Capitolo 3
Insieme nella
solitudine
Avvertimenti:
come sempre,
lettura non indicata a chi odia l’utilizzo di un linguaggio
scurrile, tematiche
forti, sesso, droga e rock and roll, no quello non
c’è…
Non si era
addormentato sul banco, si era limitato a fissare
il testo del compito con sguardo vacuo e indifferente.
Un’ora
e mezza dopo era passato dal piccolo negozio sotto
casa, aveva comprato spaghetti di soia, brodo vegetale, qualche carota
e del
pesce surgelato.
Aveva salito le
scale di corsa, si era fatto cadere le chiavi
di mano un paio di volte prima di centrare la toppa.
“Sono
a casa” Naruto si sentiva un po’ stupido ad
annunciarlo
così, dopo anni di solitudine avvertire qualcuno della sua
presenza gli pareva
strano.
Un mugolio
giunse dal divano.
“Stai
ancora dormendo?!” Esclamò gettando la busta della
spesa e lo zaino sopra il piccolissimo tavolo della cucina.
“Tu,
puttana irriconoscente, alzati!” Tirò via la
coperta di
pile dal ragazzo, che si rannicchiò in posizione fetale e
grugnì qualcosa,
probabilmente un insulto al quale seguì una risata.
“Come
mi hai chiamato?” E scoppiò a ridere di nuovo.
“Ah, fa
male” Aggiunse Gaara.
“E’
perché hai due
costole rotte, imbecille. La testa?” Chiese Naruto con
premura, guardandolo
alzarsi dal divano.
“Beh,
fa più male di quella volta in cui mi sono fatto
di...”
“Non
continuare...” Lo pregò il biondo, tornando ai
pensili
della cucina.
“Perché
l’hai fatto? I tuoi non ti uccideranno?” Chiese
Gaara
raggiungendolo. Zoppicava.
“No,
non credo”
“Non
voglio rogne, se arrivano e sparano urla ovunque sono
cazzi tuoi” Afferrò una carota dal tavolo e
cominciò a giocarci.
“Naruto...”
Lo chiamò.
Il biondo si
voltò, brandiva una padella enorme nella mano
destra e un mestolo nella sinistra.
Gaara aveva
preso a leccare la carota in un modo che a Naruto
parve...no, osceno non era la parola adatta, il rosso lo guardava
dritto negli
occhi, e nonostante volesse ostentare sicurezza, le sue iridi parevano
velate
di una tristezza vecchissima.
“O la
rimetti sul tavolo o la peli, scegli” Disse Uzumaki,
cercando di ignorare l’erezione compressa dai pantaloni della
divisa
scolastica.
“Oppure
potremmo giocarci” Gaara si passò la carota vicino
alle labbra dischiuse.
“Non
devi sdebitarti in nessun modo, lo faccio con piacere”
Rispose Naruto, voltandosi di nuovo, poggiando la padella sui fornelli
e
cominciando a pulire il resto delle verdure.
Gaara
lasciò cadere la carota sul tavolo e filò in
bagno
sbuffando.
*°*°*°*°*
“Era
una vita che non guardavo la Tv”
Sedeva sul tappeto, la tuta di Naruto gli stava
decisamente troppo larga con quei polsi esili e le gambe magre.
“Dio,
ma dove vivevi?” Chiese Naruto fissandogli le spalle
ossute e la chioma in fiamme.
“Dove
non vivevo, vorrai dire. Mica tutti hanno una vita
facile come la tua, una bella casa, genitori, amici, scuola...ci si
arrangia
come si può” Gaara si portò alle labbra
un biscotto.
“Sì,
ci si arrangia come si può” Gli fece eco Naruto.
“Dai,
cosa vuoi in cambio?” Questa volta gli occhi chiari del
ragazzo parvero farsi di ghiaccio, era serio. “Mi hai
praticamente salvato il
culo da un massacro, quei tizi mi avrebbero pesato ancora, devi volere
qualcosa
in cambio, per forza!”
Naruto gli
sorrise, incrociò le braccia e lo guardò quasi
divertito. Cominciava a capire. Il mondo di Gaara si basava su
dinamiche ben
precise, sopravvivere, barattare, fuggire dai pericoli, sopportare il
dolore e
andare avanti.
“Quanti
anni hai?” Chiese il biondo.
“Eh?
Ma sei fuori? Che te ne frega...dai, mi spoglio” Diede
le spalle alla Tv e si sfilò felpa e maglietta.
Era magrissimo,
la pelle chiara screziata da ecchimosi,
ferite, qualche vecchia cicatrice, eppure era armonioso, proporzionato.
Naruto
deglutì a vuoto, poi ripeté la domanda:
“Gaara, quanti
anni hai?”
Gaara
sbuffò un “abbastanza”, poi
gattonò fino a ritrovarsi
con il viso tra le gambe di Naruto, che sedeva immobile sul divano.
“Abbastanza
sarebbe a dire?” Chiese ancora, cercando di
indovinare nella sua testa: sedici, diciassette, diciotto...
“Abbastanza
per fare questo”.
Gaara gli mise
una mano sull’addome, scendendo con le dita
ossute fino sotto l’elastico del pigiama, incontrando il
vincolo dei boxer e
massaggiando la sagoma di un’erezione dura, innegabile.
Sorrise
vittorioso.
“Non
negarlo, una parte di te chiede qualcosa in cambio del
servizio offerto. Il ruolo del buon samaritano non ti si
addice”
Naruto strinse i
denti e cercò di allontanarlo, senza
riuscirci, la volontà delle sue mani era debole, gli occhi e
le dita di Gaara
lo avevano stregato.
“Quanti
anni hai?” Si forzò di chiedere ancora, come se
quella domanda innocente potesse salvarlo dal movimento della mano
dell’altro,
dalla sua carne ora esposta all’aria tiepida della stanza.
“Tu,
Naruto, quanti anni hai?” Chiese Gaara prima di leccarlo
dalla punta fino alla base, baciando solo con le labbra la pelle tesa e
calda.
“Diciotto”
“Allora
avremmo potuto frequentare la stessa scuola, essere
compagni, essere amici, se le nostre vite non fossero state tanto
diverse”
Sussurrò, prima di aprire la bocca e chiudere gli occhi.
Naruto non lo
toccò mai, non gli infilò mai le dita tra le
ciocche corte e scomposte, quasi potessero davvero bruciare come il
colore
lasciava intendere. Aveva paura, tremava dentro, godeva e si sentiva in
colpa
allo stesso tempo.
Non avrebbe
voluto e avrebbe voluto, e sapeva dentro di sé
che l’aveva desiderato fin dal momento in cui quelle labbra
l’avevano proposto.
La prima volta
che Sasuke glielo aveva preso in bocca si era
sentito al settimo cielo, vincitore tra tutti i vincitori, per poi
cadere
sconfitto dal suo sguardo, dal suo deriderlo.
Adesso era
diverso, Gaara muoveva la testa lentamente,
scendeva e risaliva con le labbra seguendo un ritmo tutto suo,
sballato, con le
mani a sfiorargli ogni tanto l’interno delle cosce, ad
afferrare, a carezzare,
con una sorta di gratitudine, ripagava la gentilezza di Naruto
nell’unico modo
che conosceva, vendendosi.
“Smettila...”
Balbettò Naruto, arpionando con le dita un
cuscino.
“Gaara
ti prego...smettila”
Il rosso si
staccò da lui e lo guardò con aria interrogativa.
“Non
ti piace?” Chiese.
“A te
piace farlo?” Chiese di rimando Naruto, tra
l’interdetto e l’arrabbiato.
Il rosso gli
poggiò le mani sulle ginocchia, lo guardò,
cercò
qualcosa nel suo viso che Naruto non riuscì a capire, poi,
prima di riabbassare
la testa, sottovoce, disse: “Vieni quando vuoi”.
*°*°*°*°*
Naruto non
riusciva a dormire, ogni volta che chiudeva gli
occhi rivedeva le labbra sporche di Gaara, la sua lingua rossa uscire,
sfiorare
i denti e poi leccare.
Non sarebbe
dovuta andare così, lui avrebbe dovuto aiutarlo,
non usarlo.
Erano soli
entrambi, dopotutto, anche se Gaara lo ignorava.
Naruto avrebbe voluto curare ogni sua ferita, e tramite quella
guarigione
curare se stesso. Sì, forse lo stava usando, ma in un modo
nobile, che avrebbe
giovato ad entrambi, che avrebbe fatto sentire lui un po’
meno solo e un po’
meno sbagliato e che forse avrebbe salvato Gaara da quella strada che
lo voleva
con le ossa spezzate e l’anima venduta.
*°*°*°*°*
Gaara
mi ha fatto quasi
tenerezza in questo capitolo, il suo tentativo di sdebitarsi
è paradossalmente
innocente, per uno che conosce solo quella moneta di
scambio…ahhh, scusate l’attimo
di riflessione. Povero Naruto, sì, il buon samaritano
corrotto…
Allora,
questo da cui
scrivo è un pc precario…a breve Allynchannel
tornerà a trasmettere le regole…intanto
ecco il terzo capitolo di questa fic, che beh, spero vi piaccia, anche
se la
tematica non è tra le più leggere. Come sempre vi
mando un bacio <3
Spero
di leggere i
vostri commenti, o di raccogliere i pomodori che mi lancerete.
Gaara
intraprendente
eh? Sasuke non sarà da meno nel prossimo capitolo, con le
dovute differenze
caratteriali…
Povero
Naruto, non dico
altro.
Alla
prossima! Vi
aspetto
Ps:
grazie a chi ha
avuto la voglia di commentare e mettere questa storia tra le
seguite/preferite/ricordate
Allyn