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Autore: Louvers    06/07/2014    1 recensioni
Non so se ad altri di voi sia già capitato, o se si tratta di una mia stranezza, ma questa storia nasce da un sogno. Una mattina mi sono svegliata, ed avevo ben definito, nella mia mente, quello che poi è diventato il primo capito, "Allarme bomba". Nella mia testa la storia vorrebbe essere avvincente e incalzante, in pieno stile Flashpoint, spero di essere riuscita a trasmettere a voi, parte di queste sensazioni. Buona lettura, L.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quando la sveglia suonò, Laura era sveglia,stesa sul letto del piccolo bilocale in centro, in attesa. Non aveva chiuso occhio, oggi tutto sarebbe cambiato. 
La breve passeggiata che la separava dalla centrale servì a rinfrescarle le idee, a capire come doveva comportarsi. Incontrò Greg nel parcheggio ed entrarono insieme. 
"Spike, come va oggi con la principessina?" scherzò il Capo riferendosi alla macchina di rilevazione degli ordigni. Vorrei essere io la sua principessina. Pensò maliziosamente Laura. Spike era diventato in fretta il suo preferito, il suo modo di scherzare, la sua risata, la affascinavano.  "Fa i capricci Capo" sbuffò Spike. 
Si diressero verso la palestra ed iniziarono gli allenamenti, Laura aveva ancora molto da fare per raggiungere il livello di preparazione atletica degli altri.  Ed non mi vorrebbe qui, ma che gli ho fatto?  Vedere Ed la sconfortava sempre un pò, si sentiva respinta. Non poteva sapere che non dipendeva da lei, era il suo modo di reagire ai nuovi arrivati. Solo Dana tempo prima  era riuscita a conquistarlo subito, neanche Sam, per quanto fosse bravo. Tempo al tempo, sospirò.

UEEEEEEEEEEE 
Il suono della chiamata di emergenza risuonò nell'ambiente. "Squadra Uno prepararsi, chiamata urgente dalla Scuola privata St Patrick in centro, un ragazzo sul tetto minaccia di buttarsi" Winni, efficiente come sempre, chiamò la squadra. La squadra Uno uscì di corsa e la centrale divenne più silenziosa, svuotata di una parte dei suoi componenti. 

Laura si sentì sola. Durante le selezioni se l'era cavata alla grande. Anche Greg era rimasto piacevolmente colpito di quanto fosse brava. Ma nessuno arriva alla Squadra Uno dal nulla. "Non potevi veramente pensare di essere direttamente operativa nella squadra Uno, serve un pò di esperienza, e tu non ne hai. La squadra due ti permetterà di prendere confidenza con la realtà di questo mondo, e in poco tempo sarai dei nostri" Greg aveva provato a tranquillizzarla, era sempre stato protettivo nei suoi confronti. Laura continuò il suo allenamento, sforzando il suo corpo, voleva migliorare, sempre più in fretta. Dana non è mica male come capo, ma non è Greg.

UEEEEEEEEEEE
Un'altra sirena risuonò. "Effrazione in una casa in centro. Un vicino ha visto dei movimenti sospetti nella casa di fronte ed ha chiamato il 911. Il soggetto potrebbe essere armato. Squadra Due, vi mando l'indirizzo sul palmare" Si entra in scena, pensò Laura. E dopo questo breve pensiero la testa si svuotò, c'era tempo e concentrazione solo per la missione. La mia prima missione. Laura era in macchina con Dana, e in pochi minuti arrivarono sul posto. La zona era residenziale, una casa a due piani con la staccionata bianca. La porta di ingresso era aperta. La squadra scese dalle macchine. "Smith, vai a parlare con il vicino che ha chiamato il 911. Confermaci che si tratti di un solo uomo" - "Robin e Kevin controllate il retro e tenetevi pronti ad entrare" "Io e Laura entreremo dall'ingresso principale" la voce autoritaria di Dana risuonò  alla radio. "Si capo" risposero gli agenti. Tutti si mossero. 
Smith confermò che il soggetto era un maschio bianco di 25 anni circa, armato. Aveva fatto saltare la serratura. 
"Avete sentito? Soggetto armato. Entriamo con la massima cautela" Laura e Dana entrarono dall'ingresso principale. Il soggiorno era libero. Robin e Kevin entrarono dal retro per trovarsi nella cucina, libera. Il piano terra era vuoto. Nessun segno di lotta. Coprendosi a vicenda le spalle, salirono al primo piano. 
"Bagno libero" disse Robin alla radio. "Camera studio libera" rispose Smith che nel frattempo, dopo avere finito con il testimone, aveva raggiunto i compagni. "Sento rumori dalla camera da letto. Confluire con cautela" ordinò Dana. Aprirono piano la porta della camera, e videro il ragazzo seduto a terra, con le mani dentro un cassetto. Cercava affannosamente qualcosa, mentre il contenuto del cassetto (biancheria e foulard) rovinava per terra. Rimasero sull'uscio della porta con le pistole puntate contro il soggetto. "Butta la pistola" la voce di Dana era calma. Aveva impartito l'ordine, ma non pensava che il soggetto potesse essere un pericolo, sembrava disorientato e confuso, magari un tossico in cerca di denaro. L'ordine del poliziotto colse il ragazzo alla sprovvista, aveva la mente annebbiata. Laura era accanto al caposquadra, con la pistola puntata, pronta a coprire il suo compagno nel caso in cui la situazione fossse degenerata. 
"Andate via. Andate viaaaa" urlò disperato il ragazzo. "Andate via o le sparo!" Spara a chi? Laura si guardò  intorno confusa. Non c'era nessuno nella stanza. Anche il ragazzo sembrò realizzare che nella stanza era solo, e allora, mestamente, sollevò la pistola contro la sua testa. "Andate via o mi sparo" la sua voce questa volta era rassegnata.
"Possibile suicida, il caposquadra Dana stabilisce un contatto col soggetto" disse Smith dietro di loro al trascrittore automatico. 
"Ciao, mi chiamo Dana, e sono qui per aiutarti. Vuoi dirmi come ti chiami?"
"Andate viaaaaaa. Andate viaaaa"
"Noi non possiamo andare via, siamo qui per aiutarti. Quello che è successo oggi non è niente"
"Perchè mi guardi, provi pietà per me, non sono un caso pietoso! Non sono il vostro caso pietoso!!" Questa volta il ragazzo parlava con Laura, che era sempre rimasta leggermente in disparte, sempre con la pistola puntata, per coprire Dana. Laura non rispose. Si negoziava da soli. Ed ora lo stava facendo Dana. Non poteva intromettersi. "Rispondimi!"  Dana fece un segno col la testa a Laura, poteva rispondere.
"Lo so, non sei un caso pietoso" la voce di Laura era calma. Ma perchè si è convinto di sta cosa, cazzo! Che ho fatto di male. Il soggetto è instabile. In evidente stato di astinenza. Devo essere sincera, e riportarlo alla realtà, stabilire punti di contatto, rispondere alla sua domanda, e lasciare che si concentri nuovamente su Dana. "Non guardo te, sono concentrata sulla pistola. Sto facendo il mio lavoro"
"Parla con me, vuoi dirmi come ti chiami?" Dana cercò di concentrare l'attenzione su di lei.
"E perche punti la pistola contro di me?" Parlava sempre con Laura. Aveva stabilito un contatto. probabilmente per la vicinanza di età.
"La negoziazione passa all'agente Thomas" . Laura sentì Thomas aggiornare il trascrittore. Un breve movimento, e Laura abbassò la pistola, e si avvicinò al soggetto, per permettere a Dana di arretrare e tenerlo sotto tiro. 
"Come ti chiami?" Adesso era Laura a parlare.
"Andrews Mcmahon" rispose.
"Hai sentito Winni, cerca informazioni. Fedina penale, malattie. E manda qui i genitori" ordinò Dana.
"Io mi chiamo Laura. E sono qui per aiutarti. Tu perchè sei qui?" Sguardo perso nel vuoto, non rispondeva.  "Andrews, prima mi parlavi, continua a parlare con me. Perchè sei qui"
I minuti passavano e il soggetto continuava a non parlare. E se stessi sbagliando tutto? Dana le appoggiò lievemente una mano sulla spalla, per incoraggiarla. Altro che caso pietoso lui. Qui se c'è un caso pietoso in questa stanza sono io. Pensò Laura al limite tra lo sconfortato e il sarcastico, in realtà sapeva di non essere un caso pietoso. 
"Il ragazzo è stato adottato, ed è scappato dall'ultima famiglia affidataria quando aveva 18 anni. Da quel momento non si sono avute più sue tracce. La casa nella quale vi trovate è quella della penultima famiglia nella quala aveva vissuto, vi era rimasto per più tempo rispetto alle altre. Due anni" . "Perchè alla fine scappo?" Dana cercava di vederci chiaro. "Non scappò da questa famiglia, venne mandato via perchè i genitori dovettero trasferirsi all'estero per motivi di lavoro. Gli assistenti sociali pensarono che un trasferimento così lontano potesse creare problemi al ragazzo. Sono tornati in città da un paio di mesi." "Grazie Winni. Laura?" chiese Dana.
"Si capo, ci sono" rispose Laura. Il ragazzo era un tossico, probabilmente lo era diventato da quando aveva abbandonato l'ultima famiglia, altrimenti sarebbe stato segnalato nel suo fascicolo. Stava cercando dei soldi, ed era entrato in quella casa perchè sapeva dove trovarli.  E se invece fosse entrato in quella casa per farsi scoprire? Se era vero che con quella famiglia si era trovato bene, magari voleva essere aiutato. "Andrews, sappiamo che qui abitano i tuoi vecchi genitori adottivi. Giusto?" . Un cenno del capo come risposta. "Sei entrato in casa loro perchè la conoscevi e sapevi dove trovare i soldi?" Silenzio. Di nuovo lo sguardo perso nel vuoto. "Sei entrato in casa loro perchè ti servivano dei soldi?" . "TU NON SAI NIENTEEEE" urlò di soprassalto. Cazzo, devo abituarmi a questi scatti. Ricominciamo. "Perchè sei qui Andrews?" Laura stava iniziando a stancarsi, la tensione si faceva sentire, e quel ragazzo muoveva la pistola continuamente, senza mai smettere di puntarla contro se stesso. Ancora silenzio. Qui non arriviamo da nessuna parte. "Andrews, invece penso di sapere molte cose. Non sei qui solo per rubare, non è vero?" Aveva volutamente marcato la parola, solo. "Sapevi che i tuoi genitori adottivi erano tornati in città, li hai visti. Non ti hanno cercato. Ti sei sentito messo da parte"
"Laura, che stai facendo così lo fai sentire inutile!" si agitò Dana. "Ho un'idea" sbisbigliò al capo. 
Il ragazzo la ascoltava, a tratti perso nel suo mondo, a tratti lucido. "E quindi li volevi vedere, e volevi farti vedere. Volevi mostrare loro come stai. Volevi che loro ti riprendessero! Volesi essere aiutato. Non sono io a vederti come un caso pietoso. Sei tu che vedi te stesso così." Breve pausa. "Questo è un bene Andrews, perchè vuol dire che sai di volere di meglio per te stesso. Sai di meritare di più. Butta la pistola, fallo per i tuoi genitori" Ho finito, se va male non ho capito un cazzo di questo ragazzo, e muore. Bene, avrò una vita sulla coscienza per la prima missione.
Il ragazzo non si muoveva, non parlava. La mano tremava. 
"Abbassa la pistola" Laura si stava avvicinando piano piano, e lui non dava segni di respingerla. Un passo alla volta. Ti prego, abbassa la pistola. "Andrews, abbassa la pistola" cercò il suo sguardo. E poi lui la abbassò. Con uno scatto Laura si avvicinò verso di lui. "Soggetto in contenimento" disse alla radio, con un pò troppo entustiamo nella voce.

"Ti dico che hai fatto tutto il possibile Parker! Lo abbiamo visto tutti. Hai stabilito un rapporto con il ragazzo, hai insinuato in lui la consapevolezza dell'irreversibilità del gesto che stava per compiere. Hai provato a farlo ragionare. Il ragazzo non ascoltava, dannazione Greg, aveva già deciso. Il ragazzo aveva già deciso di buttarsi prima ancora che arrivassimo!" La voce di Ed tuonò all'interno della sala riunioni. La squadra Uno era seduta al tavolo, Jules aveva tutte le trascrizioni in mano.
Avevano fatto tutto come da protocollo quella mattina. Erano arrivati sul posto, Wordy e Jules avevano montato la rete di sicurezza ai piedi dell'edificio. Doveva essere di "sicurezza" appunto, di solito il soggetto non andava mai fino in fondo. Lui e Ed erano saliti veloci sul tetto, Ed doveva cercare un modo per agganciare il soggeto, magari dal piano inferiore dell'edificio, e lui doveva parlare con il ragazzo. Era così giovane, aveva solo 17 anni, George Green. Sam e Spyke avevano cercato informazioni, chiedendo ai genitori, ai docenti e ai compagni. Non era servito a nulla, studente modello, buona famiglia, ottimi rapporti con i compagni. Nessuno aveva notato nulla di strano nell'ultimo periodo, intendendo per ultimo periodo l'ultimo mese, l'ultima settimana. Solo un amico si era sbilanciato "Ieri, dopo le lezioni non era più lui, era... non so come dire, spento" Era veramente troppo poco su cui basare un discorso. Aveva iniziato parlando di se, cercando di far parlare il ragazzo. Ma questo non si girava, non lo guardava. Allora aveva cambiato tattica, meglio riportarlo alla realtà. "Per tutto c'è rimedio, qualunque cosa fosse successa il giorno prima, poteva parlargliene, e avrebbero trovato una soluzione" Niente. Aveva esaurito le possibilità, non era riuscito a fare aprire bocca a quel ragazzo, era evidentemente in stato di shock. Però temporeggiava, perchè stava aspettando tanto a buttarsi? Non capiva, non riusciva a capire, gli sfuggiva qualcosa. Il ragazzo era risoluto, ma gli mancava ancora qualcosa. Il processo mentale del suicida non era completo. Ma cosa mancava?
Poi fu un momento, il ragazzo si voltò inpercettibilmente verso sinistra, il lato opposto al suo, qualcosa era riuscito ad attirare la sua attenzione, era riuscito in quello in cui lui aveva fallito. E poi si era buttato. "NOOOOOOOOO" Greg sentiva ancora l'urlo disperato della sua voce, tolse il berretto e mise le mani sulla testa. Si accovacciò a terra. Poi si alzò per vedere. La rete non era servita a nulla, il ragazzo l'aveva vista, e l'aveva evitata buttandosi a ridosso del muro. Prima ancora di arrivare a terra, era pieno di escoriazioni. Il suo corpo scomposto, la testa in una posizione innaturale, l'osso del collo spezzato. La testa contro l'asfalto. Non si poteva vedere la faccia, ma gli occhi del ragazzo, Greg non li avrebbe mai dimenticati.
"Voi non capite, ha visto qualcosa prima di buttarsi, qualcosa che ha completato la sua decisione, ed io dovevo capire cosa fosse!" Devo capire cosa fosse. Era questa la frase che Greg ripeteva ormai da un'ora. 
"Capo, ai piedi dell'edificio c'era una piccola folla, avrebbe potuto vedere chiunque. E può essere anche che in realtà non abbia visto niente, ma quello che voleva vedere era solo nella sua testa" Questa era la teoria di Wordy. "E' tutto scritto qui, il verbale è completo, abbiamo seguito la procedura, abbiamo fatto tutto quello che si può fare in queste situazioni...anche se un ragazzo è morto" Il discorso di Jules era iniziato nel migliore dei modi, voleva essere di conforto al Sergente, ovviamente non era colpa sua, avevano seguito la procedura, ma poi, a metà frase aveva cambiato tono, la morte cambia sempre le cose. 
"Capo" entrò Winni nella sala ruionione "c'è qualcosa che dovete vedere". Portava con se un fascicolo. "Sono tutte le informazioni che ho raccolto sulla scuola. Non è stato facile ottenerle perchè è un Liceo privato, storico, tiene molto al prestigio del proprio nome. Ho dovuto chiedere un mandato e sono stati costretti a darci le informazioni" . "Grazie Winni, ma non penso che serva più a molto, qualsiasi informazione ci sia in quel fascicolo, non cambierà.." il sergente non concluse la frase. "Capo, li guardi" Winni lasciò il fascicolo aperto sul tavolo e andò a rispondere all telefono che squillava. Sam era il più vicino al fascicolo, e quando lo lesse la sua espressione cambiò. "Capo, è troppo tardi per salvare George, ma non per salvare tutti gli altri" era riuscito ad attirare l'attenzione del capo e dei compagni su di se "la scuola ha registrato un suicidio all'anno negli ultimi tre anni. E prima ancora, a distanza di un anno dagli altri, un quarto suicidio. Sta succedendo qualcosa"
Un incubo, come facevano a non avere avuto quell'informazione. Come era stato possibile!
"Possiamo avvisare la narcotici, magari potrebbe mandare un agente sotto copertura. Sono i migliori sotto copertura" Ed cercava di metabolizzare lo shock della notizia proponendo soluzioni. "Sono sommersi di lavoro, non manderanno mai qualcuno a tenere d'occhio degli studenti, è sicuro" ribattè Wordy "E allora cosa dovremmo fare? Stare ad aspettare che il prossimo si butti? Non capisco come abbia fatto il preside ad omettere questa informazione! Con quale coraggio dorme la notte!" Jules era furiosa, finalmente aveva qualcuno da incolpare per la morte di quel ragazzo. Spike stava al suo posto, quelle riunioni lo sfiancavano più della stessa missione "Potrebbe andare uno dei nostri" si stropicciava gli occhi mentre lo diceva, non poteva stare zitto, doveva proporre qualcosa anche lui, operarsi come gli altri, anche se in realtà non ci credeva nemmeno lui in quella soluzione. "No, non rinuncio ad uno della squadra, ognuno di voi mi serve qui. Salviamo delle vite, ed ogni singolo membro della squadra è necessario." Ed era risoluto, rinunciare ad uno di loro per mandarlo a giocare alla spia per scoprire chissà quale inganno all'interno di quella lurida scuola privata, no. "E comunque, ci hanno visti oggi, ci rinoscerebbero"

"Vado io" L'agente Thomas non era riuscita tenere a freno la lingua. Che diavolo mi è saltato in mente, pensò disperata. Stavo origliando, dovevo stare zitta!
   
 
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