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Autore: Sissi Bennett    27/06/2014    5 recensioni
Bonnie McCullough ha diciassette anni, i capelli rosso fuoco, il viso a forma di cuore ed è sempre stata considerata da tutti la classica ragazza dalla porta accanto. Circondata da amiche più popolari e speciali di lei, non si è mai distinta tra la folla e nemmeno ha mai desiderato farlo. La sua esistenza in fondo è tranquilla e ha tutto quello che una ragazza possa desiderare, compreso un migliore amico premuroso, affettuoso e piuttosto figo: Stefan Salvatore. Tanto è legata a quest’ultimo quanto non sopporta il fratello, Damon. I due Salvatore hanno sempre avuto degli attriti, ma ultimamente le cose si sono fatte più tese: Stefan è riuscito a conquistare il cuore della bella Elena, la giovane per cui Damon ha sempre avuto un debole. Ma cosa succederebbe se la gemella di Elena, Katherine, ricomparisse a Fell’s Church dopo anni trascorsi a Parigi?
E se Bonnie, dopo un’estate in Spagna, tornasse più matura, più bella, più affascinante, insomma più donna e iniziasse ad attirare gli sguardi dei ragazzi? Damon continuerebbe a considerarla solo come la migliore amica di suo fratello o cercherebbe di aggiungere il suo nome alla sua già lunghissima lista di ragazze con cui è stato?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Katherine | Coppie: Bonnie McCullough/Damon Salvatore, Elena Gilbert/Stefan Salvatore
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Crazy Little Thing Called Love

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Capitolo ventisei: The farewell waltz

 

But you're just a boy
You don't understand
How it feels to love a girl
Someday you wish you were a better man
You don't listen to her
You don't care how it hurts
Until you lose the one you wanted
'Cause you're taking her for granted
And everything you had got destroyed
But you're just a boy!”

(If I were a boy- Beyonce Knowles).

 

Il ballo di fine anno era nella vita di un’adolescente americana un evento tanto importante quanto il giorno del matrimonio.

Forse di più, perché di nozze ce ne potevano essere più di una. Il Prom* arrivava solo una volta nella vita.

E questo non era un ballo come gli altri: era l’ultimo ballo dell’ultimo anno del liceo.

Il vero traguardo di quei quattro anni passati a diventare adulti tra quelle quattro mura tanto amate e tanto odiate.

Avevano prodotto centinaia di film sull’argomento. Uno all’anno non bastava per rendergli giustizia. Perché poteva sembrare una sciocchezza, ma segnava il vero punto di svolta nella nostra crescita.

Era un rito di passaggio e chiunque l’avesse perso o non gli avesse dato credito, aveva sentito con rammarico un gran vuoto.

E c’era solo una cosa nella mente di ogni ragazza prima del ballo: il vestito.

Caroline fece scivolare il vestito color lavanda lungo il corpo e con un calcio lo gettò in un angolo del camerino.

Sconsolata gliene passai un altro indaco sperando con tutto il cuore che fosse quello giusto; Caroline nel giro di mezz’ora si era provata più di dieci abiti e non aveva ancora trovato quello adatto o per  citare le sue parole “un vestito che si conformasse con il suo stato d’animo”.

Non avevo avuto il coraggio di chiederle quale fosse di preciso il suo stato d’animo, volevo solo uscire il più in fretta possibile da quel negozio.

La festa di fine anno era ormai alle porte e tutte le ragazze della scuola stavano cercando disperate un abito per l’occasione.

Caroline era la prima tra tutte. Voleva un vestito che rispecchiasse in pieno la sua personalità e che non si confondesse con quella massa di stupide ochette, sempre sue parole, che starnazzavano per la pista da ballo.

La boutique di Lady Ulma era in assoluto la sua preferita e quel pomeriggio ci aveva coinvolto tutte in uno shopping all’ultimo sangue con la scusa di trovare appunto un abito per ognuna di noi.

Avevamo accettato senza pensare alle ripercussioni morali e fisiche, senza contare il fattore Forbes, ossia la regina dello spendere!

Quattro ore che giravamo per negozi, quattro ore che Caroline era l’unica ad essersi provata un vestito.

In preda ad una vera crisi esistenziale, agitò la mano istericamente facendo segno a Meredith di passarle l’abito purpureo a fianco.

“Ci potresti dare almeno un indizio sul tipo d’abito che vuoi?” domandò Elena.

“Qualcosa che dica che sono Caroline Forbes”  rispose mentre si allacciava la zip.

“Un bel cartello?” propose Meredith.

Care la guardò malissimo – Non essere sciocca, voglio qualcosa che faccia capire agli altri come mi sento-

“E come ti senti, di grazia?”.

“Non lo so … dammi un po’ di opzioni!”

“Sei triste per qualcosa?-

“No ….”

“Allora sei felice per qualcosa?”.

“Non particolarmente …”.

“Ti senti irascibile?”.

“Non so nemmeno cosa vuol dire!”.

“Allora come diavolo ti senti?”.

“Non lo so … vorrei … vorrei …. QUELLO!”.

Saltò giù dallo sgabello su cui era salita per vedere meglio le amiche dato che erano più alte di lei, e indicò un vestito giallo che io avevo tirato fuori per caso da una pila di abiti.

Si avventò letteralmente su di me e mi strappò il vestito di mano, dopodiché corse nel camerino a provarselo.

Uscì poco dopo cambiata: lo scollo era a barchetta, molto lungo dietro con uno strascico che toccava terra, le scendeva morbido sui fianchi e le accarezzava perfettamente le sue forme e il suo fisico atletico.

Era il vestito perfetto.

Le altre si sentirono sollevate da un peso: ora che Caroline avevo trovato quello che cercava; loro potevano fare altrettanto e la boutique di Lady Ulma era il posto ideale per iniziare.

Mentre le altre si buttavano a capofitto tra scaffali e appendini, mi  sedette su un divanetto; accavallai le gambe e presi a fissar il pavimento di moquette violetto.

Avevo riflettuto a lungo sulla sua situazione ed ero arrivata alla conclusione che, per quanto Damon fosse un vero disastro su parecchi i fronti, era comunque il ragazzo giusto.

Ormai aveva capito di essersi affezionata un po’ troppo a Damon e avevo accettato anche l’idea che forse il mio era qualcosa di più di semplice affetto; perderlo sarebbe stato insopportabile. E nonostante il suo stile di vite fosse un po’ sopra le righe per il mio animo tranquillo e sobrio, desideravo davvero che funzionasse.

Elena si avvicinò e mi suggerì di provare un bel vestito che aveva visto in fondo al negozio.

Rifiutai scuotendo la testa: ne avevo già uno perfetto nell’armadio; me l’aveva prestato mia sorella Mary.

Elena allora mi prese da sotto le ascelle e mi alzò di forza spingendomi con decisione verso l’abito.

In effetti era molto bello: bianco, corto fino al ginocchio; si allacciava dietro il collo e la schiena rimaneva nuda, aderente su tutto il corpo. All’altezza del ginocchio c’era un ricamo in pizzo che allungava di qualche centimetro l’abito.

Era vero: mi sarebbe stato d’incanto addosso. Si adattava al mio fisico, i miei capelli sul bianco brillavamo come una fiamma.

“Dai! Solo per vedere come ti sta!” cercò di convincermi Elena.

Sospirando rumorosamente lo afferrai ed entrai nel camerino.  Mi ammirai allo specchio: sì, mi stava davvero bene.

Forse potevo farmi un regalo. Non credo che Mary si sarebbe offesa, anzi si era pure lamentata quando le avevo chiesto di prestarmi quell’abito.

Lo sfilai e rimisi i miei indumenti. Tirai la tenda del camerino, portandomi dietro quel  capo. Elena aveva un sorriso che andava da una parte all’altra, contenta di aver azzeccato.

Appena fuori dal negozio, c’era un’altra sorpresa ad aspettarmi.

“Mi stai spiando?” gli domandai, fingendomi arrabbiata.

“E poi sarei l’egocentrico?” replicò Damon prima di darmi un bacio veloce “Sto andando da Alaric e ti ho visto nel negozio. Hai comprato il vestito?” chiese, indicando il sacchetto.

“Lontano, non puoi guardare” lo avvisai.

“Non ho il diritto di voto? Sono il tuo cavaliere!” protestò.

“Ah, questa volta ti va di mischiarti con noi ragazzini del liceo” lo stuzzicai.

“Più che altro credo di non poter scappare. Immagino che se rifiutassi, tu mi pianteresti in asso all’istante”.

“Immagini bene” sghignazzai.

“Il tuo principe scintillante, o meglio la tua bestia, non ti lascerà sola la sera del gran ballo, uccellino. Facciamo morire d’invidia le tue compagne”.

“Sei il solito egocentrico…sì proprio tu” sbuffai.

Mi schioccò un bacio sulle labbra “Alle sette, cerca di essere puntuale. Ti aspetterò davanti a casa: sarò quello bellissimo nel suo smoking, appoggiato alla sua bellissima Ferrari”.

 

Quando aprii la porta con le mie chiavi di scorta, tutto mi aspettavo fuorché un pugno in faccia.

Oltrepassai la soglia, chiusi la porta alle mie spalle e SBAM, dritto sulla mia guancia destra.

Toccai la pelle pulsante con le dita e guardai stralunato il mio aggressore.

Solo che non si trattava di un ladro, ma del proprietario di casa.

“Sei impazzito, Alaric? Sono io!” urlai.

“Lo so che sei tu, brutto coglione” mi rispose, altrettanto arrabbiato “E ti conviene toglierti dalla mia vista se non ne vuoi un altro”.

“Che ti salta in mente, ti è venuto il ciclo?!”.

“Ancora una parola e ti faccio cadere tutti i denti. Ti credevo migliore di così Damon. Non sei mai stato il tipo tranquillo e sensibile, ma questa è una carognata anche per te”.

“Mi spieghi per piacere che cosa sta succedendo così almeno posso difendermi?”.

“Oggi ho minacciato Tyler di metterlo in punizione, di fargli saltare il ballo di fine anno e sai che cosa mi ha risposto? Che non poteva perderselo, che doveva controllare se tu avresti portato o no a termine la scommessa. È talmente stupido che non si è nemmeno preoccupato di accertarsi se lo sapessi o no. Mi ha raccontato tutto”.

Ora si spiegava la reazione violenta. E l’incazzatura. E gli insulti.

“Giuro che non è come sembra” mi giustificai, scandendo bene le parole “E c’è una spiegazione logica”.

“Osa rifilarmi la storiella dell’amore nato per caso per una scommessa e ti butto fuori a calci” m’intimò.

“Allora esco da solo” mi arresi “E comunque tu dovresti essere mio amico e stare dalla mia parte” gli rinfacciai.

“Sono tuoi amico e per questo ti rimetto in riga quando oltrepassi il limite”.

“Ti racconto tutto se hai voglia di ascoltarmi, ma aspetta di arrivare alla fine prima di tirarmi qualcos’altro in testa”.

“Questo pugno non è solo per la scommessa. Copre anche gli arretrati”.

“Hai del ghiaccio?” ignorai il suo commento.

Rimase in silenzio e con le mani a posto per tutta la mia spiegazione. Dalla sua espressione potevo capire che il suo stato d’animo non fosse dei più lieti, ma almeno sembrava meno arrabbiato di prima e più propenso a comprendere le mie ragioni.

“Sul serio, hai dato retta a Katherine? Già l’idea era partita da quella testa vuota di Tyler, ma che Katherine l’abbia appoggiata. Non so se tu sia stato più stupido o più immaturo. Hai ventun anni, Damon, non ti pare l’ora di smetterla con questi giochetti?”.

La predica doveva arrivare prima o poi e me la meritavo.

“Non so neanche se l’avrei portato a termine comunque. Era per ridere e nemmeno ci credevo. Katherine mi spingeva e alla fine si è rovinata con le sue mani”.

“E tu?”.

“Io cosa?”.

“Pensi di cavartela così facilmente? È uno scherzo pesante e ti si ritorcerà contro”.

“Mi sono chiamato fuori tempo fa. Anche se Katherine non avesse provato a sedurre mio fratello, probabilmente l’avrei lo stesso lasciata, perché grazie al suo piano diabolico mi ero avvicinato a Bonnie…quella ragazzina dai capelli rossi è capace di farti diventare matto, sai? Ti s’infila nella testa e non ne vuole sapere di uscire. Un attimo prima la odi, un secondo dopo l’adori. Sei contento di non averla in torno e nel frattempo ti manca. Non ti dico che cosa avrei voluto fare a Klaus quando li ho visti insieme a Capodanno. Quell’inglesuccio di mer-”.

Mi bloccai non appena notai il sorrisino compiaciuto che segnava il volto del mio amico. Era più lunatico di me: prima mi prendeva a pugni e poi mi fissava con gli occhi inteneriti. Intuii che cosa avrebbe detto da lì a poco. Non serviva un genio per capirlo, io stesso ero arrivato alla stessa conclusione sebbene non fossi un mostro di sensibilità.

Ma dirlo e sentirlo dire ad alta voce era tutt’altra storia.

“Non ti azzardare” gli intimai.

“Damon, non ti ho mai visto così” mi confidò, fingendo eccessiva commozione.

“Non commentare” gli ordinai “Sì, hai ragione: questa forse è la volta buona, ma nessuno qui pronuncerà quelle parole, va bene? Ho intenzione di dirle una sola volta e sarà a lei” precisai, mettendo un punto alla questione.

“Come preferisci, amico” mi accontentò “Resta il fatto che hai in mano un’arma a doppio taglio. Tyler è del gruppo e starà zitto, ma Katherine?”.

“Katherine terrà la bocca chiusa se sa che cosa è meglio per lei”.

“E se parlasse, che succederebbe?” mi chiese scettico, alzando un sopracciglio.

Non aveva tutti i torti. Katherine non aveva alcun motivo di temermi. L’unico suo punto debole erano la sua presunzione e il suo ego. Entrambi facile da minare qui a Fell’s Church dove tutti la conoscevano, dove una mia parola poteva umiliarla e farla cadere nel ridicolo. In meno di due settimane il liceo sarebbe finito per sempre e lei sarebbe partita per chissà quale luogo. Era rimasta tranquilla per tutto questo tempo per non minare la sua reputazione da reginetta della scuola, ma la sua permanenza qui stava per termine e perché non uscire di scena con il botto, mettendo in atto la sua piccola vendetta?

Non potevo mica rinchiuderla in una scatola e spedirla dall’altra parte dell’oceano.

“La tua storia con Bonnie è nata sulla base di una bugia, Damon” mi fece notare Alaric “Non importa se ti sei ricreduto, se hai mollato tutto. Nel momento in cui scoprirà la verità, si sentirà tradita. Meglio che sia tu a confessare, piuttosto che qualcun altro. Magari sarà meno propensa ad ammazzarti” mi suggerì.

“Ne dovrò discutere anche con Stefan” valutai “Era pronto a picchiarmi quando ci ha trovati insieme nella stessa camera, figuriamoci se…”.

“Io non mi preoccuperei di Stefan” azzardò Alaric “Hai altre gatte da pelare: Elena, Caroline e Meredith. Hai finito di vivere, lo sai questo?”.

Appariva piuttosto divertito dal mio destino funesto. Ero contento che almeno qualcuno ne vedesse il lato ironico.

Gettai una veloce occhiata alla mia immagine riflessa nello specchio: sembravo un bambino di sei anni cui avevano tolto il giocattolo di mano.

Nero in volto, con il broncio. Quasi offeso.

Lungi da me passare per la vittima innocente, ma – dannazione – mi sarei mai scrollato di dosso quell’aura da cattivo che mi etichettava da tutta la vita.

Avevo commesso un errore, mi ero lasciato trascinare in uno scherzo stupido, egoista e meschino e avevo permesso a Katherine di manipolarmi, le avevo concesso il potere di controllare me e ferire Bonnie.

Mi odiavo per tutto ciò, per essermi rivelato così ingenuo. Ero io il responsabile, potevo prendermela solo con me stesso; eppure trovavo ingiusto venire tormentato in quel modo da quello sbaglio oramai passato.

Perché non potevo lasciarmi tutto alle spalle e non parlane più? Alla fine mi ero pentito e avevo cambiato totalmente i miei piani.

Era davvero necessario mettere nel dito nella piaga?

Il ragionamento di Alaric era sensato: battere Katherine sul tempo prima che mi facesse fare la figura del doppiogiochista, falso. D’altro canto non mi vergognavo di ammettere che se non ci fosse stato quel rischio, mi sarei portato il segreto nella tomba.

Di sicuro non l’avrei svelato per molto tempo ancora.

Quella piccola stronzetta che voleva sempre scombussolare i miei progetti. Non le bastava essersi finta la sua gemella per baciare mio fratello.

No, lei era Katherine Gilbert e in un modo o nell’altro doveva per forza intromettersi, condurre le danze. Insopportabile egocentrica, sempre al centro di tutto.

Era impossibile prevedere la sua prossima mossa. Un tempo amavo quella sua scaltrezza, ora non esisteva caratteristica che detestassi maggiormente.

E se poi si fossero rivelate solo paranoie mie e di Alaric, allora sarebbe stata la beffa peggiore di tutte. In entrambi i casi, era lei a vincere.

Potevo sperare – pregare – con tutte le mie forze che Bonnie non saltasse subito alle conclusioni, che si mostrasse almeno disposta ad ascoltare la mia versione, capendo infine che per quanto fossi stato un cretino, tenevo moltissimo a lei.

Ma non ero un illuso e già mi preparavo ad affrontare le conseguenze.

Le possibilità che Bonnie mi perdonasse su due piedi erano meno che inesistenti.

“Domani c’è il ballo di fine anno” mormorai, rendendomene conto solo in quell’istante “Non posso rovinarle la serata, non posso dirglielo adesso”.

“Stai cercando delle scuse per rimandare” mi stuzzicò Alaric.

“Sono serio” affermai “È la notte che ogni ragazza del liceo sogna. Ha già comprato un vestito, io non ho fatto storie per accompagnarla. È già convinta che sarà una festa perfetta. Probabilmente passerò comunque per lo stronzo di turno, almeno non vorrei diventare lo stronzo che mi ha fatto piangere la notte del ballo”.

“Sei sempre così altruista, Damon” mi prese in giro.

“Sta’ zitto”.

 

Non potevo credere che quella lettera fosse arrivata proprio il giorno del ballo. Non mi aspettavo più una risposta, non dopo così tanto tempo.

Me n’ero scordata e adesso la busta se ne stava appoggiata alla mia scrivania in attesa di venire aperta.

Avrebbe aspettato ancora un giorno. Non sapevo che cosa ci fosse scritto e non desideravo scoprirlo prima della mia grande serata né farmi condizionare.

Senza contare che ne dovevo ancora parlare con Damon.

Il suono di un clacson richiamò la mia attenzione. Finalmente era arrivato il momento. Mi guardai velocemente allo specchio, sistemando qualche piega del vestito e scesi.

Mio padre era già pronto con la macchina fotografica. Provai a dribblarlo ma fu tutto inutile. Mi obbligò perfino a fare una foto con Damon che si dimostrò un perfetto accompagnatore e lo accontentò.

Salutato mio padre e la sua mania di immortalare tutto con il suo obiettivo, entrammo in macchina. Normalmente era tradizione affittare un limousine, ma Damon aveva una Ferrari tutta sua. Non c’era storia.

Stefan e gli altri non erano ancora arrivati, così li aspettammo nel parcheggio. Mi guardai un po’ in giro per assicurarmi che nessuno avesse comprato il mio stesso vestito.

Per il momento, l’imbarazzo sembrava evitato: non vedevo neanche nessuna con il mio stesso colore. Si erano buttate su tonalità più audaci.

Poco più in là Katherine stava parlando con il suo cavaliere (un membro della squadra di football). In realtà fingeva di ascoltarlo perché – e potevo vederlo distintamente – ogni due secondi spostava gli occhi su di noi, squadrandoci con superiorità.

“Se penso che a Homecoming hai accompagnato lei” commentai con una smorfia.

Damon intuì a chi mi stavo riferendo e ghignò “Beh, tu sei venuta con Mutt”.

Corrugai le sopracciglia. E quel nomignolo da dove saltava fuori?

“Matt” lo corressi.

“È lo stesso, un nome non lo renderà certo più virile. O più stupido di quello che è”.

“Se è una competizione per l’ex peggiore, tu vinci a mani basse” replicai piccata.

“Un errore in buona fede” commentò “Non potevo immaginare fosse una tale stronza. Non potevo nemmeno immaginare che sarei finito insieme a te quindi…”.

“Oh mi ricordo bene. Mi dissi che Matt mi aveva invitato perché gli facevo pena”.

“E tu che Katherine preferiva comunque mio fratello”, si accorse di quanto fossero vere quelle parole e si girò dall’altra parte, contrariato.

Mi morsi la lingua per non pronunciare quell’avevo ragione che mi si era bloccato in gola.

“Ci avevi visto giusto, piccola strega” considerò con voce triste.

Gli posai una mano sulla spalla e una sulla sua guancia. Damon continuava a evitare di guardarmi. Probabilmente cercava di nascondere la sconfitta stampata sul suo volto, l’orgoglio ferito.

“Siamo la coppia peggio assortita” ridacchiai “Ma ci siamo scelti. Io non sono la copia della tua passata ossessione e tu non sei il principe azzurro che ho sempre sognato. Non ci stavamo simpatici, no scusami, non ci sopportavamo proprio. Siamo cresciuti, abbiamo imparato a conoscerci ed è capitato per caso. Nessuno di noi due l’aveva programmato” gli dissi “Sai che cosa significa? Che io e te siamo qui, siamo reali. Chi se ne frega degli idioti che abbiamo incontrato prima. Quale ragazza sana di mente guarderebbe altro, quando può avere te?”.

“Tu mi hai snobbato per mesi!” esclamò.

“Sei serio? Dopo tutto il mio discorso, è la prima cosa che hai da dirmi?” mi finsi offesa.

“Bonnie McCullough” mormorò prendendomi le mani “Non ti ho cercato e non ti ho considerata, ma non importa come siamo finiti insieme o perché, quello che provo per te è più vero e più forte di qualsiasi altra cosa abbia mai sentito. Fanculo il resto”.

“Adoro il tuo romanticismo” gli sorrisi ironica.

“O mio Dio, non ci credo che questo sarà il nostro ultimo ballo!” urlò una voce dietro di me e un secondo dopo una figura mi stritolò in un abbraccio.

Damon alzò gli occhi al cielo e si spostò. La sua tolleranza a Caroline cominciava già a vacillare. Me l’avrebbe rinfacciato tutta la vita.

Mi stupii dalla facilità con cui la mia amica saltellava su quei tacchi vertiginosi.

Tyler la seguiva un po’ meno entusiasta, probabilmente spossato dai modi di fare esigenti e maniacali della sua ragazza. Se c’era una donna che poteva metterlo al guinzaglio, quella era Caroline Forbes.

Damon fece un passo avanti e lo prese malamente per un braccio “Dobbiamo fare quattro chiacchiere io e te, piccolo idiota” ringhiò, trascinandolo via.

Caroline mi guardò confusa e io scrollai le spalle.

L’ultimo dei miei pensieri era immischiarmi nelle faccende di quei due.

Stefan e Elena arrivarono subito dopo. Sembravano due divi del cinema, splendidi, camminavano sopra tutti.

Infine giunse Meredith, sola perché il suo cavaliere non si poteva mostrare, perché lei era ancora una studentessa e lui un insegnante. Nonostante tutto era contenta: dopo il ballo, mancavano solo due settimana al diploma e poi c’era Harvard ad aspettarla.

E Alaric.

“Questo sarà il migliore Prom di sempre” esultò Caroline “Me lo sento”.

“Questo sarà l’ultimo Prom” precisò Elena, un velo di tristezza sul volto.

“No, non ci provare” l’avvisò Stefan “Niente musi lunghi, Caroline ha ragione: è la nostra serata e ce la dobbiamo godere”.

“Io sono al ballo di fine anno da sola, va bene? Da sola!” ribadì Meredith “Sono l’unica che ha il diritto di lamentarsi e non lo farò. Voi fate il vostro dovere di amici e rendetela la notte più bella della mia vita” ci incitò.

“Più bella delle notti spese con il tuo professore?” la stuzzicò Caroline.

“Se proprio ti interessa, abbiamo passato pochissime notti insieme e a parlare”.

“A me non interessa” le fermò Stefan mettendosi le mani sulle orecchie “Non voglio sapere come trascorri il tempo con il mio professore/barra migliore amico di mio fratello. A proposito, dov’è Damon?”.

“Proprio qui, fratellino” rispose quello, ricomparendo con Tyler e non solo. Dietro loro due, seguivano Matt e Sue Carson, una nostra compagna di scuola.

“Ehi, Matt pensavo non arrivassi più” lo salutò Stefan con una pacca sulla spalla.

“Io e Sue abbiamo trovato traffico” spiegò “Appena parcheggiato, abbiamo incontrato Damon e ci ha invitato a unirci a voi”.

Io sbarrai gli occhi, considerate le parole poco gentili che il mio ragazzo gli aveva rivolto poco prima.

“Certo, Mattie, non sarebbe lo stesso senza di te” lo abbracciò Elena.

Strinsi la mano a Damon per ringraziarlo. Dopo la nostra “rottura”, i rapporti tra me e Matt si erano raffreddati parecchio. Ogni volta che c’incrociavamo, imbarazzo e tensione si avvertivano nell’aria. Allora Matt si era allontanato dal gruppo di noi ragazze per non creare ulteriore disagio.

“Alla prima occhiata ambigua che ti lancia, lo stendo” mi sussurrò Damon all’orecchio.

Io gli tirai una leggera gomitata. Si trattava sempre di Damon Salvatore.

Superammo lo stand delle foto. O meglio, Caroline ci obbligò tutti a posare per l’album del ballo, ma non fu così tragico.

Quindi oltrepassato il primo ostacolo, finalmente la vera atmosfera del Prom ci avvolse. Le decorazioni e l’organizzazione in generale erano ovviamente impeccabili, dato che se n’era occupata Caroline.

Tema: com’eravamo. Tutta la palestra era tappezzato di foto di tutti gli alunni dell’ultimo anno, durante il tempo trascorso al Robert E. Lee High. Immagini di partite di football, altri balli e feste, riunioni studentesche e aggregazioni di club.

Passammo un’ora a commentarle tutte, a prenderci in giro per improbabili look o pose, a valutare quanto quattro ci avevano cambiati.

Damon compreso che s’inseriva nel discorso con simpatici aneddoti sulla nostra infanzia. Dove nostra stava per noi poveri piccoli pivelli e lui ragazzo già maturo costretto a subire la nostra presenza.

Ebbi un po’ di tempo anche per parlare con Matt e qualunque incomprensione venne spazzata via da risate e affetto.

L’euforia esplose poi nel momento in cui Caroline venne proclamata reginetta, battendo così Katherine che furiosa lasciò il palco.

Il re fu senza tante sorprese Stefan, ma entrambi aprirono le danze con i rispettivi partner, rompendo così la tradizione del ballo tra re e reginetta.

Nessuno ci fece caso e lentamente le varie coppie scesero in pista, compresi Damon e io.

“Ho un segreto da confidarti” sussurrai all’improvviso.

Mi ero decisa a lasciar passare almeno un giorno o due prima di parlargliene. Nemmeno sapevo che cosa c’era scritto in quella lettera

Chiunque altro non avrebbe avuto problemi a tenere la bocca chiusa, ma io no, io dovevo complicarmi la vita.

Non riuscivo a trascorrere una serata tranquilla con quel peso sullo stomaco. In ogni caso avevo preso la mia decisione e il contenuto della busta non poteva farmi cambiare idea.

“Sei stufa del ballo e vuoi scappare da qualche parte con me?” mi chiese speranzoso e ironico.

“Che cosa? Sei pazzo?! Mi sto divertendo e anche tu. Ammettilo”.

“Pensavo peggio”.

“Ma dopo possiamo scappare dove ti pare” lo accontentai.

“Musica per le mie orecchie” si compiacque “Allora, svelami il tuo segreto. Onestamente mi auguro che sia qualcosa di perverso e sporco”.

“Perverso e sporco, io? Sei certo di essere con la ragazza giusta?”.

“Al cento per cento” mi assicurò prima di baciarmi senza fretta, prendendosi tutto il tempo per strapparmi qualche sospiro e un mezzo sorriso.

“Non distrarmi” lo ammonii.

“Va bene, uccellino, ti ascolto”.

“Beh, qualche mese fa ho mandato le richieste d’iscrizione alle università. E tra le mie alternative c’era anche un campus a Londra”.

Mi strinse istintivamente i fianchi e la sua espressione tradì una certa apprensione, ma cercò di mantenere la sua compostezza.

“Non ne ho mai fatto parola perché me n’ero perfino dimenticata. Non credevo di passare la selezione, era solo uno sfizio”.

“Invece ci sei riuscita” concluse per me.

“No…cioè non lo so” chiarii “Oggi mi è arrivata una lettera dall’università, ma non l’ho ancora aperta”.

Damon annuì “Prima vediamo che c’è scritto e poi…sono sicuro che tu sia entrata. Potrei trattare un contratto con l’American Airlines o magari…Londra è piena di ottime scuole. Niente mi vieta di tentare un master là”.

Mi scaldò il cuore il fatto che stessa già cercando delle soluzioni.

Gli misi delicatamente un dito sulla bocca per zittirlo “ Non voglio andare a Londra. Quando ho mandato la domanda ero in un periodo un po’ confuso, non sapevo come sarebbe stato il mio futuro. Londra era un’opzione per spronarmi”.

“Bonnie non…va bene, non ti mentirò: è chiaro che sarei molto più contento se tu rimanessi da questa parte dell’oceano. Se ci tieni, però, me ne farò una ragione e…”.

“Non c’è niente a Londra che io non possa trovare qui” affermai “Tranne te. Mi hanno accettata all’università di Atlanta, sai. Voleva essere una sorpresa, ma a questo punto…”.

“Atlanta non è lontana da qui” calcolò Damon.

“Infatti. Le cose tra noi devono funzionare. Non c’è motivo di volare in Europa quando qui, vicino a te, con te, ci sono dei college altrettanto validi. Posso avere tutto”.

Appoggiò la fronte contro la mia e ondeggiò guidandomi nei movimenti “Adesso avrei davvero voglia di scappare via con te”.

Ero tentata di rispondergli di sì, ma la voce di Meredith mi precedette “Scusate ragazzi, avete visto Elena?”.

Sapevo che non ci avrebbe mai disturbati se non per qualcosa d’importante.

“Stava ballando con Stefan” replicò Damon guardandosi in giro.

Stava” ripeté Meredith “Si è allontanata per andare a parlare con Katherine. Penso volesse accertarsi che non facesse scenate o robe simili. Non è ancora tornata. Considerando i due soggetti, forse stanno provando a uccidersi a vicenda”.

“Ti aiuto a cercarla” mi proposi.

“No vado io” si offrì Damon velocemente “Se si stanno azzuffando, ci vuole un maschio per dividerle. Voi godetevi la festa”.

Sparì un secondo dopo. Ne restai perplessa.

Anche Meredith continuò la sua ricerca e io mi ritrovai sola in mezzo alla pista da ballo. Mi decise a fare un giro di ricognizione. Il mio cavaliere se n’era andato e i miei amici non si vedevano, tanto valeva rendermi utile.

M’inoltrai per i corridoi della scuola e controllai nelle classi vicine alla palestra.

“Sei solamente una bambina viziata. Accetta la sconfitta e vivi la tua vita”.

Questa era la voce di Elena che urlava.

Trovate. La mia intuizione era giusta. Mi diressi verso l’aula da cui proveniva il vociare.

“Adesso sei tu che ti stai impicciando degli affari miei”.

Questa era Katherine.

“Ti conosco da troppo tempo. Ho visto come guardavi Damon e Bonnie. Ti ho visto camminare verso di loro. Cosa credevi? Che ti avrei lasciato rovinare la loro serata?”.

Quella sgualdrina. Già me la immaginavo a infastidirci con le sue parole velenose.

“Hai mente di rinchiudermi in uno sgabuzzino? Sorvegliarmi a vista?”.

Avevo rallentato il passo perché ero davvero curiosa di sentire dove sarebbe andata a parare quella conversazione.

“Scendi dal piedistallo. Hai perso la corona, la scuola è finita. Devi per forza mettere zizzania?”.

“Non è zizzania, è la verità”.

“Tu non sopporti che Bonnie e Damon stiano insieme. Sei gelosa marcia e sei un’egocentrica…”.

“Bonnie e Damon insieme non esistono” rivelò Katherine “Possibile che nessuno l’abbia capito? Era solo uno scherzo! Stanno insieme per una mia idea”.

Mi arrestai appena prima della soglia, confusa.

“Che cosa stai blaterando?” chiese Elena esasperata.

“Si tratta di una scommessa. Quando ci frequentavamo, ho convinto Damon a prestarsi per questo giochino. Una scommessa, hai presente? Falla innamorare di te e spezzale il cuore. Una cosina banale, in effetti, tanto per divertirsi”.

Fu talmente scioccante che non registrai nemmeno le sue parole. Non mi venne da piangere e non mi mancò il respiro. Semplicemente non poteva essere.

“Non dire sciocchezze, Damon ti ha lasciato” obiettò la sua gemella.

“Perché ho baciato Stefan – qui probabilmente Elena si trattenne dal prenderla a sberle – allora è ripiegato su Bonnie. Non so se stia ancora fingendo o cosa. So per certo che lei è comunque una sostituta e se non ci fossimo lasciati, adesso non la vedrebbe neppure con il binocolo”.

Ricordai il primo bacio che mi aveva dato Damon in macchina, di ritorno da Atlanta. Gli avevo tirato uno schiaffo, lo avevo allontanato perché lui stava con Katherine e io non volevo entrare nei loro giochini di ripicca.

Ricordai l’improvviso interesse di Damon nei miei confronti, la sua determinazione e la sua insistenza. Ricordai di esserne rimasta sorpresa, dato che ero l’esatto contrario di tutte le sue precedenti ragazzi.

E ricordai anche i dubbi e i sospetti, la fatica nel dargli fiducia.

Dubbi, sospetti e fatica che iniziavo a sentire di nuovo.

Ritornai in palestra e lasciai le due gemelle Gilbert sole a urlarsi addosso. Non mi fermai un attimo finché non raggiunsi il cortile e mi nascosi in un angolino appartato.

L’intento era di staccarmi dal resto del gruppo per riflettere, per pensare razionalmente a quello che avevo appena ascoltato, ma non riuscivo nemmeno a cominciare.

Il mio momento di pace non diede i suoi frutti anche per un altro motivo: scorsi Damon poco lontano da me che controllava in giro. Fu stupido di scorgere me e non Katherine o Elena.

Era per quello che si era offerto di cercarle? Non voleva che io mi trovassi a faccia a faccia con la sua ex ragazza?

La serata aveva preso una piega particolarmente deludente. E l’espressione agitata di Damon non mi calmò.

Gli avevo promesso che sarei rimasta a Fell’s Church. Adesso, forse, mi preparavo a dirgli addio.

 

Il mio spazio:

È stato un capitolo difficile da scrivere; per questo il confronto tra Damon e Bonnie è stato rimandato al prossimo.

Non volevo troppa tristezza in un solo pezzo.

La bomba è stata sganciata. Bonnie ci crederà? O meglio Damon sarà abbastanza convincente da ottenere in fretta perdono e comprensione?

Mancano solo due capitoli alla fine, vedremo se riusciranno a risolvere prima che sia troppo tardi.

Vi ringrazio immensamente per il vostro supporto e affetto!

A prestissimo,

Fran;)

 

*Prom è il ballo di fine anno. Homecoming è il ballo d’inizio anno.

Farewell waltz è il titolo di un libro di Milan Kundera

  
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