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Autore: Liaris_Giu_1D    19/06/2014    1 recensioni
Un amore impossibile in un mondo in cui niente è impossibile. Possono un cacciatore e la sua preda innamorarsi?
Lui: Bryan
Lei: Alexis
Lui: lo spietato cacciatore di sirene
Lei: principessa sulla terraferma e sirena carnivora in acqua.
Tratto dal prologo:
"Era un cacciatore, ne ero certa e il fatto che aveva appena ucciso una mia sorella senza scrupoli me lo confermò."
Tratto dal primo capitolo:
Bryan
"Era affascinante, non avevo mai visto una donna tanto bella. Forse fu proprio questo a farmi capire che non era una semplice donna"
Alexis
"Non mi toglieva gli occhi di dosso e io, d'altronde non staccavo i miei da lui, era il cacciatore che avevo visto, ne ero più che certa."
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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date un'occhiata alle note autrice in fondo al capitolo, grazie :)



CAPITOLO 4

 

 

Stavo lottando con Alexis, non sapevo perché l’avevo invitata al nostro rifugio così, su due piedi, senza nemmeno chiedere consiglio al Maestro, a Shane e ad Adara. Sapevo soltanto che era da tempo che volevamo provare a batterci ad armi pari in un corpo a corpo con una sirena, per vedere se eravamo al loro livello. Comunque, ormai era qui ed era bellissima. Una strana sensazione mi aveva pervaso guardandola uscire dall’acqua con solo quel costume addosso ma avevo fatto finta di niente. Alexis era brava, sia in acqua che sulla terra, con una spada. Notevole per una principessa. All’improvviso un dolore atroce alla gola mi aveva impedito di respirare e i ragazzi mi avevano subito trascinato in acqua. E ora Alexis che mi chiedeva di baciarla. Non pensavo di essere giunto già a questo punto della trasformazione. Da piccolo, sapendo chi era mia madre avevo provato più volte a trasformarmi in un tritone ma non era mai successo niente. La guardai. I capelli marroni le cadevano bagnati sulle spalle e le punte galleggiavano per dieci centimetri buoni immerse nell’acqua. Mi avvicinai e le presi lentamente il viso tra le mani. Le mie labbra toccarono le sue e una scossa elettrica mi percorse la spina dorsale. Avevo dato molti baci in vita mia, da quelli passionali a quelli più dolci ma nessuno era anche solo lontanamente paragonabile a questo. Le mie mani scesero sulle sue spalle, le accarezzai le braccia e la vita e raggiunsi i suoi fianchi mentre le nostre labbra si schiudevano piano. Rimasi come paralizzato quando al posto della stoffa del costume incontrai squame di pesce. Sorpreso accarezzai più volte il tratto di pelle che sfumava lento in brillantissime scaglie argentate. Non mi ero mai soffermato a osservare una sirena da così vicino, pensavo vi fosse una linea netta all’inizio della coda e invece non era così. Sorrisi senza separare le nostre labbra. Le sue manine, così piccole in confronto alle mie, si agganciarono dietro la mia testa, e sentii le sue dita giocare con i miei capelli. Non mi accorsi che si stava lentamente piegando all’indietro trascinandomi con sé fin quando l’acqua non mi raggiunse la punta del naso. Immediatamente mi staccai da lei e nuotai all’indietro, riguadagnando la distanza di sicurezza. Sollevò la testa dall’acqua e mi osservò confusa piegando leggermente il capo di lato. La fissai arrabbiato e provai a nuotare verso la riva ma fui bloccato dalla sua mano che si strinse delicata ma forte intorno al mio braccio. Mi sorpresi a pensare che non aveva mani da guerriera, con i calli tipici di chi passa il suo tempo a maneggiare le armi.
“Dove stai andando?” mi chiese piano allarmata.
La guardai freddo.
“Il più lontano possibile da te” risposi glaciale e con uno strattone mi liberai della sua presa. Indietreggiò ferita e il suo sguardo divenne presto tagliente.
“Bene, se è questo che vuoi, vattene pure, io non dirò niente di questo posto, ma sappi che quando non riuscirai più a respirare un’altra volta o quando ti trasformerai in modo incontrollato non dovrai venirmi a cercare perché io non sarò disposta ad aiutarti.” Sibilò e scomparve sott’acqua. Sentii una strana sensazione, qualcosa che mi spingeva a fermarla ma riuscii a reprimere quell’impulso e nuotai verso la riva. Voleva portarmi sott’acqua, come avevo visto fare moltissime volte. Le sirene erano pericolose. Ti attiravano con la loro voce suadente e il loro bell’aspetto e poi ti trascinavano ignaro sott’acqua ed era la fine: diventavi il loro pasto. Raggiunsi la riva stanco come non lo ero mai stato, e non solo fisicamente. Shane e Adara mi aspettavano ansiosi.
“Cos’è successo? Perché se n’è andata così?” Adara e la sua empatia tutta femminile. Sbuffai superandoli senza rispondere.
“Oh no bello! Tu adesso rispondi o giuro che sono capace di andare al castello a chiedere un’udienza con lei per chiederle di rinchiuderti!”
Adara sembrava indemoniata mentre mi urlava contro di fermarmi. Mi girai e la fulminai con lo sguardo.
“Voleva trascinarmi sott’acqua, cosa dovevo fare? Assecondarla?” urlai alzando le braccia al cielo furioso.
“Siete legati, idiota! Non avrebbe potuto ucciderti nemmeno volendo! Si sarebbe suicidata lei stessa appena avesse ucciso te! Cosa ci avrebbe guadagnato, eh? Un solo cacciatore in meno non avrebbe di certo salvato le altre sirene, lo sai tu e lo sa lei che noi cacciatori siamo più di due mila su questa dannata isola!”
Rimasi immobile, spiazzato. Adara era furiosa e sembrava sull’orlo delle lacrime. La fissai assimilando ciò che aveva detto. Mi ero lasciato accecare dalla rabbia per ciò che aveva fatto mia madre e non avevo minimamente pensato a questo aspetto del legame. Ero un coglione.
Mi portai le mani tra i capelli ripetendolo a voce alta.
“Sono un coglione. Ora non mi aiuterà con la trasformazione”
Adara se ne andò senza più guardarmi, era ancora furiosa. Guardai Shane, sull’orlo della disperazione. Lui si strinse nelle spalle e seguì la fidanzata. Diedi un calcio ad un albero vicino arrabbiato con me stesso e crollai a sedere su un tronco semi distrutto ai margini del sentiero prendendomi la testa tra le mani. Non so quanto tempo rimasi fermo nella stessa posizione , forse un’ora, forse due. Erano passati solo tre giorni da quando l’avevo conosciuta eppure quella ragazza era riuscita a sconvolgere completamente la mia vita. Sentii dei passi avvicinarsi e alzai pigramente la testa per osservare il cielo. Qualcuno si sedette accanto a me e sentii una mano posarsi sulla mia spalla. Passò qualche minuto di assoluto silenzio mentre entrambi osservavamo il cielo, persi ognuno nei propri pensieri.
“Ragazzo mio, finirai mai di darmi grattacapi?” chiese il Maestro rompendo la tranquillità della notte.
“Non so cosa mi sia preso… Io credo di averla ferita rifiutandola in quel modo, ma…”
“Il ricordo di tua madre ti ha sopraffatto. È un blocco difficile da superare, il tuo. Sei cresciuto nell’odio chiedendoti perché proprio a te. Capisco che sia stato difficile sopravvivere al dolore che ha portato la tua perdita ma hai le tue sorelle. Sono rimaste con te per tutto questo tempo, loro sono state la tua famiglia. Ricordo ancora quando mi chiedesti di insegnarti il mestiere. Eri fin troppo giovane per diventare uno spietato assassino. Nessuno a nove anni dovrebbe soffocare ogni tipo di emozione per superare il dolore. Facendo così non l’hai eliminato, l’hai congelato fingendo non esistesse. Quella ragazza… L’hai mai vista su un campo di battaglia? O dirigere un battaglione? È il comandante più spietato dell’isola, ha creato lei stessa dal nulla il corpo speciale delle spie di palazzo. Da sola. Eppure non ha paura del dolore o delle responsabilità. Non ha paura di legarsi a qualcuno: lo hai visto con i tuoi occhi che è circondata di amiche. Il Paese sta per entrare in guerra e lei rischia la corona, la famiglia, il regno, le vite di milioni di persone dipendono da lei. Hai mai guardato l’altra faccia della medaglia? Essere un reale non è solo ricevimenti sfarzosi, balli e lusso, Bryan.”
Portai lo sguardo sul Maestro. Aveva ragione, come sempre. Ma qualcosa non mi tornava.
“Il corpo speciale è stato istituito da Alexis? Scende in campo durante le battaglie?” ero confuso e sbalordito. Il Maestro sorrise enigmatico e si alzò.
“Credo che ormai siate entrambi abbastanza grandi per sapere, ma dovrete essere insieme, altrimenti non dirò una sola parola. Và a dormire, domani pomeriggio andrai a palazzo e le parlerai, le spiegherai ogni cosa. Le dirai di tua madre, di quello che ha fatto e di quello che hai passato. Non importa se racconterai tutto a grandi linee, l’importante è che ti perdoni.” Decretò il Maestro e s’incamminò verso la casetta. Sospirai e lo seguii a passo lento. Entrai e guardai Adara e Shane addormentati sul divano, abbracciati. Presi un pezzo di carta e scrissi velocemente delle scuse per la ragazza. Aggiunsi anche che sarei andato il pomeriggio stesso a scusarmi con Alexis e imboccai la porta. Salii sulla moto e mi allontanai velocemente, alle mie spalle l’alba sorgeva.
 
 
Mi svegliai frastornato e scossi la testa per scacciare gli ultimi residui di sonno. Andai a lavarmi la faccia con l’acqua fredda, per poi ritrovarmi sotto la doccia dopo aver cambiato idea all’ultimo secondo. Mi asciugai e vestii con dei semplici pantaloni pieni di tasche neri, una maglia dello stesso colore e la mia giacca di pelle. Montai in moto dopo aver dato una veloce occhiata all’orologio: le quattro del pomeriggio. Non avevo nemmeno mangiato ma non mi importava. Raggiunsi il palazzo e parcheggiai. La regina odiava i mezzi di trasporto che inquinavano e non li lasciava nemmeno entrare nei confini della tenuta. Fortuna che la mia moto era l’ultimo modello elettrico che quindi non consumava benzina. La tecnologia sull’isola era avanzata in maniera incredibile. Scossi il capo scacciando quei pensieri e mi passai una mano tra i capelli mentre raggiungevo il servitore che sostava sempre al portone principale.
“Signore, aveva appuntamento con il Sovrano?” domandò cortese e lo guardai scuotendo la testa. Lui sembrava seccato di dovermi tirare fuori le parole di bocca ma la sua irritazione mi faceva solo ridere.
“Signore, cosa desidera?” chiese sforzando di essere cortese. Lo superai e poggiai la mano sulla maniglia. Il maggiordomo terrorizzato urlò: “Signore! Non può entrare così, senza permesso!” sbuffai e indietreggiai.
“Devo vedere la principessa” comunicai apatico e svogliato. Il maggiordomo fumava di rabbia.
“Aspetti qui signore” intimò calcando bene il qui. Ridacchiai sotto i baffi e lo vidi aprire il portone. Una sorridente Alexis stava venendo proprio in quella direzione. Rimasi paralizzato a fissarla qualche secondo. Dei pantaloncini corti bianchi lasciavano scoperte le sue lunghissime gambe, una felpa bianca aperta su una maglia rosa con delle scritte bianche le coprivano il busto e i capelli erano raccolti disordinatamente sulla testa con un mollettone. Era bellissima. Si voltò verso qualcuno alla sua destra ridendo e seguii il suo sguardo confuso. Un ragazzo biondo e molto più alto di lei stava dicendo qualcosa. Qualcosa di simile al fastidio mi fece fare una smorfia mentre osservavo quella scena. Il servitore che mi ero divertito a far arrabbiare si schiarì la gola attirando l’attenzione dei due.
“Signorina Principessa, signora! C’è qui un ragazzo che vorrebbe parlare con lei. La vidi aggrottare le sopracciglia e alzarsi sulle punte per guardare oltre il servitore. Mi vide e sbiancò. Sussurrò qualcosa nell’orecchio del ragazzone biondo che le poggiò un braccio sulle spalle e mormorò dolcemente.
“Và pure, James, me ne occupo io” sorrise al servitore che si dileguò con un inchino più che profondo. Alexis si avvicinò alla porta sempre in compagnia di quel tipo e uscirono, chiudendosi l’enorme anta alle spalle. Mi guardò fredda e alzò il mento per incitarmi a parlare. Sbuffai.
“Devo parlarti” mormorai piano e trattenni un ringhio quando il ragazzo accanto a lei se la strinse di più addosso. Non capivo il motivo di tutto questo fastidio.
“Vieni” esclamò seccata incamminandosi verso il parco a sinistra del palazzo.
“Deve proprio venire anche lui?” non riuscii a trattenermi dal chiedere con una punta di disprezzo.
Lui si voltò verso di me con un ghigno derisorio e disse: “SI, devo proprio, ti crea qualche problema?”
Scossi la testa seguendoli tra la vegetazione. Alexis si fermò in una piccola radura curatissima con una fontana al centro e diverse panchine. Andò a sedersi su una di queste fissando l’acqua scorrere. Stranamente il tipo rimase in piedi e andò dall’alto lato della fontana. Raggiunsi la bionda e mi sedetti accanto a lei. Sospirai sbilanciandomi leggermente con la schiena all’indietro e allungando le gambe, con le mani nelle tasche.
“Anche se fuori è inverno, io mi sento bellissima, mi sento più sicura, non ho paura… “ sentii Lexi canticchiare piano mentre si portava le gambe al petto. La fissai e mi persi a osservare il suo profilo.
“Che cosa volevi dirmi?” sussurrò appena, sembrava quasi timida.
“Hai una bella voce quando canti” mormorai. Sorrise e spostò lo sguardo su di me.
“Questa canzone mi piace troppo… Non riesco a smettere di canticchiarla” alzò lo sguardo verso il sole chiudendo gli occhi.
“Volevo scusarmi… E chiederti perdono per il mio comportamento di ieri” sussurravo. Si voltò di scatto verso di me, sorpresa.
“Io… Mia madre era una sirena, avevi ragione, ma non sai la storia che c’è dietro” presi fiato alzando gli occhi al cielo e confessai quello che solo io e le mie sorelle sapevamo.
“Mio padre era un dongiovanni, da giovane. Ogni sera ne cambiava una diversa alle palle della madre di Diana, Patricia e Lana, che allora era solo la sua fidanzata. Una sera incontrò una ragazza bellissima e non se la fece scappare. La mattina dopo l’abbandonò prima ancora che lei si svegliasse. Era una sirena ma mio padre non lo sapeva. Lo scoprì nove mesi dopo quando mia madre mi lasciò in fasce davanti alla sua porta. Sposò la sua ragazza convincendola a farmi passare per figlio loro e passarono sette anni. Era il mio settimo compleanno quando qualcuno bussò alla porta. Era mia madre. Furiosa ci costrinse tutti a uscire in giardino aiutata da due tritoni in forma umana e ci trascinò sulla spiaggia lì vicino.” Deglutii ma decisi di continuare.
“Cominciò a cantare, attirando mio padre in acqua mentre la madre delle ragazze piangeva disperata tenendoci vicini a lei. Quando ritenne di essere abbastanza in profondità lo baciò e lo trascinò sott’acqua. Un tritone fece lo stesso con la donna che ci teneva a sé, non ricordo neppure il suo nome, ma so che non dimenticherò mai l’acqua diventare improvvisamente rossa in corrispondenza dei punti in cui erano affondati. Fu tremendo quando anche mia madre riemerse dall’acqua completamente zuppa si sangue e si uccise davanti a noi. Non ho mai capito perché si è uccisa…” stavo per continuare con il racconto di cosa era successo dopo quando due braccia mi si strinsero intorno al collo e mi accorsi che Alexis stava piangendo abbracciata a me.
“Tutto… Tutto apposto?” le chiesi confuso. Si staccò di scatto fissandomi con gli occhi pieni di lacrime.
“Stai scherzando? Hai passato delle cose terribili! Sono io che dovrei scusarmi con te per essere stata troppo avventata, io… Io non lo sapevo” scoppiò nuovamente a piangere e provò ad asciugarsi le guancie con le maniche della felpa, sciogliendo l’abbraccio. Non sapevo che fare e pensai a cosa faceva Shane quando Adara piangeva. L’abbracciai piano, poggiandomi la sua testa sul petto. Ci vollero pochi minuti perché smettesse di piangere e mi guardasse. Si avvicinò piano al mio viso e mi accorsi che no aspettavo altro che il bacio che stava per arrivare da quando l’avevo vista poco fa mentre sorrideva prima di accorgersi di me. Qualcuno si schiarì la gole e sobbalzai come fece anche lei e ci voltammo verso il biondino che aveva assistito a tutta la scena.
“Oh, si, giusto!” esclamò Lexi incrociando le gambe sulla panchina. Tirò giù le maniche della felpa nascondendo le sue manine e voltandosi verso di lui. Sorrise con le guancie finalmente asciutte.
“Alex, lui è Bryan, Bryan, lui è Alexander, il mio migliorassimo amico!” esclamò. Sorrisi facendogli un cenno con la mano.
“Alex! Où tu est?” sentimmo urlare. Francese?
E questa chi è?
Mi chiesi vedendo una bionda niente male comparire dal sentiero da cui arrivavamo anche noi.
“Alex! Finalmente ti ho trovato!” esclamò con un adorabile accento francese andando a stampare un bacio sulle labbra del biondo. Sentii tutta l’antipatia provata fino a quel momento verso il ragazzo scomparire. Era fidanzato.
“Oh, e tu chi sei?” chiese la bionda spostando la sua attenzione su di me.
“Attends! Je sais qui tu est! Tu est le copain de Alexis!” esclamò contenta abbracciandomi. La osservai confuso.
“Cos’ha detto?” chiesi e ridacchiai imbarazzato guardando Alexis che scoppiò a ridere.
“Ha detto che sa chi sei” aggrottai la fronte. Io non l’avevo mai vista prima.
“Ha detto che sei il mio… Ragazzo” spiegò la ragazza al mio fianco arrossendo. Non sapevo che dire.
“Bien. Alex le père de Alexis ha detto che ci sposerà demain si tu est d’accord” disse tutta contenta la bionda voltandosi verso il Alex. Lui sorrise raggiante.
“Certo! Non vedo l’ora che tu sia mia moglie” mormorò e baciò piano la fidanzata.
“Oh, che… sbatata? Si dice così? Non mi sono nemmeno presentata! Je suis Séraphine et toi?” si presentò rivolgendosi a me.
Alexis al mio fianco rise.
“Sbadata, si dice sbadata” la corresse e Séraphine fece gesto che non le importava.
“Io sono Bryan” mi presentai a mia volta con un sorriso.
“Bien!” esclamò lei. E poi parve ricordarsi di qualcosa di importante. Diede un colpetto ad Alex sulla spalla e continuò.
“Perché non lo inviti al tuo addio al selibàto?” provò a chiedere.
“Ser, amore, hai parlato troppo in una lingua che non è la tua per oggi, che ne dici se torni a parlare solo francese?” le chiese dolce e rimediò un pugno sulla spalla.
“Comunque per me va bene, che ne dici di venire a festeggiare la mia ultima sera da uomo libero?” chiese lui guardandomi.
“Ehm.. Io non lo so” provai.
“OH, andiamo, di cos’hai paura? Oh si, beh sarai circondato da tritoni ma è tradizione che si festeggi sulla terraferma in forma umana quindi non ti devi preoccupare” mi incoraggiò Lexi e la guardai dubbioso. Mi sorrise incoraggiante.
“io non conosco nessuno…” tentai l’ultima debole resistenza.
“Oh, andiamo, conosci lo sposo!” affermò lui stesso sorridendomi.
“E va bene, verrò” mi arresi. Séraphine esultò e batté le mani felice. Guardai Alexis che mi sorrideva.
“Dove si va a festeggiare?” chiesi ormai rassegnato all’idea.
“Ala est del palazzo per le ragazze a ala ovest per i ragazzi!” annunciò la principessa.
“E i sovrani?” chiesi perplesso.
Lexi sorrise furba. “Dimentichi che mio padre è diventato un tritone dopo aver sposato la mamma”
Sospirai ma sorrisi contagiato dall’entusiasmo delle due ragazze.
“Se vuoi poi puoi fermarti qua a dormire, visto che i servitori non ti lascerebbero mai guidare ubriaco” mi informò la proprietaria del castello mentre gli altri due si congedavano con un vi aspettiamo. Annuii. Eravamo rimasti soli in quel giardino. Il sole stava per tramontare mentre mi alzavo e raggiungevo la fontana. L’acqua era abbastanza alta e mi chinai leggermente a guardare i sassolini decorativi sul fondo. Accadde tutto velocemente: prima la pressione di due mani sulla schiena e poi il contatto con l’acqua fredda. Mi girai sulla schiena piegando le gambe e sputacchiando acqua mi sollevai sui gomiti. Alexis era in piedi vicino al punto da cui ero caduto e rideva tenendosi la ancia. Mi alzai veloce a sedere e la trascinai per le braccia in acqua. Lanciò un urlo sorpresa e continuò a ridere mentre mi finiva praticamente sopra. Risi anche io per la situazione assurda in cui ci trovavamo. E solo quando smettemmo di ridere mi resi conto che era sopra di me. Mi sorrise e si puntellò con le mani sul mio petto per sollevarsi leggermente e guardare il cielo con la testa rovesciata all’indietro.
“Le stelle!” esclamò felice e guardai anche io il cielo che si era scurito mentre noi cadevamo nella fontana. Mi sollevai sui gomiti accorciando la distanza tra i nostri visi e lei si girò incontrando i miei occhi. Questa volta niente avrebbe potuto interromperci e veloce catturai le sue labbra. Rispose al bacio e la lasciai fare quando mi spinse piano giù, con la testa nell’acqua. Schiudemmo le labbra e sentii una sensazione di benessere pervadermi. Mi sentivo completo. Ci staccammo con calma dopo un tempo infinito e mi sorrise. Si alzò e mi aiutò a uscire dalla fontana. Ridemmo quando rischiammo di scivolare e anche quando, percorrendo il sentiero che riportava al castello gli irrigatori automatici scattarono e urlammo sorpresi mentre ci bagnavamo più di quanto eravamo prima. Ci baciammo ancora, fradici sotto la pioggerellina sottile creata dagli irrigatori e poi corremmo a palazzo. Mi prese per mano e mi trascinò per i corridoi. Mi ero già perso alla terza svolta ed eravamo tipo alla ventesima. Rallentammo gocciolando sui pavimenti in marmo e si fermò davanti a una porta. Bussò e sentimmo un tonfo all’interno, delle risate e femminili e passi strascicati. La porta si aprì rivelando Jacopo, il fratello della principessa. Ci guardò stralunato.
“Sorellina, devi dirmi qualcosa?” chiese confuso.
“Po, lui è Bryan, Bryan questo idiota è Jacopo” mormorò con un sorriso sarcastico al fratello e lo scostò entrando in camera sua senza chiedere il permesso.
Lo salutai alzando la mano davanti a me, imbarazzato. Lui mi studiò in silenzio qualche secondo e fummo distratti da un urlo. Allarmati entrammo in camera per accorgerci che non c’era niente di strano.
“Ommio… Wow!” urlò Alexis osservando l’anello che ornava l’anulare della sua migliore amica. Fissò il fratello sconvolta e corse ad abbracciarlo. Gli saltò letteralmente addosso facendogli i complimenti per l’ottima scelta. Ridacchiai e salutai con un cenno Valentina che ricambiò con un sorriso. Riportai lo sguardo su Alexis che era scesa dal fratello e stava frugando tra i vestiti di Jacopo. Quello la guardava stranito ma non disse nulla. Mi guardò e sorrise notando il mio imbarazzo.
“Ormai ci ho fatto l’abitudine alle sue stranezze, se prende confidenza diventa un uragano” ridacchiò e una sberla dietro il collo lo fece gemere dal dolore.
“A chi hai dato dell’uragano, eh?” chiese Alexis fingendosi offesa mentre tra le braccia stringeva dei vestiti.
“A te” rispose il maggiore dei fratelli e le fece la linguaccia. Ridemmo tutti mentre i due iniziavano a insultarsi.
“Banana”
“Peperone”
“Sabbia”
“Idiota”
“Scemo”
“Che razza di insulti sono banana e sabbia?”
“Beh, e uragano e peperone?”
Scoppiarono entrambi a ridere, poi la bionda fradicia mi trascinò fuori dalla camera del fratello urlando dei saluti. La seguii ancora stranito da quello che avevo appena visto. Si fermò dopo aver svoltato una sola volta e aprì una porta chiara.
“Questa è la mia camera, ho preso dei vestiti di mio fratello che dovrebbero andarti bene, avete quasi la stessa taglia” parlava a macchinetta mentre poggiava i vestiti sull’enorme letto al centro della grandissima stana e spariva dietro una porta. Mi guardai intorno osservando le pareti ognuna di un colore diverso e l’arredamento. La parete alle mie spalle, quella della porta era azzurra, alla mia sinistra una porta finestra enorme dava su una terrazza non troppo grande e quel poco di muro che delimitava la finestra era viola. Il letto era poggiato alla parete di fronte a me, colorata di un argento molto simile agli occhi della proprietaria della stanza. Le coperte del baldacchino matrimoniale era di un rosso acceso con i cuscini gialli. Al posto dei comodini, ai lati del letto, vi erano due enormi librerie alte fino al soffitto stipate di libri. Alla mia destra due porte si aprivano nel muro ricoperto da scritte fatte con le bombolette. Una porta era la cabina armadio e riuscivo a vedere Alexis che si toglieva la felpa e rimaneva con la maglietta rosa zuppa e completamente attaccata alla pelle. Uscì con il mollettone tra le labbra, la felpa sulla spalle e le mani impegnate a rifare la crocchia con i capelli bagnati. Aprì l’altra porta che scoprii celava un bagno e aprì l’acqua della doccia. Una musica si propagò nella stanza e Alexis si muoveva a passo di musica. Uscì nuovamente dal bagno e mi sorrise. La felpa era sparita e i capelli erano di nuovo apposto. Riconobbi la canzone che stava canticchiando prima la principessa e non potei fare a meno di pensare che era davvero una bella.
“Puoi farti una doccia, se vuoi, ti ho aperto l’acqua. Io vado a farla nel bagno qui fuori, se hai bisogno di qualcosa basta che esci nel corridoio, giri a destra e sono nella prima porta a sinistra. Gli asciugamani sono nel mobiletto e i vestiti te li ho messi sul letto… Il necessario per la doccia è nel box” mi sorrise e sparì in corridoio. Entrai in bagno togliendomi la maglietta e la posai nel cesto della biancheria sporca, sopra alla sua felpa. Mi guardai in giro nell’enorme bagno in cerca dell’armadietto degli asciugamani. Lo trovai e ne presi uno qualsiasi. Finii di spogliarmi ed entrai nella doccia. Fu un sollievo sentire l’acqua calda lavare via il freddo lasciato dai vestiti bagnati. Mi lasciai cullare per un po’ da quella bella sensazione e poi presi il bagnoschiuma. Lo aprii e non potei fare a meno di annusarlo. Sapeva di lei. Sorrisi e mi sbrigai a finire la doccia per poi uscire e avvolgermi nell’asciugamano. Mi maledissi mentalmente quando mi accorsi di aver dimenticato i vestiti nell’altra stanza. Aprii la porta del bagno e vidi Alexis che si pettinava i capelli bagnati con indosso un bellissimo abito più corto sul davanti e più lungo dietro. Era composto da veli leggerissimi che le scendevano morbidi sulle gambe. Appena sotto il seno una striscia di un blu appena più scuro del vestito e ornata da brillantini argento le partiva sulla destra, tagliava il petto come una tracolla e finiva in una spallina sottile. Rimasi impietrito a fissarla. Era davvero bellissima. Si accorse di me incontrando il mio sguardo nello specchio. Si voltò di scatto e arrossì.
“Scusami! Pensavo avessi portato i vestiti in bagno” si giustificò balbettando. Sorrisi mentre raggiungevo il letto, prendevo i vestiti a tornavo verso il bagno.
“Tranquilla, li avevo dimenticati per sbaglio. Sei bellissima, comunque” e sparii dietro la porta del bagno. Mi ci appoggiai contro e sospirai. Cosa mi stava succedendo? Prima la baciavo, ci ridevo insieme, ero geloso se qualcuno le si avvicinava e ora andavo pure a dirle che era bellissima. Scossi la testa e mi vestii, deciso a ritornare distaccato senza  però ferirla. Notai con sorpresa che aveva ragione, avevo quasi la stessa taglia del fratello. Mi osservai nello specchio con indosso un completo blu scuro, quasi lo stesso colore della fascia sul suo vestito. La camicia bianca risaltava moltissimo sulla mia pelle leggermente abbronzata e decisi di non mettere la cravatta, lasciando l’ultimo bottone della camicia e la giacca aperta. Uscii e la raggiunsi. Si era asciugata i capelli in tempo record e li aveva raccolti in un’acconciatura sulla testa. Ora stava finendo di truccarsi. Mi appoggiai con una spalla al muro vicino allo specchio e mi misi a fissarla con le mani nelle tasche. Sorrise mentre chiudeva un occhio e si passava la matita sulla palpebra. Notai che la matita non era nera ma blu brillanti nata. Sorrisi notando che ai piedi aveva dei sandali argentati con un bel tacchetto a spillo. Nonostante questo, non riusciva ancora ad essere più alta di me. Finì di mettere la matita e si allontanò dallo specchio. Notò solo in quel momento la somiglianza tra i colori dei nostri vestiti e arrossì.
Ridemmo per quell’assurda coincidenza e sentimmo bussare alla porta. Lexi urlò un invito a entrare e la porta si aprì rivelando Jacopo vestito elegantemente a braccietto con Valentina. Quest’ultima indossava un elegantissimo tubino nero decorato da pieghe della stoffa e piccoli punti luce argento su un fianco. Come Alexis, anche lei indossava sandali argentati, ma di un modello diverso. Si salutarono con un abbraccio e Valentina sussurrò all’altra qualcosa nell’orecchio che la fece arrossire.
Jacopo prese la parola spezzando il nostro silenzio.
“La festa sta per iniziare, sono tutti nell’ingresso pronti ad applicare la linea” annunciò e lo seguimmo per i corridoi. Le ragazze rimasero indietro a parlottare e mi avvicinai al principe. Insomma, ero un cacciatore, mi ero legato a sua sorella e non gli avevo rivolto più di quattro parole in totale, mi sentivo leggermente in soggezione sotto il suo sguardo tranquillo e indagatore.
“Linea?” chiesi.
“Si, la linea divisoria con cui separiamo la zona delle ragazze e la nostra” annuii svoltando nell’ennesimo corridoio e ci ritrovammo nell’ingresso pieno di gente in abiti da sera che chiacchieravano. Alexis mi trascinò per un braccio dalla coppia che domani si sarebbe sposata e baciò entrambi sulle guancie. Strinsi la mano dello sposo e baciai la mano della sposa. Era davvero incantevole avvolta in un abito nero stretto fino alla vita che si allargava morbido finendo in una gonna corta di grandi strass rotondi neri verso l’alto e dorati verso il basso.
Alex fece cenno a un servitore di fermare il chiacchiericcio e in men che non si dica quello suonò un motivo con la tromba e tutti si zittirono. Alexis sorrise cordiale ai presenti e prese parola.
“Signori e signore, cedo volentieri il mio castello per celebrare l’ultima notte prima del matrimonio di questi due giovani” pronunciò con voce solenne e porse un rotolo di nastro adesivo spuntato da chissà dove agli sposi. Le ragazze si radunarono tutte da un lato e seguii gli uomini dall’altro. Lentamente i due sposi cercarono l’inizio del nastro e quando finalmente lo trovarono si posizionarono di fronte al portone d’ingresso. Si scambiarono un bacio a fior di labbra e poggiarono il nastro sul pavimento, srotolandolo man mano che andavano verso la porta da cui si accedeva alla sala da ballo. Una volta che ebbero raggiunto l’estremità della sala partirono gli applausi e le urla.
“Inizino i festeggiamenti” proclamò Jacopo e i due gruppi, maschi e femmine, si avviarono ognuno in un verso. Rimasi con lo sguardo in quello di Alexis finché potei e poi mi girai con un mezzo sorriso. Non capivo perché avessero insistito tanto per farmi partecipare a questa festa, io non c’entravo niente con loro. Dopo qualche svolta ci trovammo in una stanza fornita di un grandissimo bar, alcuni divanetti, tavoli da gioco, tavoli stracolmi di cibo e luci stroboscopiche. Questo castello era una sorpresa continua. Subito i tritoni esplosero in grida di acclamazione e fu offerto un primo giro di alcolici. Niente di troppo pesante, dato che dovevamo resistere fino alla mezzanotte come minimo. Alex mi presentò tutti i suoi amici, una ventina circa di tritoni più simpatici di quel che speravo. Quello che successe dopo il ventesimo bicchiere di superalcolici non lo ricordo pienamente, ricordo solo che mangiai abbastanza da sentimi pieno, bevvi abbastanza da ritrovarmi a ballare e ridere come un idiota e ricordo che non ero l’unico in quelle condizioni. Quando mi svegliai la mattina dopo ero completamente vestito gettato su un divano e puzzavo di alcol. Scossi la testa guardandomi intorno e constatai che ero nella stanza in cui avevamo festeggiato la sera prima. Aggrottai la fronte confuso notando Jacopo disteso sul pavimento e beatamente addormentato. Aveva una scritta sulla fronte fatta di sicuro con un pennarello indelebile.
Il prossimo, diceva. Ridacchiai e mi alzai colto da un improvviso terrore di avere anche io una scritta. Barcollai per colpa di un violento capogiro e mi aggrappai al divano con un tremendo mal di testa. Cercai uno specchio e mi osservai in quello dietro al bancone constatando che non avevo strane scritte. Sentii qualcuno mugugnare di dolore e mi guardai intorno. Alex era seduto su un divanetto e si reggeva la testa. La scosse come avevo fatto io poco prima e si alzò.
“Che è successo?” chiese una voce poco distante mentre un altro tritone si alzava e ci raggiungeva. Mi guardai in giro cercando il resto della compagnia e trovai solamente altri quattro uomini sparsi per la stanza, alcuni dormivano e altri si stavano svegliando.
“Dove sono gli altri?” chiese confuso uno di questi con voce impastata. Mi strinsi nelle spalle  ancora mezzo stordito dal sonno e dai postumi della sbronza.
“Andiamo a cercare le ragazze” disse qualcuno e nello stesso istante Alex chiese che ore fossero.
“Sono le dieci e mezza del mattino” rispose qualcuno. Alex annuì e lo seguimmo fuori da quella stanza, verso l’atrio.
“Gli altri sono andati a farsi una doccia e a prepararsi a casa, ci hanno lasciato un biglietto” annunciò Jacopo che nessuno aveva visto mentre si alzava e beveva un bicchiere d’acqua. Rallentai fino a trovarmi in coda al gruppetto e fui presto raggiunto dallo sposo. Mi mise una mano sulla spalla.
“Naturalmente voglio che sia presente anche tu al matrimonio, si terrà oggi pomeriggio alle tre, Alexis ti porterà sul posto” gli sorrisi e lo ringraziai. Raggiungemmo l’atrio dove un servo prese il biondo al mio fianco e lo trascinò via per chiedergli qualcosa. Era tradizione che gli sposi non si incontrassero la mattina del matrimonio e passassero la notte separati, perciò non fui sorpreso di trovare Alexis e Valentina che ridevano strappando il nastro adesivo applicato sul pavimento la sera prima. Fui sorpreso di trovare anche Patricia, Diana e Lana che ridevano con loro e le aiutavano. Le mie sorelle erano vestite normalmente, con pantaloncini e magliette semplici, mentre le altre due erano ancora vestite a festa, come la sera precedente. L’acconciatura di Lexi non aveva retto alla nottata, dato che aveva finito per raccogliere i capelli sulla nuca con lo stesso mollettone di ieri e a quanto pare anche i tacchi l’avevano stancata dato che indossava comode pantofole. Alzò lo sguardo come avvertendo il mio su di lei e mi sorrise. Patricia seguì subito il suo sguardo e lanciò un urletto di gioia correndomi incontro come la sera del ballo. L’abbracciai stretta e le baciai i capelli. Mi sorrise raggiante e poi fu la volta delle altre due, cui riservai lo stesso trattamento.
“Dobbiamo venire a palazzo adesso, per incontrarti?” chiese sarcastica Lana mettendosi le mani sui fianchi.
“Piuttosto, sono io che dovrei dire così, visto che di venire a casa mia a salutarmi non ne volete sapere” ribattei con un sorriso. Alexis si avvicinò e la salutai con un baciamano leggero.
“Ragazze, devo trovargli un vestito decente, Alex e Ser l’hanno invitato al matrimonio, perciò noi andiamo” annunciò prendendomi a braccetto.
“Tutte a te le fortune, fratellino” Patricia mi fece la linguaccia. Ridendo mi avviai con Alexis verso un corridoio. Lanciai un bacio alle mie sorelle e mi voltai definitivamente.
“Allora, dove sarà questo matrimonio?” chiesi. Alexis si bloccò immediatamente guardandomi dispiaciuta.
“In una chiesa sott’acqua.”





*Spazio Autrice* 
Salve a tutti! Allora, innanzitutto mi devo SCUSARE ENORMISSIMAMENTE PER IL MOSTRUOSO RITARDO!
Poi... Volevo chiedere un favore a voi, mie care lettrici... Siccome sono un'impedita che più impedita non si può devo chiedere a voi un favore... Avevo una mezza ideuccia di mettere un banner per questa storia e per l'altra... Se qualcuna di voi ha tempo, pazienza e voglia di aiutare questa povera impedita me lo dica, mi farebbe un enorme piacere! Potete scrivermi nei messaggi o anche nelle recensioni :) 
Devo proprio andare, scusate ancora per il tremendo ritardo e spero che il capitolo vi sia piaciuto :) 
Baci, 
la vostra Giugiu. 

 
  
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