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Autore: Harryette    10/07/2014    5 recensioni
[STORIA MOMENTANEAMENTE SOSPESA, SCUSATEMI]
Talvolta ognuno di noi ha già i respiri contati, le lacrime contate, i sospiri contati. E non importa come, ma succede. Succede sempre quello che deve succedere, quasi per inerzia. Talvolta qualcuno di noi si rende conto pienamente del significato del verbo salvare. Salvarsi da qualcosa, salvarsi dal dolore, salvarsi dai pensieri, salvarsi dagli altri. Salvarsi da se stessi. Talvolta qualcuno si scontra con il destino, e capisce che è completamente diverso da quel che si era immaginato. Scopre che, magari, il destino è una persona. Che magari è un ragazzo. Che magari ha i capelli biondi e gli occhi chiari più bui dell’universo.
[SEQUEL DI ANGELS AMONG US, DA LEGGERE ANCHE SEPARATAMENTE].
Genere: Angst, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Niall Horan
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Niente muore.'
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| Trailer |


Capitolo 4.
''Non contare sul tuo cuore quando il mio sia spento
tu me lo donasti per non averlo mai più indietro''

Harry's pov

Mi alzai dal letto con un terribile mal di testa, post-sbornia, che non si sarebbe tolto nè tanto presto e nemmeno tanto facilmente.
Non mi sarei alzato molto presto probabilmente, dopo l'uscita del nostro terzo album e il nostro tour estenuante potevamo permetterci una vacanza. Me ne sarei andato volentieri alle Bahamas, o anche in Congo pur di non ritornare a Londra, ma mia sorella e mio padre mi avevano supplicato. Non ero mai stato capace di dirgli di no, sfortunatamente.
E qualcuno aveva preso a suonare in modo ossessivo fuori la porta del mio attico nel centro di Londra, tanto bello quanto grande e costoso. Mi alzai e per poco non rischiai di sbattere a terra per un terribile giramento di testa. Maledetta Gemma che ogni mattina veniva a trovarmi e vedere come stessi, ma perchè non usciva con il suo fidanzato secolare?
Quando riuscii ad avvicinarmi alla porta erano già passati cinque minuti buoni, ma non ci avrebbe fatto caso. Mi sarei sorbito la sua sgridata stile ''sono-la-sostituta-di-tua-mamma'' senza fiatare, e poi se ne sarebbe andata da papà per aiutarlo a cucinare. Non sarebbe stato poi tanto traumatico, anche se sentivo i miei neuroni esplodere uno dopo l'altro.
Aprii la porta, borbottando un ''per lo meno vieni alle undici anzicchè alle nove, Gemma'' ma mi bloccai prima di insultarla come mio solito. Non era Gemma quella che mi ritrovavo davanti.
I suoi capelli erano ancora rossicci proprio come li ricordavo, e i suoi occhi verdi tanto quanto i miei mi scrutavano curiosi. Aveva coperto le ossa di pelle, finalmente, ed il suo volto era più rilassato di come l'avevo lasciato un anno prima.
Lydia si grattò il capo imbarazzata, ed accennò uno dei suoi sorrisi di circostanza. Avrei voluto perlomeno farmi trovare in uno stato più decente, chissà a cosa stava pensando. Avevo un semplice pantalone della tuta grigio, e il petto nudo. I capelli non li avevo neanche visti, ed era stato meglio così. ''Ehm'' balbettò. ''Avrei dovuto chiamarti prima di venire qui, ma hai cambiato numero. Se sei...impegnato, torno un altro giorno'' ed indietreggiò.
Indossava un semplice jeans chiaro ed un pò sfilacciato, ed una camicia rosa che non le avevo mai visto prima. I capelli sciolti e mossi le ricadevano morbidi sulle spalle, ed in quel momento avrei solo voluto baciarla perchè mi era mancata come l'aria.
Più dell'aria.
''No'' la fermai con la mia voce roca. ''No, Lydia. Ti prego, entra''
Lei mi guardò attentamente negli occhi, come non aveva avuto il coraggio di fare prima, e sorrise lievemente mentre le aprivo completamente la porta. Quando entrò in casa mia per la prima volta, mi venne quasi da urlare.
Per 365 lunghi giorni avevo desiderato vederla, toccarla, sorriderle, ma non era stato possibile. Mi ero ripromesso di non cercarla, perchè lei aveva scelto di stare con quel Federico in Germania e io non glielo avrei impedito. Avevo cambiato numero, cambiato casa, e cercato di cambiare vita ed andare avanti.
Ma Lydia Martin era tornata, e non sapevo neanche perchè.
''Vuoi qualcosa?'' le domandai, facendole spazio nel grande salone arredato in stile moderno. ''Puoi sederti'' le indicai il divano di pelle bianca, ma lei tornò a guardarmi insistentemente.
''No, grazie'' disse, torturandosi una ciocca di capelli. ''Non voglio niente''
''Allora...?'' introdussi l'argomento, cercando di capire perchè mi avesse cercato dopo un anno e come avesse fatto a scoprire dove abitassi. Non che mi dispiacesse averla lì, ma mi sembrava troppo irreale e avevo bisogno di una semplice certezza.
''Mi ha chiamata Liam'' disse, come se mi avesse letto nel pensiero. ''Ieri sera mi ha mandato un messaggio chiedendomi di richiamarlo appena possibile e l'ho fatto subito, anche se erano le tre di notte''
Io mi passai le mani sul volto con fare disperato. Non era possibile, anche se era da Liam. Come si era permesso di chiamarla? Di intromettersi in quel modo nella mia vita? Per di più, ricordavo di averlo incontrato la sera precedente ma ero troppo ubriaco per ricordare altro.
''Lo sapevo'' sbuffai. ''Cosa ti ha detto?''
Non negavo a me stesso che un pò ero deluso: se non fosse stato per la pietosa chiamata di Liam, probabilmente Lydia non sarebbe mai tornata e avrebbe continuato a fare la tedesca felice per chissà quanto altro tempo. Provai un moto di rabbia.
''La verità'' replicò, con voce quasi piccata. Stava per farmi una morale? ''E poi leggo i giornali anche a Dublino, eh. Solo che non volevo crederci, pensavo fossero le solite stronzate giornalistiche''
''Indovina un pò?'' ironizzai, apatico e sadonico. ''E' la verità. Ma che cosa interessa a te, scusa?''
''A me interessa come stai'' replicò, offesa. ''E se davvero non stai bene allora...''
''Ma davvero me lo stai dicendo?'' ringhiai. ''Dopo che te ne sei andata, pur sapendo che stavo male?''
''Stavo male anche io!'' urlò, camminando avanti ed indietro sul parquet. ''Stavo male anche io'' ripetè più lentamente. ''Non avrei mai potuto aiutarti, e tu non avresti mai potuto aiutare me. Io avevo bisogno di aiuto, e anche tu. Questo lo capisci?''
Mi avvicinai a lei e le presi le spalle, avvicinandola di più a me. Il suo profumo era sempre lo stesso, di viole e di pulito, e la sua pelle era morbita proprio come la ricordavo. ''Io avevo bisogno di te'' dissi, a denti stretti. ''Ho sempre avuto bisogno di te''
Lydia sgranò gli occhi, silenziosa ed immobile, ma non si scansò. ''Harry...'' sussurrò. ''Anche io, credimi. Ma se fossi rimasta ci saremo distrutti a vicenda. Io ho perso mia sorella, tu tua madre. Non ce l'avremmo mai fatta, e questo lo sai''
La lasciai e mi separai da lei, anche se fu più doloroso del previsto e del lecito.
''E quindi'' iniziai. ''Che cosa sei venuta a fare?'' e suonai anche acido, probabilmente.
''Io volevo solo parlarti'' disse, allibita. ''Se per un attimo smettessi di comportarti come se fossi l'unico ad aver sofferto in questa storia, potremmo farlo senza urlare''
Quello fu davvero troppo. Mi voltai furioso. ''Se c'è qualcuno che fa la vittima, di sicuro non sono io'' sputai. ''Io non sono scappato, e non ho lasciato i miei genitori ad aver a che fare con una perdita immensa. Io non me ne sono andato con qualcuno che non amo solo per codardia''
E che avevo esagerato lo capii dal suo sguardo, che si fece sempre più vispo e tenebroso. Lydia non perdeva molto spesso la pazienza, cercava sempre di essere calma e caritatevole, ma adesso era un uragano.
''Non ti permettere mai più'' replicò, monocorde. ''Non permetterti mai più di tirare in ballo i miei genitori e di rinfacciarmi la mia partenza, nè di coinvolgere Federico, okay?''
Prese la borsa giallo pastello che aveva lasciato sul mio divano, e si diresse verso l'uscita.
''Stai scappando di nuovo'' urlai.
''Vaffanculo Harry''

Cara's pov

''Josh'' urlai, in preda alla disperazione. ''Hai visto la mia camicia di Louis Vuitton?''
''Perchè dovrei aver preso quella camicia orribile?'' piombò nella mia stanza, mentre si grattava da tutte le parti manco fosse invaso da pulci. ''E poi il nome Louis manco mi piace''
''Ma che problemi hai?'' domandai, sbuffando.
La mia sfilza di insulti sarebbe andata avanti per molto, se Penelope non fosse piombata nella mia camera con Teddy- il suo peluche preferito- fra le braccia e anche abbastanza imbronciata.
''Penny'' esclamai, andandole incontro. ''Che succede? Non riesci a dormire?''
Lei scosse la testa e vidi il suo labbro inferiore tremare, segno che stava per piangere. ''Oggi Lucie mi ha presa in giro'' tremolò.
''Chi è 'sta stronza?'' ringhiò Josh. Gli tirai dietro una mia maglia.
''Non ascoltare lo zio'' dissi. ''Che cosa ti ha detto la tua amica?''
''Che io non ho un papà'' abbassò lo sguardo, disperata e piangente. ''Perchè non ho un papà?'' mi domandò, con due occhioni neri e lucidi che mi fecero aggrovigliare l'intestino.
''Ma questra tro...'' interruppi Josh appena in tempo, cacciandolo fuori. ''Conversazioni fra donne'' mi giustificai e, a malincuore, lui lasciò la stanza. Mi sedei sul letto e feci segno a Penelope di avvicinarsi, facendola sedere accanto a me e passandole una mano delicata sui capelli scuri come i miei.
''Penny, è vero'' dissi. ''Non hai un papà. Quando sarai un pò più grande ti spiegherò il perchè, te lo prometto. Però ti dico una cosa: io sono cresciuta con tutti e due i genitori ma sai come mi sentivo?'' le chiesi.
''Come?''
''Sola. Ho passato i primi quindici anni della mia vita a sentirmi sola, perchè i tuoi nonni non erano esattamente delle persone...semplici. Quando ho scoperto di aspettare te, mi sono sentita meno persa'' sorrisi. ''E mi dispiace che tu non abbia un padre, tesoro, ma ti prometto che farò il possibile per cercare di essere entrambi e per non farti sentire mai sola. Va bene?''
Penelope aveva smesso di piangere e adesso stava sorridendo. Mi ricordava tanto la quiete dopo la tempesta, e non avrei potuto mai chiedere niente di meglio. Mi saltò addosso poco finemente e mi abbracciò fortissimo.
''Hai ragione'' mi disse. ''Grazie mamma''
Penelope aveva cinque anni, ma era sempre stata una bambina estremamente intelligente. Ringraziai il Cielo che avesse capito, e sperai che non si sentisse più così male e che a quella Lucie le si mozzasse la lingua. Anche io, spesso, mi facevo prendere dallo sconforto e dal fatto che stavo crescendo una bambina da sola, e sarebbe stato sempre così. Mi avrebbe fatto piacere avere qualcuno che mi aspettasse nel letto la sera e alla quale avrei potuto raccontare tutta la mia giornata senza che sbuffasse. Mi avrebbe fatto piacere avere qualcuno da amare e con cui fare l'amore, nel modo più totalizzante possibile. Mi sarebbe piaciuto poter contare su qualcuno quando c'era da fare il pieno all'auto, o da cambiare la bombola, oppure quando c'era bisogno di scendere nel seminterrato per attaccare la corrente.
Ma la vita non va mai come la si programma, e quello era un dato di fatto.
Mi misi in quel letto tanto grande quanto freddo, ripetendomi di prendere sonno anche se non avevo trovato la camicetta che avrei voltuo indossare il giorno seguente a lavoro.
E Penelope mi faceva sentire meno sola, l'aveva sempre fatto, ma ero sola lo stesso e la sera era impossibile non sentirlo.

°°°

Niall era nel mio studio insieme a quello che doveva essere Zayn Malik, dalle foto che mi faceva vedere mia figlia in continuazione, ed io rimasi abbastanza sopresa.
Per la prima volta da quando avevo a che fare con la loro causa ero arrivata in orario, addirittura in anticipo, e rischiavo di avereun infarto mattutino. Zayn era molto più bello dal vivo che in foto, questo era da ammettere, e anche molto più magro. Indossava una polo bianca con un logo e i jeans neri a cavallo basso, e mentre si passava una mano fra i capelli mi salutò. ''Buongiorno Cara'' disse, evidentemente conosceva il mio nome.
''Buongiorno'' gli sorrisi, stringendogli la mano.
E poi guardai Niall. I capelli ancora più biondi del solito, forse per il sole, e gli occhi finalmente scoperti. Un azzurro così...azzurro, che mi lasciò interdetta per un nanosecondo. Indossava una canotta bianca ed una camicia blu sopra, i jeans neri e strappati ed aveva un iphone in mano. Quando mi vide non sorrise, ma in compenso mi tese la mano, che strinsi volentieri e con forza.
''Ciao Niall'' gli dissi, in tono palesemente più confidenziale.
''Ciao'' rispose lui.
A fatica mi allontanai e mi sedei dietro la mia scrivania, facendogli segno di accomodarsi come fecero poco dopo. ''Come mai non è venuto Paul?'' domandai, curiosa, mentre rovistavo fra le mie carte alla ricerca di quella che mi serviva.
''Ha avuto un imprevisto familiare'' sorrise Zayn. ''Siamo venuti noi, dopo averlo convinto''
''Immagino'' sogghignai. Paul Higgins mi sembrava un tipo abbastanza autoritario.
''In verità siamo stati due ore a convincerlo, ma sono dettagli'' continuò il moro.
''Dipende dalla sua definizione della parola 'dettaglio', Zayn'' gli sorrisi sinceramente, mentre tiravo fuori dalla mia cartellina i documenti che mi servivano. Lui ricambiò il mio sorriso, e lo trovai ancora più affascinante.
''Chi è?'' mi domandò, indicando la mia foto incorniciata. Mi sorpresi del suo essere così estroverso e diretto, ma non mi dispiacque per niente. Non sembrava così, visto dall'esterno, ma era il primo che mi stava trattando come una sua pari. Senza credersi uno scalino più avanti degli altri, e senza desiderare corone di allori sul capo.
''Mia figlia'' risposi. ''E io, ovviamente''
''Identiche'' disse, ed io ne fui lusingata. Mi faceva sempre un certo effetto sentirlo, perchè rendeva più reale il fatto che Penelope fosse realmente mia figlia. ''Quanti anni ha?''
''Cinque fra pochissimo''
''Possiamo iniziare?'' era stato Niall a parlare, che era rimasto zitto per tutto il tempo. Io annuii ed iniziai a parlare senza sosta della legge e di regole che credevo neanche capissero, ma era sempre meglio non rischiare.
''In conclusione?'' chiese di nuovo il biondo, guardandomi confuso. Mi venne quasi da ridere.
''In conclusione abbiamo ottime probabilità di vincere, ma non dovete dire niente di sbagliato ai giornalisti'' risposi. ''A qualsiasi intervista vi invitino, fatevi dare prima le domande e dite quello che vi dico io''
Sbuffarono entrambi. Evidentemente sparare cose a caso durante interviste mondiali li divertiva parecchio.
Fine dei giochi.

°°°

Si alzarono all'unisono quando scattarono le undici e mezza e finì il mio colloquio con loro.
Era stato più semplice di quanto avessi pensato, con Zayn che pensava a smorzare la tensione che Niall creava di tanto in tanto. C'era qualcosa nel biondo che non mi era chiaro, e probabilmente non lo sarebbe stato mai.
Presi la mano ad entrambi, accompagnandoli alla porta.
''C'è la mia assistente, Caroline, fuori'' spiegai. ''Nel caso vi perdeste nell'edificio''
''Abbiamo il tuo numero'' disse Zayn, sottolineando l'ovvio. Glielo avevo dato quello stesso giorno per tenerci in contatto, pregandoli di darlo anche a tutti gli altri. Non sempre ero in studio, e le cose urgenti non potevano di certo aspettare. ''Ti chiamiamo e ci fai da Cicerone''
Era incredibile come fosse già passato al tu, mi sentii fuori luogo.
''Meglio Caroline, credetemi'' ironizzai.
E mentre stavano per andarsene, Niall leggermente più ricurvo, Zayn si voltò verso di me una seconda volta.
''Cara'' disse. ''Stasera vieni a casa nostra alle sette e mezza''
''Come?'' domandai allibita, nello stesso momento in cui lo domandò anche Niall.
''Così spieghi tutto a Paul e ai ragazzi. Noi siamo negati''
Ed uscirono veloci come erano entrati, ma non prima che Niall mi scambiasse una fugace occhiata.
Sembrava distrutto.



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No vabbè so benissimo di essere in super ritardo e, tra l'altro, me ne esco con

questo capitolo di merda e assolutamente di passaggio :c mi dispiace.
Vi prometto che il prossimo arriverà prestissimo, e sarà l'inizio ufficiale di questa storia.
Tenetevi pronte ahahhahahaha
Non c'è molto da chiarire, a parte il fatto che Cara si sente sola ed è anche comprensibile a 25 anni credo.
Non date nulla per scontato, per favore, soprattutto riguardo a Zayn.
Niente è come sembra c:
Ora taglio corto perchè DEVO aggiornare ahahahhahaha
Grazie delle belle recensioni precedenti, non ho risposto ma le ho lette TUTTE e VI AMO.
harryette
  
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