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Autore: _marty    19/07/2014    7 recensioni
Eric e Claire si incontrano dopo tre anni. Hanno tanto da dirsi, da raccontarsi ma si parlano sempre allo stesso modo con parole strozzate, omesse, mai dette a fare da sfondo. Tre anni passati a dimenticarsi, a non parlarsi, a superare tutto quel tempo in cui si erano amati ed appartenuti in silenzio. Tre anni passati ma senza che qualcosa fosse realmente cambiata.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Scolastico, Universitario
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Capitolo 2
3 anni prima
 


*I protagonisti del capitolo sono Eric e Claire, i loro POV si alterneranno.
Il nome in grassetto all’inizio del paragrafo cambia il punto di vista.*





Eric era appena risalito e aveva trovato Robert e Claire in silenzio.
“E’ morto qualcuno o cosa?”
“Stavamo parlando del compito di domani.”
Robert stava mentendo, aveva iniziato a gesticolare in maniera eccessiva dall’inizio della frase.
“Sì, è vero, gli stavo dicendo le stesse cose che ho detto a te poco fa e che anche tu speri che il compito sia facile.”
L’amico annuì a ciò che aveva detto poco prima Claire e si convinse che forse quel gesticolare non aveva niente a che fare con una bugia. Magari era solo nervosismo per l’indomani.
“Ci pensi che è l’ultimo compito di matematica con quella pazza?”
Robert stava sorridendo e solo in quel momento Eric realizzò che era davvero l’ultima volta. Non ci sarebbero mai più stati compiti con esercizi mai spiegati, problemi finali che servivano per prendere dieci e che nessuno puntualmente riusciva a risolvere, lasciando un abisso tra Edith, la secchiona della classe, e gli altri che stavano nel limbo dei cinque e mezzo.
“Il compito degli esami di stato potrebbe essere più difficile.”
“Ma non pensiamoci agli esami di stato! Manca ancora un mese.”
Non sapeva se quello di Robert fosse ottimismo o menefreghismo. Aveva sempre studiato pochissimo a scuola ma riusciva ad assimilare quei quattro concetti più importanti per fare interrogazioni e compiti in classe da sette. A volte lo invidiava, perché gli bastava davvero poco per imparare. Eppure, d’altro canto, sapeva che avrebbe avuto lacune per tutta la vita. All’università ti saresti specializzato in qualcosa e, se non avessi scelto lettere, non avresti mai più approfondito i Promessi Sposi o La divina Commedia.
“Ricominciamo?”



Claire non era mai stata un genio in matematica, ma sapeva prenderci la mano dopo i primi esercizi. Ricercava una logica in quei numeri, un po’ come faceva con la sua vita. Provava a dare un senso alle cose, pur sapendo che molto spesso era superfluo, soprattutto quando in alcuni ragionamenti non c’era alcuna logicità. La matematica sembrava l’unico posto sicuro, era una piccola parte del mondo che le garantiva razionalità. Razionalità che non riusciva a trovare in tutta quella situazione: Robert che le chiedeva di uscire, loro due che parlavano ed Eric che arrivava proprio quando avrebbero avuto bisogno di parlare un altro po’, giusto per non lasciare le cose in aria. Nel frattempo che risolveva l’ultimo limite matematico, aggiungendo il risultato accanto all’uguale, riuscì a realizzare quel collegamento che le mancava, e comprese chi fosse la protagonista della conversazione di poche ore prima: Eric e Robert stavano parlando di lei, Robert aveva chiesto al suo migliore amico se provasse qualcosa nei suoi confronti per chiederle successivamente di uscire, cosa che effettivamente aveva fatto.
Posò la penna sul foglio e guardò Eric. Era sicura che lui avesse detto la verità, e si rese conto che per loro non c’era nessuna speranza. Erano solo due amici, due semplici amici che sarebbero rimasti in quella condizione per tutta la vita. Sentì la vista annebbiarsi, ma non poteva permettersi di piangere, non davanti ai ragazzi. Si strofinò gli occhi, cercando di sbiadire le sue lacrime e poi finse di sbadigliare; i suoi occhi sarebbero stati lucidi per il sonno, non per altri motivi. Vide Eric fissarla e controllare l’orologio.
“Sei stanca, Claire?”
Come da copione.
“No. Perché?”
“Hai sbadigliato e studiamo da quattro ore e mezza. Sono già le otto.”
La preoccupazione del tuo migliore amico non dovrebbe arrivare a questi livelli, ma lei non poteva illudersi, non dopo quel frammento di discorso che aveva sentito, non dopo che Robert le aveva chiesto di uscire. Robert non avrebbe mai ferito Eric, non gli avrebbe mai fatto una cosa del genere, era il suo migliore amico e il tuo migliore amico non chiede alla ragazza che ti piace di uscire. La richiesta di Robert aveva esplicitato l’unica cosa che lei non avrebbe voluto sentire: Eric non la voleva.
“Tra poco torneranno mia madre e i miei fratelli dalla piscina, quindi sarà un inferno e non riusciremo a studiare.”
Ringraziò Robert per quelle parole, perché Claire non riusciva a spiccicare parola. Sentì un piccolo tremolio alle labbra che le confermò quanto fosse poco saggio per lei dire qualcosa in quel momento.
“Mi sembra che abbiamo una buona preparazione. Con i limiti ci siamo.”
Eric si alzò dalla sedia e cominciò a sfogliare il quaderno ad anelli, pieno di calcoli e problemi. “Con gli studi di funzione pure.” Continuò a girare le pagine e poi si rivolse prima a Robert e poi a Claire. “Qualcosa che non abbiamo capito?” Entrambi scossero la testa ed Eric chiuse il raccoglitore. “Allora io torno a casa.”
Claire si alzò poco dopo, sistemando la sedia sotto il tavolo e prendendo le proprie cose. Se Eric non le avesse chiesto di andare insieme a lui in motorino, lei non gli avrebbe detto niente. Non voleva imporre la sua presenza, non più di quanto aveva già fatto. Il senso di colpa che prima si era fatto spazio dentro Claire era sparito, non era colpevole di niente, Robert le aveva solo chiesto di uscire e lei si era limitata a non dare una risposta significativa. Lei ed Eric non stavano insieme, lei non gli doveva niente se non l’essere la sua migliore amica.
“Ti accompagno io, Claire?”
“Solo se non ti faccio allungare la strada.”
Eric le aveva sorriso, come se avesse appena detto la cosa più stupida del mondo.
“E’ di passaggio casa tua, lo sai che non allungo.”
Robert li aveva accompagnati alla porta e Claire si aspettava che lui facesse un accenno di qualsiasi tipo sulla conversazione avvenuta precedentemente, ma l’aveva solo salutata, sorridendole un attimo in più del solito.
“Ce l’hai una giacca? Fa freddo.”
La ragazza scosse la testa ed Eric le allungò il suo giubbotto. Era la prima volta che tornavano a casa alle otto di sera, eppure con la vicinanza dell’estate le giornate erano sempre più lunghe e riuscivano a scorgere ancora un piccolo pezzo di sole.
“Non sentirai freddo?”
“Non importa.”
Aveva indossato quella giacca lentamente, con tanto entusiasmo celato dietro la sua faccia stanca. Era la prima volta che indossava qualcosa che appartenesse a Eric e sentiva che quella potesse essere l’ultima volta che lo avrebbe sentito così vicino.
“Mi spiace non aver portato niente.”
“Non immaginavamo di fare le otto e poi non ti preoccupare. Non sento freddo.”
Prese il casco, lo chiuse accuratamente intorno alla sua testa e poi andò ad abbracciare il ragazzo. Anche se in quel momento era delusa, piena di dispiacere e sapeva che dal giorno successivo avrebbe dovuto dimenticarlo, cinse Eric forte, più forte di come aveva fatto fino a quel momento. Respirò a fondo dentro la giacca che aveva chiuso fino a sotto il naso, lo abbracciò ancora più stretto e iniziò a piangere.



Eric sentì il corpo di Claire più vicino delle altre volte, come se cercasse conforto in lui, come se ne avesse davvero bisogno, e più volte fu tentato di accostare il motorino per sapere cosa la turbasse, ma più controllava l’orologio e più si rendeva conto che non aveva il tempo materiale per farlo. Era successo qualcosa quel pomeriggio, tuttavia non sapeva cosa, non si erano guardati come erano soliti fare, non avevano scherzato, non avevano fatto niente di normale. Claire non era nemmeno in stanza quando aveva parlato a Robert di loro due e in ogni caso non avevano fatto nomi, quindi non poteva sapere di chi stava parlando. Poteva anche essere Amy, Melanie, chiunque. Non per forza lei. Sospirò, provando a convincersi che le cose fossero veramente così. Claire era da un’altra parte, perciò era improbabile ma non del tutto impossibile. Scorse casa di Claire e sentì la presa della ragazza allentarsi. Parcheggiò davanti al portone, la vide scendere e poi la guardò negli occhi, provando a capire se le sue non fossero solo fantasie, eppure Claire sorrideva. Gli restituì la giacca e lo salutò con la mano.
“Ci vediamo domani.”
Il ragazzo annuì e poi sfrecciò veloce verso casa. Era sempre più convinto che le soluzioni fossero due: lasciarla andare o confessarle tutto. In fondo non era poi così difficile, doveva solo dirle due parole e aspettare una sua risposta, ma sapeva che non ne avrebbe mai trovato il coraggio, non in quel momento. Posò il motorino in garage e salì velocemente le scale. Aveva fame e sapeva che i suoi genitori lo stavano aspettando.
“Ciao.”
Posò le chiavi del motorino e quelle di casa accanto alla porta e poi si precipitò in cucina.
“Ciao, Eric. Dove sei stato?”
Era figlio unico e, nonostante sua madre non lo bombardasse di telefonate, si preoccupava per lui e al rientro voleva sapere sempre cosa aveva fatto durante la giornata.
“Da Robert. Io, lui e Claire abbiamo studiato per il compito di matematica.”
La donna gli sorrise appena sentì il nome della ragazza. Era come se sospettasse che tra di loro ci fosse qualcosa, ormai da un paio di anni.
“E’ domani?”
“Sì.”
Aprì un’anta della cucina e cominciò a cercare qualcosa da mettere sotto i denti.
“Apparecchia, ché è pronto. Io vado a chiamare tuo padre.”
Vide sua madre dirigersi verso le altre camere e si spostò verso il cassetto delle posate. Sistemò tutto velocemente e, poco dopo, vide entrambi i suoi genitori entrare in cucina.
“Ciao, papà.”
“Ciao.”
Si sorrisero ed Eric notò che era stanco.
“Dai, ceniamo. E massimo alle dieci andiamo a dormire. C’è sonno nell’aria.”
Suo padre annuì e si sedettero tutti insieme a cenare. Eric sentì una vibrazione e vide un messaggio di Claire.
Sei tornato a casa?”
Le rispose velocemente, sapendo già che le avrebbe chiesto se andava tutto bene.
Sì, sto già cenando. Va tutto bene?”
 
 
Claire scrisse quella risposta cento volte. Aveva cominciato più volte allo stesso modo, con un “No” secco ma aveva cancellato per poi riscrivere. Ad un certo punto aveva scritto un messaggio chilometrico.
No, Eric, non va per niente bene. Oggi ti ho sentito parlare con Robert e so che parlavate di me. Io ti reputo più di un migliore amico, perché mi conosci come nessun’altro, ma non provo più solo amicizia nei tuoi confronti da troppo tempo. Mi sono innamorata di te.”
Solo che poi lo aveva cancellato, chiudendo e riaprendo il messaggio così da essere sicura che non avesse lasciato traccia di quelle parole. Fissò ancora lo schermo per qualche minuto e poi si decise a scrivere la prima cosa insulsa che le passava per la testa.
Sì, va tutto bene. Perché?”
Era una risposta da persona inutile, da persona che, se fosse stata veramente bene, non avrebbe mandato uno stupido messaggio per capire se era tornato a casa. Come se potesse succedergli qualcosa in meno di un chilometro di strada. Si buttò a letto, era esausta per via del pomeriggio passato a studiare e poi aveva realizzato parecchie cose quel giorno, cose che avrebbe voluto solo dimenticare. Sentì una parte del letto vibrare e rapidamente prese in mano il cellulare. Doveva essere Eric con una risposta più stupida del suo ultimo messaggio, ma invece notò che il mittente era Robert.
“Sappi solo che l’offerta è ancora valida. Quando vuoi tu.”
Sembrava una minaccia, anche se sapeva che prima o poi avrebbe dovuto affrontare anche quel discorso con lui. Non lo aveva mai considerato come un ragazzo con cui stare, eppure allo stesso tempo non poteva dimenticare Eric da un giorno all’altro. Dimenticare. Quella parola sembrava tormentarla senza sosta, era sempre più evidente che fosse la cosa più razionale da fare, ma lei non era un numero, non poteva seguire una formula matematica per smettere di pensare a lui. Aveva bisogno di tempo e di vedere meno Eric, due cose che sarebbero state possibili dopo la fine della scuola. Sbuffò e si rese conto che non aveva nessuna via d’uscita, le venne voglia di scappare via. Forse andare in un’altra città le avrebbe reso tutto più semplice. Sentirlo ogni tanto, iniziare una nuova vita, ma in fondo il Paul di Holly in Colazione da Tiffany aveva ragione: “Non importa dove tu corra, finirai sempre per imbatterti in te stessa.” Si sarebbe sempre imbattuta in se stessa e nei suoi sentimenti per Eric. Sentì vibrare un’altra volta il telefono. Ormai aveva perso le speranze che potesse essere Eric e, guardando l’orario, Amy aveva già concluso la sua lezione privata di matematica.
“Sono Amy dal cellulare di mio padre. Ho finito i messaggi e ho bisogno di chiamarti. Posso?”
Claire sbuffò una seconda volta. Era sicura che volesse parlare di Eric e della colazione insieme.
Certo, chiama pure. Il telefono ce l’ho io.”
Si mise seduta a letto prima di alzarsi e avvicinarsi alla scrivania che aveva nella sua camera. Sua madre le aveva regalato il telefono di Minnie per il suo dodicesimo compleanno e lei si ostinava a tenerlo. Adorava attorcigliarsi il dito attorno a quel filo rosa confetto e poi le dava un’idea di tempi andati, dove i telefoni senza fili nemmeno esistevano. Sentì il trillo e rispose subito.
“Ho grandi novità.”
Lo sapeva che si parlava di quello.
“Quali?”
“Un giorno di questi Eric ed io ci prendiamo una colazione insieme.”
Provò a sbuffare piano, per non farsi sentire.
“In che senso? Colazione o ricreazione insieme?”
“Che differenza fa? Mi offre la colazione.”
“Va be’, niente.”
A volte Amy sembrava non capire.
“Quindi prossimamente saremo solo io e lui.”
“Amy, posso farti una domanda?”
Eric le aveva messo il dubbio e aveva intenzione di chiedere alla diretta interessata.
“Ma tu che intenzioni hai con Eric?”
Sentì la voce dell’amica tremare.
“Io vorrei provare a stare con lui. Non posso dirgli che me ne sono innamorata perché so che scapperebbe, ma vorrei fare qualcosa.” Si interruppe, riprendendo più fiato.
“Intanto vorrei cominciare con la colazione, poi sabato sera in discoteca continuo a parlargli e magari lo bacio.”
A quell’affermazione, seguì un risolino di Amy che per Claire fu peggio di sentire un coltello conficcato nella gamba. Fino a quel momento, non aveva mai immaginato loro due insieme. Pensava che Amy non avrebbe mai avuto il coraggio di parlare con lui, ma allo stesso tempo Eric non sembrava interessato all’amica. Lui sembrava solo accertarsi della situazione, di cosa si sarebbe dovuto aspettare, anche se non aveva mai espresso un opinione a riguardo.
“Che ne pensi?”
Cosa avrebbe dovuto risponderle? Che se avesse fatto una cosa del genere lei avrebbe sofferto terribilmente? Oppure che sarebbe stato straziante ascoltare Amy parlare per ore di quando avrebbe baciato Eric? In momenti come quello si chiedeva perché non le avesse detto mai niente, per quale motivo non le aveva detto che si stava innamorando di Eric. Dopo tutto quel tempo non si capacitava.
“Penso che… Wow. E’ un bel passo avanti.”
“Sì, lo penso anche io. Sapevo che mi avresti appoggiata.”
Claire alzò un sopracciglio. In quale parte di quella conversazione l’aveva appoggiata? Provò a cambiare argomento, senza negare o confermare ciò che aveva appena detto Amy.
“Come è andata la lezione privata?”
“Bene, al solito. Tu?”
“Anche per me bene, abbiamo studiato insieme io, Eric e Robert.”
“E come è andata?”
“Bene. Abbiamo fatto tanti esercizi.”
Dall’altra parte della cornetta Amy era in silenzio. Era evidente che non voleva sapere solo quello.
“Eric mi aveva accennato a pranzo della colazione, ma non ne abbiamo più parlato.”
“Peccato.”
“Sì lo so. Poi Robert mi ha chiesto di uscire.”
“Robert?”
“Sì.”
Sentì un urlo dal telefono e distanziò la cornetta dal suo orecchio.
“E cosa gli hai risposto?”
“Che ho bisogno di tempo e che gli farò sapere.”
“Lo sapevo che lui provava qualcosa per te, te l’ho detto che quella volta al cinema non era casuale.”
“Sì, ma non sono sicura che a me lui interessi.”
“Claire, lo so che c’è qualcuno, anche se non vuoi dirmelo.”
“Non è così. Non c’è nessuno.”
“E allora perché non ti butti? Magari possiamo fare anche le uscite a quattro.”
Le venne voglia di ridere e piangere allo stesso tempo: lei che vedeva Eric ed Amy baciarsi e nel frattempo teneva la mano a Robert. Una scena comica, veramente comica.
“Non mi sembra il caso di correre così tanto.”
Amy rise e Claire sentì la voce della madre dell’amica.
“Mi sta chiamando mia madre per la cena. Ci vediamo domani a scuola.”
“A domani.”
Poggiò la cornetta chiudendo la chiamata, poi si diresse di nuovo verso il letto. Non aveva voglia di fare niente, né di ripassare per il compito e nemmeno di mangiare qualcosa. Era troppo stanca e non aveva nemmeno le forze per fare girare di nuovo il solito disco. Si spogliò, indossando il pigiama poco dopo e, prima di mettersi a letto, controllò il cellulare: Eric aveva risposto.
Perché sei la persona più importante della mia vita e io mi preoccupo per te.”
Spalancò gli occhi e sospirò. Per una volta voleva rispondere con una frase ad effetto, che gli facesse supporre qualcosa, ma non era brava in quelle cose, non lo era per niente.
Anche tu sei la persona più importante della mia vita. Buonanotte, Eric.”
Forse era troppo codarda o forse troppo esausta.
Buonanotte anche a te, Claire.”
Poteva scegliere tante altre parole, poteva non scrivere il suo nome, poteva non risponderle, eppure lui aveva digitato quelle e solo quelle come a ricordarle ogni volta perché si era innamorata di lui. Le sembrò di percepire il tono di voce di Eric dire quella frase e un brivido le percorse la schiena. Ricordare la prima volta in cui gliele aveva sussurrate era inevitabile.
Ritornare a quattro anni prima, durante il ferragosto in spiaggia, quando con quella dolcezza aveva cominciato ad accorgersi di Eric. Aveva cominciato ad innamorarsi di lui.


C’era Eric, il suo migliore amico dal primo anno di liceo, che la guardava e che come sempre si stava prendendo cura di lei.
“Dai, Claire, sei ubriaca.”
Stava provando a farla ragionare.
“E non mi interessa.” Sbatteva i piedi come una bambina. “Non voglio tornare alla tenda.”
Non voleva tornarci perché aveva paura di stare male, vomitare ciò che aveva bevuto e fare una brutta figura davanti al gruppo.

“Nemmeno se dormo io con te?”
Non sapeva nemmeno perché Eric le avesse chiesto una cosa del genere, ma le sembrava un giusto compromesso. Se erano insieme non le sarebbe successo niente, ne era sicura.
“Solo se dormi con me. Credi mi passerà questo mal di testa atroce?”

“Sì, però devi dormire.”
Eric le sorrideva sempre in quel mondo, con quelle fossette che si andavano a scavare sorriso dopo sorriso.
“Mi ha lasciata per un’altra. Secondo te sono così insignificante?”
“Non sei insignificante. Solo che a volte non ci si rende conto delle cose che si hanno.”
Continuavano a camminare sulla spiaggia, con i piedi sulla sabbia gelida, Claire che barcollava ed Eric che provava a sostenerla.

“Meno male che l’ho solo baciato.” Claire rideva. “Penso che mi abbia lasciata anche per questo motivo.”
“E non è meglio?”
“Sì, Eric, è meglio così.”
Erano ormai arrivati vicino la tenda, Claire aveva iniziato a salutare il gruppo da lontano.
“Ciao, Amy.” Scuoteva la mano. “Ciao, Robert.” Indicava il ragazzo. “Ciao, Melanie.”

La brutta figura stava iniziando a farla ed entrò velocemente dentro la tenda. Poteva sentire la voce di Amy chiedere qualcosa, anche se il mal di testa faceva, ormai, parte di lei.
“E’ ubriaca?”
“Sì, è un po’ ubriaca ma niente di grave. Dormo io con lei stanotte. Potrebbe vomitare o sentirsi male. Ha bisogno di qualcuno.”
Vide entrare Eric in tenda e gli sorrise.
“Come ti senti?”
“Voglio morire.”
Il ragazzo fece in modo che Claire si sdraiasse, la sistemò sul materassino e poi si posizionò accanto a lei. La ragazza si girò dalla parte opposta, dando le spalle ad Eric, e lui provò a mettere distanza tra loro, ma Claire non sembrava intenzionata a tenerlo lontano. Quella sera avrebbe voluto dormire con il braccio del suo migliore amico attorno al suo corpo. “Buonanotte, Eric.” Non capì mai se lo avesse sognato o vissuto perché quella sera non era la solita Claire, eppure le sembrò di percepire le labbra di Eric sulla sua fronte accompagnate da una semplice frase, sussurrata con tutto l’amore del mondo.
“Buonanotte anche a te, Claire.”









spazio autrice
Buon pomeriggio, ci troviamo al secondo capitolo della storia, è un capitolo un po' di transizione ma che parla ancora di Eric e Claire e di come vanno le cose tra di loro. Bisogna conoscere le loro abitudini, i loro modi di fare, e la camera di Claire e il suo telefono fanno parte di lei, così come Eric e il suo cellulare. In questo capitolo secondo me c'è una parte fondamentale: il flashback. E' lì che qualcosa ha cominciato a cambiare per Claire e lei se ne ricorda ogni giorno, ogni volta che Eric e lei si ritrovano a mandarsi la buonanotte. In fondo loro sono migliori amici e non possono scomparire dalla vita dell'altro all'improvviso, l'unico modo per approcciarsi tra loro è sempre quello di rimanere neutrali e non mostrare più del dovuto per paura di perdersi. A ogni modo, spero che il capitolo sia di vostro gradimento e che le vostre impressioni siano positive.
Ringrazio tutti voi che seguite, recensite e preferite la storia. Mi fa davvero piacere che piaccia e ringrazio, come sempre, Hanna Lewis che mi sprona tanto nella scrittura e beta la storia.
Alla prossima ^^










 
   
 
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