Il suo corpo fu ritrovato, giorni dopo, in riva ad un fiume. Vicino a lei, un’intera fiala di sonniferi. Vuota.
Ci vollero parecchie persone a placare i violenti spasmi della madre venuta a riconoscere la salma, e mesi di terapia non servirono a farla risalire dall’abisso in cui la morte della figlia l’aveva precipitata. Morì dopo un paio d’anni, e sembrava che in quel tempo fosse invecchiata di venti. In molti sostennero che si era lasciata morire per il dolore. E nessuno fece fatica a immaginarlo.
“Una ragazza così giovane e sana…”. La frase sulla bocca di tutti. È impossibile, in queste circostanze, impedire alla gente di pronunciare questo genere di frasi stereotipate. Se nessuno lo fa, gli altri si sentono quasi in dovere di colmare quella lacuna, anche se nessuno crede davvero che questo possa alleviare la sofferenza dei parenti. Semmai, provoca solo una certa irritazione. Ma si sopporta con pazienza… perché non si può fare altrimenti.
Il giorno del funerale, Samantha era presente all’interramento, con un ombrellino nero a ripararla dalla pioggia. Era vestita in modo sobrio, con colori scuri, per una volta struccata e senza nessuna concessione all’estetica. Non piangeva. I suoi occhi erano vitrei, assenti, come globi di ghiaccio immobile. Fissavano un punto imprecisato oltre la bara, sordi alle parole di chi la circondava.
Quando tutti furono andati via, tornò da sola nella chiesa ora deserta. Entrò e si fermò proprio al centro della navata. Fece un respiro profondo.
Sapeva che con lei Muriel si era sempre sentita in soggezione. Aveva sempre avuto l’impressione di poterla manipolare senza problemi… e infatti lei le si abbandonava con una remissività che la lasciava ogni volta esterrefatta. Proprio per questo spesso non le riusciva di sfoderare su di lei tutto il potere di cui era in possesso… perché provava per lei una tenerezza incredibile, anche se non l’avrebbe mai ammesso davanti ad anima viva.
Eppure… sapeva che c’era qualcosa di lei che non era mai stata in grado di cogliere.
Era troppo lontana… Persino quando si credeva tanto al di sopra, in realtà era solo lontana. Lontana dall’unica cosa al mondo - adesso lo capiva - che avrebbe desiderato possedere. Muriel era irraggiungibile per lei almeno quanto ella credeva esserlo Samantha.
Si amavano alla follia, eppure erano state incapaci di amarsi fino in fondo.
L’orgoglio da una parte, il timore dall’altra, avevano impedito alle loro anime di fare il passo che serviva a riempire il vuoto che le separava. Solo a tratti, per brevi istanti, erano riuscite veramente a toccarsi.
Ma erano stati attimi di indimenticabile estasi… attimi che - ah! Perché le era finalmente chiaro solo adesso… solo adesso che era troppo tardi? - non avrebbe saputo rivivere con nessuno.
Ma ormai non c’era niente da fare. Muriel aveva saputo scorgere l’avvento della propria fine, e aveva saputo accoglierla, anzi ne aveva accelerato il corso. Era così pura, lei… così ingenuamente pura… e ingenuamente fedele.
Samantha non si era mai accorta… non se ne sarebbe mai resa conto del tutto, probabilmente… di quanto la invidiasse per questo. Era come se laddove negli occhi di Muriel c’era una finestra limpida, davanti ai suoi campeggiasse una gigantesca e variopinta vetrata arabescata, i cui colori sgargianti, filtrando la luce, la riflettevano sul suo volto in mille diverse sfumature. Che le impedivano di vedere il vero colore del sole.
Anche adesso era lo stesso.
E difatti, con un dolore nero che ancora traboccava nel petto, un dolore che avrebbe potuto a momenti farla esplodere, Samantha si costrinse a farsi forza e alzò le spalle. Sollevò il volto, guardando il rosone arabescato oltre l’altare. Frugò nella borsa cercando una sigaretta. L’accese, e prese una lunga boccata. Come se avesse ancora mille altre cose da fare. Come se la sua vita non fosse finita in quel momento.
Di colpo, si voltò e attraversò la navata a passo deciso, dirigendosi verso l’uscita. I suoi passi rimbombarono come cupi rintocchi sul pavimento.
Ci vollero parecchie persone a placare i violenti spasmi della madre venuta a riconoscere la salma, e mesi di terapia non servirono a farla risalire dall’abisso in cui la morte della figlia l’aveva precipitata. Morì dopo un paio d’anni, e sembrava che in quel tempo fosse invecchiata di venti. In molti sostennero che si era lasciata morire per il dolore. E nessuno fece fatica a immaginarlo.
“Una ragazza così giovane e sana…”. La frase sulla bocca di tutti. È impossibile, in queste circostanze, impedire alla gente di pronunciare questo genere di frasi stereotipate. Se nessuno lo fa, gli altri si sentono quasi in dovere di colmare quella lacuna, anche se nessuno crede davvero che questo possa alleviare la sofferenza dei parenti. Semmai, provoca solo una certa irritazione. Ma si sopporta con pazienza… perché non si può fare altrimenti.
Il giorno del funerale, Samantha era presente all’interramento, con un ombrellino nero a ripararla dalla pioggia. Era vestita in modo sobrio, con colori scuri, per una volta struccata e senza nessuna concessione all’estetica. Non piangeva. I suoi occhi erano vitrei, assenti, come globi di ghiaccio immobile. Fissavano un punto imprecisato oltre la bara, sordi alle parole di chi la circondava.
Quando tutti furono andati via, tornò da sola nella chiesa ora deserta. Entrò e si fermò proprio al centro della navata. Fece un respiro profondo.
Sapeva che con lei Muriel si era sempre sentita in soggezione. Aveva sempre avuto l’impressione di poterla manipolare senza problemi… e infatti lei le si abbandonava con una remissività che la lasciava ogni volta esterrefatta. Proprio per questo spesso non le riusciva di sfoderare su di lei tutto il potere di cui era in possesso… perché provava per lei una tenerezza incredibile, anche se non l’avrebbe mai ammesso davanti ad anima viva.
Eppure… sapeva che c’era qualcosa di lei che non era mai stata in grado di cogliere.
Era troppo lontana… Persino quando si credeva tanto al di sopra, in realtà era solo lontana. Lontana dall’unica cosa al mondo - adesso lo capiva - che avrebbe desiderato possedere. Muriel era irraggiungibile per lei almeno quanto ella credeva esserlo Samantha.
Si amavano alla follia, eppure erano state incapaci di amarsi fino in fondo.
L’orgoglio da una parte, il timore dall’altra, avevano impedito alle loro anime di fare il passo che serviva a riempire il vuoto che le separava. Solo a tratti, per brevi istanti, erano riuscite veramente a toccarsi.
Ma erano stati attimi di indimenticabile estasi… attimi che - ah! Perché le era finalmente chiaro solo adesso… solo adesso che era troppo tardi? - non avrebbe saputo rivivere con nessuno.
Ma ormai non c’era niente da fare. Muriel aveva saputo scorgere l’avvento della propria fine, e aveva saputo accoglierla, anzi ne aveva accelerato il corso. Era così pura, lei… così ingenuamente pura… e ingenuamente fedele.
Samantha non si era mai accorta… non se ne sarebbe mai resa conto del tutto, probabilmente… di quanto la invidiasse per questo. Era come se laddove negli occhi di Muriel c’era una finestra limpida, davanti ai suoi campeggiasse una gigantesca e variopinta vetrata arabescata, i cui colori sgargianti, filtrando la luce, la riflettevano sul suo volto in mille diverse sfumature. Che le impedivano di vedere il vero colore del sole.
Anche adesso era lo stesso.
E difatti, con un dolore nero che ancora traboccava nel petto, un dolore che avrebbe potuto a momenti farla esplodere, Samantha si costrinse a farsi forza e alzò le spalle. Sollevò il volto, guardando il rosone arabescato oltre l’altare. Frugò nella borsa cercando una sigaretta. L’accese, e prese una lunga boccata. Come se avesse ancora mille altre cose da fare. Come se la sua vita non fosse finita in quel momento.
Di colpo, si voltò e attraversò la navata a passo deciso, dirigendosi verso l’uscita. I suoi passi rimbombarono come cupi rintocchi sul pavimento.