Libri > Shadowhunters
Ricorda la storia  |       
Autore: Chesy    13/06/2014    9 recensioni
Ci sono quattro elementi che governano il mondo:
- Acqua;
- Fuoco;
- Terra;
- Aria.
E se ognuno di loro avesse una storia, che cosa racconterebbe?
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
«Nello stesso fiume non è possibile scendere due volte»
Eraclito


 
Magnus aveva fatto una proposta particolare: un pic-nic in un bel posticino isolato, che nessuno conosceva a parte lo Stregone, ovviamente. Alec sentiva nell’aria un vago sentore di bruciato: avvertiva la punta delle orecchie pizzicare, e le guance avvampare non appena, al telefono, l’uomo gli aveva detto che voleva andarci.
Ma, chissà perché, proprio non gli andava di fare quel viaggio da solo.
Ragion per cui, ora si trovava a vagare accanto all’uomo, in un posto che poteva essere comunque parte della fantasia, come della realtà: aveva un retrogusto mistico e fiabesco, ma non c’erano abbastanza elementi da congiungerlo a tale universo. Alec si guardava attorno con curiosità, i capelli neri che gli ricadevano sugli occhi venivano accarezzati e scomposti dal lieve vento che soffiava tra le fronde: il sole filtrava attraverso i rami, lasciando che luci e ombre si alternassero come in una danza.
Magnus camminava accanto a lui, stringendogli la mano: nell’altra aveva quello che sembrava essere un cestino normale, per nulla diverso da quello che usavano i mondani. Tuttavia, Alec si chiese cosa nascondesse la tovaglia a scacchi bianca e rossa, in realtà: con quell’uomo dagli occhi maliziosi e i sorrisi felini, non si poteva mai e poi mai abbassare la guardia.
Camminarono in silenzio per qualche minuto ancora, le dita intrecciate non erano per nulla intenzionate a separarsi, nonostante procedessero a zig-zag tra i tronchi scuri degli alberi, e i cespugli selvatici che sfioravano le loro vesti, smossi di tanto in tanto da qualche animale che scappava rapido, non appena avvertiva la presenza estranea della coppia.

Poi Alec avvertì un rumore diverso, un leggero frusciare che prese a crescere man mano che proseguivano: Magnus sorrise, e lo seguì anche il Cacciatore, quando sbucarono in uno spiazzo verde, subito seguito da un piccolo lago in cui l’acqua cristallina ondeggiava, scossa da vari fiotti che ramificavano da una cascata principale. Terra e rocce costruivano lo strapiombo in cui si riversava il fluido: piccoli arbusti e timidi fiori sbocciavano lì vicino, come se si credessero così forti da poter tenere insieme il tutto come malta.
Sulla riva, le onde s’infrangevano delicate, smosse sia dalla corrente che dal vento: nel muoversi, creavano un luccicore cristallino, in contrasto con le sfumature che andavano dal blu al verde, sino all’azzurro chiaro.

-Oh…Magnus è…-

-Splendido, vero?- disse lo Stregone. – E l’ho trovato per puro caso, qualche tempo fa: è una storia buffa e vede me, un coniglio bianco e….-

Alec inarcò un sopracciglio, osservando il ragazzo che gli stava accanto: Magnus fece ruotare gli occhi, interrompendo il racconto, sorridendo di rimando, mentre un lieve colorito s’insinuava nelle sue guance. Una cosa simile era…

Rara. Pensò Alec.

-Okay, lascio perdere. Orsù, io ho fame. Dopo tutto questo camminare…-

-Potevi anche creare un Portale che ci portasse sino a qui direttamente…-

-Ma non sarebbe stata più una sorpresa, ti pare?-

-E allora non dire che sei stanco di camminare.-

-Io ho detto che avevo fame, non è la stessa cosa, fiorellino.-

Alec distolse lo sguardo, borbottando qualcosa che doveva significare: “non chiamarmi fiorellino.”

-Facciamo così: apparecchia, io devo…andare ai servizi.-

-Ma se siamo usciti venti minuti fa!-

-Alexander, sul serio? Vuoi contraddirmi anche su questo?-

Sorrise sornione e si staccò dal fidanzato, non prima di avergli scoccato un dolce e casto bacio sulla guancia: il Cacciatore lo seguì con gli occhi, sino a quando non svanì dal suo campo visivo, inghiottito dalle piante e dai tronchi scuri.
Il giovane si mise poi a lavoro, scostando con attenzione la tovaglia a scacchi da sopra il cesto, come se nascondesse un demone: la tensione cresceva, quasi fosse l’anteprima di un film horror. Alec combatteva demoni, rischiava la vita: poteva avere paura di un cesto di vimini? Se l’aveva riempito Magnus sì, lo temeva più di un Demone Superiore.

Alzò il pezzo di stoffa trattenendo il fiato, ma nulla: sotto c’erano solo panini e contenitori vari, oltre che da bere. Con un sospiro di sollievo, allargò la tovaglia sulla riva verde, disponendo gli oggetti sui quadrati colorati, facendo in modo che, una volta seduti con il volto rivolto alla cascata, fosse più facile afferrarli.
Si avvicinò all’acqua fresca con le bottiglie in mano.

Mettendole qui
, pensò, di certo non rischieranno di scaldarsi.

Bibite a parte, ciò che iniziava a preoccuparlo era la sparizione di Magnus: ma dove diamine era finito? Scorse il suo riflesso increspato dall’acqua, un viso pallido restituiva lo sguardo dal fondale cristallino e sabbioso. Poi un fruscio attirò la sua attenzione: come se la cascata fosse andata a cozzare contro qualcosa di diverso rispetto allo specchio ondulato. Alec alzò lo sguardo e lo vide.

Oh.
Per.
L’Angelo.

Dovevano riscrivere la parola “sexy”. No, dovevano coniare un nuovo termine per definire ciò che stava avvenendo davanti al Cacciatore: Magnus, a torso nudo, scivolava fuori dall’acqua, bagnandosi sotto alla cascata, come se stesse facendo la doccia. Il modello di una pubblicità, che faceva gli stessi movimenti dello Stregone, sarebbe parso una pallida e lontana copia, vista di traverso e fuori fuoco.

L’acqua scivolava sulla pelle scura di Magnus, accarezzando i muscoli sodi, lasciando che le gocce percorressero, come una scaletta, le costole lievemente visibili sotto l’epidermide: gli occhi da gatto scintillavano lievemente, i capelli neri come l’inchiostro si appiccicavano al collo e alla nuca, senza fare alcun tipo di movimento.
Alec sentì la bocca arida, la gola secca e quasi si slogò la mascella quando vide il ragazzo raggiungerlo lentamente, diretto verso di lui, ancora sulla riva con le bottiglie in mano: doveva esserci qualche magia in atto, o il fondale doveva essere tremendamente basso, per consentirgli di restare fuori a metà senza fare alcuno sforzo.
Magnus non gli staccava di dosso gli occhi, compiaciuto dall’effetto sorpresa – e, sì, anche dalla scena – che aveva causato al Cacciatore un vivace rossore sulle guance, oltre che ad un irrigidimento della mandibola. Scomparì, poi, sotto la superficie dell’acqua, lasciando che Alec si ricordasse di respirare, evitando l’apnea: rimase però a scrutare lo specchio cristallino, sperando di capire dove fosse andato il ragazzo.
E lui comparve con un sonoro “pluff” dinanzi ad Alec che, colto alla sprovvista, non fece in tempo a scansarsi o a reagire, quando Magnus lo baciò: un bacio rapido, casto, e tremendamente fresco, visto il sole caldo che filtrava tra gli alberi.
Lo sguardo da gatto scintillò nuovamente, e il Cacciatore sorrise di rimando all’uomo bagnato che aveva davanti.

-Ai servizi, eh?-

-Avevi una scusante migliore?- inarcò un sopracciglio. –Ti do tre secondi per svestirti e venire a fare il bagno…-

Stava per ribattere, Alec, ma sapeva che con lui era impossibile anche solo pensare a “oppure?”.

-Ne restano due….vuoi davvero che venga a prenderti io, Alexander?-

Scandì ogni lettera, strisciando su ciascuna sillaba che componeva il suo nome, come se la coccolasse in separatamente dalle altre. Il ragazzo deglutì, si spogliò e rimase davanti a lui, in boxer, le due bottiglie incastrate nella riva, vicino all’acqua: Magnus alzò ancora il sopracciglio, indicando l’indumento rimasto.

-Se vuoi entrare qui con me, quelli non ti servono.-

Si liberò anche di quelli, con le guance in fiamme e il sangue che percorreva ogni vena del corpo alla velocità della luce: scivolò nell’acqua accanto a Magnus, rabbrividendo a contatto con il gelido fluido.
Toccava, con i piedi, il fondale pieno di ciottoli e sabbia: lo Stregone lo osservò, nudo anche lui sotto la superficie cristallina, il riso dello stregatto che metteva in mostra i denti bianchissimi. Quando Alec si avvicinò per baciarlo, lui si fece indietro.

-Ci hai messo troppo….. ti tocca rincorrermi, per avermi.-

E nuotò all’indietro, l’acqua che sembrava aprirsi al su passaggio: il Cacciatore sorrise, le guance arrossate, i capelli attaccata alla nuca, gli occhi che scintillavano per l’eccitazione. Un nome, una razza, la sua, e una sola garanzia: la caccia era nel suo sangue, e Magnus amava stuzzicarlo per ricordargli questa sua passione.
Così il ragazzo lo raggiunse, spingendo con i piedi, dando vigorose bracciate nell’acqua fredda, fino a che non lo raggiunse, alla cascata: lui stava sotto, poi scivolò dietro, come se si potesse nascondersi. Lo seguì, lo afferrò per un braccio, e lo portò ad un soffio dalle sue labbra: i capelli di Alec erano bagnati e lisci, appiccicati alle tempie, e le ciglia disegnavano punte acuminate intorno agli occhi blu.

-Preso….e ora vieni qui.-

Lo avvicinò ancora, colmando le distanze, e lo baciò: andò a fondo, le lingue s’intrecciarono, i denti cozzavano e il sapore di acqua e spezie s’insinuò dentro di loro, nella saliva e nel sangue stesso che fluiva rapido nelle vene, spinto all’unisono dal rapido battito dei cuori.
Faceva male. Faceva così male un amore così deciso, così intenso da travolgerli ambedue come un’onda, come la corrente che mulinava tra le loro gambe, data dal movimento dalla cascata: si chiesero come fosse possibile che l’amore facesse così male. Che ci fosse una ricerca costante, un bisogno di toccarsi e fondersi, anche se sarebbe stato impossibile.
Si chiesero come i loro corpi avessero una tale chimica, attutendo quel doloroso bisogno che invadeva il loro cuore e i loro pensieri. Presero a sfiorarsi, le mani di Alec tastavano Magnus, esplorando ogni angolo di pelle: prese a baciargli il collo, mordicchiando il lobo bagnato, mentre lo Stregone, eccitato, tracciava il disegno di cicatrici e rune, che sembravano rispondere al suo richiamo come se avesse sfiorato direttamente i muscoli privi di epidermide. Alec aprì gli occhi, guardando Magnus dritto nei suoi: un attimo, un solo attimo per osservarsi e riprendere fiato.
E poi tutto ricominciò, in un turbinio di tocchi e baci, succhiotti e morsi: il Cacciatore cinse con le mani il fondoschiena di Magnus, tirandolo su come se pesasse meno di niente. Non staccò le labbra da lui, il suo sapore come una droga miscelata all’acqua: più cercava i suoi baci, più ne voleva. Era come respirare a pieni polmoni per la prima volta in tutta la vita.
Spinse il ragazzo contro un masso poco distante da loro, vicino alla cascata: il getto bagnò entrambi dal capo sino al torace, l’altra metà del loro corpo avvolta dal fluido cristallino.

Lentamente, molto lentamente, Alec si spinse in Magnus che, sfuggito un sospiro di fastidio, guardò negli occhi l’uomo che gli aveva rubato il cuore: amare faceva male, faceva paura. Era come mettere a nudo l’anima, senza più carne e ossa a proteggerla: un solo colpo, un pugnale o uno spillo che fosse, avrebbe portato alla sua distruzione.
L’acqua concepì onde concentrice che partivano da due, per poi spostarsi verso la riva, increspando lo specchio: lo scrosciare della cascata attutiva i gemiti di piacere, grondando su di loro come per benedirli in quell'unione.

Acqua.

Chi mai avrebbe detto che anche lei sapeva essere passionale? L’acqua nutre, crea, rinfresca: può essere, tuttavia, un elemento che spazza via ciò che incontra, senza fare differenze. Ma, in quel momento, univa la coppia che aveva scelto di amarsi in lei: come una cappa fredda dedita a contrastare il bollore del loro spirito, li avvolgeva, osservandoli, forse divertita o intenerita da quel modo ossessivo di cercarsi, di far sentire all’altro quell’amore tanto profondo, impossibile da esprimere con le parole.
E quando finirono, Alec posò la fronte sulla spalla di Magnus, cercando di riprendere fiato, mentre l’acqua gli scivolava dai capelli sino al volto, cadendo in piccole gocce sulla pelle ambrata dell’uomo. Lui, di rimando, prese a giocare con quelle ciocche nere, il sorriso soddisfatto stampato sulle labbra. Lo contemplò ancora, attendendo che alzasse lo sguardo.
Ma non lo fece, e Magnus lo prese per le spalle, vedendolo tremare: il viso aveva lasciato spazio alla preoccupazione, un leggero turbamento s’insinuò negli occhi da gatto.

-Alexander? Alexander, stai bene?-

Vedendo che non rispondeva alle scrollate, gli prese il viso per costringerlo a guardarlo: la presa allo stomaco l’aveva messo in agitazione e, quando incontrò gli occhi blu, quasi si sciolse.

Per Lilith.

Alec piangeva, le guance arrossate, le lacrime che gli fluivano dagli occhi come fiumi: le gocce che prima erano scivolate sull’addome dello Stregone non era solo acqua.

-Alexander, cosa succede?-

Adesso stava iniziando a sentirsi impotente, se il Cacciatore non gli rispondeva, se non tramite singhiozzi secchi che quasi non lo lasciavano respirare.

-Ti amo.- rispose.

-Anch’io, ma…-

-No, ti amo. Ti amo tanto che fa male, mi sento male. Ti amo così tanto che vorrei strapparmi il cuore e dartelo: non so se è possibile sentire una cosa del genere.- portò una mano sul petto di Magnus.- Vorrei vederti sempre felice, vorrei passate con te ogni secondo della mia vita: vorrei che ogni momento si prolungasse all’infinito.-

Cercò i suoi occhi, e Magnus rispose allo sguardo: le iridi da gatto erano lucide per l’emozione, la bocca semi-aperta di chi è stato preso alla sprovvista. Rinsavì poi, allungandosi per baciarlo: una danza lenta e delicata, casta, in confronto al movimento e alla passione che li aveva travolti prima.

-Anch’io vorrei che tu fossi felice, che ogni attimo passato con te si prolunghi per anni, non per miseri minuti.- sorrise, solo come lui sapeva fare. In un modo che portava sempre Alec ad arrossire. –Tu sei la persona che mi ha portato ancora ad amare, che mi ha insegnato cosa significa sentir male a forza di voler bene a qualcuno. E, per Lilith, io ti amo, Alexander Gideon Lightwood. Ora, domani, e sino a quando il mondo non finirà e tutto riprenderà da capo. Anche allora, sì, ti amerò.-

Perché è destino, perché è in noi. Non si sa il motivo, per la quale ci troviamo e amiamo così intensamente, in una maniera unica al mondo: sono rari, coloro che trovano la metà perfetta. Solo loro conoscono l’effetto corrosivo che ha quel sentimento.
Alec lo guardò negli occhi, ancora, come se non si stancasse mai della sua immagine: le sopracciglia sottili, le labbra scurite dai baci, i denti perfetti e gli zigomi alti. Il taglio degli occhi e i capelli che ricadevano sulla fronte come alghe brillanti.

-Grazie, Magnus.-

Lo Stregone sorrise, asciugando con i pollici le tracce di lacrime dal viso di Alec.

-Di cosa, fiorellino?- sospirò, senza staccargli gli occhi di dosso. -Meriti di essere amato, con tutto il cuore.-

-Anche tu.-

E si baciarono ancora sotto la cascata.


 

Lo Stregatto Parla.
Prima di tutto, un grazie speciale a Stella13: lei mi ha dato lo spunto per l'ambientazione, grazie alla sua bellissima FF "Malec Routine". Oltretutto, mi supporta con le recensioni e con lei è sempre piacevole scambiare qualche messaggio. Questo capitolo è tutto tuo.
In secondo luogo, grazie a coloro che seguono le mie FF di nascosto, perchè mi sprona a scrivere sempre (ma, ehi, ho una vita privata io!).
Per ultimo, mi auguro che vi piaccia. Lo spero di tutto cuore.
Ho pianto nell'ultima parte, mentre la scrivevo. Lo so, è sciocco, ma è accaduto ^^
Un abbraccio, a presto...*sorride*
  
Leggi le 9 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Shadowhunters / Vai alla pagina dell'autore: Chesy