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Autore: john_penniman    07/07/2014    0 recensioni
"Non sempre i sentimenti sono quello che sembrano" concluse Grace "Certe volte pensi di amare quando vuoi bene, altre volte sei convinto di voler bene solo perché non hai capito di amare."
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Due squilli e Roger rispose: “Pronto Medison, dimmi.” “Ciao” sentì esordire dall'altro capo del telefono. “Sei riuscito a sentire Grace?” “No, a dir la verità oggi non l'ho cercata, perché?” “Perché è da cinque minuti che tento di chiamarla, ma non risponde. Capisco che il suo telefono sia sotterrato da qualche parte in camera sua, ma dovrebbe pur cercarlo quando lo sente squillare.” “Magari non lo sente.” Rispose Roger in tono pacato. “Ma come non lo sente?” Medison iniziava ad innervosirsi. “Ha uno di quei Nokia che perfino mia nonna si rifiuterebbe di usare, uno di quelli che quando vibrano hanno un effetto peggiore di un terremoto di grado 9.5 sulla scala Richter, uno di quelli che quando cadono spaccano il tuo pavimento, quello del vicino di sotto e si fiondano giù dalla palazzina fino a raggiungere il centro della Terra facendo un baffo a Jules Verne, uno di quelli che...” “Ok basta, basta ho afferrato il concetto.” La interruppe Roger divertito. “Hai capito? Non può non sentire quel maledettissimo telefono, dev'esserci dell'altro.” Il ragazzo sbuffò e tentò di calmarla. “Solo per il fatto che non ti ha risposto, non vuol dire che non ti voglia rispondere. Pensaci, ci sono mille motivi per cui potrebbe non aver sentito la chiamata: potrebbe essere in un'altra stanza, potrebbe star ascoltando la musica, potrebbe essere così concentrata da non sentire nulla intorno a lei. Ci sono tanti motivi. Non c'è bisogno che la tua mente applichi il traduttore universale e traduca una chiamata senza risposta con “Mi odia, non vuol più parlare con me, ho sbagliato da qualche parte, devo chiederle scusa ancor prima di sapere cosa ho fatto, devo impedire che si allontani da me in questo modo”, hai capito? Quindi adesso tranquillizzati.” Medison sbuffò non volendo ammettere che il suo migliore amico aveva ragione. “Allora chiamala tu, pacifista.” “Non c'è problema, la chiamo subito appena finiamo di parlare e sono sicuro che scoprirai il risultato.” “Va bene.” Rispose in tono di sfida la ragazza.

Terminata la chiamata, Roger appoggiò il telefono sulla scrivania e sbuffò. “Che c'è?” “No niente, Medison che si arrabbia. Dai, chiamala.” Grace si mise a ridere. “Davvero era arrabbiata?” “Eccome se lo era. Si è anche messa ad imprecare contro il tuo Nokia.” Entrambi scoppiarono in una fragorosa risata. “Hai avuto un'idea geniale nel non farmi rispondere alle chiamate, mi complimento.” Scherzò Grace. “Adesso la chiamo.” Dopo nemmeno uno squillo Medison rispose urlando tanto che perfino Roger riusciva a distinguere la maggior parte delle parole che diceva “Perché non mi hai risposto? Lo sai che quando non mi rispondi io... E poi Roger che si è messo a scherzare: ha detto che ho il traduttore universale, che me la prendo per niente, che... E poi lui fa tanto il pacifista, ma lo so che lui ti ha chiamato e tu hai risposto perché tu preferisci parlare con lui piuttosto che con me, perché lui è un ragazzo e tu hai delle mire, perché tanto io sono Medison, quella dimenticata da tutti che nessuno vuole: quella possessiva, gelosa... Io lo so che tu non mi vuoi parlare ma allora dimmelo e basta perché altrimenti... Capito?” Grace aspettò che la ragazza interrompesse la sua cascata di parole. “Medison, ascoltami attentamente.” Cominciò scandendo chiaramente ogni sillaba. “Spero che tu non pensi davvero tutto ciò che hai detto. Nel caso: non delle mire, non ti odio, non ti voglio non parlare, non preferisco nessuno a nessun altro, ok? E adesso raggiungi Roger a casa sua: mi ha mandato un messaggio preoccupato perché tu eri così arrabbiata, va bene?” “D'accordo lo raggiungo.” Grace chiuse la chiamata ancor prima che Medison potesse dirle perché l'aveva chiamata, anche se, pensava, probabimente se n'era dimenticata. Roger la stava fissando e sorrideva.

Dopo una ventina di minuti si sentì suonare il citofono: era Medison. Grace andò a posizionarsi a lato dell'ascensore, dove la ragazza, se opportunamente distratta, non avrebbe potuto vederla, con un sacchetto di tela in mano. Il ragazzo andò ad aprirle la porta. Appena uscì Roger le fece cenno di entrare e Grace avanzò di soppiatto e le infilò il sacchetto in testa. I due si mossero quasi fosse un rapimento. La portarono in camera del ragazzo dove tutte le finestre e le altre fonti di luci erano state precedentemente serrate, le puntarono contro la lampada della scrivania e le tolsero il sachetto. Grace, fingendo una voce modificata, disse: “Dicci chi sei.” Medison iniziò ad urlare chiedendo che le fosse tolta la luce dal volto. Dopo diverse insistenze i due ragazzi lo fecero e lei gridò di odiarli entrambi. Quando fu più calma i due cercarono di farsi perdonare benchè non riuscissero a smettere di ridere.

Ristabilitasi la situazione, i tre iniziarono a studiare.

 

La sera Grace tornò a casa sua. Accese il computer e controllò la casella e-mail. Aveva ricevuto un messaggio da un indirizzo che non conosceva, ma non le sembrava che fosse una spam. Quando la aprì e lesse “Cara Grace, Buon pomeriggio. Mi dispiace disturbarti, capisco che tutto vorresti fuorchè una lettera dal tuo professore di filosofia...” la ragazza iniziò a pentirsi di aver deciso di andare a casa del suo amico. Controllò l'ora a cui era stata inviata: 15:32. Perché era andata a divertirsi mentre avrebbe dovuto ricevere la mail, rispondere e fare ciò che le veniva chiesto? Il messaggio continuava con la richiesta di una ricerca riguardo al matrimonio: parallelo fra passato e presente. Grace non esitò un attimo e senza nemmeno rispondere, ma maledicendosi per non aver letto prima la richiesta, iniziò la ricerca.

A mezzanotte la stava concludendo. Le venne poi in mente che tutte le sue preoccupazioni riguardo all'ora in cui aveva letto la mail, al fatto che non aveva iniziato subito il suo compito, all'aver sostanzialmente ignorato la richiesta del professore, erano state completamente inutili. Tanto futili quanto portare avanti una ricerca fino a mezzanotte. Infatti il giorno dopo non avrebbe avuto nessuna ora di lezione con quel professore in quanto sarebbe stato il suo giorno libero. Abbassò lo schermo del portatile e, sbuffando, si alzò e andò a letto. Pensava di essersi fatta troppe inutili preoccupazioni e di aver sbagliato tutto. Pensava di essere andata in palla solo perché si trattava del professor Folisia. Ma d'altronde, pensava, come avrebbe potuto non andare in palla? Era un uomo così bello, erudito, colto, gentile, simpatico, ironico. Sorrise pensando a lui. Le rimaneva soltanto un dubbio: perché le aveva richiesto una ricerca sul matrimonio? Solitamente si prendeva spunto dagli argomenti trattati nel periodo in cui veniva assegnata, ma in quel momento nessuno aveva mai accennato a quel felice avvenimento.

Con un ultimo sforzo si sollevò dal letto e prese il telefono. Non sapeva se scrivere a Roger o a Medison, perciò inviò ad entrambi lo stesso messaggio: E se Folli si sposasse? Le risposte che ricevette furono identiche: Che importa? Buon per lui. Grace inviò un ultimo messaggio di risposta e spense il telefono per non dover dare spiegazioni. Si accasciò triste sul letto e si mise a pensare. Il messaggio inviato era: A me importa.

   
 
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