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Autore: Mary P_Stark    07/07/2014    2 recensioni
Cecily Fairchild è l'insegnante di Inglese nel piccolo paesino costiero di Falmouth, Cornovaglia. Sbrigativa, spigliata, sincera e per nulla vanitosa, è amata dai suoi studenti e apprezzata dai suoi colleghi. Ma, cosa più importante, è Fenrir del Clan di Cornovaglia, la licantropa più forte dell'intero branco. Licantropa che, però, si ritroverà ad affrontare qualcosa per lei del tutto nuovo e inaspettato, e un uomo che la lascerà senza parole per la prima volta in vita sua. Un uomo che, tra l'altro, sembra nascondere una marea di segreti, sotto la sua eleganza e le sue buone maniere. Amore e mistero li accompagneranno verso un'avventura ai limiti del mondo... e forse anche oltre. SPIN-OFF "TRILOGIA DELLA LUNA" - 4° RACCONTO (riferimenti alla storia presenti nei 3 racconti precedenti)
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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5.
 
 
 
 
La neve aveva ripreso a cadere su Falmouth, ma alle due licantrope poco importava.

Nessuna delle due sentiva freddo, nessuna delle due risentiva del calo della temperatura, nessuna delle due dava peso a simili cambiamenti climatici.

Il loro sangue mistico le proteggeva dai capricci del tempo, ma non dal dolore.

Cecily, a braccetto con Brianna, camminava silenziosa lungo il marciapiede che conduceva a casa sua, silenziosa e pensierosa al tempo stesso.

“Stai facendo un baccano dell'inferno, lo sai, vero?”  le disse mentalmente Brie, a un certo punto.

“Dovrò schermarmi meglio. Non voglio che scopri quanto posso essere volgare!” ridacchiò la donna, sorridendole a mezzo.

Brianna sorrise di rimando, facendo spallucce.

“Ho passato troppo tempo con Alec, per far caso a cose del genere. E poi, un'imprecazione ogni tanto fa bene, specialmente dopo fatti simili. Ricordo ancora, quando Duncan dovette amputare la mano di un suo lupo. Fu irritato per giorni,... neppure un orso al suo risveglio primaverile avrebbe potuto eguagliarlo a irritazione.”

“Non piace a nessuno agire a questo modo. Abbiamo in noi una componente umana troppo alta per non soffrire, ma so anche che non può essere diversamente. La controparte ferina va tenuta a bada … anche da se stessa, se necessario. Viviamo in un mondo di umani, non possiamo fare quel che vogliamo, e solo perché siamo noi in cima alla catena alimentare.”

“Ci massacrerebbero senza pietà, se sapessero di noi” assentì Brianna, sospirando pesantemente. “Il segreto è quanto mai di primaria importanza, nelle nostre vite, e i facinorosi vanno sedati subito, e con forza. Non dobbiamo dare neppure una mezza occasione, ai Cacciatori, di avvicinarsi a noi. Lo so, conosco la lezione a memoria, ma capisco anche perché ti senti così di merda.”

“Non è mai facile essere dei capi giusti e forti... ed è quando devi mostrare i denti, che capisci quanto sia schifoso questo compito.”

Il solo dichiararlo fece male a Cecily, ma era la verità. A volte, odiava essere Fenrir.

“Joshua è quello che ha dovuto pagare il prezzo più caro.”

Cecily annuì.

Rammentava molto bene quel che aveva fatto Fenrir di Londra, e la causa che l'aveva spinto a oltrepassare un limite che, in pochi, avrebbero voluto valicare volontariamente.

T.J., il suo migliore amico, quasi un fratello. E colui che aveva quasi distrutto Joshua e l'intero Clan londinese.

T.J., che aveva venduto il cugino ai Cacciatori, indicando non solo il luogo preciso in cui si trovava il loro Vigrond, ma anche i nomi della Triade di Potere.

T.J., che l'aveva accusato delle peggiori nefandezze, pretendendo una posizione di potere che Madre stessa gli aveva negato.

Per salvare l'animo di Joshua da una morte lunga e dolente, Keath aveva preso su di sé l'impegno di finirlo, ben sapendo quanto, altrimenti, l'amico avrebbe sofferto nel calare il colpo fatale.

T.J. era morto per un colpo di arma ad argento, un singolo proiettile sparato da Freki, grazie all'arma di Geri, aveva messo fine alla sua esistenza e il suo corpo, in spregio alla sua memoria, era stato bruciato.

Fenrir aveva passato interi giorni, forse settimane, in preda al dolore di quel tradimento e, solo grazie all'amore congiunto di tutto il clan e di Gretchen, era riuscito a sopravvivere.

Anche grazie all'intervento di Kate Alexander, che aveva ripulito le menti dei Cacciatori dai loro ricordi, si era evitata una strage inutile. Ma Joshua non aveva mai dimenticato quei fatti.

“Dubito che Joshua si sia mai perdonato per aver ordinato la morte di T.J., anche se sono passati molti anni, da quell'evento.”

“Quel genere di dolore non ti abbandona mai” confermò Cecily, sorridendo per un istante quando raggiunsero il suo piccolo cottage.

Indirizzandola verso la bianca staccionata, le aprì il piccolo cancello e insieme salirono i tre gradini che portavano alla veranda, in quel momento chiusa da vetri trasparenti

In estate, Cecily li lasciava sempre aperti ma, in inverno, li teneva chiusi per salvare le sue piante più delicate.

Non appena furono in casa, Fenrir si avvicinò al caminetto per accenderlo e Brie, osservando il salone d'entrata e l'angolo da lettura vicino alle vetrate, sorrise.

Il parquet color ciliegio, ben si sposava con i pesanti tappeti damascati e i mobili dalle tinte calde, che contenevano pregiati manufatti in porcellana e libri antichi.

I divani, in tessuto chiaro a righe e l'intelaiatura lignea a vista, erano in stile country inglese, così come ogni altro pezzo d’arredamento visibile in quello spaccato di casa.

Il legno abbondava, così come le tinte solari e le fantasie floreali.

Difficile riconoscere in quell'ambiente così femminile la donna fragorosa e, a volte, mascolina che aveva conosciuto sette anni addietro nel Pick District.

C'era molta dolcezza in quella casa, forse quella che difficilmente mostrava all'esterno per paura di non essere presa sul serio.

“Posso offrirti qualcosa da bere? Una cioccolata calda? Del tè?” le domandò Cecily, sistemando un ciocco di legno nella fiamma scoppiettante.

“La cioccolata sarebbe gradita, grazie” assentì Brianna, seguendola in cucina.

Anche lì, lo stile country abbondava, come i legni e le tinte calde.

Brie approvò in pieno la scelta e, curiosa, annusò le piante secche appese sopra la consolle centrale della cucina.

“Timo e asperula. Le coltivo dietro casa.”

“Sei molto più brava di me. Io ho più il pollice nero, che verde” ridacchiò la giovane.

“Con un padre giardiniere e una mamma botanica, o imparavo, o mi seminavano nell'orto” ridacchiò Cecily.

“Come stanno Deidre e Seamus?”

“Sono rilassati, al caldo, e si godono i mari tropicali” spiegò la padrona di casa, facendo scaldare la cioccolata sul fuoco. “Li invidio, a volte.”

“Ti capisco. Con Duncan, pensavamo di fare un viaggio in Egitto, non appena Nathan sarà in grado di viaggiare.”

“Quel cucciolo è così buono e bravo, che non vi farà aspettare tanto” la rassicurò Cecily, sorridendole. “Con il latte, come fai?”

“Gliene ho lasciato un po'. Ci penserà Duncan a dargli da mangiare. Gli piace dargli il biberon.”

Il solo nominare i suoi due amori fece brillare gli occhi dorati della wicca, e sorridere Cecily.

Era difficile incontrare due persone altrettanto innamorate, ma forse dipendeva anche dalle difficoltà che avevano dovuto affrontare, all'inizio del loro amore.

“Mi piacerebbe vederlo, mentre lo allatta.”

Brie ridacchiò a quel commento e, estratto che ebbe il cellulare dalla tasca dei pantaloni, le mostrò alcune foto.

“Caspita! Posso dirlo senza apparire ninfomane? E' tutto da mangiare, il tuo ragazzone!”

Brianna annuì, più che d'accordo con l'amica, e asserì: “Sarà la prima cosa che farò quando tornerò a casa.”

“Dai un bacio da parte mia a entrambi, e scusati ancora con loro per averti temporaneamente rapita.”

“Non devi neanche dirlo, Ceel. Sai che per te ci sono sempre. Io e Kate siamo le uniche wiccan che si conoscano, in Inghilterra. E' ovvio che voi ci chiamiate, se ci sono problemi.”

“Sarà anche così, ma mi spiace lo stesso.”

Brie allora ridacchiò e, ammiccando a Cecily, disse: “Preparati, sto per abbracciarti.”

“Di nuovo?! Ci stai prendendo gusto!?” esclamò la donna, fingendosi scandalizzata.

L'amica non ci fece caso e la strinse a sé, mormorando contro la sua massa di fulvi capelli: “Ti voglio bene, razza di scorbutica lupastra dei miei stivali. Non pensare mai che io non correrei qui per te in qualsiasi momento.”

Cecily sorrise contro la spalla di Brie, ma preferì non dire nulla.

Non era brava, con le smancerie.

 
§§§

Un bagno ristoratore era sempre la cosa migliore per allentare le tensioni e, dopo una simile giornata, non poteva che fare bene.

Subito dopo cena, Cecily si era scusata con l'amica e si era rintanata nel suo bagno per gettarsi nella vasca in porcellana, dalle zampe di leone ottonate.

Brianna allora si era sistemata sul divano a guardare un po' di televisione, in attesa che l’amica finisse con le sue abluzioni.

E fu durante uno spot sulla Champions League che il campanello trillò.

Annusando l'aria, Brie non riconobbe l'odore dell'umano alla porta, ma percepì qualcosa di strano nel suo aroma e, curiosa, si affacciò sull'entrata per scoprire chi fosse.

Oltrepassata la veranda, aprì la porta e scrutò sul marciapiede dove un uomo alto, e infagottato in un pesante parka, attendeva paziente.

I bruni capelli erano punteggiati dalla neve che aveva ripreso a cadere e Brie, domandandosi chi fosse, chiese: “Cercava Cecily, per caso?”

“Non è in casa?”

Poi, con un sorriso contrito, aggiunse: “Mi scusi. Sono un suo collega, Fitzwilliam Darcy. Volevo solo avere notizie di suo zio. So che non stava bene, e così...”

Oh, quindi è lui!, pensò tra sé Brianna, sorridendo lieta.

Cecily non aveva menzionato il particolare non da poco che aveva di fronte; era davvero un bell'uomo!

Accentuando il sorriso, Brie aprì del tutto la porta e lo invitò a entrare.

“Ora si sta facendo un bagno, ma sarà pronta in pochissimo tempo. Perché non entra, nel frattempo?”

“Ma... non vorrei disturbare, e...” tentennò l'uomo, non sapendo bene che fare.

“Mi creda, non disturba affatto. Entri pure, o si inzupperà di neve.”

“Beh, grazie...”

“Brianna. Brianna McKalister, tanto piacere” disse la giovane, allungando una mano all'uomo quando si ritrovarono vicino.

Lui la accettò con naturalezza e Brianna, non lasciandosi sfuggire quell'occasione, diede una fuggevole occhiata alla sua mente.

Quel tocco leggero e veloce la lasciò senza parole.

Mai, nella vita, aveva toccato una mente più pura, limpida e rilucente come la sua.

Non era... umana.

O per lo meno, nessun umano di sua conoscenza aveva simili concentrati di purezza dentro di sé.

Chi diavolo era, quell'uomo?

 
§§§

“... e così ho pensato di passare in visita prima di tornare a casa.”

Brie si era inventata lì per lì un viaggio inesistente, per giustificare con Darcy la sua presenza in casa di Cecily.

Lui l'aveva ascoltata con quieta cortesia, lanciando ogni tanto un'occhiata curiosa alla sua fede nuziale ma, più ancora, all'anello con la testa di lupo che portava al dito medio.

I granati brillavano caldi sotto la luce delle lampadine, e attiravano di sicuro un sacco di attenzione, vista soprattutto l'originalità del pezzo.

Non capitava tutti i giorni vedere un anello di una fattura così sopraffina, o di quella forma.

Sorridendo, se lo tolse e lo allungò a Darcy, aggiungendo: “Non ho potuto notare il tuo sguardo. Sei un intenditore di gioielli?”

Ridacchiando per essere stato scoperto, l'uomo afferrò l'anello per meglio osservarlo, e ammise: “Mi intendo di artigianato inglese del periodo medievale e celtico, ma non avevo mai visto un monile simile. E' antico, vero? Non è un'imitazione.”

Lo disse con cognizione di causa, e Brie annuì.

“Appartiene alla famiglia di mio marito da secoli. Dovrebbe essere stato forgiato nel XII secolo, se non erro. Solo i granati, sono più recenti.”

“Artigiani di Glastonbury, non posso sbagliarmi. C'è anche il marchio dell'oreficeria, qui... all'interno della fascia.”

Allungandosi, Brianna diede un'occhiata e, a sorpresa, scorse un piccolo blasone proprio in corrispondenza del negativo della testa di lupo.

“I miei complimenti. Non l'avevo mai notata” mormorò ammirata la donna, rimettendosi il monile al dito.

“Sapevo dove e cosa cercare. Gli orafi di Glastonbury erano famosi per le loro opere sacre, e alcuni dicevano che le stesse fate di Avalon avessero detto loro come lavorare l'oro.”

Darcy sorrise nel dirlo, quasi l'idea lo divertisse.

“Oh, giusto. Glastonbury si trova nella zona in cui si pensa esistesse il passaggio per Avalon” assentì Brianna, rammentando le antiche leggende sull’isola di Morgana la fata e di Viviana, la signora del Lago.

“Porteremo i ragazzi dell'ultimo anni in giro per il Somerset, per far loro visitare i luoghi legati ai miti arturiani” le spiegò Darcy, sorridendo. “E, naturalmente, faremo una capatina anche a Londra, giusto per non far loro mancare nulla.”

“Vi sbranerebbero, se non lo faceste” ridacchiò Brianna, lanciando poi un'occhiata verso la zona notte, quando udì i passi tranquilli di Cecily.

Abbigliata con una tuta felpata e pantofole a forma di coniglio, la donna entrò in salotto con passo quieto e finse una buona dose di sorpresa, quando vide Darcy.

Il suo olfatto e il suo udito le avevano già detto da tempo della sua presenza, ma la facciata era tutto.

“Ciao... come mai qui?” domandò a quel punto lei, accomodandosi accanto all'amica.

“Scusa per il disturbo, ma volevo sapere come stava tuo zio. Spero tutto bene.”

Cecily non poté esimersi dal sorridere dolcemente, di fronte a tanta sollecitudine.

Cordiale, asserì: “Non dovevi disturbarti tanto. Lui sta benissimo. Ci ha fatti quasi venire un infarto, e invece erano solo calcoli.”

L'uomo allora sorrise spontaneamente, e disse per contro: “Non si è mai abbastanza solerti, in questi casi. Mia madre non mi dice mai nulla, perciò scopro sempre le cose con ritardi mostruosi. So cosa vuol dire preoccuparsi a questo modo.”

“Abita a Truro?” si informò Cecily, rammentando quel poco che sapeva su sua madre.

“Per la verità, nei pressi di Glastonbury. Infatti, pensavo di approfittare della gita per farle visita. Per Natale e Pasqua, quando abbiamo i permessi, lei tende a rendersi irreperibile, sparendo per giorni in posti assolati e caldi, così è quasi impossibile trovarla.”

Rise nel dirlo, e le due donne si unirono a lui.

“I miei genitori si sono trasferiti in pianta stabile, in un luogo caldo. Andrebbero d'accordissimo” commentò ironica Cecily.

“Lance e Mary B – i miei genitori adottivi – invece metterebbero radici in Norvegia, se fosse per loro” ironizzò Brianna, ammiccando a Cecily.

“Godi a dire a tutti di avere un padre adottivo fico come Lance Rothshield, vero?” ghignò la donna, indicando poi a Darcy una foto di gruppo che teneva appesa al muro, vicino alla libreria.

“Vedi quel tizio alto, vicino alla brunetta e la bimba dai boccoli dorati dall'aria angelica?”

Lui?” esalò Darcy, dichiaratamente stupito.

Brianna scoppiò a ridere e, in breve, fece un sunto per il professore, così da rendere chiare le parentele.

“Beh,... hai sicuramente avuto una vita piuttosto movimentata. E piena di lutti. Deve essere stato difficile affrontare tutto questo, sapendo di dover essere anche una spalla per tuo fratello.”

“Ho avuto ottime persone a darmi una mano” asserì Brie, osservando con affetto la fotografia, scattata in occasione del battesimo di Nathan.

Quella era la sua famiglia allargata, i suoi amici e parenti, la sua vita, e non li avrebbe cambiati per nulla al mondo.

Aveva perso tanto, nei primi anni della sua vita, ma aveva anche ricevuto tanto in cambio.

Doveva solo accettare il bene e il male che aveva sperimentato sulla pelle, senza farsi condizionare da nessuno dei due.

“Mary B è stata un’ottima madre adottiva, fin dal primo giorno e, dopo la morte di Patrick, Lance si è rivelato l’uomo giusto per lei… e per me e Gordon. Non avremmo potuto trovare patrigno migliore.”

“E ammettiamolo, presentarlo come il tuo paparino ti fa guadagnare un sacco di punti” ridacchiò Cecily, dando una pacca sulla spalla all’amica.

“Anche no. Le donne sono gelose di Mary B, e gli uomini non sopportano il fatto che lui sia così bello. E’ un’arma a doppio taglio” replicò Brianna, pur sorridendo nel dirlo.

“Solo perché la gente è tarda. Se si soffermassero un secondo a pensare, e passassero sopra alle evidenti doti di natura di entrambi, capirebbero quanto sono belli dentro.”

Il brontolio di Cecily fece sorridere sia Brianna che Darcy che, conciliante, mormorò: “Spesso e volentieri, si guarda solo il guscio, ma non il contenuto. E’ una triste realtà.”

“Bisognerebbe spaccare la testa alla gente per vedere se ha cervello, a volte” sbuffò la donna, e Brie capì al volo che si stava riferendo a Greg e a quello che aveva fatto solo poche ore prima.

Sarebbero occorsi giorni, prima che il malessere emotivo le passasse.

“Daresti sicuramente un sacco di lavoro ai neurochirurghi, se ti mettessi a girare con una clava, spaccando teste a destra e a manca” ironizzò l’uomo, facendo spallucce.

L’idea le piacque talmente tanto che scoppiò a ridere di gusto, coinvolgendo a quel modo anche le altre persone presenti.

Aveva bisogno di ridere e, strano a dirsi, il compassato Darcy riusciva sempre a tirar fuori un coniglio dal cilindro, portandola a lasciare da parte le arrabbiature.

Lei che era un fascio di nervi, perennemente in contatto con i suoi lupi per essere certa che stessero bene, maniacalmente attaccata al suo clan, con lui riusciva a distendersi.

Con Darcy era in grado di essere soltanto Cecily, non Fenrir di Falmouth o la professoressa Fairchild.

Ed essere solo Cecily le piaceva un sacco.

Era gradevole, una volta tanto, potersi mettere una tuta da ginnastica per starsene comoda sul divano a chiacchierare del più e del meno, senza che questo volesse dire parlare di lupi.

Ed era piacevole essere l’oggetto dello sguardo interessato di un uomo piacente e che lei, a sua volta, trovava interessante.

Non sapeva dove l’avrebbe portata quell’interesse, ma voleva godersi ogni istante di quella normalità, almeno finché avesse potuto.

 
§§§

Il cielo si era finalmente rasserenato e la neve, da soffice che era, era divenuta una lastra dura e compatta sul marciapiede e sui bordi delle strade, preventivamente ripulite con le ruspe.

L’aria gelida solleticava la pelle della licantropa che, sorridente, stava scrutando il viso arrossato e sereno dell’uomo dinanzi a lui.

Brianna si era molto casualmente detta stanca per il viaggio che l’aveva condotta lì e, verso le dieci di sera, si era ritirata nella camera degli ospiti per riposare.

Darcy si era poi trattenuto per un’altra mezz’ora a chiacchierare con Cecily ma, quando aveva notato il rischiararsi del cielo, aveva preferito avviarsi verso casa.

Il ghiaccio non era l’alleato migliore, per camminare.

“Dovresti rientrare. L’aria è terribilmente gelida, e tu sei uscita senza giacca” le rammentò Darcy, sorridendole.

“Ho la pellaccia dura” scosse le spalle la donna, noncurante.

Il freddo avrebbe dovuto essere ben più pungente di così, per darle noia.

“Beh… allora, a domani. Ci aspetta l’ultimo giorno di scuola prima delle festività di Natale.”

“Con relativo buffet nella Sala Insegnanti” sbuffò a quel punto Cecily, facendo sorridere l’uomo.

“Proprio non ti garbano, eh?”

“Chi?” esalò lei, sgranando gli occhi con falsa innocenza.

“I tuoi colleghi.”

“Oh, alcuni li sopporto molto bene… altri… molto meno.”

Sogghignò al suo indirizzo e, senza neppure rendersene conto, allungò una mano per sistemargli la sciarpa.

Tenendo gli occhi saldamente ancorati al disegno a righe del tessuto lanoso, Cecily glielo sistemò meglio sul parka prima di notare il suo gesto.

Spalancando occhi e bocca per la sorpresa – ora sincera – la donna fece per allontanare le dita, ma Darcy le bloccò la mano nella sua, calda e vagamente ruvida.

Non potendo impedirsi di levare lo sguardo per incrociare quegli occhi color del mare in tempesta, Cecily borbottò una scusa a mezza voce, cui lui non badò affatto.

Si chinò verso di lei, attirandola a sé al tempo stesso e, annullando le distanze che li separavano, la baciò.

Non fu dolce, e la cosa sorprese la donna, che si sarebbe aspettata tutto, da lui, tranne quella forza inaspettata.

Fu deciso, come se volesse dimostrarle di non essere solo il docile Professore di Storia che, fin lì, lei aveva conosciuto.

Con la mano libera le sfiorò la vita, avvolgendola poi col braccio per annullare del tutto lo spazio che ancora c’era tra loro e, approfondendo il bacio, ansimò contro la sua bocca.

Cecily faticò non poco a trattenere la belva dentro di lei che, come risvegliata da un sonno tranquillo, scalpitò per uscire, divorarlo, averlo dentro di sé in ogni sua parte.

Non le era mai capitata una cosa simile!

Mai il suo lupo aveva reagito a quel modo al tocco di un licantropo, figurarsi di un uomo qualunque!

Approfondì il bacio con un ansito strozzato, avvolgendo la sua nuca con una mano per impedirgli di allontanarsi, anche se non le parve vi fosse questo rischio.

Avrebbero continuato a baciarsi come se ne andasse della loro vita, se il rombo lontano di uno spartineve non li avesse fatti riemergere da quella temporanea follia.

Scostandosi come se si fosse ustionato, Darcy la fissò con la colpa ben incisa nei suoi occhi scuri, che Cecily trovò maledettamente attraenti.

Quanto le piaceva, quando faceva il contrito!

“Dio… Cecily, io non… non…” tentennò lui, non sapendo bene che dire.

Il fiatone gli impediva di parlare con chiarezza, o forse era solo il fuoco che lei vedeva in quegli occhi spettacolari, a renderlo così insicuro.

Bloccare un simile desiderio sarebbe stato quasi impossibile, anche per un licantropo, e infatti lei stava facendo una fatica dell’inferno per non tirarselo in casa.

E divorarlo.

“Il miglior bacio della buonanotte che io ricordi” ironizzò lei, tornando a sistemargli la sciarpa con noncuranza.

“Hai qualcun altro che ti saluta così?” le domandò allora Darcy, sollevando uno scuro sopracciglio.

“No.”

Una parola. E un sorriso malizioso.

A Darcy bastò per esibirsi in un sorrisetto un po’ scemo ma molto, molto mascolino.

Nuovamente, il suo lupo desiderò accoppiarsi, e lei dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per non afferrarlo al collo e trascinarlo dentro a forza.

Dannazione a lui! Come riusciva a farle perdere il controllo a quel modo?!

“Beh, penso di aver fatto la mia brava figura da idiota, per stasera. Credo che domattina non passerò… avrai sicuramente voglia di…”

Interrompendolo con uno sguardo famelico quanto lapidario, Cecily replicò: “Tu non passare, e scoprirai cosa vuol dire farmi incazzare… di brutto.”

“Oookay.”

Lui assentì, levando le mani in segno di resa, un sorriso sempre presente sul suo viso arrossato e lei, addolcendo i tratti del volto, aggiunse: “Riposa bene, William. Io, sicuramente, lo farò grazie a te.”

“Lieto di esserti stato d’aiuto” si premurò di dire l’uomo, avviandosi lungo il marciapiede dopo un’ultima occhiata.

Cecily lo salutò, rientrando in casa alcuni attimi dopo e Darcy, solo nell’oscurità della notte, spezzata ogni tanto dalla luce dei radi lampioni, sorrise.

Sorrise come uno sciocco fino a casa, finché non si infilò nel letto. E forse, anche dormendo.




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N.d.A.: Durante, "All'Ombra dell'Eclissi", quando il nostro gruppo di eroi si trova a Niflheimr, in compagnia di Hell, la dea fa riferimento a un passato non proprio limpido di Joshua. Bene, mi riferivo all'evento legato a Reagar, di cui Joshua porta ancora i segni nell'animo.
  
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