Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: MadLucy    26/06/2014    2 recensioni
Il principato di Dorne -l'unico a non essere stato sottomesso dai Targaryen.
Lancia del Sole -la capitale dove vengono orditi nuovi intrighi, che scuoteranno Westeros.
Un sole rosso trafitto da una lancia -lo stemma che raffigura le armi predilette dai dorniani.
Mai inchinati, mai piegati, mai spezzati -il motto implacabile di una famiglia implacabile.
Loro discendono dalla stirpe della leggendaria principessa guerriera dei Rhoynar, Nymeria; loro sono i Martell. E vogliono partecipare al gioco del trono.
|raccolta di one-shot/flashfic sull'ottava grande casata di GoT|
#1: Elia Martell
#2: Oberyn Martell
#3: Doran Martell
#4: Ellaria Sand
#5: Arianne Martell
#6: Quentyn Martell
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Arianne, Martell, Elia, Martell, Oberyn, Martell, Vipere, delle, Sabbie
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
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Quentyn Martell

Quentyn Martell.





Maschera.









Daenerys della nobile casa Targaryen, la Non-Bruciata, Nata dalla Tempesta, prima del suo nome, regina di Meeren, degli Andali, dei Rhoynar e dei Primi Uomini, Lady dei Sette Regni, Protettrice del Reame, Khaleesi del Grande Mare d'Erba, Distruttrice di Catene -Madre dei Draghi.
È così che si fa chiamare, scrive suo padre.
-A cosa pensi?- chiede Gwyneth, dopo aver lasciato cadere il fiore fra l'erba ed averlo osservato per qualche istante.
Quentyn strappa una manciata di steli, distrattamente. Il sole, annegando fra le aspre cime d'una catena montuosa, soffia un ultimo respiro caldo. Il tramonto è dolce su quella terra così dura.
-A niente in particolare.- assicura, giocherellando i pollici e tradendo un certo nervosismo. Gwyneth studia il suo volto per qualche istante, poi lascia perdere. Impossibile dire quando il principe è preoccupato. Lui non sorride mai -nè quando è effettivamente preoccupato, nè quando è tranquillo. E poi -così, per gioco- pensa che le piacerebbe sposarlo. Non è Dorne che le interessa -è questo fuoco nero che pervade Quentyn da dentro, come un alito di vita crudele, come un destino turbolento e fuori dal comune. Che si riflette sul suo viso dalla fronte troppo alta, la mandibola troppo squadrata, il naso troppo largo. Ma non è nemmeno il suo aspetto, pensa Gwyneth.
Tradurlo. Decrittarlo. Scoprirlo. Ottenere la sua fiducia. Decide infine che è in questo senso che le piacerebbe sposare Quentyn.
-Sei troppo intelligente per non pensare a niente.- protesta, sorridendo con timidezza.
Ma il principe di Dorne non mente, ha risposto la verità. Non pensa a niente in particolare. Pensa in generale.
Nella vita di Quentyn Martell ci sono state sette donne. Non troppe, non troppo poche, per diciotto anni di vita. Un numero ragionevole.
La prima è Mellario di Norvos, i suoi riccioli in cui affondare le dita, la sua parlata sciolta e sinuosa come un nastro avvolto nelle proprie spire. Lei è l'effigie di un'infanzia che è un limbo d'oblio, frammenti di ricordi a metà che rimangono conficcati nella carne come cicatrici su cui ridere sopra, memorie di giochi pericolosi sugli scogli insieme alle vipere delle sabbie. Mellario è la dea di un paradiso terreste da cui adesso è recluso, e rivederla è come cercare di riabbeverarsi di quel vento di sale, di riavventurarsi fra quelle rocce aguzze, di riappropriarsi di quei brividi d'emozione che sono i primi, e quindi perfetti -intoccabili come sacre reliquie. Rivederla, però, è soprattutto come realizzare di non poterlo più fare. Lanciare uno sguardo su tutto adesso, negli anni della consapevolezza, significa scorgere le ombre che si annidano negli angoli della casa materna, che gli occhi risparmiano solo ai bambini. Carezzarle le guance adesso, negli anni del raziocinio, significa percorrere con le dita i solchi delle lacrime, le fosse delle occhiaie. Adesso Mellario è una donna stancata dagli anni e dalle vicissitudini, un fiore nero che vuole rimanere bocciolo fino a soffocare fra i suoi stessi petali. Tutto è più lugubre, adesso.
La seconda donna di Quentyn è Arianne. I cinque anni che li separano hanno fatto di lei la sua più acerrima nemica e la sua più fidata complice. Arianne, nella sua mente, è sempre una scura gazzella dalle gambe lunghissime e dalla capigliatura ispida come la pelliccia d'una pantera, con occhi ridenti di sarcasmo e mani magre e abili che sanno intrecciare mille ghirlande di soffioni e braccialetti di foglie. Muoviti, Quentyn, l'acqua è caldissima! Se non ti decidi a tuffarti, ti prendo per i piedi! La sua risata ampia, malandrina, iridescente. Il suo fiato che è una fragranza delle noci di cui è ghiotta, l'eterna cicatrice su un fianco e su un ginocchio, il suo corpo lungo, guizzante e morbido che Quentyn abbracciava al termine di ogni monelleria, ansante, con ancora una risata in gola, quel corpo che lo stringeva con tenera gratitudine, con la sabbia sotto la nuca. Quentyn è felice di conoscerla meglio di molti altri, di sapere quanta fredda e vivace intelligenza si celi dietro il suo sorriso disarmante, però è ancora più felice di sapere la sorella ammantata d'una veste tempestata di piccoli segreti, di grandi misteri che lui non svelerà mai. Poi, dopo il trasferimento presso gli Yronwood, l'inspiegata ostilità. Ora Arianne lo saluta con formale cortesia, con la voce lontana di chi accusa un delitto impronunciabile. Quentyn vorrebbe urlare, ma non è nelle sue corde. Perchè, sorella? Perchè non mi prendi più per mano e non mi conduci in quei ritagli di universo ch'erano solo nostri? Perchè, quando sei arrabbiata con me, non tieni più il broncio in quella maniera che tanto amavo, per poi perdonarmi in una lotta di solletico e cuscini? Ma tutto è cambiato, senza disturbarsi ad avvertirlo nè tantomeno a chiedergli il permesso. Quentyn non odia Arianne per il suo distacco, come non odia sua madre per la sua tristezza. Gli fa solo un po' male. Il sapore del veleno che tortura l'amato è più acre sul palato di chi ama. Arianne si volta di spalle, mentre Quentyn sospira tra sè. Tutto è più difficile, adesso.
La terza non è una donna, è una bambina. Si chiama Ynys e ha i capelli biondi. Quentyn non è un menestrello: non sa se sono biondi come il grano, come il sole o come l'oro. Sa solo che sono bellissimi. Lei è bellissima. Si vede che dedica molto tempo a quei capelli. Quando li getta dietro le spalle, allo stesso modo in cui farebbe con un velo troppo lungo, frusciano come sabbia fra le dita, come spuma sul bagnasciuga. Ha un viso piccolo, gote fresche, labbra gonfie, occhi vividi- cangianti, che cambiano colore a seconda della direzione della luce. I suoi vestiti paiono piccole chiazze di colore a tempera, da lontano, riflessi di arcobaleno in una pozza d'acqua pura. È piccola e preziosa, e Quentyn si sente uno sciocco quando lei lo guarda e sorride. Sembra sempre che lo stia deridendo. Ynys. Un bel nome. Ha una sua musica, un suo incanto. È la prima cotta che Quentyn si sia mai preso, dopotutto. E il suo piccolo viso, se tenuto fra le mani, è freddo o caldo? Dieci anni dopo, lei si chiama sempre Ynys e i suoi capelli sono ancora biondi, ma non ha più tanto tempo da dedicarci. Sotto la foggia austera dell'abito, il seno è sfatto dal latte con cui ha nutrito i figli che Ryon Allyrion le ha dato. La sua voce è alta e petulante quando grida ai suoi bambini di non mettere in bocca quella roba. Forse è allora che Quentyn si accorge che lo splendore dell'infanzia è contraffatto da un dio avverso -che qualcosa di sinistro sta avvenendo, che c'è odore di pioggia nell'aria vibrante. Ynys non è più bambina e non c'è più musica nel suo suono. Ingrigiranno presto, quei capelli biondi. Tutto è più profano, adesso.
La quarta e la quinta sono gemelle, le gemelle Drinkwater. Quentyn non riesce mai a distinguerle, ma in fondo non è così importante. Nemmeno loro sembrano avere gran voglia d'essere distinte. Hanno il sorriso della giovinezza sulle labbra e il vigore ebbro di ballare fino a schiantarsi per terra. In un'altra era, quando durante le sue visite Doran Martell sorrideva ancora, Quentyn ne baciò una. Era il suo primo bacio. Sapeva di quelle bacche selvatiche, non identificate, che i bambini raccolgono nei giardini vicino a casa. Sapeva di strano e di bagnato, ma aveva fatto sentire Quentyn più principe di quanto non fosse riuscito suo padre in una vita. Poi la gemella l'aveva fissato per qualche istante, era scoppiata a ridere -evidentemente per via della sua espressione sgomenta- ed era scappata a cercare l'altra per raccontarglielo. Cletus le ha un giorno proposte a Quentyn come concubine, amanti da portarsi appresso e da consumare il giorno in cui il talamo nuziale gli fosse venuto a noia. Per un secondo, Quentyn le ha immaginate, i corpi fiorenti e così tremendamente simili accostati sulle lenzuola bianche, i capelli sparsi sulla federa del cuscino. Lui è troppo timido per accettare simili proposte. E poi, l'idea non gli piace. Sarebbe come rovinare qualcosa -deturpare l'illustrazione a pastello d'un libro di fiabe. Sarebbe come dissacrare un altare. Perchè un giorno anche le gemelle saranno come Ynys, donne avvizzite ed esasperate da ogni labile traccia di giovinezza. A Quentyn va bene così. Non sarà lì a guardarle, quella volta. Tutto è più chiaro, adesso.
La sesta donna della sua vita, anche se Quentyn l'ha appreso da poco, è Daenerys Targaryen. La regina armata di Immacolati, draghi e una lunga treccia di capelli d'argento. La moglie che gli offrirà la gloria in dote. La donna per cui abbandonerà tutto questo, l'angoscia, l'indifferenza, la perdita, la rinuncia. La donna per cui abbandonerà Gwyneth. La settima, pensa, davanti a me.
-Un giorno me lo dirai, a cosa pensi?- È solo una ragazzina. Corti capelli castani, che le sfiorano a malapena le spalle, e un tondo viso ancora infantile. Quentyn si chiede per quale motivo le stia dando retta. Comunque, non ha più alcuna importanza. Dopotutto, chi non abbandonerebbe qualsiasi cosa per la mano di Daenerys? Chi non scambierebbe la piccola, umile Gwyneth per l'ultima dei Targaryen?
-Non ci sarà un giorno.- obietta Quentyn, aggrottando la fronte. -Sposerò un'altra.-
Stringe fra le dita la lettera di suo padre. Convocato ai Giardini dell'Acqua, prima della partenza per andare a cercare Daenerys. Per i Martell, per i Targaryen, per il regno, per la famiglia. Per Quentyn, forse? No, questo non l'ha letto. Per Dorne. Lui non è affatto Quentyn. Lui è Dorne, adesso. 
Lui dev'essere Dorne, adesso -che è diverso. Doran l'ha voluto -Doran l'ha ordinato- che Quentyn ci creda o meno. E nel momento in cui lui diventa Dorne, non può permettersi di cadere.
Attento, Quentyn. Non equivocare un tuo dovere per un tuo desiderio. Potresti rimanere deluso dal risultato. Più che altro, non ti conviene. I doveri si assolvono sempre, i desideri non si realizzano mai. Ma questo Doran Martell non l'ha scritto.
Gwyneth tace. Le piacerebbe dirgli che si sbaglia. Le piacerebbe accarezzare con le dita quella bella maschera di bronzo che le nasconde ciò che di più prezioso può immaginare. Se ne avesse il potere, non la manderebbe in pezzi: si limiterebbe a scostarla un attimo, giusto per intravvedere il nucleo pulsante, vivifico di quel fuoco nero -la soluzione dell'enigma- e poi la rimetterebbe al suo posto -sapendo che quella è una porta sempre aperta per lei. La chiave rende la serratura inoffensiva. Se solo ne avesse il potere.
Quentyn non sposerà un'altra. Lei se lo sente.








-... tre giorni di agonia, poi gli dèi sono stati clementi e lo hanno chiamato a sè. Bruciato vivo da un drago. Si dice che in pochi abbiano avuto l'ardire di guardare le ustioni sul suo corpo. Così se n'è andato, il nostro principe.-
Mentre suo cugino Archibald parla, Gwyneth percepisce dentro di sè l'apnea. Prova ad immaginare Quentyn trasfigurato dalle fiamme -la maschera, la serratura, tutto- trasfigurato dal fuoco nero. I lineamenti che si sciolgono al tocco del fiato incandescente, lacrime di ciglia in polvere e d'occhi liquefatti, il bronzo che cola giù. Meno male che Gwyneth ha scostato le mani in tempo, allora. Quentyn no. Quentyn è rimasto fedele alla sua maschera al costo di arderci sotto, pur di non rinnegarla.
Non l'avrei spezzata, io, quella maschera, pensa Gwyneth. L'avrei solo sollevata. Solo sollevata per un po'... Sarebbe stato il nostro segreto. Se solo ne avesse avuto il potere. Se solo ne avesse avuta l'occasione.
Hai visto, Gwyneth? Alla fine, Quentyn non ha sposato un'altra. Proprio come sentivi tu. Non era quello che volevi?
Lui non era Dorne. Lui era Quentyn. Ma, evidentemente, non bastava a lei sarebbe bastato.
E quindi, qual è la soluzione dell'enigma? Cosa cercavi di fare, Quentyn? Dove andavi? Forse, tentando d'evadere dal labirinto, non hai fatto altro che addentrartici più a fondo.
Dietro la maschera c'è una sola risposta. Gwyneth rilassa un pugno. La cenere ruscella fra le dita.



































Note dell'Autrice: Dopo una vita, rieccomi. Pensavo di postare subito storie sulle vipere, ma poi ho deciso di dare la precedenza ai principini.
... non apprezzo moltissimo Quentyn come personaggio, ma la sua storia non può fare a meno di rattristarmi. Ci sono delle teorie che lo vogliono vivo, ed io quasi quasi ci spero -ma non troppo, perchè Martin è Martin, e se c'è l'occasione di ammazzare qualcuno... insomma, così. Fondamentalmente, questo giovanotto finisce col starmi simpatico perchè non è superman. È un adolescente nella media costretto dal suo nome ad ambire ciò che in realtà non desidera. E quindi ho scritto questo. Spero di essere rimasta IC.
Nella storyline di Quentyn, secondo me, emerge un po' la personalità di Doran come vero e proprio giocatore, che non esita a coinvolgere anche il suo stesso figlio, pur consapevole dei rischi. A mio parere, mandare Quentyn da solo con quattro disgraziati di quindici anni non è stata proprio una furbata.
Grazie per avere letto quest'altro capitolo, e grazie anche a tutti quelli che hanno messo la storia fra le preferite/seguite/ricordate <3 Chi volesse lasciare una recensione, sarà da me molto amato e riverito. 
Lucy
  
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