CAP. 14
Ain’t funny how one
moment
Could
just change your life
And
you don’t wanna face what’s wrong or right
And
it’s strange how fate can play a part
In
the story of your heart*
-
No Hisashi, lascia stare…
Sistemerò più tardi qui…
-
Fammi almeno sparecchiare…
-
Non se ne parla! – gli disse
prendendo i piatti che il ragazzo teneva in mano – Sei mio ospite, siediti e
stai buono!
Così
Mitsui tornò a sedersi, mentre Sakumi riponeva i piatti nella lavastoviglie.
-
Sai che non sei male come donna di
casa?
-
Se è un complimento ti ringrazio!
Con il fatto che i miei sono spesso fuori città ho dovuto imparare ad
arrangiarmi… La cena ti è piaciuta?
Il
ragazzo annuì.
Dopo
pochi minuti Sakumi tornò a sedersi di fronte a lui.
-
Qui ho sistemato… - disse.
Poi
uno strano silenzio scese tra loro.
Un
silenzio denso di tutte le preoccupazioni che da giorni non li abbandonavano.
Sakumi
si mordicchiava nervosamente le unghie, Mitsui fissava intensamente il muro,
come fosse stato la cosa più interessante che avesse mai visto.
Ad
un tratto la ragazza si alzò e così fece Mitsui, di riflesso.
-
Penso che sia arrivato il
momento… - sussurrò.
-
Già…
-
Okay. Andiamo…
Raggiunsero
così la stanza di Sakumi.
Lei
andò a sedersi alla scrivania, mentre il ragazzo rimase in piedi, sulla porta.
-
Avanti Hisashi, entra…
Dopo
un attimo di esitazione fece come gli era stato detto.
Si
guardava intorno.
La
camera di Sakumi… Ogni piccolo angolo parlava chiaramente di lei… Poster di
ballerine, le sue scarpette di danza classica riposte con cura su uno
sgabello… Libri, tanti libri. E tante fotografie: dei suoi spettacoli, della
sua famiglia, delle amiche… di loro due.
Ma
non era questo a cui doveva pensare.
Era
lì per una ragione precisa… Doveva starle vicino. Doveva aiutarla ad essere
forte.
-
Questa è la busta… - gli disse,
avvicinandosi.
Mitsui
la prese. Possibile che da quella busta dipendesse il futuro di Sakumi? Non gli
riusciva di crederlo. Non gli riusciva di capire come, una volta lettone il
contenuto, tutto sarebbe cambiato per lei… per loro…
-
Tieni Sakumi, aprila… E’
inutile aspettare ancora…
-
Lo so… Perché non la apri tu?
-
Che cosa? No, devi essere tu a
farlo… Io non posso… Non posso proprio…
Avrebbe
fatto qualsiasi cosa per cancellare la paura che vedeva nei suoi occhi, si
sentiva così inutile…
-
Okay Hisashi… - gli disse – Ora
la apro. Però… - s’interruppe, e dopo aver posato di nuovo la lettera,
afferrò le mani del ragazzo tra le sue – Però prima voglio che tu sappia che
qualsiasi sarà la risposta, io l’accetterò e sarò forte.
-
Sakumi…
-
Se fossi ammessa e dovessi partire,
beh, ci potremmo comunque vedere durante le vacanze, perché io tornerei qui…
Ci sentiremmo ogni giorno, io ti scriverei sempre… Non ti dimenticherei mai…
E poi studierei per diventare una grande ballerina, e tu nel frattempo
diventerai il giocatore più bravo…
Gli
strinse ancora più forte le mani, e cercò il suo sguardo. I suoi occhi si
stavano riempiendo di lacrime, ma non avrebbe pianto.
-
Se invece la risposta fosse
negativa… Resterei qui con te, continuerei a frequentare il club della scuola.
Magari finito il liceo riuscirei ad entrare in un’altra accademia altrettanto
valida… Ad ogni modo non smetterò di sperare e impegnarmi…
Mitsui
le accarezzò dolcemente la guancia e la baciò sulle labbra. Poi le sorrise, e
si avvicinò insieme a lei alla scrivania.
Sakumi cercò un
suo ultimo sguardo, un ultimo incoraggiamento.
Poi
aprì lentamente il cassetto della scrivania e vi fece scivolare all’interno
la mano. Afferrò il tagliacarte, e cominciò ad aprire la busta. Lentamente.
Il cuore le
batteva fortissimo. L’emozione e la paura erano talmente grandi che non
riusciva completamente a rendersi conto delle azioni che stava compiendo. Era
come se all’improvviso la sua persona si fosse scissa in due: una distaccata e
fredda che apriva la busta, e l’altra irrequieta e nervosa, che soffriva
nell’osservare dall’esterno i movimenti della prima.
Mitsui
la guardava in silenzio.
Si era creata una strana atmosfera di tensione, nella quale gli sembrava impensabile poter compiere anche il gesto più insignificante. L’aria nella stanza sembrava essere diventata improvvisamente densa e pesante, il tempo sembrava scorrere a fatica.
- Okay – disse Sakumi estraendo il foglio contenuto nella busta.
Incontrò di nuovo lo sguardo di Mitsui.
Come se una forza estranea si fosse impossessata di lei, scoppiò improvvisamente a ridere, a ridere a voce alta.
- Non possiamo farci ridurre così da una stupida lettera… - disse poi, tornando seria. – Non è vero Hisashi?
Il ragazzo non rispose, ma continuava a tenere gli occhi fissi nei suoi.
- Cosa vuoi che cambi? Ho sbagliato ad ingigantire così questa cosa, a coinvolgere anche te. Anzi, lo sai cosa ti dico? Che mi sono comportata proprio da stupida bambina capricciosa ed egoista, e che mi ci faccio una bella risata sopra! – un’altra fragorosa risata, tutt’altro che spontanea, tutt’altro che realmente divertita.
- Hisashi, dovresti ridere anche tu! Ne abbiamo fatto una tragedia, che stupidi! In fondo cosa vuoi che sia?! Non è mica una sentenza di morte…
Ma Mitsui non aveva accennato il benché minimo sorriso.
L’afferrò con forza per un braccio e l’attirò vicino a sé.
- Lasciami subito Hisashi! Si può sapere che hai? Mi fai male…
Non allentò la presa, e nemmeno addolcì il suo sguardo.
Avvicinò il suo viso a quello di Sakumi, che lo fissava sorpresa, con gli occhi sbarrati.
- Basta, piantala adesso. – le disse lentamente, senza alzare la voce.
Poi la lasciò di scatto, e si allontanò di qualche passo, voltandole le spalle.
La ragazza guardava a terra, disorientata, massaggiando con la mano il punto del braccio che Mitsui le aveva stretto così forte.
Scese il silenzio. Di nuovo.
E insieme al silenzio scesero le sue lacrime.
Da troppo teneva dentro di sé la tensione, la paura, i dubbi legati a questo passo che stava per compiere… o che non avrebbe mai compiuto.
Da troppo tempo desiderava piangere e sfogarsi con qualcuno, ma il suo orgoglio e la volontà di non coinvolgere le persone a cui voleva bene l’avevano sempre spinta ad essere forte, a stringere i denti ed andare avanti.
E ora era giunta al limite, non ce la faceva più.
Il ragazzo si voltò verso Sakumi e mosse qualche passo verso di lei, senza dire niente. Piano con una mano le accarezzò i capelli.
Bastò soltanto quel lieve contatto a dissolvere quella poca forza che le restava.
Si buttò tra le braccia di Mitsui e pianse a lungo, come una bambina.
****
Sono stanchissima…
Hisashi se n’è appena andato a casa, nonostante
avesse insistito per rimanere. Ma si era fatto troppo tardi, anche per lui. E
domani mattina c’è la scuola.
E io non riesco a dormire.
Non so per quale motivo abbia deciso di scrivere
proprio ora… Proprio ora che mi sembra di essere soltanto un contenitore
vuoto, con pochi pensieri sconnessi
in testa. E senza emozioni. O meglio, senza le emozioni che immaginavo sarebbero
esplose nel conoscere quella risposta. No, probabilmente davvero senza emozioni.
L’unica cosa che sento è un forte distacco da
tutto. Come se quella lettera riguardasse un’altra persona, un’altra vita.
Ma non la mia.
Mi sento spettatrice, e non protagonista, e per giunta
una spettatrice per nulla coinvolta.
Avevo immaginato migliaia di volte il modo in cui mi
sarei sentita. Credevo che avrei provato una marea di sensazioni
contrastanti...gioia e dolore, amarezza e soddisfazione… Niente di tutto
questo. Nessuna reazione, né prima, né ora. Niente di niente.
Perché?
Eppure si tratta del mio futuro, del MIO futuro.
Possibile che non me ne importi più niente? Possibile che non m’importi più
nulla della danza, di Hisashi, di me?
E’ che non riesco a rendermi ancora conto di quello
che ho letto. Forse non voglio rendermene conto.
Come se tra me e quel foglio ci fosse una barriera. I
miei occhi leggono quelle parole, ma io non le capisco. Le vedo, ma non le
capisco.
E più ci penso, più leggo quei caratteri, più sento
il distacco aumentare.
Più ci penso e più questo senso di estraneità si
impadronisce di me.
Probabilmente domani riuscirò a realizzare meglio
quello che dovrò fare. Forse domani finalmente riuscirò a provare uno straccio
di emozione… Che sia positiva o negativa poco importa. Non riesco a sopportare
l’idea di essere diventata così indifferente a… a tutto… Indifferente in
generale.
Ma non credo di esserlo diventata… Non posso…
Prima di conoscere la risposta io ero tesa, nervosa e intrattabile… Sentivo il
cuore aumentare il ritmo dei suoi battiti. E poi ho pianto. Ho pianto a lungo,
forte, lasciandomi andare completamente. Io avevo paura, soffrivo.
Poi basta, il vuoto completo…
Mi rivedo mentre, con una freddezza che non mi è mai
appartenuta, prendo il foglio, lo spiego e lo leggo. Rivedo quelle parole
stamparsi nitide nella mia mente; nitide, ma come se fossero prive di
significato.
Rivedo Hisashi osservarmi in attesa di conoscere il
“verdetto”, e sento la mia voce pronunciarlo, scandendo bene ogni singola
parola. Poi Hisashi che mi abbraccia e che mi dice “Mi dispiace”
ripetutamente, mi abbraccia forte e mi bacia sulla fronte.
E poi ancora io… Io che resto immobile come una stupida sempre tenendo tra le dita
quel foglio. Io seduta sul letto e Hisashi di fianco a me che non smette di
tenermi la mano.
Siamo stati così un sacco di tempo…
E non lo
ringrazierò mai abbastanza per
come si è comportato con me sta sera… Se lui non fosse stato qui con me…
No, lui ha detto che ci sarà sempre, e gli voglio credere…
Domani dovrò dare la notizia anche agli altri.
Questo mi spaventa… E’ incredibile, ma è inutile
non ammetterlo… Temo il loro giudizio.
Io ho fallito in quello che credevo essere l’unica
cosa che riuscissi a fare… Non voglio compiangermi, è inutile… Quindi
domani li affronterò tutti, con un bel sorriso stampato sulle labbra. Yumiko e
Ayako. La signorina Masuda. E poi Mikiko. Chissà se lei ce l’ ha fatta…
Ora cercherò di dormire… Tutti questi pensieri
hanno peggiorato il mio mal di testa.
Buonanotte…
****
Sakumi appoggiò il suo diario sul comodino e spense la luce della lampada.
Dalla finestra socchiusa entrava una leggera brezza, che portava con sé il tipico profumo delle notti estive. Un profumo delicato, che le ricordava tanto la sua infanzia, i giochi con gli amici e l’allegria delle feste popolari. Quando tutto era più semplice, fresco… Quando non conosceva la delusione, perché la vita le regalava spontaneamente tutto quello di cui aveva bisogno. Quando ogni cosa era divertimento, era un gioco.
Immagini confuse si susseguivano nella sua mente… Immagini, parole, voci del passato che si mischiavano con quelle del presente.
Si girò su di un fianco e strinse forte il cuscino.
Poi pian piano la stanchezza ebbe il sopravvento, e si abbandonò ad un sonno pesante e senza sogni.