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Autore: Manhattan    16/07/2014    1 recensioni
Jace, Lee e Alex sono delle ragazze rispettivamente di diciassette, sedici e diciassette anni, che vivono a New York in un appartamento a Brooklyn.
Jace sembra una ragazza gentile, affettuosa e amichevole, ma è tutt'altro.
Lee è la più piccola tra loro ma è molto responsabile, amorevole con tutti e timida.
Alex è la più grande ma è molto disordinata e molto fantasiosa.
Inaspettatamente un giorno le tre ragazze scoprono un altro mondo, diverso dal loro genere. Demoni, Vampiri, Licantropi e Shadowhunters che le circondano.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lee Point Of View
Un raggio di sole che filtrava dalla finestra mi svegliò, la base del collo ancora dolente e gli occhi arrossati. Mi alzai, aprii la cabina armadio e mi guardai allo specchio: la canotta che indossavo lasciava liberi tutti i segni della sera precedente. Mi sentivo sporca, disgustata da quel ragazzo, così decisi di farmi una doccia calda. Presi l'intimo, un pantaloncino a vita alta di jeans e una canotta corta rossa con il numero 36; entrai nel bagno della mia camera e posai i vestiti sul mobiletto accanto al lavabo. Aprii l'acqua calda e mi spogliai. Entrai nella doccia e iniziai a lavarmi i capelli; nel frattempo le immagini di quel ragazzo che mi graffiava, che mi faceva del male, ritornarono alla mente, di nuovo. Non può essere stata la mia immaginazione, so benissimo cosa ho visto, so benissimo di non essere pazza. Decisi di rimandare le immagini di quel ragazzo a più tardi, così finii di lavarmi e chiusi l'acqua, avvolsi un telo da bagno in torno al mio piccolo corpo, andai vicino al lavabo, presi il phon e mi asciugai i capelli. Passai il telo su tutto il corpo in modo tale da asciugare le poche gocce di acqua rimaste, e mi vestii. Tornai in camera e mi infilai le coverse bianche, una catenina al collo e un bracciale. Andai in cucina, dove c'era Jace ai fornelli.
«Buon giorno, Jace.» Le dissi sedendomi ad una sedia del tavolo. Non mi rispose, andava di fretta, come sempre. Io e Jace lavoravamo entrambe a Starbucks, lei faceva il turno la mattina e io dopo pranzo, mentre Alex andava ancora a scuola.
Jace indossava una minigonna blu, che arrivava sulla vita, una camicetta bianca senza maniche e delle converse bianche a collo basso.
«Io vado, ciao.» Mi disse prendendo la sua borsa e uscendo di casa. Iniziai a mangiare quello che aveva preparato e poi decisi di uscire, così mi misi un golfino beige, chiamai un taxi e uscii di casa. Aspettai il taxi sotto al grande palazzo.
«Dove la porto, signorina?» Mi chiese il taxista.
«Ad una discoteca. L'Alcatraz, grazie.» Gli risposi.

Jace Point Of View
Mi stavo mettendo la mia uniforme nel camerino, mi misi anche i pattini, come sempre, per servire più velocemente.
Andai verso l'ingresso dove stavano entrando una coppia di sedicenni.
«Buongiorno, accomodatevi» dissi con un sorriso splendente. Mi seguirono fino al tavolo dove si sedettero. Il ragazzo mi continuava a fissare con una faccia da ebete, finché la ragazza non lo guardò con un pò di fastidio in volto, e gli diede un colpetto per farsi notare. Continuai a prendere ordinazioni, andando avanti e indietro sorridendo come sempre.
Vidi che stava entrando un ragazzo, così andai verso l'ingresso.
«Buongiorno, prego, si accomodi» dissi facendo un sorriso a trentadue denti.
«Grazie» mi rispose, con fare indifferente, quasi non notandomi. "Che strano" pensai "Nessuno mi ha mai ignorato in questo modo".
Lo accompagnai al suo tavolo e poco dopo andai a prendere le sue ordinazioni.
«Cosa desidera?» dissi con estrema gentilezza.
«Un caffè» disse indifferente.
«Solo un caffè?» dissi sorridendo.
«Sì» disse sempre con la stessa espressione indifferente, ma nella sua voce c'era un accenno di fastidio.
«Con permesso» e mi congedai. Pensai a quel ragazzo, doveva avere circa diciotto-diciannove anni, era bello, con dei lineamenti asiatici, aveva un corpo palestrato ma non troppo, aveva due brillantini come orecchini, ma c'era qualcosa di strano in lui, "Mà" pensai "Forse mi sta solo antipatico e viceversa".

Lee Point Of View
Pagai il taxista e mi diressi verso il retro della discoteca. Non c'era nessuno, nel veicolo non c'era niente. Restai ferma sul punto dove quel ragazzo ha iniziato a farmi del male. Mi inchinai leggermente per vedere se fosse rimasto un po' di sangue o almeno se fosse rimasto qualche cosa che si collegasse a lui. Ero sovrappensiero.
«Cerchi qualcosa?» Sentii una voce maschile alle mie spalle. Mi voltai velocemente per vedere a chi apparteneva quella voce. Ero spaventata e allo stesso tempo sorpresa. Era un ragazzo sui diciannove anni, alto, castano, era molto carino; indossava dei pantaloni neri consumati, una t-shirt bianca e un giubbotto di pelle nera. Mi sembrava di averlo già visto da qualche parte.
«Ieri qui c'è stata un'aggressione, credevo ci fossero delle tracce dell'aggressore.» Gli risposi un po' esitante.
«Mi dispiace ma non c'è niente, la zona è già stata controllata.» Mi disse con freddezza. Mi alzai.
«Ah okay, mi dispiace di averti disturbato, arrivederci.» Dissi andandomene, ma lo guardai un'ultima volta. Mi afferrò dal braccio,
«Come ti chiami?» Mi chiese freddamente.
«Lee.» Gli risposi esitante. Mi lasciò il braccio e se ne andò via.
«E tu come ti chiami?» chiesi velocemente, ma ormai si era volatilizzato.
Rimasi lì, ferma, per qualche secondo prima di dirigermi verso Starbucks per iniziare il mio turno.

Jace Point of View
Il mio turno era quasi finito, così andai nel camerino a cambiarmi. E così finì un'altra giornata. Usci dal retro per buttare la spazzatura, ma non c'ero solo io, c'era quel ragazzo strano, appoggiato al muro vicino ai cassonetti, che mi guardava indifferente.
«Se vuole un altro caffè basta che vada a chiedere alla mia collega» dissi, fingendomi sorpresa della sua presenza.
«Non ne ho bisogno, grazie» disse lui, con un'espressione fra il disinteressato e il divertito. Le persone come lui, mi infastidivano molto, ma lui mi faceva salire proprio il crimine, ma non lo diedi a vedere.
«Allora arrivederci» dissi sorridendo dolcemente. Camminai, e lo superai di poco.
«Non sei per niente brava a recitare la parte dell'angioletto» mi disse ancora con quella sfumatura di divertimento nella voce. Mi immobilizzai sentendo quelle parole. Possibile che un ragazzo con cui ho parlato per qualche minuto avesse scoperto com'ero veramente? no, dovevo mantenere la calma, come sempre, ma allo stesso tempo mi divertiva, per questo avrei giocato con lui un po'.
«Forse hai ragione, ecco perché mi hai scoperta» dissi girandomi verso di lui, sorridendo e con un lieve ghigno divertito in viso, «O forse sei un detective» dissi con un po' di divertimento.
«Per tua sfortuna non lo sono, cara Jace» mi disse. All'inizio mi sorpresi sentendo il mio nome, ma poi mi ricordai del cartellino dell'uniforme su cui c'era scritto il mio nome.
«Come ti chiami?» gli chiesi cambiando discorso. Lui esitò qualche momento.
«Caleb... Caleb Brooks» mi rispose.
«Io sono Jace Hall, piacere di conoscerti» dissi io porgendogli la mano con un sorriso divertito.
«È stato davvero interessante conoscerti» mi disse lui stringendomi la mano e con fare divertito. Non mi piaceva molto quel ragazzo, ma allo stesso tempo mi attraeva qualcosa in lui.

Lee Point Of View
Arrivo al posto di lavoro e vado nel retro per mettermi l'uniforme per poi andare alla cassa. Fu una giornata noiosa, sembrava non finire mai. Arrivate le sette di sera salutai le colleghe e mi avviai verso casa.
«Cosa ci fai qui?» Chiesi vedendo il ragazzo incontrato la mattina vicino alla discoteca.
«Niente, stavo facendo un giro.» Mi rispose freddamente.
«Come ti chiami?» Gli chiesi ricordandomi che lui sapeva il mio nome e io no.
«Austin.» Era freddo quel ragazzo.
«Vuoi salire a bere qualcosa, Austin?» Gli chiesi cercando di essere il più gentile possibile.
Non mi rispose. Si girò e se ne andò.

Jace's Outfit


Lee's Outfit


Francisco Lachowski alias Austin Blake


Ignoto alias Caleb Brooks


La cucina
  
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