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Autore: Saberius    12/07/2014    1 recensioni
Egli è colui che si ritrova nel guaio senza ricordarsi come uscirne, colui che chiude la serratura ma perde la chiave, colui che dice una cosa, ne pensa un'altra e ne compie una terza, colui che ama ed è così romantico da sembrar a volte fin troppo spudorato, non si preoccupa di quello che il futuro può riservagli, ama e gode il presente e scruta il passato con lo stesso affetto con cui un pittore scruta la sua prima tela, quella sbagliata, quella con le proporzioni irreali, quella che gli ha fatto capire i suoi errori, quella che è sempre impressa nella mente a ricordarti di non farli una seconda volta.
Genere: Fantasy, Horror, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti
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La tavola di vetro



 

Quello che vidi quella notte al Sentiero dei Larici mi provocò gli incubi per diversi giorni a seguire, e non solo durante il sonno.

Jade continuava a lacrimare, asciugandosi sulle mie spalle. Le dissi che sarebbe andato tutto bene e la scostai leggermente, in modo da poter esaminare meglio quello a cui avevamo a che fare.

Si trattava di un uomo, un uomo incredibilmente magro, quasi scheletrico, come se fosse stato colpito da una qualche malattia tropicale. La pelle di quello sfortunato era diventata completamente rossa, come se fosse stata bruciata. In effetti era quella la sensazione: che fosse stato bruciato vivo. Mi avvicinai meglio e notai sul suo braccio il simbolo squadrato dei Senza Casta.

I Senza Casta sono tutte quelle persone che nascono senza appartenere a una congregazione. I più poveri di solito sono Senza Casta, e quell'uomo era molto povero, si poteva facilmente evincere dagli stracci che portava. Mi inginocchiai e guardai bene. stavo per toccarlo quando improvvisamente si mosse, alzò la testa e mi fisso, allungando un braccio, quasi per farsi aiutare ad alzarsi. I suoi occhi erano ancora più rossi e infuocati della pelle, io caddi all'indietro dalla paura, mentre Jade afferrava il coltellino dalla cintola, all'ovvio scopo di difendersi. Fortunatamente, o almeno credo, l'intero corpo del Senza Casta si trasformò in cenere finissima, che partì per nuovi luoghi, trasportata da un improvviso vento caldo proveniente dal fitto della foresta. Alzandomi vidi Jade tremare. «Cosa vuol dire tutto questo?» mi disse guardandomi negli occhi. «Non lo so, ma il Consiglio sa qualcosa, sono pronto a metterci la mano sul fuoco. Quando andrò alla convocazione gli dirò quello che è successo stasera. Sempre che la convocazione non riguardi già quello che è successo stasera.»

I successivi quindici giorni passarono come tutti gli altri, ogni tanto uscivo a prendere gli ingredienti, mentre al laboratorio, Jade, vendeva misture, sali ed ogni tipo di impacco ai clienti più assurdi.

Il grande giorno della convocazione al Massimo Consiglio arrivò più in fretta del dovuto. La mattina mi svegliai incredibilmente agitato, come ho già precisato, pochissime persone estranee al consiglio si sono sedute sulla Tavola di Vetro ed io sarò presto una di quelle. Dopo un bagno caldo decisi di fare una piccolo pranzo. Mi preparai una bistecca di mak che avevo sotto sale nella dispensa. Col sugo bollente è veramente ottima. Durante il pranzo mi fece visita Jade, la ragazza dai capelli rossi si sedette vicino a me, augurandomi buona fortuna per il mio prossimo, atteso impegno. «Cosa vogliono da me? Oh Jade!» Abbracciai la ragazza, che mi consolò con parole dolci come il miele.

Uscito di casa, sellai Gomo, il mio cavallo. La torre del Consiglio non era veramente lontana, ma neanche molto vicino, decisi che sarebbe stato meglio andare a cavallo, anche per evitare spiacevoli incontri passando per il quartiere dei Senza Casta. Fortunatamente cavalcai tranquillo, all'orizzonte, incredibilmente alta e lucente, si stagliava la torre al quale io ero diretto.

Gomo era un cavallo molto veloce, abbandonato da un nobile cavaliere a cui non serviva più, lo trovai che sbatteva il muso sul portone del laboratorio, era stato il destino a farci incontrare, o forse l'odore proveniente dai miei esperimenti, un vero mistero; ma fino ad ora non mi ha mai abbandonato. Una volta arrivato al cospetto della Magnifica Torre, smontai di sella e legai Gomo.

La scalinata di accesso alla torre era di marmo bianco, rifletteva il sole in maniera accecante. Una volta arrivato in cima, due guardie si mossero e incrociarono le loro alabarde, impedendomi momentaneamente l'accesso. «La Magnifica Torre è riservata al Re e al suo Massimo Consiglio, l'accesso è vietato.» Mi fermai e guardai le guardie. Mi rovistai nelle tasche della tunica e presi la lettera di convocazione, sventolandola davanti alle celate delle guardie. «Risparmiatemi il vostro copione, ho un permesso ufficiale.» Bastò la vista del sigillo del Consiglio per farmi passare. L'interno della torre rendeva omaggio al suo nome: era magnificente. Enormi lampadari di cristallo proiettavano un'intensa luce su tutta la sala principale. Fu un cancelliere ad accogliermi. «Lei deve essere colui che chiamano "l'Alchimista"» disse muovendo appena la bocca, coperta da una lunga barba bianca. « In persona, sono qui a causa di questa» risposi mentre tiravo fuori la lettera. Non feci in tempo ad estrarla che il cancelliere mi diede una lasciapassare: un oggetto piccolo, una sfera bianca, molto liscia e levigata. «Ultimo piano, alla Tavola di Vetro.»

Le scalinate furono massacranti, la torre sembrava infinita. Finalmente arrivai dinanzi alla sala al cui interno erano presenti le persone che meno stimavo, in questo mondo. I politici di questa città.

Il buon re non aveva neanche un pizzico del potere che i politici dentro quella sala avevano. Re Jagad era solo un simbolo, una persona da insultare durante le rivolte. Bussai. La porta si aprì da sola, magicamente. Dopo tanti giorni d'attesa, finalmente, la vidi.

La Tavola di Vetro era enorme, perfettamente modellata. Il vetro di cui era composta era di un verde scintillante. Gli altri ricami erano fatti con l'argento più puro, doveva valere una fortuna. Era una tavola rotonda dal diametro spropositato, tutto intorno erano posizionati dei troni di marmo, e sopra questi troni, quel giorno, notai delle figure che mai avevo visto prima, estranee al Massimo Consiglio.

Nel trono più alto sedeva Re Jagad, aveva messo su molto peso dopo la morte della regina. La barba nera si stava trasformando in barba grigia, la vecchiaia stava giungendo nel suo volto. Ma fu lui che mi accolse. «Alchimista, accomodati, sei il benvenuto oggi.» Non è cosa da tutti giorni parlare con il re e non è cosa da tutti i giorni ricevere il suo benvenuto. Mi inginocchiai dinanzi al sovrano e presi il posto che mi era stato assegnato. Anche il re si sedette sul suo imponente trono bianco, successivamente un altro uomo si alzò, tre posti alla destra del re. Riconobbi subito il mago reale, Varus Homat. Era molto giovane per essere il mago di corte, questo diceva molte cose sulle sue abilità da stregone. Aveva un corto pizzetto biondo e degli occhi verdi, un viso perfetto avvolto da una fluente chioma bionda. «La situazione è grave. Oggi non vedremo politici attorno alla tavola di vetro, ma solo voi, maestri del vostro mestiere. Venite da ogni parte del mondo, grazie a tutti. Siete stati chiamati da re Jagad per una missione della massima importanza. Ne va del futuro di questa città e, secondo i miei calcoli, di molte altre città. Siete qui perché siete i migliori alchimisti del mondo e ci serve la vostra abilità. Sto parlando di numerosi misteriosi decessi avvenuti in questa città.» A quelle parole distolsi lo sguardo da Varus e osservai meglio gli altri presenti: alla mia destra sedeva un elfa delle terre dell'est, era Ludiel, alla mia sinistra invece sedeva un uomo dalla pelle d'ebano, proveniente dal sud, era il famoso Hujam, alchimista abilissimo nella trasmutazione, poi riconobbi addirittura un nano dal profondo nord, doveva trattarsi di Gulthur. Il mago continuò «i casi sono troppo numerosi, sospettiamo una probabile epidemia se non facciamo qualcosa.» Gulthur si alzò e picchiò i pugni sul tavolo di vetro «mago, basta giochetti, cos'è questa epidemia?» Altri due nani si alzarono e supportarono Gulthur dal nord. Varus Homat non fece alcuna espressione, continuò a parlare.

«Nano, speravo foste voi a dirmelo. Ci sono molte cose a mettere in relazione i casi che abbiamo riscontrato. Prima di tutto, i morti sembrano appartenere ai Senza Casta, e sembrano essere tutti nullatenenti, poveri. Tutti presentano gli stessi sintomi: vanno a dormire in salute e si risvegliano moribondi, con la pelle rossa, come se fosse stata bruciata, gli occhi completamente rossi e un peso corporeo di molto inferiore alla norma. Ah si, dimenticavo: l'ultimo deceduto è stato visto camminare e mordere una guardia, in queste condizioni.» Il mago si sedette, in viso aveva stampato un sorrisetto ironico.

Mi guardai le mani. Le aprii e le guardai di nuovo, distendendo al massimo la muscolatura, mentre tutta la sala borbottava. Ripensai a quello che aveva detto il mago, ripensai a Jade, ripensai alle lucciole del Sentiero, ripensai a quel povero uomo martoriato da un epidemia.

 

Continua...

 

Indice dei capitoli de "I fantastici viaggi dell'alchimista"

 

1. Le epidemie partono dal basso

2. La tavola di vetro

   
 
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