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Autore: Marge    30/06/2014    6 recensioni
Frozen Flowers è il seguito di Flowers Wall; dopo aver coronato il loro sogno d'amore sotto *diversi* punti di vista, Howl e Sophie si cacceranno di nuovo in qualche guaio. Di chi è la colpa, questa volta?
E dal momento che ne hanno già vissute molte in patria, mi sembra giunto il momento di esplorare un po’ i dintorni. Chi è Hilde, e che paese è mai il suo, perennemente immerso nei ghiacci? E cosa avrà a che fare con i nostri due eroi ed il loro demone del focolare?
Si consiglia la lettura solo dopo aver letto Flowers Wall e tutte le storie della stessa saga!
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti | Coppie: Howl/Sophie
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Flowers Wall'
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FROZEN FLOWERS

VII

In cui Calcifer prende in mano la situazione.




“Sophie non ricorda nulla della vostra vita passata” esordì Calcifer la mattina seguente.
“Lo so, vi ho sentiti stanotte. Eppure, non ne sono convinto: i suoi sentimenti non sono cambiati, sa chi sono io e chi sei tu. Ricorda perfino il Castello, ma le mancano i fatti.”
“Credi che questo faccia qualche differenza rispetto alla sua maledizione?”
Howl volte lo sguardo verso di lei: giocava a terra con i cubi di legno.
“Sophie!” la chiamò. Lei alzò gli occhi. “Dov’è Markl?”
“A scuola” rispose rapida. Howl e Calcifer si lanciarono un’occhiata. “Sophie, per caso hai memoria di cosa è accaduto quando eri l’ultima volta nel laboratorio del Castello?”
“Quando è caduto tutto in terra?”
Fece una smorfia, corrugò le sopracciglia e sporse il labbro inferiore.
“Sta per mettersi a piangere” disse Calcifer.
“E io cosa dovrei fare?” esclamò esasperato Howl. Le si accovacciò accanto e tirò fuori il suo tono più gentile: “Sophie, suvvia, non piangere. Fra poco verrà Talitha e potrai passare un’altra bella giornata con lei.”
“Ma io non voglio!” ululò lei. Diede una manata ai cubie li fece rovesciare. “Voglio stare con Howl!”
Si alzò in piedi, barcollò per un paio di passi e lo raggiunse. Gli strinse un ginocchio con entrambe le braccia. “Posso stare con te?”
Howl spalancò le braccia e lei ci si tuffò. Le lacrime le scendevano silenziose lungo le guance.
“Oggi terrò Sophie con me” decise alzandosi. “C’è qualcosa che non va in lei: è triste.”
“Anche quando fu trasformata in una vecchia dalla Strega delle Lande ebbe una crisi di pianto, ricordi? Quando i tuoi capelli diventarono arancioni.”
“Non rammento.”
“Per forza, eri impegnato a commiserarti e a piangerti addosso per la fine della tua bellezza. Sophie non aveva mai preso in considerazione veramente il terribile maleficio subito, e se ne rese conto tutto insieme. Solo Markl riuscì a convincerla a tornare dentro per aiutarti.”
Calcifer si alzò dal caminetto e svolazzò davanti a loro: “Sophie, non piangere. Ricordi la bellissima fanciulla con i capelli argentati che ci ha salvato?”
Lei, con il viso nascosto a metà sul petto di Howl, annuì impercettibilmente.
“Ora noi salveremo lei, è una promessa.” Poi si rivolse al mago: “Lasciaci andare in giro. Possiamo passare di camino in camino senza farci notare troppo, cercheremo qualcosa che sia utile a Sophie. Deve tornare a essere quella che era il prima possibile.”
In quel momento bussarono alla porta; Howl diede l’avanti mentre Calcifer si mescolava alle fiamme del camino.
“Sono Talitha, signor mago.”
“Proprio voi” rispose lui.
“Mi cercavate?”
“Esatto. Vi informo che oggi non dovrete occuparvi di Sophie, la bambina resterà con me.”
“Dunque posso congedarmi?”
“Se non avete fretta” disse lui posando Sophie a terra, “in realtà avrei desiderio di parlare con voi.”
La vecchia rifletté un momento. “D’accordo” disse infine. “A patto che non mi facciate fare tardi: ho una lezione con Even a mezzogiorno.”
Howl sorrise piegando il capo su un lato; i suoi orecchini verdi mandarono uno scintillio che fece trasalire la balia. Calcifer scivolò silenzioso alle sue spalle e sparì oltre la porta.

“Hilde era una fanciulla testarda, oh sì!” iniziò Talitha. “Esattamente come suo padre. Il signore di Thule non sarà affatto contento quando saprà.”
“Credete che non concederà più la mano di sua figlia al re?”
Seduto in poltrona, Howl congiunse le mani in grembo. Gli risultava difficile concentrarsi sulla sparizione della principessa e la sua mente volava al Castello, lasciato incustodito su uno sperone di roccia, e a Sophie che disegnava tranquilla tra loro.
“A dirla tutta, era Hilde a non volersi sposare affatto” disse la balia. La sorpresa catturò l’attenzione di Howl.
“Credevo fosse stato preso un accordo.”
“Precisamente, ma come saprete, questi non sono patti d’amore. Sono sicura che anche nel regno di Ingary funzioni alla stessa maniera: la gente semplice e povera può scegliere chi amare, ma la figlia di un signore è troppo importante per lasciarle questa libertà.”
“Hilde era dunque infelice?”
Talitha soppesò con cura le sue parole: “Nessuna fanciulla può essere infelice se sta per diventare la regina di un reame tanto bello come Angelia, non credete, signor mago?”
“Conosco diverse che rinuncerebbero a tanto onore, pur di seguire il loro cuore” rispose lui; lo sguardo gli corse a Sophie.
“Il cuore di Hilde non era affatto impegnato. E inoltre lei riconosceva l’onore nonché l’opportunità di fare del bene al suo popolo, con questo matrimonio.”
“Poco fa avete detto che non era suo desiderio sposarsi.”
“Esatto, ma Hilde è una fanciulla responsabile. Non ha mai espresso il suo disaccordo né ha dato segno di volersi tirare indietro. Ma a me non poteva certo sfuggire la verità, io l’ho cresciuta come fosse figlia mia.”
Le si inumidirono gli occhi.
“Avete qualcosa di Hilde che io possa utilizzare per il mio incantesimo di divinazione?”
“Tutti i suoi abiti e i suoi oggetti sono nella stanza che occupava. Di cosa avete bisogno?”
“Qualcosa che amava, al quale era molto attaccata, che possa parlare di lei. Un oggetto per entrare in comunicazione con la sua anima, ovunque essa si trovi.”
Talitha sussultò a quelle parole. “La magia mi intimorisce” sussurrò per scusarsi. Strinse le mani in grembo mentre rifletteva.
“Guarda, Howl!” esclamò Sophie. Si alzò per tendergli un foglio scarabocchiato: una figura umana e una fiammella rossa da un lato, dall’altro un’altra figura più grande vestita d’azzurro con accanto uno strano essere a quattro zampe, due lunghe orecchie e una enorme lingua rosa; sullo sfondo c’era una casina con un grande cerchio accanto. Tutt’attorno, stelle gialle con la coda.
Mentre Howl spalancava gli occhi per la sorpresa e li fissava su Sophie, Talitha esclamò: “Ma certo, il quaderno dei disegni!”
Il mago si riscosse e la guardò interrogativo: “Hilde ama dipingere e tiene un quaderno con degli schizzi. È sicuramente quanto di più simile a un diario segreto ella possieda.”
“Sarà perfetto” annuì Howl.
“Volete seguirmi? Possiamo continuare a parlare mentre andiamo verso la sua stanza.”
Impiegarono un po’ di tempo a preparare Sophie, perché Howl, nonostante avesse dichiarato di voler occuparsi di lei per tutta la giornata, non si era ancora preoccupato di vestirla e lavarla. Talitha non fece un solo commento, limitandosi a vestire la bambina con gesti esperti, ma il suo volto esprimeva tutta la curiosità e un po’ di disappunto per come Howl gestiva la faccenda. Lui, dal canto suo, era già abbastanza scocciato e nervoso per quella situazione che gli aveva tolto la sua Sophie per restituirgliene una fonte solo di problemi, e non si diede pena di fornire alcuna spiegazione. Per un po’ camminarono in silenzio e, tra i corridoi del Castello labirintico, che sembrava sempre deserto, risuonarono solo i loro passi ritmici e quelli saltellanti di Sophie.
“Voi non siete suo padre” disse lei dopo un po’.
Non si affrettò a negare.
“Tuttavia la bambina vi guarda come se fosse l’unica persona di cui si fida veramente. Quando voi siete nella stanza, i suoi occhi brillano.”
“Non avete forse detto di aver paura della magia?” la interruppe lui, e il suo volto assunse un’espressione cupa tale da far desistere la povera balia dall’indagare ulteriormente.
“A questo proposito” disse lui dopo qualche altro passo, perché gli dispiaceva essere brusco con lei, “dov’è la madre del fanciullo Even? Non l’ho ancora incontrata, da quando sono arrivato.”
La balia sospirò: “Mi trovo in questo luogo da poco tempo e non sono a conoscenza di tutte le storie. Tuttavia, quando il bambino mi è stato affidato, il mago di corte Espen mi ha spiegato che non ha padre né madre.”
“Espen ne è lo zio.”
“Precisamente. Credo che la sorella del mago sia deceduta quando il bambino era molto piccolo, e così anche suo padre. Even è un bambino capriccioso e molto solo, necessita di una guida forte. Si vede che è cresciuto senza.”
“Espen non è in grado di occuparsene?”
“Credo che voi maghi non abbiate molto senso del dovere come genitori. Espen ama il fanciullo e questi stravede per lo zio, ma non è certo sufficiente.”
Talitha fece una smorfia talmente eloquente che Howl si guardò bene dal chiedere ancora.

La stanza di Hilde era rimasta come era stata trovata: il letto era sfatto, come se qualcuno vi avesse dormito, ma le coperte erano state tirate alla bell’e meglio per tentare di ricomporlo. La toletta era in ordine e i vestiti tutti accuratamente ripiegati nei bauli.
“Nessuno di voi ha mai pensato che Hilde sia fuggita di sua spontanea volontà?” chiese Howl guardandosi attorno. Talitha rovistava in un baule sotto la finestra.
“Dove sarebbe potuta andare, oltretutto passando inosservata?” ribatté lei.
“Del resto, avrebbe preso con sé qualcosa” rifletté Howl ad alta voce. “E se fosse stata rapita, avremmo dovuto trovare qualcosa sottosopra. Invece, è tutto perfettamente in ordine: sembra proprio che si sia semplicemente scomparsa mentre dormiva.”
Talitha si avvicinò a lui e gli porse il quaderno.
“Sono molto affezionata a quest’oggetto” disse a bassa voce.
“Ne avrò cura, non temete” asserì lui.
In quel momento uno scalpiccio di passi nel corridoio segnalò l’avvicinarsi di qualcuno molto frenetico.
“Talitha!” esclamò il giovane Even comparendo nel vano della porta. “Oggi andiamo a cavalcare insieme! L’avevi promesso!”
Il bambino frenò la sua corsa quando si accorse di Howl.
“Sempre tra i piedi” mormorò.
“Even!” sclamò scandalizzata Talitha. “Saluta immediatamente il signor mago come si deve. Fra poco sarò libera di raggiungerti.”
Il ragazzino fece un mezzo inchino. Poi si avvide di Sophie, che intimidita se ne stava tra le gambe di Howl.
“Puoi venire anche tu! Anzi, devi venire, ti piacerà, vedrai!” esclamò.
“Potreste aggiungervi” disse la balia. “Avete mai cavalcato una renna sulla neve? È un’esperienza magnifica.”
“Sono costretto a declinare” disse prontamente Howl. “Oggi avrò molto da fare. Sarà per un’altra volta. Vi ringrazio per il vostro aiuto prezioso.”
Con Sophie per mano e il quaderno dei disegni sotto braccio, si avviò.
“Che antipatico” sentì commentare da Even.

Può essere piuttosto facile per una fiammella passare inosservata: c’è sempre una torcia o un camino nel quale mescolarsi per non farsi scoprire. Calcifer saltellò di fuoco in fuoco e volò rasente i muri indisturbato. Non sapeva bene cosa stesse cercando, perché non aveva idea di cosa fosse successo al Castello e a Sophie, ma sperava di incappare in qualcosa d’illuminante.
Era stato anni prima assieme a Howl nel laboratorio di Espen in cima alla torre e si ritrovò lì per caso dopo qualche peregrinazione. Mentre una serva, di spalle, si occupava di spolverare un grande tavolo, si tuffò tra i ceppi del camino e lì rimase a guardarsi attorno circospetto.
Quando la sua vita era legata a quella di Howl e lui ne custodiva il cuore, Calcifer non amava interagire con altri esseri umani. La conoscenza dell’abisso di negatività dello spirito di Howl gli era bastato. Espen, inoltre, allora era veramente un ragazzino inesperto, un’anima candida ben diversa da Howl, e Calcifer non vi aveva trovato nulla d’interessante. Ma forse, pensò, la sua conoscenza sarebbe stata utile ai loro scopi.
Nell’aspetto, la grande stanza circolare non era cambiata: era ordinata e il telescopio puntava verso l’alto. La servetta ebbe ben poco lavoro e lasciò quasi subito il laboratorio.
“Da dove cominciamo?” si disse Calcifer. Svolazzò qui e lì senza meta, indeciso. I libri erano tutti impilati nelle scaffalature, le pergamene arrotolate, i barattoli allineati al loro posto con etichetta leggibile.
Il Castello si era fermato non appena si erano addentrati nelle montagne di Angelia e la brusca caduta aveva causato il rompersi di numerose pozioni proprio addosso a Sophie. Com’era possibile che, fra tutto quello che sarebbe potuto succedere, era accaduto che lei si era ritrovata bambina? A sua memoria, Calcifer non ricordava incantesimi per ringiovanire; invecchiare sì, forse, e ne era prova la maledizione che la Strega delle Lande aveva scagliato solo qualche mese prima, ma ringiovanire? Un incantesimo del genere avrebbe fatto la fortuna del suo inventore. Che Howl avesse lavorato a qualcosa del genere, in segreto, vittima come in passato della sua vanità?
No, ne avrebbero parlato, Calcifer l’avrebbe saputo.
E perché mai Sophie sembrava a momenti più piccola, e in altri invece completamente consapevole, come se fosse solo imprigionata nel corpo di una bambina?
Frustrato, continuò a svolazzare qui e lì, fissando lo sguardo ora sul dorso di un tomo voluminoso, ora concentrandosi sulle foglie contenute in un mortaio. Espen era mago di corte e si occupava un po’ di tutto, soprattutto di incantesimi e pozioni di guarigione: un infuso di foglie contro il mal di gola decantava su di un tavolino basso.
Sopra di questo vi era uno specchio. Sulle prime non vi fece caso, ma poi, quando se ne stava allontanando, i suoi occhietti rotearono e si ridussero a una fessura: nello specchio non vi era alcun riflesso di fiamma, restituiva solo l’immagine della stanza vuota e in primo piano il bicchiere con la tisana.
Calcifer fu subito in allerta. Guardingo allungò una fiammella in direzione del vetro e la sensazione di attrazione che provò lo fece balzare all’indietro, gli occhi sbarrati e un intenso fumo nero ad avvolgerlo.
“Dobbiamo correre da Howl!” si disse, e si precipitò giù per le scale.

Howl era tornato di gran corsa nelle sue stanze: non aveva messo in conto quanto i bisogni fisiologici di una bambina così piccola potessero essere impellenti.
“Hai finito?” domandò per la centesima volta alla porta del gabinetto.
“Quasi” rispose Sophie cantilenando. Lui ebbe la netta sensazione che lo stesse prendendo in giro; si portò due dita alla tempia e cominciò a massaggiare. Le porte si spalancarono e Calcifer volò dentro affannato.
“Abbiamo visto una cosa!” esplose sputacchiando lapilli ovunque. “Nel laboratorio di Espen!”
Howl alzò le sopracciglia interrogativo. Calcifer si tuffò tra i ceppi del caminetto e subito riprese volume. “Abbiamo corso fin qui per dirtelo!”
“Lo vedo. Cosa è accaduto? E cosa facevi lì?”
“Ci siamo capitati per caso, stavamo girovagando qui e lì… abbiamo pensato che a un problema magico serva una risposta magica. Quel laboratorio è davvero ordinato, comunque.”
Howl si chinò sul caminetto e i capelli biondi vennero avanti a coprirgli il viso: “Non divagare, cosa hai visto?”
“Vi è uno specchio per demoni, lassù.”
Il mago spalancò gli occhi.
“Diciamo davvero” si affrettò Calcifer. “Il nostro riflesso non c’era, perché noi siamo di qua.”
“Sicuro di averi visto bene?” sussurrò Howl.
“Sicurissimo” disse il demone allargando la bocca. Prese un ceppo e ce lo infilò tutt’intero; cominciò a masticare vistosamente con rumore di scricchiolii. “E non era neanche nascosto…” precisò; schegge di legno volarono sulle pietre del camino. “Come hai fatto… cruch… a non vederlo, tu? Crunch crunch…”
“Forse perché io mi ci sono riflesso” rispose Howl. Anni fa, quando il suo cuore era ancora separato dal corpo e Calcifer lo custodiva, aveva cercato di riflettersi in uno di quegli specchi e ciò che aveva visto lo aveva terrorizzato; era stato allora che aveva cominciato ad accumulare talismani e ninnoli per difendersi, senza voler ammettere di aver semplicemente paura di se stesso.
“Possono esservi molti motivi per cui Espen conserva un specchio del genere” cominciò a riflettere ad alta voce. “Primo fra tutti, è il mago di corte. Sono sicuro che Suliman ne ha ben più d’uno.”
“Sicuro” disse Calcifer. “Altrimenti come avrebbe potuto, durante la guerra, manovrare tutti quei mostri di cui si circondava?”
Howl incrociò le braccia. “Suppongo che sia meglio che lo tenga lui, al sicuro nel palazzo reale, piuttosto che finisca in mano di qualcuno che possa utilizzarlo per i suoi scopi.”
Calcifer deglutì; attraverso le sue fiamme, il ciocco divenne cenere e cadde sulla superficie del caminetto. “Ma in quella stanza si entra facilmente. Noi non abbiamo fatto alcuno sforzo, e vi era persino una serva. Sembrerebbe quasi che chiunque possa accedervi e farne ciò che vuole.”
“Ho finito!” trillò Sophie riapparendo. “Calcifer, sei tornato!” aggiunse poi con un sorriso; corse fino a loro e sorrise beata.
“Tuttavia non è che chiunque possa richiamare un demone da uno specchio del genere: serve una magia piuttosto complessa” continuò Howl, una mano sul mento.
“Ma la magia si studia” disse Sophie.
Due paia di occhi spalancati si posarono su di lei. Era la prima osservazione sensata che faceva da quando era tornata una bimba. “Markl diceva sempre che lui avrebbe studiato tantissimo per diventare bravo come te” aggiunse. Si sedette in terra, esausta per tanto sforzo, e si infilò un dito nel naso. Howl distolse lo sguardo con una smorfia.
“Chiederò a Espen se crede che qualcun altro abbia usato il suo specchio di recente. Forse le apparizioni di demoni cui abbiamo assistito sono collegate alla sparizione di Hilde.”
“Siamo spiacenti di non aver trovato nulla per lei” disse Calcifer triste con un’occhiata a Sophie.
“Non importa” rispose Howl, “prima risolviamo questo caso, prima potremo tornare al Castello, pieni di soldi, e trovare una soluzione anche a tutti i nostri guai.”
“È permesso?”
Si voltarono tutti e tre verso la porta: Gunnar era in piedi, le mani nascoste nelle ampie maniche di pelliccia.
Howl lo fissò senza dire una parola.
“Sua Maestà vorrebbe parlarvi.”
Si fece di lato e nell’arco della porta comparve Baldur. Howl abbassò la testa in segno di rispetto.
“Mi dispiace interrompere il vostro lavoro” disse il re. “Ho sentito il bisogno urgente di vedervi. L’ansia per il ritrovamento di Hilde non mi lascia un momento. Vi sono novità?”
“Non ne ho avuto tempo” disse Howl. “Questa mattina ho intrattenuto un lungo colloquio con Talitha, la sua balia. È stato molto utile, molto presto sarò in grado di provare il mio incantesimo di divinazione.”
“Non vi è modo di affrettare il tutto?” domandò Baldur evidentemente preoccupato; il viso era paonazzo e spostava lo sguardo convulsivamente da una parte all’altra.
“Credetemi, sono il primo a volerla ritrovare il più presto possibile” disse Howl. Li guardò sospettoso.
“La notizia è trapelata” disse Gunnar. Il re sussultò e cominciò a tormentarsi le mani. “Qualcuno deve essersi venduto. Per il momento non è confermata e ci vorrà del tempo prima che arrivi a Thule a suo padre, ma dovete far presto.”
“Capisco. Farò tutto quanto è in mio potere” disse ancora Howl. Dentro di sé stava maledicendo quella principessa sparita, il re terrorizzato come un bambino che ha compiuto una marachella e quel losco primo ministro.
“Io non saprei cosa fare!” proruppe Baldur prendendosi la testa tra le mani. “Questo matrimonio era stato organizzato per rinforzare la pace, e ora ci troviamo alle soglie di una guerra civile!”
Gunnar si irrigidì: “Sua Maestà, non è il caso…”
“Ed io non ho neanche mai desiderato sposarmi…!” continuò il giovane. Era sull’orlo di una crisi di pianto, tanto che Sophie si sentì in diritto di alzarsi e andare a carezzargli una gamba. Lui la fissò stupito, come se la vedesse per la prima volta.
Si schiarì la voce. “Scusate lo sfogo” disse. Si passò una mano sul volto e riapparve con lo sguardo duro, alcun tremore residuo nella voce: “Vorrei un rapporto giornaliero su come procedono le vostre ricerche. Governare questo paese non è compito vostro, non avremmo dovuto neanche rendervi partecipe delle novità.”
Si aggiustò la veste, scosse la testa e si voltò. Gunnar fece per seguirlo, ma Howl gli posò una mano sul braccio: “Vorrei parlarvi. Ora.”

Howl si accomodò sulla poltrona che dava le spalle al caminetto. Sophie era davanti le fiamme, quieta. Gunnar, in piedi di fronte a lui, spostava lo sguardo ora sul viso del mago, ora su Calcifer nel caminetto. Era a disagio e lo dava a vedere chiudendosi in un silenzio ostinato.
“Non amate la magia?” chiese Howl con un sorrisetto.
“Non particolarmente.”
“Forse, la temete?”
“Come non temere un essere del genere, non umano, capace di azioni terribili?”
Howl fece un cenno con la testa in approvazione. Dal canto suo, Calcifer si allargò per sembrare il più grande possibile; Sophie ridacchiò tra sé e sé e gonfiò le guance a sua volta.
“Ad ogni modo il mio è un demone del focolare e non ha alcun interesse nel danneggiare gli esseri umani. Non dovete preoccuparvi di lui.”
“Era necessario condurlo a Freedam?”
“Voi viaggiate mai senza la vostra famiglia?” chiese Howl con disappunto.
“Certo, quando non è un viaggio di piacere.”
“Ebbene” rispose il mago alzandosi in piedi. “Io non lo faccio mai.”
Gunnar sussultò impercettibilmente. “Siamo qui per parlare delle nostre abitudini personali?”
“No di certo. Vorrei che mi parlaste di questo matrimonio. Baldur non ne era affatto convinto, mi pare.”
“Il re ne era convintissimo” ribatté Gunnar stizzito. “Di certo non è un matrimonio d’amore, ma per nessun re lo è mai. Il nostro sovrano sa cosa è bene per il suo popolo.”
“Siete dunque convinti che un matrimonio misto sia la soluzione a ogni contrasto?”
Il primo ministro esitò a rispondere. “Personalmente, non lo sono mai stato. È giunta l’ora in cui prenda una sposa e cominci a dare eredi, ma il re stesso ha pensato che una donna Kamepohl sarebbe stata la soluzione migliore.”
“Oh!” sbottò Howl. “Siete stati molto abili nel complicarvi la vita, con questo matrimonio che nessuno desiderava!” Si voltò a riflettere, dando le spalle a Gunnar.
“Non approvavate che si sposasse, o che sposasse proprio Hilde?” chiese poi. Il primo ministro aggrottò le sopracciglia: “Cosa state insinuando?”
Howl si girò a guardarlo: “Nulla: cerco di capire. Se io fossi stato in Hilde, sarei fuggita da questo palazzo o non vi sarei mai arrivata. Baldur stesso non desiderava sposarla e lo faceva per dovere; voi, il primo ministro, mi siete sembrato piuttosto contrario in generale alle unioni miste, e ora mi confermate che neanche questa vi andava a genio.”
“Io penso al bene del popolo!” esplose l’altro. “Come una guerra civile potrebbe giovargli? O credete che sia stato il re in persona a farla scomparire?”
“Questo lo escludo” sussurrò Howl stringendo gli occhi. “È tutto, potete andare” aggiunse.
Gunnar fremette per lo sdegno. “Vi avverto” disse quando fu sulla soglia, “se avrò il sentore che la vostra presenza qui non sia d’aiuto alla nostra causa, ma anzi che il vostro ruolo sia solo di seminare zizzania tra noi, non esiterò a far di tutto per spedirvi indietro nel vostro assolato paese.”
Se ne andò senza aggiungere una parola, e Howl rimase a fissare la porta chiusa, pensieroso, per qualche istante.
“Howl!” lo chiamò Sophie. Lui non rispose, perso nelle sue riflessioni: Gunnar si professava protettore del popolo, ma forse aveva interessi personali; di sicuro la sua avversione per i Kamepohl era evidente. Baldur era una marionetta tra le sue mani ma sapeva, a volte, prendere delle decisioni in autonomia per le quali, poi, era inamovibile.
“Howl!” lo chiamò ancora la bambina. “Calcifer ha fatto puff!”
E se invece Baldur avesse…
“Howl! HOWL!” insistette a chiamarlo. Lui spostò lo sguardo su di lei.
“Calcifer non c’è più” disse Sophie. “Era nel camino e stavamo parlando. Poi ha fatto puff, e ora non c’è più.”
Detto questo, gli occhi le si riempirono di goccioloni tondi che cominciarono a cadere giù come tante biglie.





***
Chiedo perdono! Avevo promesso questo capitolo per l’inizio del mese, e invece siamo al 30, giusto in tempo. Mi spiace tantissimo, avevo preso il via e la maggior parte era pronto molto tempo fa, ma poi sono accadute un po’ di cose: da una parte, queste scene finali sono state impegnative da scrivere, per far parlare tutti questi personaggi su questioni tanto importanti avevo bisogno che gli eventi futuri fossero ben chiari nella mia mente; dall’altra, ho scritto altro: una storia sempre su Howl/Sophie, Mad as a hatter, sulla quale mi farebbe piacere un vostro parere, e una lemon che però pubblicherò più avanti (benché si collochi, temporalmente, prima di FF).

Vi ringrazio per la pazienza, spero che questo capitolo vi piaccia e che mi lascerete un commentino. See ya, stavolta spero presto!
  
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