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Autore: verdeparigi    15/06/2014    1 recensioni
"Ogni inizio infatti
è solo un seguito
e il libro degli eventi
è sempre aperto a metà."
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

Capitolo 1.

La voglia di ricominciare era forte, adrenalinica, come quella di un bambino il primo giorno di scuola. Il profumo di un nuovo ambiente, di qualcosa che aveva visto solo in foto prima di quel momento, ora gli si presentava davanti al naso come un piatto di pasta fumante pronto ad essere divorato. Perlomeno, pensò mentre osservava un uomo malandato e solo accasciarsi sul tavolino di fronte a lui con una delle tante birre in mano, il meglio doveva ancora venire. Meglio di cosa, poi, nemmeno lui lo sapeva, poichè un ventenne che della vita sa poco e niente, ne sa altrettanto di una vita nuova e mai vissuta prima.
Ma ne valeva la pena, lui lo sapeva, altrimenti non avrebbe mai rischiato di andarsene di casa senza una meta precisa, senza un lavoro, senza un futuro già servito su un piatto d'argento come il conto che una grassoccia signora di mezz'età gli aveva poco garbatamente sbattuto sul tavolo. Harry non badò più di tanto ai modi di fare della proprietaria della locanda, o osteria, o quel che era, lui era il tipo pacato sempre pronto a sfoderare il più triste dei sorrisi in qualsiasi momento, per questo si alzò dalla sedia di pelle rossa e consunta, lasciò quel che doveva al bancone e uscì, stringendosi nelle sue grandi spalle.
Milano, l'Italia, l'Italia che aveva sempre guardato dalle e-mail della zia da bambino, ora era tutta davanti a lui, sebbene il ragazzo inglese non ne capisse quasi nulla della lingua italiana e dell'Italia in generale. Infatti, ad ogni angolo c'erano persone diverse da quelle che aveva sempre incontrato: persone con il famoso tramonto di Milano negli occhi, quelle che erano lo specchio di Harry in tutto e per tutto, quelle che hanno una passione che brucia perfino nelle loro vene, persone che hanno qualcosa per cui sognare, persone col cuore rotto, con lo sguardo pieno e le tasche vuote, ma anche le solite persone stanche, frettolose, persone vuote, superficiali, prese dalla vita frenetica di questi giorni, persone sgarbate e tipically italian, come avrebbe brontolato suo padre se fosse stato lì.
Suo padre, forse un po' gli mancava, la presenza paterna intendo, perchè come avrebbe potuto sentire la mancanza di uno sguardo sempre burbero che non si era mai interessato ad andare oltre, di un uomo che non aveva sprecato mai nemmeno una parola per scoprire chi era davvero suo figlio? Forse gli mancava di più la mamma, che da quando il papà era cambiato, anche i suoi occhi erano cambiati. Harry ricordava a stento le sue iridi dolci e garbate, aveva più presenti quelle vuote e verdi come l'oceano fuso alle cupe nubi invernali, un po' come le sue, solo che le sue non erano mai state accese da un guizzo d'allegria. La maledizione degli artisti, gli ripeteva sempre la sorella, che forse era quella che gli mancava di più. Ma "ti verrò a trovare" rimaneva nel suo cuore a confortarlo, quindi scacciò una lacrima di malinconia che stava per rigargli il viso e proseguì il suo cammino verso il suo alloggio.
-Ma quale artista...- mormorava fra sé e sé il ragazzo, con il muso fiondato nella sua voluminosa sciarpa blu. Infatti, per quanto Harry sapesse di cosa era capace, non avrebbe mai creduto di potersi ritenere un artista. Artista era una parola grossa, artista era Picasso, erano Klimt, Monet, Van Gogh, 
artisti erano i ballerini di quella famosa Scala della città dove si trovava in quel momento, erano Dante, i poeti decadenti, i romantici e tutti i premi nobel alla letteratura, artista era qualche grande della storia della musica, era anche il ragazzo che girava per Londra dando vita ai più incredibili graffiti. Ma lui chi era? Lui era Harry Styles, disegnatore, pittore probabilmente, era solo un ragazzo che a dieci anni aveva deciso di cimentarsi nel disegno e ci era riuscito, e questa passione si era gonfiata a tal punto di diventare il suo pane quotidiano, ma lui non era nessuno.
Perdendosi nei suoi pensieri da maledetto, non si era accorto che era arrivato a quello che doveva essere il suo alloggio. Vicolo dei lavandai, posto trovato su Internet e di cui si era innamorato perdutamente, e che con la tecnologia di oggi era riuscito a raggiungere. Ovviamente, aveva fatto le sue ricerche, e aveva notato che non era un luogo spesso frequentato da turisti e da una movimentata vita notturna, aveva letto di come nell'ottocento questo luogo fosse adibito al lavoro dei lavandai, si era perso nella storia dei vari vicoli e delle tradizioni del non lontano centro di Milano, e aveva iniziato a viaggiare con la mente, e aveva iniziato a viaggiare con la matita e con la tempera, con la china, con i pastelli e con il cuore, e i suoi disegni non rendevano giustizia a ciò che si era trovato davanti.
Perse circa cinque minuti a cercare maldestramente le chiavi arrugginite del suo nuovo e striminzito appartamento, infiltrate in un angolo della borsa a tracolla in cui il suo blocco aveva la priorità. L'odore di antica casa fredda e ristrutturata invase le sue narici, l'arredamento era spoglio e anonimo, ma per il prezzo pagato, pensò, non poteva lamentarsi. La sua testa era sul punto di esplodere quando pensò a tutto ciò che aveva da fare da lì in poi: un trasloco sembrava facile all'inzio, ma non lo era affatto. Trascinò i suoi piedi e i suoi bagagli fino a quella che doveva essere la sua camera, volse un pietoso sguardo al polveroso letto di legno e alzò gli occhi al cielo, cercando un divino aiuto di un arredatore, o, eventualmente, di un miracolo. Gironzolò per casa, tenendo l'orecchio teso ai rumori della sua nuova routine: tutto il vicinato era tranquillo, si chiese addirittura se fosse il caso di andare a presentarsi ma per non disturbare decise che era meglio sistemarsi e abituarsi. Ma quanto ci sarebbe voluto ad abituarsi davvero?

-Merda!
Il solito buongiorno a casa Tomlinson, un'imprecazione per volta a scuotere quelle quattro mura vuote, dove gli unici esseri viventi a metterci mai piede erano un venticinquenne sperduto nella sua stessa mente e un gatto capitato lì per caso, senza nome, come quel micio in Colazione da Tiffany. Oltre alle numerose ragazze capitate tra le lenzuola di Louis, per volontà o per caso.
Ad ogni modo, il caffè quella mattina aveva dato segno che la caffettiera arrugginita era da buttare, e il ragazzo sbuffando si rivestì in tutta fretta per scendere al bar e sprecare dei soldi per un caffè che, come sempre, gli avrebbe fatto schifo, e l'avrebbe messo di cattivo umore per il resto della giornata. Non che gli altri giorni sprizzasse di simpatia e cortesia, ma ci si poteva comunque lavorare.
Marlene lo vide entrare di pessimo umore, e Marlene era una delle poche del luogo a sapere come prendere davvero quel ragazzo, così preparò alla svelta quel famoso caffè annacquato e i biscotti secchi del giorno prima, accostati al quotidiano che distrattamente Louis avrebbe sfogliato brontolando. Louis faceva sempre finta di non prestar attenzione all'attento modo di fare della donna, ma in realtà ci teneva molto.
Marlene era una di quelle che non sai se definire ragazze o donne, una di quelle sulla trentina, che hanno gli occhi di chi ne ha passate tante e l'aspetto stanco ma fresco delle margherite alle 18 di sera. Era quella che era rimasta incinta e che nonostante tutte le botte ricevute dal padre e dal fidanzato aveva tenuto la bellissima bambina che ora, dieci anni dopo, le stava accanto e colorava un disegno, ed era anche quella a cui Louis lasciava la mancia e rivolgeva un sorriso, quando tutto andava bene. Louis, sotto sotto, la ammirava e la studiava con uno sguardo cortese che riservava a pochi, o quasi a nessuno, ed era l'unica che non fosse mai finita nel suo letto, sia perchè aveva molto più cervello delle altre e sia perchè meritava rispetto. E, ovviamente, era quella che era finita in numerose pagine scritte proprio da lui. 
Anche lui era un artista, la differenza però era che aveva la convinzione necessaria a definirsi tale senza avere bisogno dell'approvazione di qualcun altro. Quante volte i suoi lavori erano stati giudicati non sufficienti? Tante, almeno quante volte lo avevano buttato fuori per il suo temperamento aspro e il suo stile amaro, ma a lui non importava. Lui era Louis Tomlinson, e, che alla gente piacesse o no, l'ultima cosa che gli interessava era perdere se stesso per essere accettato.
E così scriveva, scriveva da quando la maestra gli diede il primo tema per casa, e da lì si era innamorato del mondo magico che poteva costruirsi con una penna cancellabile e un foglio staccato clandestinamente da un quaderno. 
Cosa vuoi essere da grande?
Il titolo assegnatogli lampeggiava sul foglio, scritto in rosso e con tutti quei fronzoli tipici della calligrafia infantile da terza elementare, che a vent'anni ancora conservava. Se a quell'età avesse saputo fare uso dei cliché, e, soprattutto, se avesse saputo definire il concetto di cliché, avrebbe scritto "voglio essere felice", tipico dei finti depressi che si dedicano frasi di John Lennon a vicenda, per poi spiegare alla maestra che non era lui a non aver colto la consegna, ma lei a non aver capito la vita. Comunque, non era andata così. Come ogni bambino maschio amante del centro dell'attenzione, nato e cresciuto in mezzo a cinque sorelle e prematuro evasore dal mondo femminile, il primo obbiettivo nella sua testa era diventare un calciatore. Naturalmente la maestra non commentò la sua scelta, perchè a un bambino non vai a dire che è sbagliato sognare in grande e nemmeno giudichi i suoi sogni, ma Louis desiderava tanto che l'avesse fatto. Crescendo si era rivelato davvero abile con la palla, ma era pur sempre un ragazzo troppo profondo e diverso dagli altri per non rendersi conto che quel mondo non era adatto a lui, perchè nei suoi sedici anni sapeva già che in un ambiente dove corruzione e ignoranza dominano non c'è spazio per una grande mente. Così, dovendo scegliere tra piedi e testa, scelse l'ultima e partì per studiare Lettere a Milano. Sapeva benissimo che di una qualche laurea o certificazione non se ne sarebbe fatto nulla, ma qualcosa in lui lo spingeva ad andarsene verso la prima meta che lo avrebbe ispirato e nulla lo avrebbe fermato.
E così eccolo lì, sicuro di sé, duro e deciso nelle sue incertezze, alla ricerca di tutto trovando sempre il nulla, a camminare nervosamente verso casa poichè aveva dimenticato un libro da portare in aula. Le sue gambine esili e corte lo aiutarono a salire quelle infinite rampe di scale del palazzo che lui definiva "fatiscente", ma che di fatiscente non aveva proprio nulla, solo che non era provvisto di un ascensore. Scese altrettanto velocemente, dirigendosi all'università senza nessun mezzo di trasporto. Era una bella giornata e la bici e il pullman l'avrebbero portato lì troppo velocemente. Non si curava del ritardo, ma andava comunque a passo spedito, attento a non incrociare lo sguardo dei passanti a cui avrebbe dovuto rivolgere un'occhiata di cortesia o addirittura un sorriso e un saluto. Immerso nei suoi pensieri e nei suoi appunti disordinati, finchè un secondo dopo non si ritrovo quasi a terra dove giacevano i suoi libri.
-Puoi stare attento a dove metti i piedi, imbranato?!- esordì Louis perdendo definitivamente le staffe e anche l'occasione di non avere l'umore nero quella giornata. Non si concesse neanche il tempo di guardare in faccia il malcapitato che gli aveva fatto cadere i libri, che già era chino a raccoglierli tutti.
-Mi dispiace!- rispose sconsolato l'altro, nascondendo un po' l'essersi mortificato per via della schiettezza con cui era stato chiamato imbranato, dato che sapeva benissimo di esserlo, con la sua statura per nulla comoda e tutto il suo corpo che sembrava spoporzionato confrontando una parte con un'altra. Non si piegò ad aiutarlo, aspettò che Louis si rialzasse per serrare le labbra in segno di scuse, ma tuttavia lui sembrava non accorgersene.
-Fa niente.- disse infine dopo aver risistemato le cose, pronto ad andarsene. Ma un -Io sono Harry- lo fermò prima di girare i tacchi.
Rimase un po' interdetto, indeciso sul da farsi, se porgere la mano e fare come se non lo avesse appena insultato o non rispondere affatto, tanto chi l'avrebbe rivisto più quell'Harry. Stranamente, la gentilezza prevalse e così le sue dita corte dalle unghie mangiucchiate strinsero quelle grandi e affusolate del ragazzo alto dagli occhi verdi. Se gliel'avessero chiesto, così l'avrebbe descritto. Grande, grande in tutto, due grandi occhi di un grande verde inespressivo, un grande sorriso per un grande e grazioso e al contempo affatto armonioso viso, incorniciato da grandi ricci castani, grande statura e grande capacità di attirare l'attenzione sul suo aspetto. Interessante, decisamente interessante.
-Tomlinson- fece schiudendo appena le labbra restando ad ammirare il viso di Harry per un po'.
Harry sollevò timidamente le spalle e si risistemò la sciarpa, deciso a superare quel momento imbarazzante e congedarsi da quel ragazzo che, in realtà, gli metteva un po' i brividi.
-Allora ci si vede, non vorrei che facessi tardi.- sorrise timidamente sorprendendosi di quanto fosse difficile scambiare due parole di cortesia con un tizio appena conosciuto. Relazionarsi con le persone non era mai stato il suo forte, e ne era ben conscio dato le poche amicizie che manteneva a distanza dall'Inghilterra.
Louis sfoderò un affascinante sorriso per poi voltarsi e tornare sulla sua strada, ma qualcosa gli solleticò la mente e non fu capace di fermarsi. Il suo corpo minuto ebbe la meglio sulle lunghe ed esili gambe del ragazzo appena conosciuto, lo fermò per un braccio e gli porse un biglietto scarabocchiato al momento.
-Sono Louis- sorrise più caldamente prima di andare a lezione.

Typewriter's
Oggi alle 17.31
Mi devi un caffé!
-L

 

my corner
Salve a tutti, la mia attività qui è come quella di una corsa sulle montagne russe, un po' ci sono e un po' sparisco. Ma scrivo sempre ahahah.
Spero che questo capitolo piaccia perchè per quanto lungo e descrittivo sia ci ho messo impegno e sono parecchio soddisfatta.
Come sempre, il pairing scelto non è stato appunto scelto per farvi il lavaggio del cervello ma perchè oltre ad amare i larry amo anche singolarmente Louis e Harry e scrivere di loro mi piace molto, quindi sappiate che, se dovete lasciare una recensione negativa per questo, non lasciate alcuna recensione.
Ho finito a fare la noiosa, spero di andare avanti presto!
Grazie di essere arrivati fino a qui xx

  
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