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Autore: AyakoSoul    15/07/2014    6 recensioni
Favij sta per provare un nuovo gioco, consigliatogli da un utente anonimo, ma qualcosa va storto: perde misteriosamente la memoria e viene catapultato in uno strano mondo dove le mentalità delle persone si ricreano sotto forma di esseri viventi. L'unico modo per uscirne è andare in un altro mondo parallelo al primo, Nemes, ed affrontare le proprie Nemesi di tutti i giorni. Ma una minaccia per oscuri motivi sta decimando le Nemesi e, senza di loro, le persone che incarnavano nel mondo vero finiscono in coma e non riescono più a risvegliarsi. Riuscirà il ragazzo a non morire in un mondo che non gli appartiene?
Tratto dal capitolo 3:
“..Favij eh? Che bei ricordi hai trovato. Sembri quasi una persona..vera. Mi sa che ci divertiremo insieme.” una voce lontana gli rimbombò nelle orecchie, mentre il mal di testa continuava a fargli pulsare la tempia.
Dal capitolo 5:
I suoi dubbi si stavano insinuando nella sua testa, mentre il ragazzo con la mano fu talmente veloce che riuscì a provocargli un taglio laterale al fianco con la sola mano, facendogli perdere molto sangue e causargli un dolore indicibile.
...possibile che fosse Favij?
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Favij, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Omega non riusciva a capire davvero perché si sentisse in quel modo.
Era un semplice morso quello che le aveva dato il mostro, ma in ogni caso si sentiva bruciare, come se dai segni lasciatele sulla nuca del veleno le fosse penetrato nelle vene e la stesse corrodendo dentro.
Era cosciente, aveva sentito sotto il braccio la spalla di Steve a cui appoggiava per tornare in soffitta, e un momento dopo sentiva che le stava premendo un panno intriso di disinfettante sulla ferita.
E anche se totalmente in sé, qualcosa non andava.
Era come se non riuscisse ad aprire gli occhi, come se un blocco le impedisse di muoversi.
Era successo tutto pian piano: mentre ancora era con Favij, aveva sentito uno strano formicolio al collo, poi alla punta delle dita delle mani e dei piedi fino a quando non era più riuscita a muoversi.
E anche in quel momento sentiva i suoi pensieri allontanarsi, diventava sempre più debole, respirava sempre più piano.
Di questo passo, avrebbe smesso completamente di vivere, involontariamente.

*

I corridoi bui, gli insetti che si intrufolavano nelle crepe sulle pareti dalla carta da parati distrutta e graffiata color ebano, gli specchi rotti, i sibili e il gatto che passava in modo serpentino da una stanza all'altra.
Ora, niente di tutto ciò gli faceva paura, torcia accesa o spenta.
Solo un odio cieco lo guidava per quella casa, e aveva un unico pensiero in testa: trovare quella maledetta Nemesi e vederla scomparire, ma non subito, con lentezza, farla soffrire, farla annegare nella sua ira...
Scosse la testa: quelli erano pensieri che gli erano stati inculcati a forza dall'Infezione, dal Virus stesso.
Si doveva limitare alla sua missione.
Sentì dei passi alle sue spalle, ma rimase fermo.
Doveva attendere la sua vittima per poi attaccarla di sorpresa, così avrebbe funzionato...
“Si avvicina...” pensò, continuando a guardare avanti.
Il rumore dei passi era sempre più nitido e rimbombava contro le pareti della stanza, alle sue spalle.
Ancora un po' di tempo...
“Vieni da me...” il sibilo nella sua testa ricominciava a farsi sentire, ma lui faceva finta di niente.
Era a pochi passi da lui...
“Ora!!”
Scattò indietro con la mano tesa come una lama verso l'avversario, ma appena girato si ritrovò, con sua grande sorpresa, con la punta di una lama a un soffio dal suo collo.
Vide chi era, e gli si mozzò il fiato nei polmoni dalla sorpresa, una strana forza riscaldante nel cuore.
Davanti a lui c'era un ragazzo dai capelli argentati e lunghi color della luna, pallido di carnagione, la tuta nera e gli occhi coperti da una maschera bianca immacolata.
Aveva la fronte imperlata di sudore che gli scendeva giù per le tempie, era visibilmente teso.
«Ehi», gli disse con un tono di minaccia il ragazzo mascherato.
Restarono immobili per diversi secondi in cui il silenzio impregnò il corridoio tra la polvere e la tensione che si tagliava col coltello.
Poi la spada tornò nel suo fodero, e la mano di Favij tornò normale.
«Che ci fai qui?» gli chiese con voce ferma.
Il ragazzo dai capelli argentati fece spallucce, cominciando a guardarsi intorno.
Poi, si decise a parlare.
«Quindi...tu saresti Favij?» gli chiese continuando a vagare con lo sguardo, impuntandolo poi su una grande forbice che percorreva la parete.
«Sì» affermò l'altro, che invece continuava ad osservarlo.
L'altro gli sorrise, continuando a stare zitto.
«Perché?» si decise a chiedere Favij dopo qualche istante di esitazione.
Il ragazzo mascherato si voltò di fronte a lui, allora Favi fece un passo indietro.
Scoppiò in una fragorosa risata: «Favij...colui che distruggerà la Volontà.»
«Cosa?»
Ci furono dei minuti di pesante silenzio.
«Dimmi, Favij, sai che cosa vuol dire 'Alpha', nel tuo mondo?», disse il nemico, cercando di deviare il discorso, in tono di supremazia.
«Certo, è la prima lettera dell'alfabeto greco» rispose prontamente, ma appena pronunciata quella parola iniziò a respirare male.
L'altro estrasse la spada e gliela puntò al cuore, facendolo indietreggiare fino a fargli toccare il muro con la schiena.
«Mio caro e lurido umano, prima di continuare il tuo viaggio sappi che facciamo parte di qualcosa di più grande – sentì il potere del Virus uscirgli dal corpo, gli occhi prima infiammati tornare color nocciola – e tu, solo perché usi il potere del “Virus” ci sei entrato dentro per sbaglio. Scoprirò ciò che hai di più caro, così avrò il piacere di togliertelo...»
Si avvicinò al suo volto, la spada che faceva scorrergli un rivolo di rosso giù per la gola.
«Tu capirai di non essere come noi, tu sei solo una schifosa bestia!» urlò, alzando la spada, preparandosi a vibrare il colpo e ucciderlo.
Appena abbassò la lama, quella fu bloccata da qualcosa e uno schizzo di sangue gli scivolò giù per la guancia.
Il ragazzo aveva bloccato la sua spada, la sua invincibile arma, con una mano che ora grondava sangue.
Il mascherato lo guardò con disprezzo.
«Guardati: senza usare la forza del Virus non riesci a fare niente.»
L'altro forzò la lama quel tanto che bastava per non essere schiacciato contro il muro, la fronte madida di sudore.
«Io non sto usando nessun potere!!» urlò, poi ricacciò indietro l'arma scartandola di lato, così finì per terra in mezzo al tappeto polveroso, lasciandosi dietro una scia cremisi.
Il ragazzo mascherato rimase per un attimo spiazzato, poi tese la mano, le sfere si illuminarono e la spada tornò nella sua mano, mentre gli occhi dell'avversario si illuminavano di nuovo del colore del fuoco.
Stavano per attaccare, quando un rantolo sommesso entrò nel campo uditivo dei due nemici.
Passò il gatto, ma stavolta non era solo, ce n'erano altri centinaia che pian piano occuparono lo spazio e circondavano i due ragazzi.
Uno di quelli lo guardò, poi con un soffio saltò con le unghie irte tese pronto a graffiare Favij.
Quello lo respinse con la mano, ma un urlo alle sue spalle lo fece voltare, il ragazzo mascherato aveva degli ampi graffi sul petto e la tuta nera era squarciata per insanguinata.
Uno dopo l'altro i gatti saltavano, così si misero schiena contro schiena a respingerli.
«Perché continui ad essermi nemico?!» urlò tra i miagolii Favij.
«Non posso dirtelo!» esclamò l'altro mentre, soffiando, un gatto nero con un occhio scoppiato gli si attaccava al braccio.
«Sappi solo che lo faccio per una persona a cui voglio bene!» si lasciò sfuggire, staccandosi il felino di dosso.
Notarono però che, ogni volta che respingevano un attacco, i gatti cadevano in piedi e si schieravano insieme ad altri in un moto infinito, così decisero di passare all'unica possibilità plausibile: la fuga.
«Corri!» esclamò uno dei due spontaneamente e insieme se la diedero a gambe levate da quella mandria di gatti infervorati.
Percorsero parte della casa fino a fermarsi in una stanza che assomigliava a una camera da letto e si appoggiarono alla parete, sfiniti.
Ansimando, Favij riprese la sua ricerca, scrutando il suo nemico per controllare di non venir attaccato un'altra volta da esso.  
«Che hai intenzione di fare, ora?» gli chiese il ragazzo mascherato, appoggiandosi al muro.
«Ma si può sapere che accidenti vuoi?!» sbottò Favi, guardandolo infastidito.
L'altro fece spallucce.
«Ho sentito una strana presenza qui, ho pensato che potesse essere successo qualcosa.»
«...»
Ripensandoci, di cose ne erano successe.
A parte il rischio dell'arresto, erano entrati in una casa stregata che si era rivelata il rifugio di una Nemesi e la sua migliore amica stava morendo.
Ripensando al viso contratto dal dolore di Omega, una stilettata di dolore gli arrivò al cuore.
Ma poi si ricordò la sua missione: la vendetta.
Sentì un rantolo in lontananza, ancora il sibilo nella sua testa.
Infuriato, lasciò lì da solo il suo nemico e fece il giro delle stanze.
Poi, fu attratto da una finestra.
Una semplice finestra.
“Lo sapevo!! Lo sapevo!!” questa frase gli balenò nella mente, da sola, forse, e ci sperava tanto, un altro ricordo.
Si fece avanti, si sporse dalla finestra.
Un miagolio, in lontananza.
Accadde tutto in un attimo.
Una mano, insanguinata, sporca, lurida, gli afferrò il polso e tentò di trascinarlo giù.
Strinse i denti, cercando di non desistere e non cadere.
Il miagolio era sempre più vicino.
Si voltò, sussultando alla vista di un bambino, seminudo, con gli occhi neri come i capelli, lerci e oleosi, che gli diede una spinta, facendolo finire bocconi per terra, la vista rivolta al dannato ragazzino.
“Dannazione...” pensò, tentando di alzarsi.
Cercò di tirarsi su, poi un dolore lancinante gli scosse il braccio mentre il suo sangue iniziava a scorrergli sulla mano.
La sua Nemesi gli stava mordendo il braccio, bramosamente, come se non mangiasse da tempo.
Si divincolò con uno strattone, quasi strappandosi l'osso, e si concentrò sul Virus per poter azionare i suoi poteri.
In un istante, i suoi occhi si abbagliarono del colore del fuoco, mentre l'energia iniziava a scorrergli nelle vene.
Afferrò il mostro per il collo, che pareva soffocare sotto la sua stretta, e lo scagliò di lato contro il muro, i capelli lunghi e corvini che le coprivano il viso.
Quella si alzò, ma lui tese il braccio in avanti e gli trapassò la spalla facendola trasalire, appena la ritrasse era bagnata di un liquido scuro come la pece.
Prese la rincorsa, si diede un forte spintone appoggiando la pianta del piede contro il muro e trapassò il busto della creatura da parte a parte, schizzi fluidi e neri si dipingevano sulle pareti, un urlo lancinante squarciava il cielo.
Non era ancora abbastanza: la creatura si rialzò e cercò ti morderlo di nuovo, ma l'altro, ora più preparato, gli afferrò i denti dal palato e gli staccò la mascella in due, i suoi vestiti e il suo viso ormai erano ricoperti di quella sostanza nera.
Il corpo si afflosciò al suolo, ma non scomparve in una sottile nuvola di fumo come l'altra Nemesi, bensì rimase a terra come un sacco di patate.
Ancora un miagolio, più stridulo e disperato degli altri.
Alzò la testa, il bambino lo guardava inespressivo.
Provò a raggiungerlo arrampicandosi sui buchi sulla parete, ma uno crollò facendolo finire rovinosamente a terra.
Quando guardò di nuovo la finestra, il bambino non c'era più, però il ragazzo mascherato scese con un balzo scompigliandosi involontariamente i lunghi capelli argentati e gemendo di dolore quando schiacciò col busto i graffi che aveva sui pettorali.
Rialzandosi, il ragazzo si tolse la terra dai vestiti e cercò di ritornare in sé.
Una domanda, forse per sdrammatizzare quella situazione sfinita, gli serpeggiò in testa.
«Non te la togli mai quella maschera idiota?» gli chiese, guardandolo perplesso, scrutando l'ambiente scuro di un parco abbandonato.
«No – rispose prontamente quello – mai.»
Favij roteò gli occhi al cielo, come se avesse appena ascoltato la cosa più stupida della sua vita.
«Allora, che hai intenzione di fare ora?» gli chiese aggiustandosi i capelli lunghi.
«Penso che il bambino sia un'altra Nemesi... - si guardò il braccialetto, il numero era sceso di uno – Ma tu...non mi metterai i bastoni tra le ruote?» chiese diffidente.
L'altro alzò le mani, come per giustificarsi.
«Io? Sta tranquillo. Mi irriti e ho una voglia incredibile di farti fuori, ma sono sicuro che, seguendo te, troverò ciò che ha stimolato il mio senso del pericolo», sorrise beffardamente.
«E, magari, mi divertirò un po'...»
Favij aggrottò la fronte: ma che si credeva, un assassino o la versione fantasy dell'uomo ragno? Anche se storceva il naso davanti alle sue opinioni, c'era da dire che era meglio che lo volesse lasciare in vita.
Un lampo nella sua mente lo fece sussultare.
Ricordò se stesso, prima di perdere la memoria, che guardava felice il film di Spider Man seduto sul divano con...
Con...
Non se lo ricordava.
Non ricordava il volto di quella persona.
«Allora, se non ti dispiace vado a far fuori l'altra mia Nemesi», se ne andò quello, scacciando quei dilemmi e richiamando i poteri.
Li usava in continuazione, ormai.
Anche se sapeva che, prima o poi, questo continuo utilizzo si sarebbe ritorto contro se stesso.

*

Continuava a seguire quel ragazzo, che ancora lo attraeva in qualche modo.
Forse lo attirava per il fatto di essere il Portatore, che avesse anche Alpha nel cuore, oppure ancora il fatto che Omega l'ultima volta gli era sembrato che tenesse così tanto a lui.
Anche se lo irritava da morire e non lo sopportava, reprimeva quell'enorme voglia che aveva di prendere la spada e farlo a fette.
Aveva ripromesso di non mostrarsi fino a Quel momento alla ragazza, e a chi le stava intorno, e lui ovviamente stava mantenendo la promessa al suo migliore amico, ovvero quello che in contemporanea era il suo peggior nemico.
Ma non poteva dire che non gli era mancata.
Anche se non era stato lui a passare tutti quegli anni in solitudine...
Scosse appena la testa, continuando a seguire il ragazzo che procedeva con la sua ricerca.
Il solo pensiero gli addolorava il cuore.
Un miagolio, molto vicino. Proveniva dalla terrazza.
Vide i suoi occhi diventare scarlatti, i suoi muscoli gonfiarsi e i suoi sensi si dilatarsi.
Corse in terrazza, e lui lo seguì.
Videro l'ombra di una figura che cadeva, e lui si sporse per andare a vedere.
E, di nuovo, cadde in trappola.
Il bambino comparve dietro di lui, lo spintonò e quasi Favij cadde da lì, ma fece leva con le braccia e tornò indietro, afferrò il bambino, che ancora lo spintonava, lo graffiava e lo mordeva, per il braccio e lo sbatté alla sua destra e alla sua sinistra come se fosse un tappetino polveroso.
Ovviamente, lui rimase a guardarlo senza proferire parola o muovere un muscolo.
Il cadavere divenne una nuvola di fumo, scomparendo con un rumore sordo che si sentì anche poco lontano.
Poi, vide il ragazzo afflosciarsi sulla parete dell'orlo della terrazza, come se fosse svuotato di ogni energia.
Guardò i graffi e i morsi sul suo braccio, sul viso e su parte del collo, che grondavano sangue e un liquido assai scuro.
Veleno.
Pian piano l'organismo si rilassava fino a smettere le sue attività, poi i polmoni avrebbero smesso di inspirare ed espirare e il cuore avrebbe smesso di battere.
Era una delle astuzie che le Nemesi avevano in comune, e scorreva anche nel loro sangue nero.
E c'era solo un modo per curarlo.
«Ehi», gli fece, prendendo da un taschino nel fodero della sua grande spada una boccetta dal colore olivastro.
«Che...vuoi...» chiese l'altro infastidito, ansimando.
Sorrise beffardamente, chinandosi davanti a lui.
«Ti hanno iniettato del veleno in corpo. L'unico antidoto è questo, che ho elaborato dopo anni di ricerca. Prendilo come uno di quei pochi gesti di gentilezza che vedrai da parte mia.»
Non poteva lasciarlo morire. Sarebbe stato sleale.  
Gliela porse, e lui ne bevve pochi sorsi che già si sentì meglio.
«Perché mi stai aiutando?» gli chiese a bruciapelo, come se lo stesse ringraziando.
Il ragazzo mascherato esitò un attimo sulla risposta.
“Perché tu sei l'unico vicino a lei.”
«Non lo so, mi ispiri fiducia forse.»
L'altro ridacchiò.
«bugiardo...e perché uccidi le Nemesi, mandando in coma tutte le persone del mio Mondo?»
«Questi non sono affari che ti riguardano, e sappi che se non fosse per ciò che tu hai avrei ucciso anche le tue, di Nemesi.»
«E cos'ho di speciale?»
«...»
Ci fu un momento di gravoso silenzio, sostenuto solo dall'aria pesante del giardino sottostante, mentre sul retro c'era il mercato vuoto.
«Ho capito, non me lo vuoi dire», decretò facendo spallucce Favij.
«...»
«Posso almeno sapere come ti chiami?»
«No», rispose secco.
«Va bene...»
Dopo un po' di riposo, ad occhi chiusi, il ragazzo sussultò, alzandosi in piedi di scatto, ormai guarito.
«Ehi, tu. Prestami di nuovo l'antidoto!» esclamò, con gli occhi pieni di fretta e disperazione.
«Perché?»
«Perché una mia amica è stata morsa sul collo dalla mia Nemesi minuti, forse ore fa. Ne ho bisogno, al più presto!»
Nel sentire quella frase, il suo cuore perse un battito.
Con la maggior parte delle possibilità, parlava di Omega.
Si alzò di scatto, troppo frettolosamente e con troppo sforzo perché sentì delle fitte lancinanti al polpaccio e al petto, ma non ci fece caso. C'erano questioni più importanti a cui pensare.
Rientrarono, durante il tragitto il ragazzo tempestò di domande Favij.
«Quando è stata morsa?»
«Te l'ho detto, minuti o forse ore fa, non lo so.»
«Differisce da organismo a organismo il tempo a disposizione prima di morire.»
«In che senso?»
«Magari le braccia smettono prima di agire mentre i polmoni, il cuore o il cervello ci mettono di più, a volte anche giorni. Speriamo bene.»
«Che ti importa di lei?» chiese l'altro, aggrottando la fronte.
«Niente, l'ho detto senza pensarci», cercò di sviare lui, per non fargli capire quanto ci tenesse alla sua sopravvivenza.
Ancora un po' e infine salirono le scalette che conducevano alla soffitta.
In quel momento, il cuore del ragazzo mascherato rallentò, e tutto fu chiarito.
Quello aveva generato il senso di pericolo che si sentiva dentro.
Era lei.
Perché ancora erano collegati, dopo tutti quegli anni.
In un baleno, gli occhi gli si inumidirono.
Quasi pianse quando la vide distesa di traverso sul pavimento sopra una coperta e una pila di sacchi sopra la testa, il volto pallido e una lacrima che gli solcava il viso, il petto che a malapena si alzava e si abbassava.
«Presto, usa l'antidoto!» esclamò Favij, sentendo da un altro ragazzo lì accanto come stesse la ragazza.
Ricacciò nei bulbi oculari le lacrime per non piangere.
Pensò che lei non avrebbe voluto.
Le alzò delicatamente la testa con una mano e accostò l'apertura della boccetta alle sue labbra per fargliela bere.
Metà del contenuto si rovesciò ai lati della bocca, ma dei sorsi furono deglutiti.
Aspettò qualche secondo, poi quella tossì in malo modo, alzandosi, riprendendo colorito.
Nella soffitta scura della casa, i presenti tirarono un sospiro di sollievo.
Steve, così scoprì che si chiamava il ragazzo, disse che aveva preso ago, filo e disinfettante per ricucigli i buchi sulla nuca a uno a uno.
Dopo qualche secondo di apatia, la ragazza chiese cos'era successo e i suoi compagni le sorrisero sornionamente, spiegandogli tutto.
«Scusami, è colpa mia», si scusò Favij con la testa bassa e una nota incrinata nella voce.
«Perché?» chiese serenamente la sua compagna.
«Colpa della Nemesi generata da dentro i me. E' solo colpa mia...»
L'altra scosse la testa, una dolce espressione in volto.
«E' tutto apposto – gli disse, abbracciandolo – è tutto finito.»
Per un attimo, il ragazzo rimase rigido davanti a quella stretta d'amicizia e consolazione, poi si sciolse, abbandonandosi all'apparente benevolenza verso la sua amica.
Il ragazzo, ancora con la maschera indosso, si rassegnò al fatto che neanche quella avrebbe coperto la gelosia, la sofferenza e la gioia per la salvezza.
Se la tolse, rivelando i suoi occhi azzurri come il punto più profondo dell'oceano, profondi come pozzi di acqua cristallina.
Occhi che scrutavano tutto l'affetto che avevano l'uno per l'altra i due ragazzi.
Come un tempo...
Non seppe perché lo fece.
Forse perché, davanti a quella dimostrazione di affetto, si era ingelosito o forse perché, sinceramente, voleva che lo riconoscesse.
Appena la ragazza si voltò a guardarlo, sotto la meraviglia degli altri due, lei semplicemente inclinò la testa di lato con sguardo incuriosito e confuso.
«Ci siamo già incontrati da qualche parte?» gli chiese, un po' scossa.
Quello le sorrise dolcemente, scuotendo la testa.
«Non credo.»
Lo addolorava moltissimo non dirle niente, ma non poteva.
Erano tutti stanchi dopo l'accaduto, le ferite, le battaglie e le cure, così decisero di riposare. Gli chiesero di curargli i graffi sul petto, ma lui prese il kit medico – tranne quello che serviva a Favij per fasciarsi le braccia – e si curò da solo, sotto lo sguardo malinconico di Omega.
Poi si misero a dormire tutti, a parte lui.
Il ragazzo dagli occhi blu era sveglio, con la consapevolezza che ora doveva andarsene.
Aveva una missione da compiere, altro sangue da versare.
Aspettò che tutti si fossero appisolati, poi si alzò e fece per andarsene.
«Dove vai?» le chiese una voce cristallina e femminile resa rauca dall'apparente e breve sonno.
Lui si voltò, colto di sorpresa, il cuore che accelerava i battiti.
Abbassò lo sguardo. «Me ne vado», disse a voce bassa.
Lei gli sorrise, un sorriso sincero e privo di astio dalla prima volta, almeno per quel che ne sapeva lei, che si erano incontrati.
«Grazie», gli disse.
Lui contraccambiò il sorriso, sedendosi accanto a lei, che era appoggiata alla parete.
Solo per colpa del suo compagno una bellezza tale era rimasta sotto un tetto di polvere, ragnatele e  mobili rotti.
Per un attimo la guardò col cuore che gli si struggeva, poi di slancio le diede un piccolo bacio sulla fronte, cogliendola di sorpresa.
Mentre la ragazza ancora lo guardava inebetita, scese la scaletta e se ne andò, mentre lei lo seguiva.
«Aspetta!» gli intimò, a voce non troppo alta per non svegliare gli altri, ancora un po' confusa.
Esitò. «Dimmi almeno come ti chiami...» borbottò a voce bassa quella, col capo chino.
Lui sorrise ancora, pensando a come quella presenza riuscisse a distanza di anni a rassicurargli ancora il cuore.
Si girò avviandosi verso di lei, le sollevò la testa dal mento con una mano, cosicché lo guardasse.
«Nemes. Mi chiamo Nemes» le disse, sorridendole ancora.
Gli occhi della ragazza si illuminarono sotto la luce lunare che filtrava dai vetri rotti facendo risaltare la potenza emotiva di quelle sfere cristalline che, se ne accorse, avevano qualcosa di diverso, anche se ancora rivelavano tutta la confusione che aveva in testa.
Detto questo, si rimise la maschera bianca e sparì oltre al cupo corridoio buio, mentre lei esitava se andare con lui o tornare in soffitta.
Inaspettatamente, decise di rimanere nel bel mezzo del corridoio a riflettere.

*

Favij si accorse, mentre tentava di dormire rannicchiato all'interno delle coperte, che dalla sconfitta delle Nemesi non aveva ricavato nessun ricordo anche se il numero sul suo polso era sceso.
Questo lo inquietava non poco, ma pensò che se un'altra Nemesi li avesse assaliti, ora che si era riposato, sarebbe stato pronto a combattere.
Ma in quel momento non gli importava.
Gli si era ghiacciato il sangue nelle vene quando aveva visto il viso pallido e sofferente della sua amica.
Se fosse morta, di sicuro avrebbe perso la ragione. E non sarebbe riuscito ad andare avanti.
Ora a guidarli c'era Steve, ma non gli interessava.
Era da quando si era svegliato e aveva dubitato di lei  che quell'essere misterioso lo aveva colpito. E poi aveva trovato in lei quegli aspetti, dalla sua permalosità ai suoi sacrifici, che gliel'avevano avvicinata moralmente come la sua migliore amica. E l'unico punto di riferimento, in quel mondo dove un solo pensiero ribaltava l'intera esistenza di persone, esseri viventi.
Adorava il suo sorriso, non riusciva a vederla piangere.
E non riusciva a non pensare a lei.
Chiuse gli occhi, sperando che la notte lo calmasse dal freddo che aveva invaso il suo cuore quella volta.
Ma nell'oscurità e nella fretta di addormentarsi, non aveva notato due occhi dorati, che lo scrutavano con cattiveria, di un ragazzo appoggiato alla finestra.



….........Messaggio dell'autrice.............
Era ora di schiarire i dubbi a chi credeva che Omega potesse morire. Almeno per ora, è viva hihihi.....
Che ne pensate di Nemes e di quelli che chiamo 'i suoi sbalzi d'umore'? :3
E....della fine del capitolo?
Intanto, sono arrivata a dieci capitoli. Devo festeggiare, e quindi ringrazio:
Luna di Angelo, FuffoloSoldi, _MickyOfficial_, Darksaurus97, itachiforever, Katniss Weasley Prior e LilyMP per aver recensito positivamente i capitoli e avermi sostenuto. Grazie infinite per il vostro sostegno che spero riceverò anche in futuro per i capitoli a due cifre! :)
Poi ringrazio pensosoloSP per aver recensito ogni capitolo ed avermi sostenuto moltissimo, e Yulin per aver segnalato la storia per la lettura ed averla consigliata :), grazie infinite, il vostro sostegno mi è sempre di grande aiuto!
E infine ringrazio i lettori che mettono tra preferite, ricordate o seguite questa storia e chi legge in silenzio.
Spero di risentirvi tutti presto e di sentire ancora le vostre opinioni! :)
(Sperando di non deludervi! ç^ç)
Un bacio,

AyakoSoul
  
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