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Autore: Mushroom    22/06/2014    8 recensioni
Dean è un vigile del fuoco e salva la vita a Castiel. Niente di strano, salvare le persone è il suo lavoro. Eccetto per la parte in cui si risveglia in ospedale, Castiel dorme nella poltroncina a fianco al suo letto e non è più chiaro se sia stato Dean a salvare Castiel, o Castiel a salvare Dean.
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'After the fire'
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Titolo: After the fire (I'll be with you)
Fandom: Supernatural
Pairing: Dean/Castiel
Words: 2940/30k+ 
Genere: Generale, Romantico
Rating: PG-13
Warnings: AU, fluff, (sorta, diciamo che di tanto in tanto degenera in) (credo) monologo interiore, mentions of past codependency, mentions of drugs abuse, rescue of kittens, cliché, un numero esorbitante di riferimenti al canone più o meno palesi e un numero esorbitante di richiami a Mistery Spot più o meno palesi, ooc-ismi, Dean Winchester è una ragazzina, Dean Winchester ha sul serio lavorato su se stesso, maltrattamento di fiori

Prompt: Dean è un vigile del fuoco e salva la vita a Castiel. Niente di strano, salvare le persone è il suo lavoro. Eccetto per la parte in cui si risveglia in ospedale, Castiel dorme nella poltroncina a fianco al suo letto e non è più chiaro se sia stato Dean a salvare Castiel, o Castiel a salvare Dean. (Lasciato dalla bellissima Noruwei)
Chapter: 2/?

NotePremessa: vi amo tutti ♥ Sul serio, voglio dire, avete mostrato un sacco di amore per il primo capitolo. E io sono ancora ferma a un immento "WTF" per questo, ma appunto, siete belli, io vorrei potervi ringraziare più di così, ma grazie ;_;
Quindi, siccome la volta scorsa ho postato prima della prima prova, questa volta posto prima della terza prova, perché nel mio cervellino farlo ha una logica (e perché un po' lo faccio a mo' di rituale sacrificale). Il punto nel dividere in pezzi una oneshot, è che ti ritrovi con parti di storia che non capisci se da sole abbiano senso o no. BTW siamo ancora nei primi capitoli, quindi ancora è tutto così. E sono fan delle slow building relationship, perdonatemi. Mi sanno di più autentiche. Niente, anche qui è pieno di fluff.

(PS: giuro che mi farò betare, prima o poi)

Partecipa all'iniziativa Chapters Challenge @fiumidiparole 

 

II

Quella notte sogna le fiamme.

Sono sempre le fiamme e sono sempre fredde, ma bruciano come se fossero calde. C'è qualcosa di spaventoso, in quel sogno. Qualcosa di terribile che lo sveglia sempre con un urlo soffocato in gola, come se tornasse da un posto senza luce e speranza e gioia, ed è buio ed è solo, sempre solo e solo.

Si sveglia quando qualcuno lo afferra, ed è ancora buio e solo anche nella sua stanza da letto. Il sangue gli pulsa nelle orecchie e Cristo, è così sudato che ha bisogno di una doccia e forse anche di cambiare le lenzuola e non sognava in modo così vivido da secoli – porca puttana – credeva di saperci avere a che fare con i suoi sogni, cioè, apparentemente poteva averci a che fare fino a quel momento, passarci avanti e le fiamme e –

Si alza, sbuffa e impreca – già dorme male, in più deve anche rinunciare a ore di possibile riposo per una roba stupida come l'essere pregno di sudore. Incubi del cazzo. Sbadiglia, passandosi una mano sul viso. Si massaggia distrattamente la spalla dove è stato afferrato. Non afferrato sul serio. Afferrato nel sogno.

Mezz'ora dopo, sotto la doccia, realizza che il sogno è cambiato. Che essere afferrato è caldo, caldo vero, non il non caldo, il bruciare freddo.

Sono quello che ti ha afferrato e salvato”

Che cazzo, pensa, alzando gli occhi al cielo, e aumenta la pressione dell'acqua.

__

Tre giorni più tardi torna a lavoro. Passa il finesettimana aggiustando cose che non hanno neanche bisogno di essere aggiustate, guardando i suoi cofanetti di Doctor Sexy M.D. e vivendo di cibo take away – apparentemente, la noia non è abbastanza per spingerlo a fare la spesa.

Quando rimette piede in caserma è semplicemente contento che sia tutto finito. Benny lo accoglie con una manata sulla spalla e un sorriso enorme, uno di quelli che riescono a farti veramente sentire bentornato. Ash, giù all'IT, lo guarda sogghignando e poi scuote la testa, dicendo solo «Bobby vuole parlarti»

Dopotutto, sapeva che sarebbe arrivato quel momento. Non c'è affatto bisogno di essere nervosi. A parte che ovviamente Dean lo è. Non è la prima volta che rimane infortunato sul lavoro, né la prima volta che Bobby lo chiama nel suo ufficio. Merda, non è neanche la prima volta che vede Bobby arrabbiato. Ci sono state un milione di altre cose che l'hanno reso veramente incazzato, e da quando Dean è scappato – perché è questo che ha fatto, è scappato da Sam – Bobby è stato fin troppo generoso nell'assumerlo e nel non fare domande e nell'accoglierlo solo perché si ricordava del figlio del vecchio John Winchester.

«Che cosa diavolo hai in testa, ragazzo?» sbotta, gonfiando le guance. Dean ha appena messo un piede nel suo ufficio. Non ha ancora finito di chiudere la porta. Non può essere un buon segno.

Bobby lo guarda aggrottando la fronte, facendo quella faccia da questa volta col cazzo che te la faccio passare liscia che assume sempre ogni volta che Dean fa qualche cazzata come il tornare in una casa in fiamme dopo che è ormai impossibile tornarci, quando il fuoco ha ormai divorato tutto e l'edificio si tiene in piedi per miracolo.

«Stavo facendo il mio lavoro» si difende, spostando goffamente il peso da un piede all'altro, e Bobby stringe gli occhi nella sua direzione, sibilando un «Balle» che riesce a farlo sentire terribilmente in colpa «Non stavi “facendo il tuo lavoro”. Stavi mettendo a rischio la tua vita solo perché sei un idiota» continua e sì, questa volta sembra molto più incazzato del solito. Come se Dean non fosse mai finito in ospedale per molto peggio. Una botta in testa non è niente. «E sono dannatamente stufo di questo, Winchester. Risolvi la tua sindrome dell'eroe da un'altra parte, ma non sotto la mia supervisione»

Sindrome dell'eroe un gran cazzo. Dean vorrebbe ribattere, ma viene zittitto da un'altra occhiataccia e okay, capito, starà zitto, metterà il muso e si subirà tutta la paternale. E lo farà in modo maturo, senza roteare gli occhi.

«Se quel tizio non ti avesse portato fuori, ti sarebbe crollato tutto adosso»

Dean deve trattenersi dal sobbalzare. Guarda Bobby, a cui apparentemente ne frega davvero poco di Castiel e frega davvero molto di Dean. Realizza solo ora che è preoccupato. Che è stato un idiota a non pensarci. Che quando erano ragazzi è stato abbastanza buono da mettere da parte la merda di John Winchester ed aiutare Sam e Dean a crescere, per quanto possibile, in modo normale.

«Quindi non uscirtene con è il mio lavoro. Non è una giustificazione. Sei solo tu che non riesci ad essere responsabile per te stesso» conclude, e ne è felice. Ora può andare, spera, sotterrare il senso di colpa, metterlo da parte con tutto l'altro senso di colpa e tornare alla sua vita come ha sempre fatto.

__

Il problema è che di tornare alla sua vita non se ne parla.

Questa volta Bobby sembra essersela presa per davvero, quindi sbatte Dean a fare tutti quei lavori che solitamente vengono assegnati ai novellinni o a quelli che fanno girare le palle a Bobby, come il verificare la stabilità di un edificio o il parlare ai bambini di quanto il fuoco sia pericoloso. Una rogna, insomma. In più gli affida anche tutta la parte burocratica, che inizia a rendere le ore di ufficio un vero inferno in terra.

Viene assegnato a un gruppo di pompieri volontari, gente con un addestramento base e che pensa che essere un pompiere significhi portare fuori bambini da case in fiamme (Dean si schiarisce la gola) e salvare gattini. Tra questi, c'è un ragazzino che fa spesso ispezioni con lui. È un universitario, si è unito ai volontari in cerca di attività da aggiungere al suo curriculum (sì, per quanto possa sembrare assurdo le università contano anche queste cose) ed è tanto bravo in matematica quanto scadente come vigile del fuoco. Dean ringrazia che («Ricordami il tuo nome, moccioso?» il ragazzino rotea gli occhi «Kevin, Dean. È la quarta volta che lo ripeto») questo ragazzo non vedrà mai un vero incendio e che non porterà mai nessuno fuori da una casa in fiamme.

«Mi dicono che ti hanno messo a fare il babysitter» sghignazza Benny, mentre bevono una birra al pub dietro la caserma. Dean scrolla le spalle, come per dire che ci vuoi fare, e passa le dita sul bordo del boccale.

«Non so, forse è meglio così. Forse ti ci vuole» Benny alza le spalle a sua volta, sorridendo luminoso alla barista – una certa Andrea. Flirtano da talmente tanto che Dean vorrebbe poterli schiaffeggiare tutti e due, però non lo fa e si limita a prenderli in giro in qualsiasi situazione – e facendosi servire un'altra spina. No, pensa, non gli ci vuole affatto. Quello che gli ci vuole è tornare a lavorare, a fare qualcosa per le persone, perché è questo che sa fare, è questo quello per cui è stato addestrato, e perché non ha altro se non il lavoro. Va bene, ammette che l'ultima è una falsità. Non aveva altro oltre il lavoro quando era arrivato in città, quando aveva deciso di guidare il più lontano possibile e si era presentato da Bobby, ubriaco e impaurito come un bambino.

A cinque anni da allora, Dean ha degli amici, un vicino che vuole strozzare (sembra una specie di pedofilo, quel Zaccharia) e Moondoor due weekend al mese. Potrebbe andare peggio, no?

«Cosa diamine vuol dire che mi ci vuole

Benny lo guarda sbiecco «Che ti ci vuole, tutto qui. Magari ti aiuterà a rilassarti un po' e a, non so, divertirti?»

Dean fa una smorfia «'Fanculo, Benny. Io mi diverto. Io mi diverto sempre»

«No, Dean, tu ti adatti, che è diverso»

__

Alla fine racconta la cosa dei fiori (rosa) a Charlie. È l'unica a cui può dirlo perché a) conosce Benny da quando ha iniziato a lavorare come vigile del fuoco, ma non è sicuro di come possa pensare riguardo a dei fiori rosa e b) non ha nessun altro a cui riferirlo.

«Beh, ma è vero» dice, tra una risata e l'altra. Sospetta che le sia andato di traverso il caffè, e Dean si sente a metà offeso e a metà divertito «Tu ami il rosa. Il ragazzo è perspicace»

«Fottiti, Charlie, non è affatto vero»

«Non voglio ricordarti le mutandine di seta rosa, ma se proprio devo ricordarti le mutandine di seta rosa allora lo farò»

Questa volta è Dean a farsi andare il caffè di traverso. Maledizione, probabilmente è arrosito così tanto che possono vederlo fino alla dannata California. Abbassa la voce, rispondendo agli sguardi incuriositi dei suoi colleghi con un'occhiata alla non mi rompere il cazzo, e volta la testa «Non è stato – Dio, avevo diciannove anni, volevo sperimentare, e il college è fatto per sperimentare»

Charlie ride di nuovo. Bastarda. I tempi del college erano stati i loro tempi migliori, gli anni del comicon, accampati in un ostello con altre cinque persone non amanti della pulizia, e delle sbronze dai tatuaggi imbarazzanti. Gli manca averla in giro, ma questo non lo dice ad altra voce perché urg, mica è una ragazzina e quella roba è da diabete. Però a Moordor serve indietro la sua regina, e questo può dirglielo.

«Comunque dovresti chiamarlo, questo Castiel. Sembra piuttosto da sogno»

Dean prende un respiro profondo, e ha un flash delle mani che stringo il volante, una scintilla blu che lo fissa e non dice addio. Ora, non vuole ammazzare Charlie. Charlie è sua amica e non si ammazzano le amiche. Anche se probabilmente saprebbe far sparire il cadavere e vivere tutta la vita senza mai essere sospettato del suo omicidio «Si è comportato come uno stalker. Mi guardava dormire, okay? Una persona che ti guarda dormire non è da sogno, è da urgente bisogno di psicoterapia»

E poi non ha il suo numero, questione chiusa.

Charlie ride ancora «Vallo a dire alle fan di Twilight»

__

Tre settimane dopo, Dean è ancora in punizione. Ha ripreso a dormire la notte senza sognare incendi – cosa che gli capita sempre, quando rimane coinvolto in un incidente sul lavoro. Per un po' fa incubi, poi passa tutto. Invece le atroci sofferenze della burocrazia non passano mai, e quella settimana è la settimana della prevezione. Ha circa dieci scuole in cui fare campagna di sensibilizzazione, due palestre per un seminario su come comportarsi in caso di incendio e il reparto pediatrico di un ospedale. Beh, può dire che l'ultima è quantomeno originale. Ma si tratta sempre di bambini – peggio, bambini malati – e Dean non sa come comportarsi né con i bambini né con i malati. Sarà fantastico.

Pediatria si trova al primo piano e sembra stato creato con lo sforzo di riuscire a rendere la permanenza dei pazienti un po' meno penosa di quanto non sia. Si entra da una porta colorata, c'è un teatrino per burattini in mezzo al corridoio principale e un'area giochi, ma, nonostante questo, è comunque un ospedale, è comunque soffocante e i bambini sono comunque malati. Dean vuole andarsene al più presto.

Viene accolto da una Dottoressa di nome Anna. È carina, i capelli rossi e il volto fine, e Dean le rivolge il suo sorriso migliore, il sorriso da possiamo vederci anche dopo e da credo che tu mi piaccia.

«Siamo qui per la campagna di sensibilizzazione» dice, facendo un cenno del capo per indicare Kevin, che si guarda intorno come se non avesse mai visto un ospedale pediatrico prima d'ora.

«Oh, sì» Anna alza gli occhi verso di lui, accennando un sorriso timido, e sembra essere tutto. Non aggiunge un Ciao o un Piacere e Dean muore un pochino dentro, perché adesso che è stato assegnato alle mansioni stupide ha una cosa strana chiamata tempo libero e non gli sarebbe dispiaciuto riempirlo con la Dottoressa Milton. Immagina che sia occupata – roba da dottori o cose così – e li accompagna fino a una di quelle stanze dove i bambini possono giocare, con le pareti disegnate e il pavimento che dovrebbe simulare un prato finto. C'è un Dottore, uno che Anna indica come il responsabile del progetto, che gioca con un piccoletto biondo e dei lego come se non fosse mai stato un bambino, o come se non si ricordasse cosa significhi esserlo.

«Il Dottor Novak sarà lieto di darvi una mano»

Dean non la sente neanche. Si chiede che diavolo ci sia di sbagliato nella sua vita.

(«Ciao, Dean»)

__

A tutti i bambini piacciono i vigili del fuoco.

Questa è una delle sue uniche certezze. Ricorda che lo stesso Sam ha avuto il suo periodo vigili del fuoco, in cui si portava ovunque un camioncino rosso e un caschetto in plastica scadente. E siccome tutti i bambini amano i vigili del fuoco, allora non può succedere niente di male, giusto?

Kevin si dimostra essere molto meglio con i bambini che con il fuoco, il che è una vera liberazione. Dean mostra loro l'equipaggiamento e il cosa fare se dovesse scoppiare un incendio e il perché sia importante evitare di gettare roba infiammabile in posti che, beh, sono infiammabili.

Castiel rimane nella sala tutto il tempo. E lo fissa. Cristo. Dean dovrebbe essere più a disagio per la bambina con le treccine che si avvicina e gli chiede se salvano davvero gattini che non per Castiel che lo fissa ma, Dio, quegli occhi. Dean si inumidisce le labbra, e sì, meglio tornare al lavoro, meglio tornare alla bambina che saltella perché vuole provare l'emetto.

«Puoi tenerlo» le dice, e cerca di non sentire una fitta al cuore per il modo radioso in cui gli sorride, stringendo le manine nel caschetto e scappando via.

Castiel si avvicina quando è tutto finito. Gli offre una caramella. Se al posto del camice avesse il suo trench coat passerebbe per il maniaco ideale.

«Sei soprendentemente bravo con i bambini» Castiel ha le labbra che si piegano appena, qualcosa che si scioglie nei suoi occhi e lo rende improvvisamente più giovane, meno rigido. Dean alza le spalle, facendo cadere la caramella sulla lingua. Fragola. Decide che gli piace. La caramella, ovviamente. Non lo sguardo di Castiel.

Lo mette a disagio. Dean si passa una mano tra i capelli, guardando con la coda dell'occhio la bambina correre verso un altro bambino su una sedia a rotelle, cinguettando qualcosa sull'elmetto che le è appena stato regalato. Anche Castiel la sta seguendo con lo sguardo, le labbra strette e il mento in avanti, poi torna su Dean, osservandolo con altrettanta gentilezza «Quindi sei un dottore» si lascia sfuggire Dean, un po' perché quel silenzio stava diventando soffocante, un po' perché è ancora sorpreso e non è sicuro di aver adeguatamente assorbito l'informazione.

Castiel fa un cenno del capo «Chirurgo pediatrico»

Dean si volta verso di lui, alzando le sopracciglia e lasciandosi sfuggire un piccolo sorriso. «Non me lo aspettavo» dice, indugiando ancora una volta sul camice di Castiel e no, no, ha detto tante volte che non guarda Doctor Sexy perché ha una cosa per i medici, ma per l'introspezione dei personaggi, quindi fa violenza su se stesso e ritorna a guardarlo in faccia «Voglio dire, non sembra neanche una vera professione, ma più il genere di cosa capace di rimorchiare qualsiasi ragazza»

Castiel sbuffa, stringendo gli occhi e guardandolo come se fosse il primo tra gli idioti, come l'aveva guardato quando era coperto di fuliggine e Dean era ancora imbottito di antidolorifici «Non credo sia importante»

Ride «Vallo a dire a, non so, i contabili. Tu immagina di essere abbordato da un tipo che dice di essere un contabile»

Se possibile, il volto di Castiel si aggrotta ancora di più «Ma non c'è nessun contabile che mi sta – come dici tu – abbordando» Dio, erano delle virgolette quelle che ha mimato su abbordare? Non deve ridere. Non deve ridere. Ride comunque, e Castiel lo guarda torvo.

«Okay, ma è un ipotesi. C'è un tizio che ti abborda»

«Perché un tizio?»

«È un ipotesi»

Castiel rotea gli occhi.

«Okay. Immagina che sia io ad abbordarti» Dean prende un piccolo respiro, aspettando per un attimo che Castiel reagisca. Non lo fa – lo fissa, ma fissare è tipo uno dei suoi tratti distintivi, niente di cui preoccuparsi «Mi avvicino e ti dico di essere un contabile. Non è come dirti “hey, sai che per vivere salvo vite di piccoli, innocenti esseri umani” né come “Faccio l'astronauta e domani partirò per un viaggio di dieci anni nello spazio”, no?»

A questo punto c'è un attimo di pausa. Castiel sembra per un attimo tenere in considerazione la cosa, con la stessa importanza con cui terresti in considerazione il discorso di un ubriaco. Comunque la logica di Dean è infallibile. Soprattutto perché l'ha provata, quella dell'astronauta, e funziona al cento per cento.

«Ma» Castiel storce le labbra, sembrando adesso un po' irritato «Tu non sembri affatto un contabile»

Dean apre le labbra per dire qualcosa – come per esempio da dove sei uscito fuori e perché continui a comparirmi davanti e grazie per non avermi lasciato – e Kevin se ne arriva con la faccia di uno che non ce la fa più e se ne vuole andare immediatamente. Si schiarisce la gola rumorosamente «Dean, abbiamo del lavoro da fare»

Stupido ragazzino. La cosa peggiore è che ha ragione, che la giornata non è ancora finita e che Bobby potrebbe ucciderli – o in alternativa, uccidere Dean – nel caso non compilino la pila di fascicoli che hanno sulla scrivania. Merda.

«Beh, immagino che questo sia un altro addio»

Pausa.

Castiel sbatte le palpebre «Dean?»

Per qualche motivo, non gli piace per niente il modo in cui lo dice. Dean. Ha un brivido.

(«Sei sicuro non sia gay?»

«Mi ha solo dato il suo numero, okay? Non significa niente. Assolutamente niente. Non lo userò neanche»)

 

   
 
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