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Autore: wolfsbane97    26/06/2014    2 recensioni
E' una specie di diario, e voi, cari lettori, probabilmente mi conoscerete meglio di chiunque altro.
Spero di non annoiarvi, e se avete critiche naturalmente mi farebbe piacere sentirle, anche se volete dirmi che fa schifo. Qualsiasi cosa, davvero.
Enjoy.
S.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
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     Avete presente la sensazione che provate prima di urlare? Se non sapete di cosa stia parlando, è una morsa che ti stringe lo stomaco verso l’alto, quasi a spingere qualsiasi cosa fuori di te. È come l’adrenalina, il tuo cervello cerca di accumulare più informazioni possibili per spingerti a urlare, come se ti motivasse, come se ti dicesse “Vedi quante cose ti sono accadute? Urla!”. È come prima dell’esplosione di una bomba a orologeria: tu sei lì che fissi il countdown, e sai che l’inevitabile sta per accadere. Chiudi gli occhi e trattieni il fiato. Ecco, io mi sento così.
     Con l’unica differenza che io non posso esplodere. Il mio countdown si ferma a -1.
     So chi è, la donna, o meglio la persona che ha distrutto le nostre vite (inconsapevolmente o non, non importa). So anche dove trovarla. Ma non posso fare nulla: in teoria io non so niente, come al solito.
     Mi sento così impotente difronte a tutto ciò che accade in casa mia. Sono una spettatrice, non recito con loro. Anzi, sono uno strumento degli attori: tirato in ballo quando serve. Giuramenti, promesse su di me, su me e mio fratello, sull’amore che loro provano per noi. Chi glielo dice che sappiamo che queste promesse sono solo falsità? Come lo so? Beh, non è solo mamma che cerca informazioni su di te e su quest’altra persona.
     Come vuoi che gli dica che so che si vedono ancora, che si sentono ancora, che nulla di ciò che aveva promesso è poi diventato realtà?
     Sei così falso. Eppure ogni volta che parliamo sono felice, rido, scherzo, dimentico tutto. È quando non ti parlo che ricordo ciò che ci fai, ogni giorno. Il tuo perenne nervosismo, la tua idea di padre-capo, i tuoi ordini che vanno eseguiti senza dubitare, la paura e il disprezzo che abbiamo quando fai la besta e ti arrabbi per delle stupidaggini. Come fai a tornare la sera a casa e a guardarci in faccia? Come fai a far finta che vada tutto bene? Con che coraggio chiedi a mia madre di riprovarci? Con che coraggio riesci a farti preparate pasti dalla donna che ti odia? Che poi, ti lamenti anche di quello che ti cucina.
     Dovresti solo vergognarti, provo un disprezzo e una pena grandissima.
     Tutto mi si sta accumulando. Passo dalla tristezza alla rabbia con una velocità incredibile.
     Mi tremano le mani, a scrivere. Voglio piangere, ma non ci riesco più. Non ho più le forze. Voglio solo urlare.
     Sento che impazzirò a non parlarne con nessuno. Il problema è che io non posso. O, almeno, sento di non averne la possibilità. F. e A. si sono lasciati, V. si è messa con una ragazza, F. ha subito trovato qualcun altro, così come A. e io sono estremamente felice per loro. Ed è brutto pensare che non riesco a mostrarmi felice, perché tormentata da pensieri infelici, come “perché io non ho nessuno?”, “perché non posso provare la loro stessa felicità?”, “perché non possono brillare gli occhi anche a me come i loro?”.
     Probabilmente la risposta è “Arriverà”. Ma, a questo punto, non so più cosa mi riservi il destino.
     Vedete, potrebbe sembrare un semplice capriccio di avere un ragazzo, ma non è il ragazzo in sé che voglio: voglio le sensazioni che provano gli altri, quel senso di soddisfazione, di eccitazione, di appagamento, che io non ho mai provato. So benissimo che queste sensazioni si possono provare anche in altri modi, ma personalmente non penso di averne la possibilità.
     Sapete, ho fatto leggere Pieces Of Me a una persona, di cui non dirò il nome. Le ho fatto leggere ciò che non ho mai avuto il coraggio di dire a nessuno: nessuno, infatti, delle persone che “ho accanto”, sa così bene come sto e cosa provo. Volete sapere cosa mi ha risposto?
     “È scritto male”.
     Certo, dopo averle fatto notare che non era certo quello l’aspetto che mi importava, ha tentato di dire la sua, con il solito “cambia la situazione”, pretendendo che io non ci stia nemmeno provando, per poi freddarmi prima di andare a letto, lasciandomi a mani vuote. Certo, posso provare a risolverla dal punto di vista fisico, per il mio peso, ma come volete che cambi la situazione negli altri campi?
     Ma non è questo il punto.
     Il punto è che la sua prima reazione è stata una critica negativa all’aspetto tecnico di ciò che ho scritto. Il punto è che quella che si spera sia sua amica ha parlato dettagliatamente della sua situazione, che a chiunque penso non sembrerebbe rose e fiori. Certo, sapeva già qualcosa, ma non quanto ho scritto in questi capitoli.
     E dopo questa piccola, insulsa conversazione, non si è sentita nemmeno di riparlarne, come se non ne valesse la pena o qualcosa del genere.  Forse era troppo presa dalla sua di situazione, prettamente sentimentale penso. Lo capisco. Ma pensavo di valere un po’ di più di quanto evidentemente valgo in realtà.
     E sono sicura che anche se le ho inviato il link della “storia”, questo capitolo e quelli successivi non li leggerà mai. Se ne sarà già dimenticata. Era un test, ed è finito come prevedevo. Nemmeno sbattendo in faccia il mio dolore a qualcuno sarei stata considerata.
     A parte le battute quando usciamo, che comunque riesco a fare, nessuno nota il dolore nascosto. O se lo nota, fa finta di nulla. E so che lo notano: capitano momenti in cui mi spengo, in cui non voglio parlare ne ascoltare, e incontro lo sguardo di qualcuno, che mi ha notata diversa. Peccato che come al solito distolgono lo sguardo, e continuano come se nulla fosse. E vi assicuro che non c’è nulla che faccia più male dell’essere consapevoli di essere ingnorati.
     Non so, penso che farò leggere Pieces Of Me a qualcun altro, forse, un giorno. E probabilmente si sentiranno in dovere di cercarmi, vorranno consolarmi, parlarmi.
     Beh, a te, “amico mio”, che stai leggendo, vorrei dire questo: se fino ad ora non hai notato il mio dolore, non pensare di poter recuperare tutto ora, con qualche promessa magari. Perché, a quanto spero avrai capito, io alle promesse non ci credo più.
     La settimana prossima mi trasferirò a mare, e non tornerò fino a settembre. Per quanto sola starò, penso che questo periodo mi servirà a pensare bene a tutto. “Amici”, “famiglia”, relazioni.
     Mi sento vuota, ormai. Non ho più lacrime, non ho più la forza di parlare di come sto a qualcuno senza avere risultati. Sono così stanca.




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