aggiornamento e l’altro, quindi davvero mi prostro ai vostri piedi, chiedendo perdono. Tra lo studio, gli impegni, il finale di Once upon a time che ha stroncato non poco questa ship e l’ispirazione finita in qualche luogo angusto…eccomi qui con l’ultimo capitolo. Onestamente, non me la sentivo di continuarla ancora perché non sarebbe giusto far passare altri mesi per il prossimo aggiornamento, quindi ho preferito chiuderla qui. Forse il finale è parecchio banale e ovviamente vi chiedo scusa per questo, ma ho preferito mettere fine a tutti i problemi sentimentali, e dar loro una scossa per farli finalmente stare insieme. Forse potevo anche fare di meglio, poichè non è che vada molto fiera di questo finale ma, come ho detto, non me la sentivo proprio di impegare altri mesi per postare un capitolo successivo.
Ci tengo a ringraziare immensamente tutti quanti per aver letto, recensito, messo tra le seguite/preferite/ricordate, ma soprattutto per la pazienza che avete avuto nel seguire questa storiella senza senso :)
Alla prossima, e grazie <3
   
 
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