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Autore: Alexis Cage    08/07/2014    2 recensioni
Ho riscritto la realtà. Anzi, così sminuisco quello che ho fatto: ho salvato il culo a tutto il mondo.
Ora penso di poter tranquillizzarmi, no? Insomma, ho degli amici, dei veri amici, una famiglia che mi vuole bene e, soprattutto, ho ritrovato quel rincoglionito di Evan.
Ma c'è di meglio: i poteri non esistono più. Posso fare la mia tranquillissima vita di merda, finalmente.
E invece...no. Perchè, a quanto pare, ci sono persone capaci di rovinarmi la vita all'infinito, anche dopo la morte...o anche da luoghi molto, molto lontani.
Del resto, non ci sono confini alla mia sfiga. Ormai l'ho capito.
E stavolta non riesco a non chiedermelo: sarò capace di rimettere tutto a posto...di nuovo?
PS AUTRICE: questa è la continuazione della storia (conclusa) "Il diario di una reclusa"...quindi consiglio ai pochi folli che pensano di leggere questa storia di farsi prima un giro nell'altra, o capirete ben poco
Genere: Avventura, Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Diari di gente altamente normale'
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Dopo tipo tre o quattro ore di viaggio e viaggio e...viaggio, arriviamo infine in una zona piena di edifici simili a scatole grige ammassate alla cazzo, tutte recintate e con posti di guardia.

Vado sempre a finire in luoghi così solari e accoglienti, eh.

-Sicuro di essere nel posto giusto?- domando a Evan, dimostrandogli così la cieca fiducia che nutro in lui.

-Sì.- replica tranquillamente. Imbocca una delle strade labirintiche che rendono questo posto dimenticato da dio quasi come una città e svolta a destra in un'altra via, nascosta dietro una di queste mega scatole. E ci ritroviamo in coda.

-Ma...?-

-Sì.-

Evan oggi non è al massimo della loquacità, diciamocelo.

Comunque, davanti a noi ci sono altre cinque o sei auto, tutte in attesa di passare per un passaggio con sbarra controllato da due o tre tizi vestiti di nero. Dopo il passaggio la strada, illuminata da parecchi lampioni, continua fino ad arrivare a un parcheggio, dove ci sono parecchi camion e furgoni e, accanto al parcheggio, c'è una delle megascatole.

-Quello è la base dei nemici di Nathan?-

-Non è che possono mettersi nella suite del Grand Hotel, eh.- borbotta in risposta Evan, chiamato anche mister solarità.

Così, ci mettiamo in fila. E noto che i tipi vestiti di nero fanno il loro lavoro fin troppo bene, per i miei gusti: controllano chiunque ci sia nell'auto che deve passare e guardano nel bagagliaio, giusto per vedere che non ci sia qualche regalino nascosto.

-Toglimi una curiosità, come facciamo a passare se appena ti vedranno ti spareranno in faccia?-Evan non si volta neanche verso di me, dice e basta:

-L'importante è che tu riesca ad entrare. Poi, se mi trattengono...fa niente.-

-Fa niente un cazzo, come fai a sapere che ti tratterranno e basta?-

-Ho fiducia nell'umanità?-

Non gli rispondo neanche.

So che potrei traviarli, anche facilmente...ma non voglio che lui rischi così. Come fa a fidarsi tanto dei miei poteri, se li uso da nemmeno un mese? È proprio da stupidi fare una cosa del genere.

Non che fino ad ora abbiamo dimostrato un acume sopra la norma, eh.

-Sono protetti?- chiedo quando ormai manca solo una macchina all'incontro fatale. Evan capisce subito:

-Alcuni sì. Penso anche questi di guardia...-

-Ok. Mi basta saperlo.-

Non so da dove venga questa sicurezza. Beh, non che abbia mai saputo da dove venisse quello che penso sia solo un po' d'istinto di sopravvivenza, quindi quello che mi ha salvato il culo la maggior parte delle volte. Fatto sta che mi è venuta una voglia matta di prendere mentalmente a pugni qualcuno.

Giusto per scaricare un po' la tensione.

Ecco, ora tocca a noi.

Uno dei tizi vestiti di nero si avvicina, si piega leggermente accanto al posto del guidatore, ci illumina i volti con la torcia...e, semplicemente, chiede:

-Nomi e provenienza, per favore.-

Se è rimasto sorpreso, Evan non ne dà segno mentre risponde:

-Andy Corroway e Elizabeth Sarephim. Inghilterra.-

-Perchè siete venuti qua?-

-Cerchiamo rifugio.-

Il tizio ci studia per qualche secondo, sondando i nostri volti. Chissà che faccia vede addosso a quella di Evan...io non ne ho idea. L'unica cosa che so è che lui vede qualunque viso tranne quello vero.

NON È SANDERS.

Mi basta questo. Mi basta che lui non veda il suo volto, e il resto lo colma la sua mente.

-Perchè avete un furgoncino?-

Ahi. A questo non ho pensato.

-Abbiamo portato un po' di cose da casa, con noi...ma dei bastardi di Faber ci hanno attaccati e ci hanno rubato tutto.-

Scommetto che la prima cosa che ha pensato il tizio è stata "perchè non vi hanno uccisi, allora?". Ma non gli dò il tempo di pesarne una seconda.

FIDATI. NON C'È BISOGNO DI CONTROLLARE.

-Ok. Potete andare.-

Evan gli fa un cenno, poi rimette in moto il furgoncino e fa per ripartire...quando il tizio ci ferma ancora:

-Un attimo, aspettate.-

Si rimette come prima, a un passo da noi, e chiede con voce affannata:

-Conoscete Sanders? Evan Sanders, il braccio destro di Faber?-

-Certo.- rispondo io con un sorriso (sì. Io con un sorriso), visto che Evan è troppo occupato ad abbassare leggermente la testa.

-È stato visto poco tempo fa qua, poco lontano da Copenhagen, ma sappiamo che doveva restare in Inghilterra...l'avete visto?-

-È quello con la cicatrice, vero?- gli chiedo io. Il tizio annuisce e allora faccio spallucce:

-No, mi spiace.-

-Ok, va bene. Andate.-

Detto questo, il tizio si allontana ancora ed Evan riparte verso il parcheggio. Intanto io mi rendo conto che siamo passati davvero.

-Lo sai che cominci a farmi paura?- commenta semplicemente Evan. Io ghigno:

-Chi è quello che tutti vogliono ammazzare?-

-Beh, insom...-

-Occhio!-

Un altro tizio ci indica dove parcheggiare. Evan gli fa un cenno e si piazza esattamente lì, come se fossimo normalissimi pensatori in cerca di un posto sicuro.

Fino ad adesso gli unici posti sicuri che ho visto sono stati tutti furgoncini.

-Bene.- dico io.

-Fatto.- dice Evan.

-Di nuovo? Quand'è che hai fumato?- commento io.

-Cogliona.- replica lui.

Dette queste frasi poetiche, restiamo in silenzio per un po'. Io mi sto chiedendo: che facciamo, ora, travio la mente di chiunque mi si pari davanti finchè avremo qualche notizia sul generatore (o finchè incapperò in qualcuno che si sa proteggere dal traviamento)? Contiamo sulla bontà di cuore dei pensatori, chiedendo a chiunque ciò che cerchiamo?

-Direi che ora dobbiamo far finta di volerci stabilire qua.- fa Evan rispondendo, come sempre, alle mie domande -Offrono rifugio a chiunque, prima verificano solo che i rifugiati siano davvero pensatori.-

-Quindi dovrò traviare qualcun altro per farti passare?-

-Esattamente. Dopo ci daranno delle stanze o un appartamento, e da lì potremo cercare informazioni.-

Dai, non sembra male.

-Te dovrai continuare a nascondermi il volto per tutto il tempo.-

-Non sarà un problema.-

Stranamente, questo lo fa voltare verso di me. Mi fissa per qualche istante e dice, con un'espressione strana stampata in faccia:

-Forse c'è un modo più veloce, sai?-


Così, adesso sono nella mini scatola che sta davanti a quella più grande, quasi fosse un atrio dove i pensatori e i normali che ci vogliono aiutare vengono smistati e inviati nel posto che spetta loro.

Sono arrivata qua da un'entrata tra le mille che tappezzano una parete della mini scatola, simmetrica alla parete di fronte, che però porta all'edificio principale. Esattamente in mezzo, però, c'è una fila di banchi simili a quelli del check in che si fa in aereoporto, e con per ognuno delle tende che mi ricordano quelle usate per isolare i bambini durante il controllo pidocchi. Per ogni banco c'è una fila di cinque o sei persone al massimo, quindi mi metto in fila pure io e...aspetto.

Odio aspettare.

Spero che Evan non rischi, stando da solo in macchina. Cioè, se gli accadesse qualcosa sarebbe tutta colpa mia, no? Non va bene. L'idea è stata sua, sì, ma se accadrà davvero quello che lui pensa accadrà, allora resteremo divisi per un po'. Quindi...quindi no, non va bene.

Mi guardo un po' attorno, giusto per far qualcosa. Ci saranno una trentina di persone, in fila, e tutte hanno delle facce stanche, pallide e fiacche. Sono anch'io così? Poi guardo quelli che escono dall'altra parte, oltre le tende da controllo anti-pidocchi...e vedo che anche loro sono fiacchi. Anzi, di più: sembrano stremati.

In effetti non me lo sono mai chiesta: io non ero abituata ai poteri e continuavo a svenire...che effetto hanno i "cosi" sulla gente normale? Li sfiancano così tanto?

Meno due persone. Ora ce ne sono altre due, poi tocca a me.

Dietro di me è arrivata una famigliola, un uomo con un bambino che sembra avere cinque anni e un'altra più piccola (dejà-vù?). Loro sì, che hanno le facce stanche e distrutte. Quasi mi viene da dirgli di cambiare fila, visto che quello che voglio fare rallenterà un po' il tutto...ma no, non cambierebbe niente.

Non parlano inglese nè danese. Da quello che il bambino borbotta alla sorellina, mi pare di sentire qualcosa di...tedesco? Questo rifugio è così famoso da spingere i pensatori ad abbandonare la loro patria per venire qua?

Ohoh, il tizio davanti a me è appena uscito dalla tendina. Tocca a me.

-Avanti, per favore.- mi dice il tipo del banco, uno sui quarant'anni e (indovina?) un'espressione stanca. Ok che è notte, ma mi sa che sono l'unica qua ad essere ancora un po' sveglia. Lui sistema un po' i fogli che ha davanti e chiede, senza staccare gli occhi dal pezzo di carta che deve compilare per me:

-Pensatore o normale?-

-Pensatore.-

-Anni?-

-Diciassette.-

Mi sembra che mi stia arruolando nell'esercito, fantastico.

-Allora ancora precoce...bene, vai a farti esaminare. Nella tenda.- finisce il tipo, facendomi un cenno. Io gli passo accanto e, sorpresa delle sorprese...vado nella tenda.

Lì c'è una tizia uguale a quello del banco. Ma proprio uguale...cioè, è la sua fotocopia. Mi nasce il sospetto che siano gemelli.

-Siediti, per favore.- mi dice con lo stesso tono del fratello al banco. Io vedo che c'è uno sgabellino e obbedisco, poi studio un po' il computer e gli aggeggi da attaccare alla testa (tipo quelli dei film) che lei ha davanti.

-Come ti chiami?-

Non mi passa per la testa neanche per un istante di dirle il nome che ha sparato Evan prima:

-Ivy.-

Sì, ok, lo confesso: non mi ricordo il nome che ha sparato Evan prima.

-D'accordo, Ivy.- sospira la donna, facendo ruotare il suo sgabello verso di me e attaccandomi uno di quei cosi a ventosa sulla tempia -Vediamo un po'. Sei giovane, non dovresti avere poteri così forti...ma è la prassi. I capi vogliono sapere chi viene da noi.-

Capi? Quindi ci sono più persone? Oh, fantastico, più gente da convincere.

-Ora devi soltanto cercare di leggere quello che sto pensando. Anche se non ci riesci fa niente, il computer rileverà l'uso dei poteri in ogni caso.-

Oh, allora sono a posto.

La tizia resta in silenzio a guardare il computer, aspettando un responso. Io sospiro un po' (sì, non voglio ammetterlo ma sono leggermente tesa) e, come sempre...sento quello che sta pensando. Senza riguardi, perchè se mi limitassi il computer mi segnerebbe semplicemente come "fuori dalla norma".

E accade qualcosa che non mi sarei mai aspettata: lo schermo del computer diventa rosso, bianco, poi si spegne e comincia ad uscirne del fumo. Non potevo chiedere di meglio.

La donna guarda il computer con un'espressione esterfatta. Si volta verso di me, poi torna a studiare il computer.

-Deve...deve essersi rotto, aspetta un secondo mentre vado a...-

No, non si è rotto.

Si volta di nuovo verso di me. Vedendo la faccia che ha mi viene naturale sorridere, mentre le dico senza parlare:

Sì, sono stata io. Scusa.

-A-aspetta un secondo qua, ok?- mi chiede lei. Io sorrido ancora di più:

-Certo.-

La tizia esce dalla tendina, raggiunge il fratello e sento che gli dice:

-Quella che c'è dentro ha rotto il computer. I capi hanno detto di portargli chiunque distrugge il computer...-

-Ok, faccio io.-

E sento il mio sorriso che si amplia. Perchè è logico: per questa specie di test loro possono vedere subito chi è potente...e così i capi possono trovare subito chi è abbastanza potente per eguagliare Nathan e, quindi, spegnere il generatore.

Evidentemente i capi di questo rifugio sanno del generatore. Evidentemente hanno appena trovato la soluzione ai loro problemi.

Esattamente come aveva predetto Evan.

Quanto mi piace quando va tutto per il verso giusto.

  
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