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Autore: Martilampi    22/06/2014    4 recensioni
Hermione chiuse meglio la sua giacca e si alzò da quella panchina. La schiena le doleva e le gambe erano pesanti.
Si avviò verso casa, comprò una brioche e un cappuccino e si fermò a berlo nella caffetteria, vicino ad una grande finestra che dava sulla strada.
Non c’era ancora molta gente, quasi si dimenticò della realtà. Gli sembrava tutto bello con quella luce fredda, più pulito, più nuovo. Anche il marciapiede triste e sporco.
Riprese la strada verso casa quasi riposata. Quasi felice. Incontrò la donna del piano di sopra. Aveva il viso pallido e bello, i vestiti da sera. Le fece un cenno frettoloso col capo chino. Hermione rispose sorridendo.
Salì nella sua piccola stanza, e prese tutte le sue cose. Raccolse quelle sparse in giro, a terra, appoggiate sulla sedia, gli abiti nell' armadio. Tutte le creme e i libri. Prese ogni cosa e la infilò nella valigia.
Buttò gli avanzi della cena . Poi si lavò, si pettinò e si vestì.
Prese la sua valigia e scese velocemente le scale.
Aspettò un taxi, che ci mise molto ad arrivare e disse al tassista di portarla all’ aeroporto.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kingsley Shacklebolt | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Capitolo IX
Speranza

 

Draco si chiuse la porta alle spalle, chiuse le tende e si mise a letto. Chiuse gli occhi e pensò di poter stare così, sentendo il tempo dilatarsi all’infinito, finché qualcosa non fosse arrivato.
Sentiva ancora l’odore di morte, il silenzio di un altro cadavere seppellito, senza il diritto dell’addio.
Lucius, suo padre, era morto, morto come muore chi non vuole andarsene. Il suo ultimo respiro era stato il rantolo di un drago morente, la resa di una vita di lotta.
Aveva visto il viso di Lucius deformato dalla paura, aveva visto il suo terrore costruire le sue ultime espressioni, l’aveva visto contorcersi e soffrire nell’agonia della fine.
Forse aveva visto la morte , forse aveva visto l’inferno con i suoi occhi e ne voleva fuggire.
Non gli aveva lasciato neanche una parola, non aveva detto nulla a suo figlio, se ne era andato, come in vita, non aveva parlato. Forse parlare avrebbe significato dire sto morendo, e lui non voleva.
Eppure Draco non sentiva rammarico, non sentiva tristezza, sentiva solo l’immensa solitudine che ora ricadeva su di lui come un macigno immenso a curvargli le spalle, una solitudine nuova, imposta.
Capiva solo ora l’importanza di un padre, anche di un padre rifiutato, e la sensazione di essere smarrito, di quando si smette di essere figli.
Il dolore si era adagiato sul letto al suo fianco, era tangibile, era lì, ed aspettava di prendere il sopravvento su di lui. Avrebbe cominciato abbrancandogli le caviglie, e poi si sarebbe preso tutto di lui.
Ma ancora non lo sentiva, ancora non sentiva niente, se non il suo odore, la sensazione della pelle fredda sotto i polpastrelli, e l’espressione della morte.
Si addormentò poco dopo, e non sognò niente, se non un immenso nero.

 

 

Per le strade del paese. La neve si era sciolta, e una fanghiglia scura si era stesa ai bordi delle strade, vicino alle case, ai tetti gocciolanti, con il ghiaccio che si scioglieva. Il cielo era eccezionalmente terso in quei giorni, e il vento era limpido come acqua di fonte.
Quando arrivò la lettera era con Georg. Parlavano, come sempre a pranzo.
Parlavano in una routine logorante.
Non c’era nulla di sbagliato in realtà, tranne quella stessa insoddisfazione. Latente. Strisciante. E c’era Draco. Da quando era riuscita a intravedere la fine di quel progetto, da quando si era profilata l’idea di tornare in Inghilterra c’era il viso di Draco.  Aveva ridato consistenza di persona a quello che era diventato per lei solo una sorta di amico immaginario.
Era di nuovo reale. Un Draco che camminava, respirava , andava al parco con la sua buffa giacca pseudo babbana.Un Draco che esisteva. Senza più contorni madreperlacei. C’era lui molto spesso ora. C’era quel ricordo che gli schiacciava il cuore così forte da star male, di quella volta che era stato dentro di lei, come fosse sua.
Stava aprendo le lettere che le erano arrivate. L’ennesima di Harry, chilometrica, con allegate le foto di James, suo nipote.
Poi  una più stringata di Ron, da qualche parte nel mondo.
Di una lettera non riconobbe immediatamente la scrittura. La guardò senza toccarla. Il suo nome e l'indirizzo erano scritti con un tratto sottile, che aveva qualcosa di femminile. La H di Hermione partiva con una curva convessa, morbida. Tutte le lettere erano un po' inclinate, austere e dolci insieme. C'era un errore nell'indirizzo, scritto in maniera approssimativa.
Veniva da Malfoy Manor, ma non era la scrittura di Draco. Avrebbe riconosciuto subito la calligrafia spigolosa del ragazzo, quel modo particolare di scrivere il suo nome, con le lettere lunghe e dritte, quasi che si stendessero sul foglio.

Deglutì e con le mani che tremavano prese la busta. Se la rigirò nervosamente tra le dita e poi le infilò nella scollatura della busta. Restò a guardarla per un tempo infinito.
Senza pensare a nulla. Il cervello era in pappa.
Passò il dito sul suo nome, sul nome di quella casa lontana. Prese aria. E l’aprì.

Poche parole.
Il suo petto fu compresso in un attimo. I suoi polmoni soffrirono per la mancanza di aria, punti da mille aghi.
Si alzò di scatto. Si sentì mancare. Si risedette. Guardò ancora quel pezzo di carta. Che cosa si aspettava da lei ? Si alzò di nuovo.  E non si sentì mancare

Georg la spiava dall'altro lato del tavolo, gettando di tanto intanto uno sguardo all’indirizzo. Il suo turbamento era facilmente percepibile nel tremito delle dita, ma il biglietto era nascosto nel palmo della sua mano e Georg non riusciva a vederlo.
Osservò Hermione chiudere gli occhi e poi far scorrere gli occhi sulle lettere dall’inchiostro scuro. Alzò gli occhi, guardandosi intorno, come smarrita e improvvisamente distante.

“Chi è?” si azzardò a chiedere.
Hermione lo squadrò ancora smarrita, poi nascose la busta dietro la schiena. Poi si alzò di nuovo, ignorando la domanda.
“Io devo andare” fece.
“Sei impazzita?”
Anche Georg si alzò, come se volesse impedirgli di fare una follia, si avvicinò per trattenerla, ma Hermione si scansò come se fosse un estraneo a parlare con lei.
“Ma che stai dicendo? Chi è? Qualcosa di grave?”
“Niente. Non lo so, devo partire.” ribatté , con un braccio già a scostare la sedia, il piede già pronto a partire. “Devo andare.”
“E dove devi andare?”
“In Inghilterra.” Rispose meccanicamente. “E la ricerca?”
“Se ne occuperanno gli altri. Sono in grado. Guarderò il lavoro finito quando torno. Di agli altri che torno.”
Poi uscì, senza che Georg potesse dire altro, se non un'altra protesta lontana.
Corse per il palazzo, salendo più gradini alla volta, fino a sentirsi i polmoni bruciare, il fiato corto e le gambe spezzate.
Si fermò per prendere fiato e darsi un contegno, cercando di apparire calma.
Si chiese cosa stava facendo, cosa le fosse preso per correre in quel modo.
Quasi che stesse aspettando solo un cenno, un leggero tirare a quel filo, per farla scattare.
Ed ora nella sua stanza, guardava i suoi abiti buttati sul letto, chiedendosi se fosse giusto tornare.
Riprese in mano la lettera.
Non gli aveva scritto lui, ma Pansy.

Draco sta male, devi venire qui.
Pansy.

Si immaginò di andare a casa sua e cercarlo.
 Lui che era diverso, che la guardava senza più quel tremito nell’iride. Si immaginò vederlo camminare senza più girarsi a cercarla con gli occhi. Immaginò la sua indifferenza.
“Dovremmo avere il coraggio di andarcene” aveva detto una volta a Georg.
Pensò a quello che la tratteneva in quel luogo. Non c’era più niente. Non c’erano più i suoi sogni, non c’era più la voglia di avventura.
Pensò di nuovo a Draco e alla sue mani, alla sensazione di mancanza, alla voragine che si era scavata la sua vita.
Draco ha bisogno di me si disse. Non dovrei neanche pensare di non tornare.
Con un movimento di bacchetta iniziò a rimpilare i vestiti per la partenza.

 


Quando si sveglio, molte ore dopo, pensò che forse avrebbe dovuto alzarsi.
Non aveva le forze per farlo. Pensò che era giustificato, che sarebbe stato giusto non alzarsi, esprimere il proprio lutto come più gli piaceva. Non aveva obblighi, non aveva nessuno a cui dare giustificazioni, non c’era più nessuno per lui.
Si ripeté la parola nessuno nella testa così tante volte, e quasi l’angoscia lo strozzò, offuscandogli i pensieri.
Desiderava solo oceani di  indifferenza in cui affogare. Annientato . Disimparare a vivere , disimparare ad essere , pezzo per pezzo. Prima nel corpo poi nello spirito. Ed essere rimontati per essere qualcosa altro. Qualcosa che non esiste. Che non è uomo, che non è spirito. Qualcosa che non c’è.
Si sentiva soffocare, soffocare lentamente, e pensò di nuovo che doveva assolutamente alzarsi.
Doveva imparare a vivere come tutti. Doveva accettare che le cose vanno così. Che non si può fermare lo scorrere del tempo ed aspettare che il dolore passi e intanto perdersi tutto. Tanto il dolore non passa. Doveva imparare che dopo la morte c’è subito dopo la vita.
E lui invece si era sempre fermato. Ad aspettare che passasse un malessere che non era passato mai. La sua era stata solo una lunga, interminabile serie di cose non fatte , di cose negate. Di vita evitata. La morte di sua madre, la prigionia di suo padre, il rifiuto dei suoi compagni, erano diventati muri insormontabili. E poi si erano inspessiti con tutte le cose insignificanti che non aveva fatto. E tutto quello che si era perso.
Non aveva vissuto mai una storia d’amore. Non si era più ubriacato con gli amici. Non aveva abbracciato così per gioco. Non aveva sostenuto conversazioni sciocche tanto per ridere. Non aveva più volato su una scopa. E non era andato a vedere una partita di Quidditch. Tutto era diventato insormontabile.
Tranne lei. Hermione non lo era mai stata insormontabile. Era stata l’unica cosa fatta in un mondo di cose non fatte. L’unica cosa vera .L’unica che aveva potuto abbracciarlo senza farlo soffocare.
Pensò che era il caso di alzarsi e non lasciarsi più sfuggire niente.

Sentì il rumore della porta che veniva aperta. Pensò fosse Pansy  e cercò di mandarla via.
“Non sono Pansy…” disse solo quella voce, che gli sembrava uscire direttamente da dentro il cervello. Poi sentì un corpo distendersi accanto a lui, proprio lì dove c’era il dolore, e passargli le braccia intorno al corpo, infilare le gambe fra le sue,  abbracciarlo, posare la bocca sul viso e fra i capelli.
“Sei qui…sei qui…io ti ho chiamato e tu sei qui. Nella mia testa ti ho chiamato…è la magia.” disse incredulo.
La sentì ridere, e riconobbe la sua risata e si sentì bene al pensiero che non era cambiata affatto.
“No, non è stata la magia. È stata Pansy , mi ha scritto.” rispose lei, baciandolo ancora.
Draco si sentì bene e per questo si sentì in colpa.
C’era qualcosa di terribile in tutta quella bellezza, qualcosa di ineludibile e sfacciato, al quale non  si poteva sfuggire. Era un incanto magico sussurrato fra i denti, appena macchiato di tristezza e di nostalgia.
Lei gli prese il viso fra le mani e gli fece alzare il capo. Lui gli offrì i suoi occhi senza ritrarsi, con lei non aveva niente da nascondere.
Dovette vedere qualcosa che non le piacque affatto, perché lo strinse più forte.
“Perché sei qui?” chiese.
“Per te… sono qui per te.” Rispose dolcemente lei.
Lui provò solo una labile puntura di quella rabbia che aveva provato alla sua partenza, quando si era sentito debole e distrutto. “ Dovevo seppellire mio padre per farti tornare?”
“Mi dispiace” sussurrò con la voce rotta “mi dispiace…mi dispiace” mormorò cullandolo.
Lui si aggrappò ancora ai suoi fianchi, affondando il viso nel suo petto.
Era come se avesse aspettato solo che lei fosse lì, per tutto quel tempo, nel quale aveva visto tutta la sua vita franare, doveva solo trovare quel bandolo della matassa, e quel bandolo era lei, era sempre Hermione. E non si chiese se fosse giusto, se fosse giusto sconvolgerle la vita che si era costruita lontano da lui, lo fece e basta, perché ora che lei era insieme a lui, con le sue braccia e il suo profumo ovunque, voleva solo che restasse.
“Resti? Resti vero? Non vai più via?” le chiese soffocato nel suo abbraccio.

Hermione rimase in silenzio. Era quello, il momento, il minuto per decidere.
 Era strano come tutte le cose che non aveva fatto, tutte le scelte che non aveva compiuto, i libri che non aveva finito di leggere, le strade che si era rifiutata di percorrere, confluissero tutte lì, a reclamare uno spazio di quell’unico momento in cui doveva dire si o no.
Lo sapeva quello che voleva, quello che doveva fare. Baciarlo, baciarlo in bocca e riappropriarsi di quel sapore dimenticato, prendersi quello che voleva, come facevano tutti tranne lei.
Lo sapeva eppure non si decideva, lo sapeva ormai che le scelte più importanti si fanno nel giro di un minuto, e non c’è tempo di chiedersi niente, di prefigurarsi un futuro, c’è solo il tempo del si e del no.
Tornò a guardarlo negli occhi, e per la prima volta non gli sembrarono cerchi bui e preclusi, ma aperti a lei.
Allora lo fece, si chinò e lo baciò.
Lui rilasciò tutto il suo fiato sulla sua bocca e la baciò con un’aggressività diversa, consapevole e  sincera.
Fu un bacio molto lungo, nel quale la realtà non si insinuò mai, come non si era insinuata mai nel loro rapporto.  Quando lei si staccò da lui, Draco chinò di nuovo il capo sul suo petto e allora, finalmente, poté piangere.
 

Draco pianse a lungo e lei non smise un attimo di baciargli i capelli e cullarlo.
I singhiozzi lentamente si spensero. Le lacrime cominciarono a scendere più lentamente. Lei gliele asciugò con le mani, poi con le labbra. Lui nascose la  faccia nel suo collo.  Continuò ad accarezzarlo, per ore, fino a  quando non sentì il suo respiro regolare sulla sua pelle e i suoi muscoli distendersi .
Non avrebbe voluto lasciarlo ma aveva sete. Si scostò con cautela e scese in cucina. Pansy era ancora lì. Sul divano con un espressione tirata sul viso, molto stanca.
“ Come sta?” le chiese incrociando le braccia.
“Dorme ora.  Era distrutto. Grazie per avermi avvisato.”rispose versandosi dell’acqua.
“Non dorme da giorni . E non mangia.” le rivolse un occhiata di rimprovero “ Aveva bisogno di te. E tu non c’eri”
“Pansy..” iniziò Hermione. “ no niente Pansy, Granger. Tu non sai com’è stato quando te ne sei andato. È stato sempre peggio di prima. L’hai lasciato nella merda e te ne sei andata a fare la tua vita.” Hermione si alterò interrompendola “Pansy non ti permettere. Tu non sai la natura del nostro rapporto, e non  puoi permetterti di giudicare le mie decisioni..”
“Io so quello che ho visto. Ho visto Draco solo, solo come un cane. L’ho visto stare male. L’ho visto aspettare che tornassi. Draco vuole te. Draco ha bisogno di te… e se come credo, anche tu vuoi lui, allora non andare più via. E non lo dico perché mi stai simpatica, a dirla tutta non ti sopporto...ma lui ha bisogno di te. Non lo lasciare più solo.” Hermione si chiuse nelle spalle, per  dire l’unica cosa giusta “Io rimango per me e per lui.”
La ragazza la guardò a lungo . “Torna da lui ora “ disse poi.
“Ok. Tu va a casa Pansy. Sto io con Draco.”
“Non ti preoccupare io e Marlowe ci siamo sistemati in una delle stanze.”
“Ok allora buonanotte “ Pansy le fece un cenno scorbutico.
Risalì lentamente le scale, con la testa pesante di mille pensieri. Draco aveva aspettato lei.
Aveva sbagliato tutto, ma poteva ancora rimediare, perché lui l’aspettava ancora.
Entrò nella stanza che era ancora addormentato con le mani ad artigliare le lenzuola e i capelli sul viso. Si sistemo di nuovo vicino a lui, cercando di fare più piano possibile. Represse l’impulso di accarezzargli il viso. Non voleva svegliarlo. Era cosi tirato e stanco. Più pallido del solito. Era comunque molto bello. L’amore ogni volta la coglieva come un epifania. Era successo di nuovo. La consapevolezza era sempre inaspettata. L’amava. E l’amava molto.
Ricostruì nella sua mente l’immagine che si era portata dietro di lui, e pensò che era esattamente come lo ricordava. E la paura di trovarlo diverso, si dissolse all’affollarsi di tutte quei ricordi che aveva di lui, di tutto quello che di Draco conosceva, di quello che solo lei sapeva, che aveva ritrovato in un attimo, in un solo bacio, in quell’unico sguardo e la distanza che li aveva separati ora le sembrò ridicola, tutto era solo amore dolcissimo e una forte nostalgia.
Una strana elettricità si impossesso di lei, un’attesa quasi piacevole.
Non le sarebbe potuto capitare di peggio. Draco era una persona incredibilmente difficile da amare . Ma stavolta non sarebbe andata da nessuna parte. Le faceva troppo male stare lontana.

Il giorno li aveva svegliati abbracciati , e ancora non era abituata a risentire il suo respiro vicino. Hermione aveva scostato gentilmente il corpo di lui da sé. Draco però, era andato subito a rifugiarsi sulla sua pelle, stringendola di più.  Hermione  l’aveva scostato di nuovo “ Draco devi mangiare qualcosa ok?” gli disse con il tono più dolce che si fosse mai sentita. “No non ho fame” protestò.
“Mi ha detto Pansy che non stai toccando cibo…”
“Di a Pansy di farsi i cazzi suoi.”
Hermione sorrise e gli sfiorò la guancia. Riconobbe nei suoi occhi quel luccicore che associava alle sue espressioni più dense, e sentì il bisogno di baciarla.
Mise le sue labbra su quelle di lei, sentendole aderire e portò il suo corpo sul suo per avvolgerla tutta, per sentirla dentro di lui.
A Draco venne in mente quella volta che aveva fatto l’amore con lei, era dipendente da quel ricordo, era l’immagine più forte che possedesse, luminosa e immensa.
Poteva sforzarsi ma non ricordava di possedere un’immagine più potente.
Voleva avere un ricordo più luminoso di quello, un ricordo più luminoso del buio.
E mentre la baciava, passò le mani su tutto il suo corpo, spogliandola lentamente, senza riflettere, solo muovendo le mani.
Si stupì di provare ancora l’istinto della vita sotto l’apatia dei suoi pensieri, di sentire ancora il suo profumo ed essere capace di farsi guidare da quello sotto la spessa rete di pensieri e di astrazioni.
Vide i capelli vaporosi di Hermione muoversi sul cuscino, le sue ciglia scure abbassarsi quasi a schermare gli occhi. Riconobbe la sua pelle bianca e dolce, e ritrovò la vista del suo corpo, che un’altra volta aveva sentito vicino come ora. Passò le dita sui fianchi e le sembrò più magra, più fragile ancora.
“Sei sempre più magra.” mormorò.
“No sono sempre la stessa. E che non mi vedi da un po’.”
Draco  guardò nei suoi occhi scuri e le aprì le gambe. “ Sei stata male senza di me?”
Hermione annuì, affondando le mani nella pelle dei fianchi, per incunearlo dentro di sé.
Chiuse gli occhi quando fu dentro di lei, muovendosi  profondamente, come un’onda, che cresce e s’ingrossa e non si ferma mai, che non s’infrange mai a nessuno scoglio, in un mare infinito. 
Sentì Hermione ansimare nelle orecchie, avvertì il tocco dolce di lei sulla pelle.
Ricordò che aveva pregato una volta di poter avere la pelle abbastanza dura da non potersi ferire con niente.
È attraverso la sua pelle sottile di uomo che poteva amarla e sentirla, se solo avesse avuto la pelle più spessa, non avrebbe goduto delle mani di Hermione sul cuore.
La vide chiudere gli occhi e rilasciare un gemito, lunghissimo e bellissimo.
Ecco ora posso sentire l’eco dello spazio vuoto dentro di me riempirsi, riempirsi tutto di lei. Riempirsi davvero stavolta.
Aumentò i movimenti del suo bacino, con la consapevolezza del suo corpo di uomo, che la possedeva interamente, e lei che si lasciava andare come mai le aveva visto fare.
“Resti con me?” le mormorò all’orecchio.
Hermione sussurrò “Si” colorato dall’orgasmo e dall’emozione. “Resto con te.”    

I fantasmi della distanza si annacquarono nel piacere, e rimasero a toccarsi per ore, sdraiati sulle lenzuola sfatte.
“Su vestiti” disse Hermione “che usciamo da questa stanza.” Draco riconobbe quel cipiglio determinato che assumeva quando voleva farsi ascoltare.
Uscirono in giardino inondato di luce.
Hermione camminava avanti, se lo strascinava dietro, tenendogli un braccio come aveva sempre fatto. Era sempre lei che andava avanti in perlustrazione.
Hermione si girò a guardarlo, i riflessi del sole sui capelli dritti, sembravano scendere come oro sul viso chiaro.
“È una giornata stupenda.” dichiarò Hermione.
Ed era veramente una giornata bellissima, una calda giornata d’estate, con il sole a bruciare tremolante nel cielo.
Lei si sdraiò sull’erba lucida e verde, portandoselo dietro.
Si lasciarono andare nel profumo dell’erba  che dava alla testa, godendosi quel tepore.
“Ti ricordi quella volta che ti ho portato al mare e poi abbiamo fatto il bagno e poi ti sei ammalato?” gli chiese Hermione.
“Si che me lo ricordo. Era tremendamente stupido fare il bagno quel giorno…ma tu…tu volevi farlo.”
Hermione rise “Come eri stupido. Volevo solo vederti in costume. Ma tu sei sempre stato tonto.”
Anche Draco rise. Lei rotolò su un fianco per avvicinarsi a lui, per guardare il suo sorriso e trovarlo meraviglioso. “Avevo paura di trovare un’altra persona, una persona che non conoscevo.” Gli disse.
“È difficile che si cambi davvero.” Rispose lui, allungando una mano a toccarle i capelli e facendole appoggiare la testa sul petto.
Sentì il suo cuore sotto l’orecchio. Era incredibilmente forte.
“Hermione ma alla fine hai trovato quello che stavi cercando?” chiese Draco.
“No. Ma ho capito che non era importante dopotutto.”
E si stupì di quanto fosse vero.
Quel filo, l’unico tirato, aveva sbrogliato il groviglio del suo animo.
E non importava affatto chi fosse stato a spedire quella lettera, erano importanti lui, lei e quel giorno di sole.
Ora lo sapeva, le cos importanti stanno spesso sepolte sotto mille cose poco importanti. Bisognava solo che si guardasse bene.
Odorò la pelle del suo collo, il colletto sgualcito della sua camicia le solleticò la guancia. Il suo odore è importante pensò.

Mentre lei si perdeva nel sole, lui osservava le sue labbra. Quelle labbra antropofaghe che avevano mangiato il suo cuore.
“Lo sapevo che eri una cannibale.” Disse picchiettando l’indice sulle sue labbra, premendo il suo desiderio con le dita.
Hermione rise di gusto.
In quel momento Draco lasciò che suo padre prendesse il sopravvento. Il suo viso, La sua postura da vecchio.  Solo pochi giorni prima, in una giornata simile lui era morto. L’ossimoro della natura rigogliosa e della morte insieme.
Eppure sembrava essere passata un tempo enorme da quel giorno, un flusso di consapevolezze immenso.
Anche dalla morte può nascere la vita, si disse ancora, e da una pelle debole si può percepire ogni cosa più intensamente.
Gli pareva di sentirlo, fra il rumore del vento, fra il cinguettio degli uccelli, l’ingranaggio che girava solo per lui.
La speranza strisciante in ogni suo pensiero, che si alzava come un’eco fra le montagne, richiamando altre voci, altra speranza.
Sapeva vivere lui, superare ogni cosa. Si sarebbe preso cura di lei, con quel vestito preciso, la consapevolezza di uomo e di donna.
Forse lei era venuta a sostituire una presenza con un’altra presenza, forse era lì anche per se stessa.
Forse ora la vita poteva essere bella.
Ricordava che una volta l’aveva chiesto anche a suo padre “Padre, ma quand’è che la vita diventa bella? Perché a me sembra sempre uno schifo.”
“La vita è sempre bella e sempre brutta.” aveva detto.
Ed ora lo voleva chiedere a lei, per sentirsi dare una risposta migliore.

Hermione guardava il cielo. Era tutto azzurro, non c’era neanche una nuvola ed era vicinissimo.
Poteva apparire monotono, monotono oppure bellissimo.
Decise che doveva per forza bellissimo.
Sentiva gli steli pungerle i piedi e le venne da ridere.
Sentiva di poter fare tutto quel giorno, di poter vivere come voleva, di poter ripartire quel giorno.
Si vide sinuosa, poter traghettare lei e lui ovunque. E sentì un immensa gioia e una grande speranza. Tutti gli affanni potevano essere lontani, lei poteva alzarsi per lui.
“Oggi Draco…Oggi non vedi che bella?” rispose convinta.
E lo prese di nuovo per mano, sentendo ricambiare la stessa stretta.    

 

Ultimo capitolo della mia storia.
Un grazie a chi ha avuto la pazienza di seguirla e chi è stato tanto carino da farmi sapere cosa ne pensasse. è stata comunque una bella esperienza per me, e mi ha aiutato a migliorare la scrittura di certi aspetti che riguardano la sfera del sentimento amoroso, verso la quale avevo un blocco assurdo, che mi ha aiutato a sciogliere.
Spero comunque che vi sia piaciuta e che non vi abbia annoiato troppo con le mie elucubrazioni sceme.
Saluti a tutte a presto.

  
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