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Autore: Para_muse    11/07/2014    2 recensioni
Una storia che è nata leggendo un libro, guardando un film, una serie tv e amando due attori.
Sybil è una ragazza indifesa e sofferente. Cosa le succederà dopo l'incidente accaduto per sbaglio? E come la prenderà quando, a causa dell'incidente, scoprirà di aver perso la memoria? E come riuscirà a ricordare se non avrà nessuno al suo fianco ad aiutarla? La fortuna sarà dalla sua parte quel giorno...Jensen la guiderà nel lungo tragitto dei suoi ricordi, insieme alla sua anima perduta.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Jensen Ackles, Misha Collins, Nuovo personaggio
Note: Movieverse, Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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*spazio autrice*
Ormai lo sapete, quando inizio con lo spazio autrice, significa: o che ho qualcosa da dirvi importante, o…che mi devo scusare, come in questo caso.
Da quant’è che non scrivo e pubblico? Da un bel po’ eh! S C U S A T E M I   T A N T O, sono IMPERDONABILE lo so! Ma cosa posso farci? “E cavolicchi tuoi” risponderete voi, e avete tutta la ragione del mondo, ma posso dirvi che ho delle spiegazioni plausibili e che voglio darvele in fondo, così non occupo più spazio qui sopra e vi lascio al capitolo e a due indicazioni. La prima ad un piccolo riassunto e la seconda a due video: uno che feci tanto tempo fa; l’altro nuovo, “diciamo” che si ricollega al piccolo riassunto scritto qui sotto:

 

 
Sybil, Jensen e Justice Jay sembrano apparire più una famiglia. La sua vita continua
progressivamente ad essere positiva. L’incidente legato ai suoi problemi, sembrano un vecchio ricordo, e allora Sybil, sembra pronta a riallacciare le sue vecchie amicizie e a crearne delle nuove: Anna e Clara, due nuove amiche che nelle sua vita avranno un ruolo fondamentale.
Intanto, alcuni ricordi sorgono dai suoi incubi, e cercando di trovare delle risposte, la sua famiglia sembra ostacolarla.
Allora, cosa farà Sybil per risolvere i suoi problemi? Scopritelo in questo nuovo capitolo di Just Give Me a Reason.
 
Qui in allegato il vecchio trailer che ho creato per la storia.
Mentre qui un teaser trailer di “ben tornato” della storia.
E se vi va, qui, un video che ho fatto sulla Season 9 Finale di SPN! :D

 
Buona Visione e
Buona Lettura again…enjoy! :D
 
 

Capitolo 10
Correct & Incorrect Choices

 
Tutto era in fermento sul set. Supernatural andava avanti, ogni puntata era sempre più apprezzata dal pubblico, e Jensen amava il suo lavoro; ed io amavo il mio.
Mi piaceva scegliere i capi, vestirlo, aggiustare il suo look sul set, e ultimamente anche quello per strada, quello di tutti i giorni. Ci stavo prendendo gusto.
Ormai lavoravo a tempo pieno, la mattina, il pomeriggio, la sera, la notte, le mattinate. E non solo sul posto di lavoro. Jensen e Sybil erano la mia famiglia, facevo di tutto per rendermi utile, e far in modo che tutto andasse per il meglio a casa. Potevo definirmi quasi una donna casalinga, tutto fare, precisina, e una mamma o quasi, dinamica, accondiscende e amica, soprattutto amica.
JJ ormai mi si era affezionata, come lo ero anch’io. Come si può rifiutare il bene da una bambina così solare, sveglia e dolcissima, tale e quale al padre? Come?
Jensen. Tra pochi giorni avrebbe compiuto trentatré anni, e stavo cercando qualcuno per aiutarmi ad organizzare una festa a casa nostra. Qualcuno di cui potermi fidare, qualcuno che non avrebbe spifferato tutto quello che avevo in mente. Mentre salgo le scale per ritornare al piano di sopra, mi scontro con un spalla minuta e delicata, mi volto per scusarmi e lo sguardo sincero e pieno di scuse di Clara mi accende l’ingegno.
-  Scusami Clara, ero persa nei miei pensieri! – esclamai, allungando una mano verso il suo braccio, per trattenerla.
- No, scusami tu, pensavo a tutt’altro anch’io – sussurra, sorridendomi cordiale. Sorrido ancora di più, e non posso fare a meno, di avvicinarmi a lei e a stringerle le spalle, cercando un suo punto debole.
- Clara, ho bisogno di te! – sussurrai, fissandola dritta agli occhi. La sua pelle diventa rossa e a chiazze sul collo; imbarazzata forse, intimidita, ma ciò mi porta a sorridere e a saltellare di gioia.
- Ti prego, dimmi di si, dimmi che sei disponibile! – pregai, mettendo il musino. Lei mi lanciò uno sguardo preoccupata ma con un sospirò, mi strinse un braccio con una mano e disse: - Di cosa si tratta? -.
La presi sottobraccio, e fu allora che architettammo il piano.
  

Jensen’s POV

 
Erano due giorni che Sybil non mi rivolgeva la parola, troppo indaffarata con il lavoro, e con JJ, che non mi riteneva degno per le sue attenzioni.
Cercavo di fermarla più volte al camerino, ma sembrava preoccupata, e messa troppo sottopressione, che lasciavo perdere di fare domande per delle risposte che non mi sarebbero state comunque di grande aiuto. Ero preoccupato. Qualcosa forse l’aveva sconvolta? L’argomento famiglia forse l’aveva messa in ansia? Justice Jay aveva combinato qualcosa? Qualche problema fisico o psicologico? Non mi parlava, perciò non riuscivo a capire cosa potesse essere.
Perciò cercai aiuto in mia figlia prima di tutto quella mattina: l’uno marzo, il mio trentatreesimo compleanno.
- Tesoro… - iniziai, infilandole uno dei calzini su per un piede. – Sì, papà, cosa c’è? – domandò mia figlia fissandomi sorridente e ancora sonnolenta.
- Mi chiedevo se con Sybil fosse successo qualcosa, amore… sai per ora papà la vede un attimino, chiusa in se stessa. A te ha detto qualcosa, JJ? – domandai, fissando dritta negli occhi, cercando di capire se stesse dicendo una bugia oppure no.
Lei mi fissa, e da brava bambina, pone il suo sguardo come il più onesto di tutti. – No papà, è tutto apposto! Zia Sybil sta bene! – esclamai, sistemando il fiocco sulla calza, mentre io le infilo l’altra.
- Tu dici? – ribadii. Lei annuii, e poi scese dalla sedia, per guardarsi allo specchio in corridoio.
- Eh va bene – borbottai, fissando la mia piccola ometta, sistemarsi le treccine sulle spalle, prima di infilarsi il giubbino ed essere pronta per la scuola.
Quella mattina era compito mio andare a lasciare JJ a scuola. Sybil aveva un appuntamento dalla dottoressa curante, per una veloce visita mensile.
Quando mi chiusi la porta alle spalle, ricordai che oggi era il mio compleanno, e per un momento l’avevo quasi dimenticato. JJ di solito non avrebbe fatto altro che parlare di me, e di quanto diventassi ogni minuto più vecchio – ma solo per quel giorno ovvio – lei faceva sempre così.
Mi fermai a fissarla solo un secondo, e non notai nessuna parlantina spigliata, nessun sorriso entusiasta, nessun augurio ancora fatto.
Magnifico, mia figlia si era dimenticata del mio compleanno. Sono così superficiale? “Ehi sono qui, tesoro!”, pensai triste.
Salii in macchina e la fissai per tutto il tragitto con la coda dell’occhio, per qualche ragione, nessun segno di cedimento.
Arrivati a scuola, si sporse, come ogni giorno in cui svolgevo il mio dovere, per lasciarmi un bacio sulla guancia e sul naso, e poi scappò via senza tirarmi le orecchie, come faceva negli anni passati.
Avevo quasi la tentazione di richiamarla indietro e di obbligarla a farlo, ma la lasciai andare, e la fissai con un sorriso triste, scorrazzare tra le bambine della sua compagnia.
Magari qualcuno a scuola le ricorderà di suo padre, in fondo sono famoso o no?
Il dubbio adesso mi sorgeva un po’.
 
Arrivai sul set, qualcuno iniziò a farmi gli auguri più sinceri, augurandomi altri trentatré anni in più, con magari dieci spesi ancora in Supernatural, per me forse troppi, ma chi lo sa!
- Ehi J-Ross, buon compleanno! – disse il mio migliore amico, nonché co protagonista nella serie, Jared.
- Grazie J, sei un amico fedele, grazie per esserti ricordato del mio compleanno – borbottai, stringendolo in un abbraccio.
- Come lo sei tu per me! Ma perché dici questo? – domandò incuriosito, sorridendomi sornione. Alzai le spalle, e mi fissai attorno. Tutti stavano preparando il set per una nuova scena della puntata settimanale. Tra la folla sbucò Misha, che avvicinandosi allargò le braccia in un sorriso sornione.
- Buon compleanno socio! – esclamò abbracciandomi. - Grazie Misha! -.
- Allora? – domandò Jared, preoccupato. – Le persone a cui tengo di più si son dimenticate del mio compleanno, credevo ci tenessero a me! Spero solo che stiano organizzando qualcosa a sorpresa, perché mi vendicherò, lo giuro! - esclamai.
- Come sempre – borbottò Misha, ridendo divertito.
Fissai i miei amici, cercando di cogliere qualcosa sull’espressioni facciali, che da attori, seppero tenere neutrali, non facendomi capire nulla.
Mi rassegnai e da bravo attore, mi diressi alla postazione trucco, dove mi attendeva Suzanne, la make up artist.
  

Sybil’s POV

 
- Tu dici che basta tutta questa roba da bere per stasera? Sai credo che si ubriacheranno un po’ tutti, e non vorrei far spaventare Justice Jay! – borbottai preoccupata, fissando Clara che teneva un paio di buste della spesa appena fatta.
- Tranquilla, basterà. E non li farai ubriacare con tutto quel cibo che hai prenotato al ristorante qui accanto – mi rassicurò, con un sorriso sul volto al cuore perfetto.
Le sorrisi a mia volta e aprendo il cofano con il telecomando-chiave, sistemammo tutto dentro e ci rimettemmo in marcia per tornare a casa e sistemare tutto per la festa a sorpresa di stasera.
Cercavo di tenere la mente leggere, con il pensiero dei preparativi e la festa, ma i ricordi della notta scorsa martellavano per ritornare a galla.
- Clara? -. – Si? -.
- Se ti chiedessi un parere, me lo daresti il più sincero possibile? – chiesi con un filo di voce, pensando a quello che avrebbe potuto pensare quella povera ragazza appena conosciuta. Il massimo che potevo fare era farla correre a gambe levate, diecimila chilometri lontana da me.
- Dipende, spara! – disse, fissandomi curiosa.
La fissai più volte, alternando il mio sguardo tra la strada e il suo viso, cercando di mettere insieme i pensieri meno inquietanti, e di raccontare la verità, ma meno nuda e cruda possibile.
Tirai un sospiro e iniziai a spiegare la situazione in cui mi trovavo: - Non so se hai saputo, ma nel set e negli uffici, la voce è girata parecchio i primi giorni: ho avuto un incidente e questo mi ha causato la perdita di tutto, materiale e non. Sto parlando della mia memoria tra le non cose materiali… - mi voltai a fissarla e la vidi annuire seriamente, corrucciata e ancora di più incuriosita.
- Jensen mi ha trovato in mezzo alla strada, mi ha dato lui il primo soccorso, perciò sono con lui adesso, perché non ho nessuno della mia famiglia che mi possa aiutare. I miei genitori sono morti, ma vabbè… lasciamo stare, io…la domanda è questa: se sapessi qualcosa sul mio passato, che potrebbe aiutarmi con i ricordi, dovrei dirlo a qualcuno o tenerlo per me, e indagare su qualcosa che è ancora un punto interrogativo? – sbottai, fissando l’incrocio davanti a me, e svoltando a sinistra, nella nostra via.
Clara, schioccò la lingua e mi scosse la testa, la fissai preoccupata, forse l’avevo un po’ sconvolta.
- Che domande fai? Certo che lo direi a Jensen, a maggior ragione che è stata l’unica persona a starti accanto! – esclamò con ovvietà.
Parcheggiai l’auto davanti al garage, e scesi con il cuore più pesante di un macigno, con le idee ancor più confuse.
Forse non avrei dovuto chiedere nessun parere, sentirmi ancora più in colpa verso Jensen e non raccontargli nulla, mi faceva stare male.
- Allora? Glielo dirai? – mi chiese Clara, fissandomi curiosa, mentre afferrava le buste della spesa dal cofano per portarle sugli scalini dell’ingresso.
Non le diedi una risposta, le chiesi solo di non dire niente a nessuno, e di lasciare  la scelta a me.
- Stai facendo un grosso sbaglio secondo me – borbottò, aiutandomi con le  buste per portare dentro, fin al tavolo della cucina.
- Lo so – sussurrai, più a me stessa che a lei.
 
- Ssh, sta arrivando, nascondetevi! – dissi ai ragazzi della crew, gli amici e a Justice che super contenta non faceva altro che strillare per l’eccitazione.
Iniziai a spegnere le luci, lasciando accesa solo quella del corridoio dell’ingresso. Mi nascosi dietro al muro che vi dava accesso, e cercai nuovamente di far fare silenzio a tutti, soprattutto a chi già scherzava con le trombette che gli avevo consegnato per suonarle solo quando sarebbe entrato Jensen a casa.
- Amico ti ricordi quella volta quando sul set…aspetta che accendo la luce, Sybil non è in casa? – borbottò Jensen, avvicinandosi alla fine del corridoio, accedendo la luce….
- SORPRESA! – urlammo tutti in coro, accompagnando il grido di augurio con le trombette e i coriandoli.
- OH MIO DIO! – sbottò Jensen frastornato, con gli occhi sbarrati e un sorriso stampato in faccia.
- Buon compleanno tesoro! – esclamai, saltandogli addosso, abbracciandolo forte. Mi strinse a se, sollevandomi quasi di peso, facendomi fare una giravolta.
- Grazie amore, è stato un pensiero fantastico! – esclamò tra i capelli, mentre mi metteva giù, staccandosi e regalandomi il miglior sorriso di sempre.
- Grazie con tutto il cuore! -  disse a tutti, lasciando un bacio con la mano.
- E’ stata un’idea solo di Sybil, devi ringraziare solo lei! – disse Jared alle sue spalle, dandogli una pacca su di esse.
- Allora la ringrazierò meglio dopo – sussurrò, facendosi solo sentire da me e Jared, che non si fece scapare per niente al mondo, una bella risata divertita.
- Ssh, ora divertiti scemo! – gli dissi, lasciandogli uno schiaffetto sulle mani che mi tenevano strette la vita.
- Lo farò, con tutto me stesso – borbottò, avvicinandosi alle mie labbra, per un bacio casto.
 
- Papà mi metti a letto? – borbottò con voce impastata JJ, tirando suo padre per la maglia, che sembrava stanco, disteso sul divano per riposarsi dopo una lunga serata movimentata.
- Si JJ, arrivo, tu avviati, sto arrivando – borbottò, con un braccio sopra gli occhi, per evitare la luce proveniente dai faretti.
- Jensen si è fatto tardi, accompagnala su! – dissi, avvicinandomi da dietro la spalliera, convincendolo ad alzarsi con una spintarella alla spalla.
Alzò il braccio e mi fisso con il broncio triste, cercando di convincere me a farlo al posto suo, ma non demorsi, lo spinsi un’altra volta e costretto dal mio gesto, si alzò e accompagnò sua figlia a letto, non prima però di avermi sussurrato: - Ti aspetto in camera -.
Lo fissai con sguardo di sfida, e lo fissai andare via. Ritornai in cucina, sistemando le ultime cose: lavai gli ultimi bicchieri e portai la spazzatura fuori. Quando ritornai in casa, mi accertai di aver chiuso bene la porta, e chiudendo il gas dei fornelli, mi diressi in camera, dove trovai un Jensen spaparanzato sul letto, occupandolo quasi tutto.
- Jensen! – sbottai divertita, avvicinandomi al letto e cercando di buttarlo giù, mi ci distesi anch’io stanca.
- Ahi, mi fai male, pesi! Togliti di dosso! – sbottò, afferrandomi per i fianchi, facendomi rotolare sopra di se.
- Jensen! – esclamai sorpresa, fissando la posizione in cui eravamo messi: io a cavalcioni su di lui con il suo sguardo scrutatore e più che sensuale che mai.
- Cosa stai pensando? Spegni la ragione, lasciati andare – sussurrò, alzando il collo per avvicinare il viso al mio che, accostò sempre di più grazie alla mano che teneva premuta sulla mia nuca.
Mi baciò una volta, un’altra… mi abbandonai al bacio come lava che cola dal vulcano, con i sentimenti e i pensieri completamente in subbuglio. Gli accarezzai e gli strinsi i capelli morbidi come seta tra le mia dita, assetate quasi di accarezzarlo.
Lasciai che il corpo si abbandonasse e allo stesso tempo si accendesse nel fuoco della passione che stava divampando tra i nostri corpi.
- Grazie… per tutto– sussurrò tra le mie labbra, accarezzandole ad ogni parola con una carezza lenta e perversa della lingua, che fece divampare ancor di più la fiamma in un incendio di sentimenti puri e naturali.
- Grazie a te, per esserci sempre – sussurrai, chiudendo gli occhi, abbandonandomi al sentimento del contrario.
 
Ero appena uscita da casa, con il torpore della camera da letto e del thè appena condiviso con l’uomo che aveva invaso la mia vita, colui che mi faceva stare bene. Per la prima volta Io. Stavo. Bene: fisicamente e… non psicologicamente. Con me stessa ancora cercavo di combattere i demoni del passato, senza riuscirci. Perciò decisi di prendere un permesso dal lavoro quella mattina, cercando ancora delle risposte dall’unica persona che mi conosceva fin da prima che l’incidente mi facesse perdere la memoria, l’unica forse a cui potevo confidare tutte le mie nuove scoperte.
Annabella, o semplicemente Anna.
Le feci uno squillo e le inviai successivamente un messaggio, dove le scrivevo di vederci urgentemente. Aspettai una risposta affermativa e quello che ricevetti e lessi fu positivo.
Perciò digitai quello che per ora mi occupava e mi tormentava la mente:
 
Ho bisogne di risposte. Ci vediamo alla caffetteria del centro, ti prego fa presto.
 
Salii in macchina, misi la prima e partii per la caffetteria, sperando che il destino mi giocasse un buon tiro.
Impiegai un po’ a trovare parcheggio, ma quando raggiunsi la porta del Peppe’s Coffee Bar, quasi con un po’ di fiato per la corsetta, trovai Anna già seduta in un tavolo ad aspettarmi.
Feci un po’ di slalom tra i tavoli e la raggiunsi, salutandola con un bacio sulla guancia, sedendomi con sguardo carico di adrenalina e di preoccupazione.
- Cosa succede? – domandò, allungando una mano sopra il tavolo, verso di me, come se volesse stringermele per rasserenarmi.
- Come stai? – chiesi cortese, sorridendole sornione. – Bene, ma arriva al dunque – disse, facendo un gesto con la mano, come a incitarmi a sbrigare quella matassa.
- Nelle scorsi notti ho sognato qualcosa che mi ha fatto ripensare a quello che tu mi hai detto giorni fa. E’ vero, credo proprio di aver lavorato come una spogliarellista, ma non ricordo che locale fosse. Ricordo una ragazza, un ragazzo, degli uomini e poi ho trovato questa… - presi il cellulare, e cercai la stesa foto che vidi sul pc quella notte. Tra le altre ragazzi, ritrovai di nuovo una ipotetica me stessa.
- Si, sembri tu – sussurrò tristemente fissandomi. Scosse la testa e si tirò indietro.
- Non pensavo arrivassi a ricordare tanto…mi dispiace tanto sapere che nel cuore della notte ti svegli per certi incubi – borbottò accigliata, - ma purtroppo capita, credo che la dottoressa te l’abbia anche sottolineato. – concluse, alzando le spalle, e scuotendo un’altra volta la testa, si mostrò al quanto desolata.
- Si, me l’aveva accennato, ma non che avrei ricordato tramite i sogni. Ma non è questo il punto, io vorrei sapere di preciso come sono arrivata a tutto questo, adesso in modo particolare al locale. Aspetta, mi sono segnata pure il nome… - mi tirai indietro e afferrando la borsa cercai il pezzo di carta dove mi ero segnata il nome del locale e l’indirizzo a me sconosciuto.
- Non ho avuto modo di cercare altro, purtroppo la figlia di Jensen mi ha sorpresa mentre ero al pc, e spaventandomi ho messo via tutto – commentai, mentre con le dita trovai il pezzo di carta stropicciata. – Ecco, guarda… Red Point, ti dice qualcosa? C’è anche l’indirizzo – dissi indicandoglielo. Lei afferrò il foglio, lesse un paio di volte e poi annuì. – Si, so’ dove si trova, è una zona molto affollata… ma non di gente per bene. Credo che si trovi li anche il motel dove alloggiavi... si credo proprio di si. Sai anche della casa pignorata, vero? E… - si fermò fissandomi attentamente prima di parlare, ma l’anticipai. – Sì, so anche dei miei genitori! – sussurrai, abbassando lo sguardo un attimo, fissando poi dentro la borsa il pezzo di carta con la via che il presidente della Banca, dove tenevo i miei risparmi, mi aveva gentilmente appuntato.
- Mi dispiace, ma sai com’erano, diciamo...ridotti. Banca rotta, alcool… - borbottò lei, giocando con la tazza che nel mentre un cameriere aveva portato con il caffè.
Annuii semplicemente, e chiusi gli occhi cercando di ricordare qualcosa del passato, ma fu il buio più totale e vuoto ad invadermi. Mi sentivo da sola.
Mi sentivo vuota…nessuno.
Lacrime calde sgorgarono e mi rigarono il viso, in una muta richiesta di essere liberata da tutte le difficoltà e i problemi che sorgevano notte dopo notte, in conseguenza degli incubi che facevo e che mi facevano male, facendo sgretolare pezzo dopo l’altro un cuore incollato con i sentimenti delle poche persone che riuscivano a starmi accanto.
Sentii un braccio circondarmi le spalle, e porgermi poi un fazzoletto di carta. – Mi dispiace, ma sono le scelte sbagliate che nella vita, purtroppo, facciamo tutti – mi consolò così Anna, facendomi riaprire gli occhi, e riflettere molto su quella che aveva detto.
- Hai ragione, delle scelte che hanno avuto delle conseguenze, ma che ora voglio riprendere, e riordinare in questa mia nuova vita – mormorai con poca voce, ancora scossa da singhiozzi silenziosi.
- Sembri la vecchia Sybil. E’ così che mi piacevi… ora dimmi, nuova Sybil, vuoi percorrere la tua nuova vita mettendo in ordine la vecchia? – mi domandò con un sorriso divertito stampato sul viso.
Annuii e la fissai con determinazione: - Voglio delle risposte, e tu mi aiuterai! -.
Anna annuì e la prima cosa che chiesi fu: - Portami dove tutto ha avuto inizio, portami al Red Point! –.
Lei mi fissò con preoccupazione, ma annuì e si alzò allungandomi  una mano. – Andiamo -.
 
Quando intrapresi quella via, sembrò la porta d’entrata per il purgatorio, se non inferno. Sembrò essere un posto oscuro, più nuvoloso, silenzioso e pieno di sguardi scrutatori.
Inserii il fermo alle porte dell’auto, e accelerando un po’, mi fissai intorno con preoccupazione. C’erano molti barboni che fissavano la mia aiuto: curiosi di vedere un’auto nuova o di vedere me? Non seppi rispondere a quella domanda, ma Anna spaventata, si strinse alla cintura di sicurezza.
- Come facevi a vivere in questo postaccio? Non mi piace, è inquietante – sussurrò con un filo di voce, accedendo la radio, come per farsi compagnia. Io non ci feci molto caso, perché come un flash, davanti al mio sguardo sbucò un viso familiare, che non sembrò notare il mio passaggio, ma ricordai quel vecchietto dalla lunga barba a cui portavo sempre qualcosa da mangiare, perché troppo vecchio per alzarsi. Donald si chiamava. Era ancora vivo. Frenai lentamente, ma Anna spaventata dal mio gesto, iniziò a incitarmi di continuare a camminare.
- Perché ci siamo fermati? Accelera! Cammina! – squittì, fissandomi con sguardo spaventato. Inserii la prima e accelerai, lasciandomi Donald indietro. Chissà se la prossima volta l’avrei ritrovato di nuovo lì.
- E’ strano questo posto, Dio l’ha proprio abbandonato… ah! Ecco! Guarda, Red Point! – indicò col dito davanti a noi sulla sinistra, e si spostò alla fine del sedile per vederci meglio. – Si, è questo! – affermò.
Lo fissai a lungo, ma nessun ricordò sbocciò, perché? – Non mi dice niente – sussurrai, fissandomi attorno. Vidi palazzi dalle facciate sporche e luride, vetri rotti, finestre spalancate, fognature fumanti e puzzolenti.
- Questo posto è veramente disperso – sussurrai quasi tristemente, fissando un vicolo che stavamo attraversando, quasi più affollato delle strade. Era li che avvenivano tutti quegli scambi di droga, di donne, di sguardi ostinati… che vita era quella? Cosa mi aveva portato a tanto? Che cosa mi era passato per la testa.
- Non ricordi nulla? – chiese Anna, fissandomi curiosa.
Scossi la testa e fissando la strada davanti a me, desolata, inserii la seconda. – Torniamo a casa, non ho più voglia di vedere altro -.
Avevo bisogno di più tempo, e se altre risposte non sarebbero sorte da Anna, sapevo ora a chi rivolgermi, anzi, dove cercare.
 
- Dove sei stata stamattina? -  domandò Jensen, quando ritornò quella sera. Io alzai le spalle, facendo finta di nulla. – Nulla in particolare, un giro in centro, cercavo qualcosa per la nuova stagione, sai cose di donne. Ho fatto anche la spesa: ti ho comprato le caramelle che ti piacciono tanto – dissi, sorridendogli sornione. Gli si illuminarono gli occhi e mentre finii di cuocere il sugo con le polpette per la pasta che amava tanto, sentii due mani stringermi la vita e avvicinarmi al suo petto.
- Sei donna giusta per me, speciale e semplice allo stesso tempo. Sei perfetta – sussurrò al mio orecchio, solleticandomi e facendomi sorridere, felice. Ciò mi aiutò quasi a dissipare i pensieri negativi che mi avevano accompagnato per tutto il giorno.
- E tu sei l’angelo che mi ha salvato dall’inferno – borbottai, voltandomi verso di lui, tirando un sospiro di sollievo.
- Grazie – dissi, riabbassando lo sguardo.
- Non c’è di ché – rispose, sorridendo divertito, lasciandomi con un occhiolino.
- JJ è quasi pronto, vieni amore! – urlò Jensen, gettandosi sul divano. – Eccomi! – urlò la bambina, arrivando di corsa dal corridoio, tuffandosi a capofitto sul padre coricato. – Oh! Male! Male! MALE! -.
Scossi la testa e sorridendo divertita, mi concentrai sulla pasta da scolare, anche se le urla dei due “bambini” mi attiravano facendomi sorridere e ridere senza difficoltà. Sembravamo una famiglia felice, quasi come quelle delle pubblicità, peccato che quel legame non era un legame che sarebbe durato nel tempo, prima o poi qualcosa avrebbe rovinato tutto. Se era successo nel passato perché non poteva succedere anche adesso? Qualcosa porterà a delle conseguenze che a domino ne porterà ad altre ancora e che infine  inciderà su delle scelte: giuste o sbagliate…le inciderà.
 
 

*ri-spazio autrice*
 
Salve, allora letto? Interessante? Avete trovato qualche indizio in più? Scrivo con i piedi? Lo so, l’ho ripreso e l’ho rilasciato un sacco di volte, ma finalmente l’ho finito, lo rivisto, un po’ coretto (alla va là che vieni) e l’ho postato finalmente, come promesso.
Allora spero vi abbia un po’ rinfrescato le idee sia con il piccolo riassunto all’inizio, sia con il capitolo stesso, visto che ho riportato un po’ di cose passate (tipo, la casa pignorata, i familiari morti, la roba dei ricordi, etc…) per aiutarvi un po’ a riprendere il ritmo della storia. Spero vi abbia un po’ aiutato ecco…lo so ormai voi direte: “sta storia non ce ne frega un cavolicchio” ma io vi dirò “sto ritentando”. Io incrocio le dita per un paio di visite e per un paio di vecchie recensioni delle mie adorate lettrici di sempre: Nevrea (?), Ottolina e non ricordo più come vi chiamate! Maledetti Nicknames!
Ma adesso, tirando in ballo loro, vorrei spiegare il motivo della mia lunga assenza, giustificandomi finalmente in questo modo:
Ho studiato! Come tutti gli studenti con un po’ di cervello e che vogliono delle soddisfazioni, alla fine ho studiato! Volevo conquistare il podio, dare e avere delle soddisfazioni alla mia famiglia e a me stessa ed, essendo l’ultimo anno di scuola, ho voluto impegnarmi e dedicarmi ad essa. Mi sono finalmente diploma, con un 90/100 pienamente meritato, e posso dirvi che non ho fatto solo l’esame di maturità. Ho fatto anche un corso di inglese, non so se conoscete il PET, ma ho preso anche quello, (alla faccia di quelli che pensavano che non ce l’avrei mai fatta, e che tutto ciò mi avrebbe distolta dallo studio, in particolare alla faccia di una mia compagna di classe, che studiosa, ha rinunciato al PET solo perché voleva concentrarsi agli esami u.u, e alla fine posso dirvi che ha preso quanto me, mentre io ho preso due diplomi TIE’!). Il risultato per questo PET è stato 85/100. E sono fiera, perché il giorno prima, ripassando l’inglese mi sembrava arabo! °-°
Dopodiché tra lo studio, la famiglia e il mio lato nerd/fangirl/hippister (che non ha avuto modo di sfogarsi del tutto, ma solo con le series tv invernali quali SUPERNATURAL – avete visto che season finale? Sono rimasta sotto shock .-. ) è sorto anche il vero amore, e sono felice di dirvi che Para_muse è in love con un suo Jensen Ackles personale da ben 6 mesi; e come dice mia madre: se son rose, fioriranno!
Quindi il boy mi ha tirato via anche quel piccolo spazio che mi ritagliavo per la mia parte da fangirl: niente più computer se non la domenica mattina (se mi svegliavo presto) e la domenica pomeriggio, poi le settimane volavano via tra libri di Economia, Diritto e Angoli Amorosi… ^-^
Perciò adesso posso UFFICIALMENTE DICHIARARE CHE SONO SINGLE  ma DALLA SCUOLA! E se in un futuro lontano non c’è un’università, posso affermarvi che HO UN RELAZIONE COMPLICATA con la mia dolce metà da FANGIRL mentre ho una relazione tranquillissima con il mio boy! :D
Adesso, dopo essermi giustificata se voi professor…volevo dire lettrici volete firmarmi…echm recensire con un pollice in su il capitolo vi RINGRAZIO INFINITAMENTE DELL’ATTESSA, E VI ASPETTO TRA UNA SETTIMANA (max due, causa un’ipotetica laurea di parente) AL PROSSIMO CAPITOLO!
Dimenticavo, su twitter ho più possibilità di tenervi aggiornati, quindi cercatemi su @Para_muse oppure basta cercare l’hashtag:
#JGMaR
 
Un grosso bacio, e un GRAZIE di nuovo!
Para_muse

 
 
   
 
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