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Autore: Sapientona    16/07/2014    8 recensioni
“Che ci fai per terra?”
“Mi ci hanno spinto.”
“Su, ti aiuto a rialzarti.”
“Ce la faccio.”
“Non fare il prezioso, rischi di morire dissanguato. Ti porto in infermeria.”
Quello fu il primo straccio di conversazione tra Percy Jackson e Nico di Angelo, in un corridoio affollato della Goode.
[Percy/Nico]
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Nico di Angelo, Percy Jackson
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
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Salve a tutti:)
Ho deciso di pubblicare questo primo capitolo della mia nuova ff Percy/Nico. E’ un’idea che mi è balzata in mente questa sera e devo dire che ne sono piuttosto soddisfatta; sarebbe dovuta essere una OS, poi però mi sono venuti in mente certi risvolti interessanti che potrebbe avere la storyline di Nico che coinvolgerà così anche quella di Percy…perciò nulla, spero che vi piaccia! Le recensioni sono sempre ben accette:3

 
 
 
“Che ci fai per terra?”
“Mi ci hanno spinto.”
“Su, ti aiuto a rialzarti.”
“Ce la faccio.”
“Non fare il prezioso, rischi di morire dissanguato. Ti porto in infermeria.”
Quello fu il primo straccio di conversazione tra Percy Jackson e Nico di Angelo, in un corridoio affollato della Goode. Il primo l’aveva visto piegato in ginocchio, ansimante, ad un angolino tra la parete e gli armadietti. Gli era sembrato terribilmente solo ma anche troppo orgoglioso per chiedere a qualcuno di aiutarlo, anche se per qualche strano motivo sapeva che se lo avesse fatto nessuno degli studenti gli avrebbe dato una mano.
Alla fine  Nico accettò l’aiuto e Percy scoprì che frequentava il primo anno – perciò era di due anni più piccolo. Dall’alto dei suoi tre anni nella Goode gli raccomandò di non spingersi troppo oltre con le risposte taglienti con quelli più grandi dato che non gli avrebbero portato altro che botte e lezioni perse. A quello il più piccolo aveva risposto con una scrollata di spalle ed uno sguardo quasi rassegnato.
 
La voce che c’era una rissa in corso si era sparsa più velocemente del previsto e tutti si erano radunati attorno ai due giocatori di football che tenevano l’esile ragazzo dagli occhi scuri all’angolo tra gli armadietti e la parete.
Nessuno aveva comunque provato ad aiutarlo.
“Allora, piccoletto? Non hai intenzione di difenderti?” domandò per la terza volta il più grande e grosso dei due, guardando Nico con un sorriso di scherno.
“Andiamo, facciamola finita subito” sputò duramente Nico “pestatemi cosicché potrò andare in infermeria dicendo di essere sbattuto contro un armadietto e mi faranno una medicazione da due soldi mentre dovrò sorbirmi i rimproveri da Chirone.”
“E se io decidessi di divertirmi anche con la tua sorellina, oggi?” chiese poi con uno scintillio malizioso e divertito il secondo aggressore, osservando attentamente la reazione del ragazzino. Quest’ultimo rimase impassibile davanti a tali minacce pensando che non sarebbero scesi così in basso da picchiare una ragazza, limitandosi poi ad alzare un sopracciglio in segno di sfida. Vide poi il pugno caricare in aria, serrò gli occhi e strinse i denti attendendo che il dolore lancinante si spandesse per tutto il corpo; dove l’avrebbero colpito, quella volta? Al petto, al mento, in pieno volto? Non lo sapeva. Voleva solo che finisse subito.
Eppure quel pugno non arrivò mai.
Nico aprì lentamente gli occhi, la faccia ancora contorta in una smorfia, e la prima cosa che registrò fu una mano che teneva il pugno sospeso per aria. Seguì il braccio per vedere a chi appartenesse e, con sua sorpresa, Percy Jackson lo fissava preoccupato “Tutto ok?”
Il più piccolo annuì e vide l’altro stringere la presa attorno al polso del giocatore con un’espressione rabbiosa in volto. Quest’ultimo emise un urlo soffocato quando con una mossa agile gli contorse il polso e gli sferrò un calcio al polpaccio, facendolo cadere per terra. Rivolse poi un’occhiata al secondo grassoccio giocatore sfidandolo a farsi avanti, ma quello gli rivolse solo uno sguardo risentito e si caricò il peso dell’amico sulla spalla, aiutandolo a dirigersi verso l’infermeria con passo malfermo.
Lo studente del terzo anno si rivolse poi alla folla di alunni che guardavano sbigottiti “Allora? Non c’è niente da vedere, spettacolo finito!”
Tutti si affrettarono verso le rispettive classi e rimasero in corridoio solo i due adolescenti.
“Sicuro di star bene?” chiese Percy preoccupato, avvicinandosi a Nico e mettendogli una mano sulla spalla. Quello arrossì inspiegabilmente, poi annuì di nuovo e gli rivolse un sorriso incerto. Il più grande lo osservò per alcuni istanti in cerca di un qualche segno che gli avrebbe confermato anche solo un piccolo dolore, ma Nico era perfettamente impassibile come sempre, una maschera difficile da leggere. Quindi sospirò, gli scompigliò i capelli già disordinati e gli disse mentre si allontanava “Ci vediamo, Neeks.”
Quello fu il loro secondo incontro.
 
La terza volta che si videro fu per purissimo caso e sotto circostanze decisamente meno gravi.
Percy si dirigeva verso la sua lezione con passo spedito, zigzagando tra gli studenti e cercando di non fare ritardo almeno il giorno della verifica.
Nico, invece, si affrettava a raggiungere l’aula per evitare sgradevoli incontri. Qualcuno doveva seriamente avercela con lui per qualche motivo perché inciampò su un ostacolo apparentemente invisibile e si sbilanciò in avanti. Trattenne il fiato, aspettando l’impatto col pavimento freddo e duro del grande liceo, ma incontrò solamente un petto caldo e percepì delle mani calde che lo tenevano per le esili braccia.
“Sembra che debba sempre salvarti, non è vero?” una risata profonda lo fece sussultare, e riconobbe immediatamente quello che doveva esser diventato il suo angelo custode.
“Percy!” esclamò sorpreso mettendosi in piedi correttamente, riprendendo fiato ed aspettando che il battito cardiaco si normalizzasse. Eppure non accennava a voler rallentare, probabilmente per via della quasi-caduta. Ovviamente per quello.
“In carne ed ossa” sorrise l’altro “sei sempre nei guai tu, eh?”
“Già…” sorrise nervosamente Nico, grattandosi la nuca. Percy gli passò una mano fra i capelli, come la volta precedente, poi lasciò che questa si fermasse per qualche secondo sulla guancia morbida.
Fu la campanella a ridestare entrambi da quella trance, ma mentre Nico ne uscì stordito e con un balbettio imbarazzato, Percy lanciò imprecazioni dicendo qualcosa a proposito di una verifica e corse via, lasciandolo lì con un peso sul petto.
 
Per la quarta volta in un mese, Nico si ritrovò bloccato ad un muro da un gruppo di ragazzi di gran lunga più grandi e grossi di lui.
Osservò i loro sorrisi beffardi e gli bastò catturare  un attimo il loro sguardo per capire che ne sarebbe uscito più morto che vivo.
Senza alcun preavviso, proprio quando cominciò a pensare di svignarsela e dopo lunghi minuti di silenzio, un pugno lo colpì in pieno stomaco facendogli perdere il fiato. Ne seguì un’altra scarica, un’alternanza di colpi forti e decisi o piccoli e frequenti, che gli lasciavano appena il tempo di prendere fiato. Gli occhi spalancati per lo sforzo, Nico cadde a terra in ginocchio, pregando mentalmente che qualcuno sarebbe arrivato per salvarlo – forse proprio quel qualcuno. Era certo un po’ egoistico ed infantile da parte sua desiderare che Percy, la cosa più vicina ad una amico che avesse mai avuto in vita sua, si immischiasse in una rissa solamente per aiutare lui che era fin troppo debole per difendersi rischiando non solo di farsi male ma anche di essere sospeso. I pugni cessarono ed il ragazzino ne approfittò per riprendere fiato faticosamente, cercando di capire perché fra tutti i ragazzi non si fermasse nessuno per aiutarlo – probabilmente non ne valeva la pena? Sì, probabilmente quello.
Poi qualcosa di metallico andò a contatto col suo viso e per un attimo gli sembrò di essere morto. Non riuscì a percepire nulla, sentiva solo la pesantezza del suo corpo, mentre per un lampo di secondo tutti i suoi sensi avevano come smesso di funzionare. Si accasciò contro l’armadietto alla sua destra, chiuso nell’angolino diventato così familiare in poco tempo, e decise che non avrebbe neanche provato a pregarli di smettere: avrebbe aumentato loro il divertimento di picchiarlo. Alla fine era solamente quello, puro e semplice divertimento nel vederlo soffrire ed agonizzare; constatò poi che a colpirlo in volto era stata una spranga di ferro, quando riuscì ad aprire appena un occhio per vedere l’oggetto cadere a terra e scorgere le gambe degli arretrare di qualche passo da lui.
“Nico!” Percy urlò il suo nome. Eccolo lì, il suo angelo custode era tornato per salvarlo, come sempre. Sorrise istintivamente, sapendo di aver un aspetto orribile, e si abbandonò all’abbraccio confortante del suo amico. Sentì le mani che gli accarezzavano i capelli, gli sussurrava parole rassicuranti e gli diceva che sarebbe andato tutto bene e Nico pensò che fosse okay lasciarsi andare con lui, perché era un tipo apposto e poteva fidarsi. Allora si lasciò sfuggire un singhiozzo dettato non tanto dal dolore, al quale era abituato, quanto alla disperazione del momento. Si aggrappò alla maglietta di Perce come se ne dipendesse la vita e affondò il viso nel petto, lasciando che questi lo cullasse come se fosse un neonato bisognoso di coccole.
Fu quando Percy si soffermò ad osservare il suo viso che tutto degenerò. Notò subito il livido che gli copriva metà viso e vide gli occhi riempirsi di rabbia.
Le mani ebbero un tremolio spaventoso e lasciò Nico poggiato dolcemente contro gli armadietti, poi si voltò verso i responsabili del pestaggio. Rivolse loro un’occhiata piena di odio, poi urlò irato “Chi è stato a colpirlo con la spranga?!”
Nessuno rispose. Nessuno si fece avanti.
“Chi è stato!” urlò ancora più forte. Gli studenti ormai osservavano la scena paralizzati chiedendosi dove fossero i professori. Eppure l’insofferenza da parte del corpo studentesco e dei professori stessi riguardo il bullismo e le problematiche adolescenziali era ben noto, perciò, pensò Nico, che motivo c’era di meravigliarsi? Gli erano bastati due mesi – uno dei quali caratterizzato da botte e percosse – per capire che il liceo era uno schifo e basta.
Fu proprio Nico a parlare “Percy…”
Quello si girò di scatto solo per osservare la direzione in cui il più piccolo stava puntando. Il gruppetto di ragazzi azzardò un’espressione strafottente davanti ad un irato Percy Jackson, avanzando quasi con aria di sfida verso il ragazzo che di lì a poco avrebbe sbroccato.
Fu quando uno di loro osò soltanto alzare una mano che Percy, con un movimento fulmineo, gli afferrò la mano e gliela piegò dietro la schiena. Quello emise un urlo strozzato, poi fu costretto a stendersi per terra violentemente e Percy continuò a fare pressione sul braccio, chiedendogli “Come ci si sente, verme? Dimmi, ti senti bene?!”
Nel frattempo Nico era riuscito a rialzarsi, si teneva agli armadietti ed osservava la scena con un misto di ammirazione e rammarico. Non sapeva se dovesse effettivamente sentirsi in pena per il ragazzo agonizzante oppure essere contento d’aver avuto quella vendetta ma quando si accorse che Percy non accennava a volersi fermare, gli posò una mano sulla spalla. Lui lo guardò, ancora con lo sguardo rabbioso “Ti hanno fatto del male.”
“Lo so, ma basta così, Percy. Davvero.” Strinse un po’ di più la presa sulla spalla, poi mormorò “Io ho bisogno di te.”
A quelle parole lanciò un ultima occhiata sprezzante al corpo quasi privo di sensi del ragazzo sotto di lui, per poi alzarsi in piedi e spintonarne un altro contro un armadietto.
“Qualcuno ha qualcosa da dire?” domandò minaccioso. Nessuno di loro si azzardò a pronunciare una sillaba d’innanzi ad un Percy Jackson così fuori di sé che aveva sostituito quello che di solito era un ragazzo mite e sorridente “Meglio così. Ora ascoltate bene: nessuno dovrà più avvicinarsi a Nico di Angelo per fargli del male, capito? Nessuno.
Con una sorta di finalità mise una mano attorno al fianco di Nico e lo attirò a sé, aiutandolo a zoppicare verso l’infermeria.


 
  
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