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Autore: futacookies    20/07/2014    3 recensioni
{One Shot partecipante al contest "Ossessioni e vetri infranti" indetto da Mary Black sul forum di Efp}
«Ardemonio.»
Vorrebbe correre verso lui, fermarlo, ma non riesce a muovere nemmeno un muscolo. Vorrebbe chiudere gli occhi e svegliarsi, ma non riesce a muovere le palpebre. Osserva rapita, terrorizzata, le fiamme che scaturiscono dalla sua bacchetta, che avvolgono il corpo di sua madre.
Ardemonio. Morte, devastazione. Di Harry, di Ron.
Ardemonio. È un incubo
– si ripete – semplicemente un incubo.
Le fondamenta di Hogwarts crollano e in pochi minuti dell’antico castello resta soltanto polvere. Vorrebbe gridare, ma non ha più fiato. Le lacrime scorrono rapide sulle sue guance, mentre invano cerca di svegliarsi.
È un incubo. Un incubo.
Svegliati, maledizione!
Sono rimasti solo loro. Lei, Malfoy e le macerie. Si avvicina, piano, quasi fluttuando, tant’è che nemmeno se ne accorge.
Poi le sue labbra le accarezzano piano la bocca e finalmente la sua mente si riempie di oscurità.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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– Wrong and Dirty –
 
Gennaio 1999
 
Malfoy non aveva smesso di tormentarla, almeno nei suoi incubi. Le vacanze erano appena finite e gli alunni si prestavano a tornare a scuola per terminare gli studi. Hermione e Ginny stavano guadagnando l’ingresso, affondando i piedi nella neve. L’aria sapeva ancora di vacanze, di speranze per il futuro, di progetti e compiti completati all’ultimo secondo. Era tutto talmente tranquillo da sembrare strano. Fin da quando era a Hogwarts non aveva ricordi positivi della sua permanenza, in genere legati alla guerra contro Voldemort e i suoi Mangiamorte.
I primi mesi aveva osservato, seguito, spiato Malfoy, più per mettersi l’anima in pace che per vera e propria curiosità. Lo aveva trovato diverso dalla scadente e perversa riproduzione della sua mente, che le figurava ogni notte violenza gratuita e morte. Si era congratulata con se stessa per aver sconfitto quel fantasma, unico abitante di quel subconscio altrimenti perfettamente sgombro e pulito, e aveva ripreso le redini della sua vita.
Negli ultimi tempi, però, la situazione era precipitata. Non riusciva a mettere piede in Sala Grande o in una qualunque aula senza muovere freneticamente gli occhi alla ricerca di una testa bionda china su una pergamena o su un piatto. Appena notava anche il più piccolo movimento, si preparava a lasciare in tutta fretta gli amici per non perdere le sue tracce.
La cattiveria del Malfoy surrogato e rilegato in un angolo nel suo cervello aumentava pari passo al suo interesse verso quello reale, che sembrava più innocuo che mai. Dall’inizio della scuola aveva evitato ogni scontro possibile, chiudendosi a riccio, presumibilmente scosso da quanto accaduto durante la guerra. Certo, non c’erano stati gesti di palese redenzione, ma nemmeno dimostrazioni di efferatezza. Forse gli conveniva nascondere la sua malvagità sotto la sua scorza. Forse era davvero cambiato e non gli interessavano più le diatribe sul sangue o sullo stato sociale. Forse poteva ancora salvarlo da se stesso.
«Hermione! Si può sapere cosa stai cercando? Merlino, sembri Harry al sesto anno! Ti ricordi la sua ossessione per Malfoy?»
Sorrise tirata, annuendo. Se Ginny avesse scoperto che la sua malattia era la stessa di Harry, – Dio! – aveva paura di quello che sarebbe potuto succedere. Perché, in fondo, la sua era una malattia, seppur mentale. Che le proibiva di vivere normalmente, di avere delle priorità che non fossero lui, di pensare lucidamente, di dare il meglio di sé come avrebbe voluto. Malfoy era la causa impediente della sua esistenza. Avrebbe voluto capire perché proprio lui, tra i tanti nemici di guerra. Forse perché era quello con cui aveva maggiore intimità. Come se quello che avevano condivisoavrebbe potuto definirsiintimità.
Stava raggiungendo il Lago Nero e se continuava a parlare con l’amica avrebbe finito con il perderlo. Discretamente, senza farsi notare troppo, si congedò e cominciò a ripercorrere i suoi passi.
«Granger.», bloccò un passo a mezz’aria, rischiando di cadere. Se n’era accorto. Sperò con tutto il cuore che credesse a una coincidenza molto poco fortuita o comunque che non indovinasse la realtà. Era malata di lui.
Deglutì rumorosamente e azzardò un passo verso di lui. «Malfoy.»
Sentendosi chiamare il ragazzo si voltò, mostrandole i lineamenti appuntiti e contorti in una smorfia derisoria.
«Le brave ragazze Grifondoro non seguono continuamente i cattivi ragazzi Serpeverde. Mi sono perso qualcosa?»
Arrossì appena, tradendo la sua colpevolezza. Lui sapeva. Si disse che sarebbe stato assurdo se non si fosse reso conto che l’aveva alle calcagna da quasi cinque mesi.
«Io non… non ti seguo! Non continuamente, almeno.» Aveva provato a negare, ma l’onestà Grifondoro l’aveva tradita. A cosa serviva essere sinceri se questo procurava unicamente problemi? Malfoy intanto non sembrava interessato alle sue giustificazioni e lo ringraziò mentalmente mentre si allontanava di soppiatto, soddisfatta di non dover rispondere delle proprie azioni. Avrebbe fatto i conti con il suo subconscio.

*
 
Destra, sinistra, destra, sinistra.
I corridoi di Hogwarts sembravano tranquilli e vuoti durante la ronda notturna.
Destra, sinistra, destra, sinistra.
Sentì un rumore di passi alle sue spalle e si voltò.
Destra, sinistra, sinistra, sinistra.
«Malfoy.»
«Granger.»
Sinistra, sinistra, sinistra, sinistra.
Il ragazzo le afferrò un braccio e la trascinò con sé in un’aula vuota, sigillando l’uscita con un Colloportus.
«Non credi, che so, di dovermi delle spiegazioni?»
Si appoggiò a uno dei banchi, torturando uno dei riccioli scuri.
«Non so di cosa tu stia parlando.»
Intanto Malfoy camminava continuamente di fronte a lei.
Destra, sinistra, destra, sinistra.
«Io credo che tu sappia a cosa mi riferisco. Cosa vuoi da me, Granger?»
Represse un brivido mentre la fissava.
Destra, sinistra, sinistra, sinistra.
«Nulla, Malfoy, non voglio nulla. Lasciami tornare al mio lavoro.»
Malfoy si era girato di scatto e con una luce felina nello sguardo l’aveva attratta a sé, stringendola in una morsa terribilmente dolorosa. Le pizzicavano gli occhi.
Sinistra, sinistra, sinistra, sinistra.                                                              
«È davvero quello che vuoi, Mezzosangue?»
Calò sulle sue labbra irruento, mentre lei faceva il possibile per allontanarsi. Le morse a sangue le labbra per costringerla ad aprirle. La spinse verso la parete e le si schiacciò contro, il volto distorto in un ghigno.
«Malfoy, lasciami!»             
Sinistra, sinistra, sinistra, sinistra.
Il ragazzo ignorò le sue proteste e cominciò a baciarle lentamente il collo, mentre con una mano le aveva bloccato i polsi sopra la testa e con l’altra sbottonava svelto la camicetta della divisa. 
Serrò gli occhi e si sforzò di pensare ad altro. Diamine, è soltanto un incubo, perché non riesci a svegliarti? L’idea che Malfoy l’avesse in un angolo della propria mente la irritava terribilmente. E la spaventava da morire. Sentì la mano del ragazzo sulle spalle, sul seno coperto, sul ventre, le unghie che affondavo nella carne delicata. Si rese conto di avere il volto umido e la gola bruciante per lo sforzo. Avvertì una forte pressione sul ginocchio e serrò d’istinto le cosce. 
No, no, no, no! Non avrebbe ceduto la sua purezza con uno stupro, Malfoy o non Malfoy. Stai dormendo, – si disse – è tutto finto. Per favore, svegliati. Sentì uno strappo, le calze che venivano lacerate. Godric, proteggimi. Aveva i polsi indolenziti ed entrambe le braccia formicolanti. Il fastidio provocato dal risveglio degli arti la distrasse momentaneamente dalle carezze insinuanti di Malfoy, appena sopra l’inguine. Conta, pensa ad altro: il giorno dopo avrebbe dovuto consegnare un tema sulla Trasfigurazione Umana e ne era enormemente soddisfatta. Aveva scritto circa due metri – con grafia minuta, ordinata e sottile – sulle condizioni idonee a quel tipo di Trasfigurazione, sull’origine della formula, aveva raccolto informazioni storiche, i casi più gravi di infrazione dello Statuto di Segretezza per via un incantesimo pronunciato male e…
Le si mozzò il fiato quando Malfoy infilò due dita tra le sue gambe, per poi accarezzare la sua intimità. Si era distratta e aveva allentato la stretta delle cosce. Respirò forte e per un attimo si chiese cosa sarebbe successo se si fosse lasciata andare a quelle sensazioni piacevoli. Appoggiò la testa sulla spalla del ragazzo e chiuse gli occhi, mentre sentiva l’oblio dei sensi avvinarsi. Gli sbottonò piano la camicia e osservò la sua pelle candida. Era quasi pelle e ossa, tremendamente magro. Toccò con i polpastrelli, a lentezza estenuante, il petto scarno, la gola, poi la pancia piatta.
Si riscosse da quello stato di trance quando sentì il fruscio della cintura che lasciava i passanti del pantalone. Cercò di allontanarsi, chiedendosi come avesse fatto ad arrivare fino a quel punto, come avesse potuto essere così arrendevole, anche solo per pochi attimi. Lui non era il Malfoy reale, che la ignorava o al massimo disprezzava. Quello era un ragazzo più pericoloso, cattivo, con cui non avrebbe dovuto abbassare la guardia. Svegliati, per favore! Svegliati adesso! Aveva raggiunto l’altro lato dell’aula e si era accasciata contro la parete. Poteva vederlo mentre si avvicinava, con quella luce negli occhi.
Sinistra, sinistra, sinistra, sinistra.
L’aveva strattonata per bloccarle i polsi dietro la schiena, poi le aveva slacciato la gonna, lasciandola coperta del solo intimo. Distolse lo sguardo mentre si spogliava, dandosi della stupida. Svegliati, svegliati, svegliati! Non c’era stato nulla di tanto realistico da quel tre maggio in cui erano iniziati i suoi incubi. Parecchi lividi, lacrime, strilli, qualche bacio dal sapore di sangue, niente di così diretto. Il suo subconscio le aveva fatto del male torturando e seviziando la sua famiglia, non lei. Merlino!, voleva aprire gli occhi e osservare tutta la notte le tende rosse del suo baldacchino, guardare Ginny dormire per assicurarsi che stesse bene, leggere Storia di Hogwarts per calmare i nervi.
Le stava mordendo le labbra, entrando a forza nella sua bocca, sfiorando i denti, la lingua. Gemette di dolore e la stretta intorno alla sua vita si fece più forte. Una mano salì lungo la colonna vertebrale, lasciandole entrambe le braccia libere. Aveva cercato di allontanarlo, ma era indubbiamente più forte e ogni sforzo si rivelava inutile. Sibilò frustrata quando vide il reggiseno sul pavimento e tentò di coprirsi. Avrebbe giurato che gli occhi erano diventati rossi: aveva più volte sbattuto le palpebre prima di tornare a sentirli umidi. Aveva artigliato le mutandine e gliele aveva abbassate, arrossandole le cosce. 
«Non è che questo vuoi, Granger?»
Mormorò contro il suo orecchio, mentre le entrava dentro, altro male iniettato nelle vene.
«Malfoy, no! No, no!»

Sussultò e si mise a sedere rapidamente sul letto. Aveva gridato nel sonno ed era stata svegliata dalle sue stesse urla. Sentì una pressione gentile sulla spalla.
«Hermione, tutto bene? Hai gridato così forte prima e sei tutta sudata e hai un’espressione stravolta! Sono giorni – che dico! – settimane che sei strana. C’è qualcosa che non va? Per favore, parla, si risolve tutto!»
Appoggiò la testa sulla spalla di Ginny, seduta accanto a lei e pianse, aggrappandosi all’amica. «Scusa…» mormorò tra un singhiozzo e l’altro. «Sono solo tanto stressata. Questo è l’ultimo anno e se andasse storto qualcosa…, sai che ci tengo alla mia carriera!», mentì. Odiava raccontare bugie, soprattutto ai suoi amici, ma cosa avrebbe potuto dirle?
“Non preoccuparti Ginny, è solo che da qualche mese sogno Malfoy che mi fa del male tutte le notti?” .
Continuò a chiedersi perché proprio Malfoy. Certo era sempre meglio fare incubi su di lui invece che su Voldemort o Bellatrix.
Magari era un segno, no? Qualcuno dall’alto voleva che aiutasse Malfoy. Voleva dirle che in fondo lui era ancora marcio dentro, e che poteva pulirlo. Avrebbe potuto parlargli, forse? Indurlo a sfogarsi, ad aprirsi e curare le sue ferite.

*
 
Durante il corso dei mesi aveva imparato a conoscere le sue abitudini, come per esempio quella per cui, dopo pranzo, andava a fare una passeggiata intorno alla Foresta Proibita per digerire. Da solo. Sapeva che lo seguiva, quindi non sarebbe dovuto essere sorpreso dal vederla e avrebbe potuto approfittare dell’occasione.
«Malfoy, aspetta!»
Non aveva previsto che potesse spaventarsi alla sua vista. L’incubo della notte precedente era ancora vivido nella sua mente e poteva sentire le sue mani che la toccavano e le proprie grida. Fece un passo indietro, come se si fosse appena scottata. L’espressione stampata sul suo viso aveva indotto Malfoy ad avvicinarsi.
«Cosa vuoi da me, Granger? Se è uno scherzo di voi deficienti Grifondoro, puoi anche andartene!»
Si sedette sull’erba umida, si rannicchiò su se stessa e inspirò a lungo. Le stesse parole che aveva usato la notte prima. In fondo, la somiglianza tra i due Malfoy poteva essere davvero poca. Avrebbe e desiderato scappare, nascondersi, ma sapeva che non poteva. Se avesse perso quell’occasione, probabilmente Malfoy non si sarebbe lasciato più avvicinare, specie se avesse pensato a un’azione a suo danno.
«Parlare, Malfoy. Voglio solo parlare.» Sperò con tutto il cuore che il Malfoy reale avesse una razione diversa. Lì però non erano nella sua mente, avrebbe potuto fuggire se fosse stato necessario.
Inarcò un sopracciglio e si sedette accanto a lei.
«Parlare? Spiegati, Sanguesporco.»
Aveva usato il nomignolo dispregiativo come per sottolineare il fatto che loro non avrebbero mai avuto nulla di cui parlare. Magari dei propri incubi notturni.
«Parlare, Malfoy. Sai quando ti siedi a tavolino con qualcuno e beh…» congiunse più volte il pollice con le altre dita, mimando un bocca che parla.
In quel momento la stava guardando. Non solo degnando di un’occhiata, ma osservando nei minimi particolari, con uno sguardo che le avrebbe fatto sciogliere le ginocchia se solo fosse stata in piedi. Se Ron l’avesse guardata anche solo una volta come stava facendo Malfoy in quel momento, forse non sarebbero stati soltanto amici.
«Non sono tipo da conversazione, Granger. Pensavo l’avessi notato. Sai, dopo avermi spiato per tutto quel tempo…» 
Hermione arrossì e si prese il volto tra le mani, chiedendosi come la sua mente avesse potuto scegliere Malfoy come carnefice. Non le sembrava affatto tipo da torture o violenze, in quel momento.
«E comunque non vedo di cosa dovrei parlarti. Scuola? Vuoi sentirmi mentre elogio le tue qualità da So-tutto-io? Che c’è, Potter e Weasley non sfamano più la tua ‘sete di gloria’?»
Punta sul vivo, la ragazza non rispose subito. Malfoy 1 – Granger 0. Non si aspettava collaborazione, ma già il fatto che non avesse girato i tacchi e fosse sparito era una piccola vittoria. In fondo, quella non era mica una guerra, no?
«Non preoccuparti, la mia ‘sete di gloria’, come la chiami tu, è a posto. Vogliamo parlare della tua, di gloria? Non mi sembra si trovi in ottime condizioni.»
Lo vide stringere la mandibola e serrare i pugni. Forse poteva ancora pareggiare i conti. Magari, se fosse esploso, avrebbe rigurgitato tutto quello che teneva dentro – e che probabilmente non aveva rivelato a nessuno. Sarebbe stato bello, si disse, passare i pomeriggi così, seduta su un prato, ascoltando Malfoy che si sfogava. Forse avrebbe fatto piacere anche lui.
«Non mi interessa la gloria.» Sibilò, la bocca ancora contratta in una smorfia di stizza. «Non adesso, almeno.» Aggiunse e si distese acconto a lei. Sorrise soddisfatta e cercò un modo rapido per non far languire la conversazione. Aprì bocca, ma fu interrotta dalla rapida risposta del ragazzo. «È inutile, Granger. Per oggi non ti dirò nulla. Domani, forse.»
Si disse che poteva aspettare. Che mancavano ancora quattro mesi alla fine della scuola. Che ogni mese era formato da trenta giorni e che quindi aveva a disposizione centoventi giorni per far redimere Malfoy. E per guarire se stessa.

*
 
Destra, sinistra, destra, sinistra.
Si fermò e attese che il ragazzo la raggiungesse.
Destra, sinistra, destra, sinistra.
«Granger. Ancora qui?»
«Malfoy.»
Destra, sinistra, destra, sinistra.
«Forse non è stato tanto male parlare con te, oggi. Potresti riprovarci, se ti va.»
Destra, destra, destra, sinistra.
Sorrise nel sonno e lasciò che la notte trascorresse senza incubi. Si stava riprendendo.

*
 
Il giorno dopo aveva aspettato che lasciasse la Sala Grande e l’aveva seguito, per una volta senza curarsi di essere sorpresa da lui.
«Certo che voi Grifondoro siete irriducibili. E sia, Granger. Cosa vuoi sapere?»
Erano poco distanti dalla capanna di Hagrid, e si chiese cosa avrebbe pensato il suo amico Mezzogigante se l’avesse vista in compagnia del giovane Malfoy.
«Nulla, Malfoy. Voglio che tu mi dica qualcosa che già so.»
Il ragazzo aggrottò la fronte e le sue sopracciglia schizzarono su. Poi annuì, come se avesse improvvisamente compreso il significato delle sue parole.
«Vuoi sentirti dire com’è stato brutto stare dalla parte dei cattivi? Siediti, Granger, non sarà un racconto che ti farà piacere.»
Ubbidì alla sua richiesta e si accomodò vicino a lui, le loro spalle quasi si toccavano. Aveva parlato a lungo e senza interruzioni, di come fosse stato entusiasta di entrare nella schiera del Signore Oscuro, di adempiere al compito per cui era praticamente nato. Le aveva raccontato di come tutto fosse precipitato quando aveva saputo il suo primo incarico, di come tutto d’un tratto l’idea di uccidere qualcuno, fosse anche il non troppo amato Silente, lo disgustasse. Di come aveva scoperto che Severus Piton aveva stretto un Voto Infrangibile con la madre, per assicurarle la protezione del suo unico figlio. Di quello che era accaduto al settimo anno, l’esaltazione per la scoperta che Potter non sarebbe stato tra i piedi e l’ansia, la preoccupazione per l’avvento dei Carrow.
«Non mi sono mai sentito… in colpa, credo. Ero convinto di fare la cosa giusta. Sono tuttora convinto di aver fatto la cosa giusta.» Si fermò e la guardo in faccia. Sapeva di essere abbastanza pallida e che probabilmente dopo avrebbe rigettato in un gabinetto il pranzo. «Te l’avevo detto, che non ti sarebbe piaciuto.» Ribadì, poi si allontanò finché non rimase soltanto un'immagine sfocata in lontananza.

*
 
Qualche giorno dopo era ancora scossa, vuoi per gli incubi, vuoi per il racconto di Malfoy, ma non demordeva nell’impresa. Aveva provato a fargli capire che non aveva intenzione di rinunciare a quella specie di contatto che aveva stabilito, ma lui sembrava infischiarsene allegramente.
Un altro momento della giornata che amava passare da solo era il crepuscolo. Spesso si inoltrava al campo di Quidditch e ne percorreva il perimetro esterno più e più volte. Forse era indiscreto parlargli così, sotto gli occhi di ogni probabile passante, ma proprio non riuscì a trattenersi.
«A che serve scappare, Malfoy? Ti faccio forse paura?» Magari le avrebbe risposto che sì, lei in qualche modo oscuro e complicato riusciva a spaventarlo. Oppure l’avrebbe mandata a quel paese, stanco di ritrovarsela sempre tra i piedi. Non le rispose e continuò a ignorarla, sicuramente conscio che questo l’avrebbe portata a continuare. «Allora, rispondi?» Chiese, infastidita. Sentì la sua risata nonostante fosse decine di metri più indietro e decise che era effettivamente troppo. Percorse la distanza che li separava a grandi falcate e gli si parò davanti.
«Non mi fai paura, Granger.» Soffiò a pochi centimetri dal suo viso. Si chiese come avrebbe reagito se si fosse sporta in avanti per baciarlo. In fin dei conti era lì e la loro vicinanza non sembrava infastidirlo come un tempo. Poi non ebbe più tempo di pensare perché lui aveva appena fatto quello che lei aveva pensato e le sue labbra erano dolcissime sulle proprie.
Quando si separarono era completamente rossa, aveva il fiato corto e un’espressione sconvolta in viso. Pensò a come sarebbe stato, se fosse stato così ogni giorno. Stare con lui, riuscire ad allontanare i suoi fantasmi interiori e i propri, smetterla di piangersi addosso per il peso della guerra. «Questo mi fa paura, Granger. Non tu, ma quello che mi fai provare. È innaturale. Tu sei una Sanguesporco ed io sono sbagliato per te. Cosa direbbero…»
Smise di ascoltarlo mentre blaterava su Harry, Ron e suo padre. Stava pensando al suo ragionamento – che la parte sarcastica della sua mente etichettò con prontezza come errato. Non poteva fare a meno di credere che fosse l’esatto contrario.
Era lui quello sporco.
Lei sue mani erano lorde di crimini orribili, la sua mente era deviata da concetti irripetibili e la sua bocca – quella bocca che l’aveva accarezzata con una delicatezza che sapeva non appartenergli – era corrotta da parole impronunciabili.
A lei toccava essere sbagliata.
Avessero anche sormontato la questione del sangue – ormai soltanto i Malfoy davano peso a certe cose –, sarebbe rimasto il fatto che era una Grifondoro, che credeva nella giustizia, nell’uguaglianza, nella moralità. Che sosteneva tutto ciò che loro aborrivano. Che era, per l’appunto, sbagliata.
«… e poi sarebbe uno scandalo, insomma, il sangue dei Mal…» Si interruppe quando gli posò entrambe le mani sul petto e lo scostò da sé.
«Ti spaventi per così poco, Malfoy? Quello che ti faccio provare si chiama ‘amore’. O comunque è qualcosa che ci va molto vicino. Dubito che ti sia familiare, ma possiamo sempre provare…» A fare cosa? A farsi bersagliare dall’intera scolaresca, oppure dai suoi genitori, o dai propri amici? Poi lei non amava Malfoy. Forse. Sperò che quella dichiarazione improvvisata non avesse cambiato le carte in tavola. Però, lei non era più impegnata con Ronald, giusto? Quindi, volendo, avrebbe pur sempre potuto farsi del male e distruggersi la reputazione con Malfoy.
«Non possiamo ‘provare’ niente, Granger. Te l’ho detto: io sono sbagliato, per te. E anche tu lo sei per me. Quindi finiamola qui e mettiti l’animo in pace. Tu sarai anche una Grifondoro coraggiosa, ma io sono molto più realista e obiettivo di te e so come andrebbe a finire. Chiudiamola qui.»
Si era allontanato ulteriormente e sentiva una sensazione di mancanza che le fece salire le lacrime agli occhi. Pensò a quello che sarebbe potuto accadere con il suo Malfoy-mentale durante quella notte. Sperò che almeno lui le desse tregua. Cosa poi avrebbero dovuto chiudere, se non era mai iniziato nulla tra loro? Avrebbe voluto davvero che ci fosse qualcosa, tra loro?
Scosse la stessa, mosse appena le labbra per rispondere, ma quando alzò gli occhi capì che era inutile. Se n’era andato.

*
 
Nelle settimane che seguirono aveva continuato a ignorare la sua esistenza. Questo le aveva dato il tempo di pensare, la lucidità di riflettere. Davvero c’era qualcuno che voleva che si prendesse cura di Malfoy, in qualche modo? La risposta era sicuramente no, anche perché mandarle sogni assurdi non era il modo migliore per comunicare.
Allora, qual era il motivo per cui aveva incominciato a sognare Malfoy?
Perché avrebbe voluto salvarlo? Cosa c’era da salvare in lui?
Le era sembrato un ragazzo come un altro: calmo, tranquillo, dedito allo studio. Forse non proprio come tutti i suoi coetanei, ma era pur sempre Malfoy, quindi un po’ di diversità restava lo stesso.
Forse voleva solo un’altra scusa per stare con lui, andando oltre quella di guarire se stessa. Forse se ne stava innamorando, ma non riusciva a fare chiarezza. Quella specie di – dichiarazione? – sì, dichiarazione, fatta vicino allo stadio, le aveva lasciato un senso di inadeguatezza, di sospensione tra ciò che era giusto e ciò che voleva.
Il solo fatto di averlo pensato mise in fibrillazione ogni singolo muscolo del suo corpo, formicolando e quasi tremando dall’enormità della scoperta.
Voleva Draco Malfoy.
E doveva volerlo da molto tempo, si disse, altrimenti non sarebbe scoppiato quel putiferio nella sua mente alla fine della guerra. Perché altrimenti non avrebbe passato notti turbolente per via di un ragazzo che il suo subconscio continuava ed etichettare come sbagliato, dopo tutti quegli anni passati a considerarlo come il ‘nemico’.
E, almeno fino a prova contraria, anche lui la voleva. Avrebbe potuto convincerlo, trovare una soluzione, lasciare tutto e tutti così, senza dare spiegazioni.
Non avrebbe sopportato lo sguardo accusatore di Harry, o le battute sarcastiche di Ron, o la disapprovazione dei Weasley. Forse era davvero come aveva detto lui. Era sbagliato per lei, come lei era sbagliata per lui. Erano entrambi sbagliati e sporchi, sono tutti i punti di vista.
Se fosse ritornata indietro, di certo non gli avrebbe permesso di scappare. In quei momenti non le rimaneva che tornare alla precedente attività, seguirlo, spiarlo, nutrirsi di ogni sua parola, ogni suo gesto.

*
 
Destra, sinistra, destra, sinistra.
Aveva aspettato così tanto in quei giorni, che restare in quel corridoio sperduto non le costava nulla.
Destra, sinistra, destra, sinistra.
«Granger…»
«Malfoy!»
Destra, sinistra, destra, sinistra.
Il ragazzo tese le braccia verso di lei, che vi si buttò dentro.
Destra, destra, destra, sinistra.
«Mi manchi.» Le aveva sussurrato, il volto nascosto nell’incavo del suo collo.
Destra, destra, destra, destra.

*
 
̶  Vediamoci nella Stanza delle cose Nascoste, durante la ronda. Parlare. 
Aveva ricevuto il biglietto in maniera del tutto insolita. Probabilmente aveva approfittato di un attimo di distrazione per infilarglielo nel libro di Trasfigurazione. Non aveva avuto bisogno di firmarsi, poche persone avrebbero voluto parlarle, e quelle poche che avrebbe voluto farlo non avrebbe scelto un posto così insolito e sconosciuto ai più.
Entrambi ricordavano ancora l’accaduto durante l’ultima battaglia ed era convinta che parte dei fantasmi di Malfoy si richiudessero lì. Forse avrebbe potuto dirgli che la Stanza delle cose Nascoste non era altro che la Stanza delle Necessità, la stessa stanza dove aveva fatto irruzione la Umbridge al quinto anno, dove si era nascosto l’Esercito di Silente durante la guerra.
Aveva lanciato svariate occhiate al tavolo dei Serpeverde, ma Malfoy non dava segni di impazienza, o altro. Al solo pensiero di lasciare i suoi doveri di Caposcuola per lui le si contorcevano le viscere. Chiunque avrebbe potuto scoprirla e capire qualcosa. Davvero valeva la pena rovinarsi la reputazione per Malfoy? Sì, maledizione. Valeva la pena perché per una volta era innamorata e Malfoy – al contrario di Ron – sembrava disposto a mettersi in gioco.
Mentre si recava al settimo piano ebbe l’impressione di trovarsi in uno dei suoi incubi, ad aspettare che la raggiungesse per decretare se fosse più destra che sinistra, se stessero riuscendo a guarirsi a vicenda, oppure stessero fallendo. Gli incubi dei mesi precedenti sembrano lontani anni luce, quelli più recenti – brevi, sfocati, ma quanto mai positivi – erano impressi nella sua mente, a dimostrazione che forse non era tutto perduto.
Sentì un braccio che si stringeva intorno alla sua vita e si appoggiò istintivamente al corpo alle sue spalle. «Granger.» La sua voce era un sussurro che le fece venire la pelle d’oca.
Si era più volte chiesta come avrebbe reagito parlando con lui, dopo aver capito quello che provava. Aveva impressione di non aver mai vissuto abbastanza, fino a quel momento, con il cuore a mille e il sangue che affluiva rapidamente alle guance. Si era staccato da lei e aveva incominciato a compiere i soliti tre giri intorno all’ingresso. Intanto, Barnaba il Babbeo stava cercando di insegnare qualche passo di danza ai Troll. Chissà da quanto ci provava senza risultati.
Malfoy era ancora intento a camminare avanti e indietro, ma non stava ottenendo risultati. Si ricordò improvvisamente che la Stanza delle cose Nascoste era stata distrutta e che probabilmente lui non aveva capito molto del funzionamento di quel posto.
«Aspetta, Malfoy. Faccio io.» Aveva preso il suo posto e stava pensando a un posto adatto per scambiare due parole. Dopo qualche secondo la porta apparve ed entrarono.
«Cos’è questo? La Sala Comune Grifondoro?» Chiese, dopo aver dato un’occhiata intorno. Trattenne a stento una risata e fece un cenno d’assenso. Nemmeno lei immaginava cosa avrebbe trovato, ma il posto dove si era ritrovata più volte a confidarsi con i suoi amici era la Sala Comune, oltre il bagno di Mirtilla Malcontenta. Si accomodò sul divano e lo invitò a imitarla.
«Troppo… rosso.» Sentenziò infine, occupando il  posto accanto a lei. «Non potevi pensare a qualcosa di più verde?»
«Non dovevi parlare?» Rispose, leggermente infastidita da quella critica velata. Incrociò le braccia al seno e lo guardò in attesa di spiegazioni. Le sorrise e proferì.
«Volevo dirti… A proposito di quello che è successo al campo di Quidditch… Io credo che forse potremmo… Insomma, sai… provarci. Senza considerare che tu sia tu ed io sia io. Niente sporco o sbagliato. Sempre che tu…» Non gli permise di terminare perché gli gettò le braccia al collo e si strinse a lui. «Sì, sì, sì, sì!» Esclamò entusiasta. Non si era aspetta nulla di così diretto – forse aveva ipotizzato qualcosa quando l’aveva stretta, appena si erano incontrati. Il tutto andava oltre le sue più rosee aspettative.
Quando la baciò, le sue labbra erano dolci come la prima volta, ma avevano acquistato una sicurezza che prima non avevano. Lasciò scivolare una mano lungo la sua schiena, mentre l’altra strinse possessivamente un fianco. Afferrò tra le dita alcune ciocche di capelli mentre la faceva stendere e si metteva sopra di lei. La schiacciò con il suo pesò, cercando un contatto più profondo che le diede un senso di vertigine. Ancora una volta il pensiero che avrebbe dovuto controllare le aule del terzo o quarto piano, per evitare che altri facessero quello che stavano facendo lei e Malfoy, fu messo a tacere delle carezze del ragazzo. Si ripeté all’infinito che quello non era lo stesso Malfoy della sua mente, che ormai anche quello era stato sistemato. Ma la memoria sensoriale l’aveva riportata bruscamente nel suo mondo fatto di incubi e l’aveva costretta a staccarsi bruscamente da lui.
Sentiva le labbra gonfie, il respiro corto e un’impressione di freddo dove  il suo corpo l’aveva coperta. La stava guardando, con lo stesso sguardo che le faceva sentire le gambe cedevoli e le guance più rosse di quanto non fossero già. Era incuriosito dalla sua reazione, dal perché lo avesse allontanato così quando fino pochi minuti prima sembrava gradire il loro contatto.
«Emh… Granger… Hermione.» Si corresse e sorrise sentendo che l’aveva appena chiamata per nome. Non le era mai sembrato così bello. «Tutto bene? Se ho fatto qualcosa che non va…»  Era chiaramente preoccupato e questo non fece che addolcirla. Gli accarezzò una guancia e gli si avvicinò. Avrebbe dovuto dirglielo, che era stato il suo peggior incubo per poi diventare il suo più grande sogno? L’avrebbe spaventato, fatto fuggire come già era successo. Forse non era ancora pronto, forse era ancora troppo sporco sbagliato per sopportare anche il suo passato. Sospirò, poi aggiunse: «Non è successo nulla Malf… Draco. Davvero. Solo che forse ci siamo spinti un po’ troppo in là, è troppo presto. Avremmo dovuto parlare, non…» Arrossì. Merlino, se non si fosse separata da lui chissà cosa avrebbero fatto in quel momento!
«Forse è troppo tardi, Hermione. E poi, ti ho detto tutto ciò che ti dovevo dire.» Mormorò mellifluo, prima di posare la bocca sul suo collo, trascinandola verso sé, facendo sfiorare proprie spalle con il suo petto. Avrebbe dovuto fermarlo, ma non era molto interessata a staccarsi ancora da lui. Accarezzò con la punta delle dita il braccio sinistro che la teneva ferma, mentre il destro aveva incominciato a sbottonarle la camicetta. Si chiese se sarebbe riuscita ad arrivare fino in fondo. A prescindere da quello che sarebbe successo la mattina successiva, in quel momento Malfoy era considerabile il suo fidanzato, quindi poteva concedersi a lui. Si liberò dalla sua presa e posò le mani sulle sue spalle, invertendo le posizioni. Svincolò rapidamente i bottoni dalle asole, vincendo la resistenza che pose quando provò a fargli scivolare via dalle braccia l’indumento. Il suo sguardo si posò, incerto e titubante, sul Marchio Nero.
«Dovrai abituarti anche a questo, se vogliamo che funzioni.» Disse aspro. Lei annuì e si rivoltò tra le sue braccia, continuando a baciarlo e permettendogli di concludere il lavoro iniziato prima. «Considerando che tu dovrai abituarti a Harry e Ron, sono convinta che possiamo trovare un compromesso.» Aveva riso contro la pelle arrossata sulla clavicola e si era spostato quel che bastava per raggiungere la bacchetta nel mantello e far Evanescere i vestiti di entrambi. La consapevolezza di essere nuda si fronte a lui non la turbò affatto. Il suo sguardo, bruciante di desiderio e passione, non gliene diede il tempo. In quel momento perse tutto importanza: Harry, Ron, il Marchio Nero, quello che era sporco, giusto, sbagliato. C’era solo Malfoy, le sue labbra che lambivano la pelle sensibile del seno, le sue mani che la toccavano facendole infiammare il ventre d’aspettativa.
Forse avrebbe dovuto dirgli che era ancora vergine, che quella era la notte più importante della sua vita, che la stava passando con lui e che non avrebbe voluto trovarsi in nessun altro posto in quel momento. Quando tornarono sulle proprie, le sue labbra erano quasi fameliche, disperate, mentre le sosteneva la nuca per avere un contatto più intimo. «Draco… aspetta.» Mise le mani sul suo petto e arrossì quando sentì l’erezione del ragazzo contro il basso ventre. «Cosa c’è adesso? Ti avviso che non credo che riuscirò a fermarmi.» Prese coscienza di quello che le aveva appena detto e sentì l’effetto che le fecero le sue parole tradotto in un fiotto di calore nel grembo. «Io…», un sorriso divertito proruppe dalle sue labbra. «Cosa ci trovi di divertente? Non ho nemmeno finito.» Continuò a ridere e le strappò l’ennesimo bacio. Era tutto una follia. Forse si sarebbe svegliata la mattina dopo e avrebbe visto Ginny dormire placida un paio di letti più in là e si sarebbe sentita terribilmente colpevole per quelle fantasie oscene. «Credi che non sappia che tu sia vergine? Con chi avresti dovuto farlo, prima d’ora? Vuoi forse farmi credere che Potter non è tanto ingenuo come sembra? Oppure che Weasley ha avuto il coraggio di andare fino in fondo alla faccenda? Merlino!, probabilmente sarà arrossito per un bacio.» Il fatto che avesse deliberatamente offeso la sua – inesistente – vita sessuale, insinuato una relazione con Harry e preso in giro Ron nella stessa frase avrebbe dovuto indignarla, ma non aveva smesso nemmeno per un attimo di vezzeggiarla e la risposta piccata si tramutò in un sospiro estatico.
Si strinse a lui e allacciò le gambe ai suoi fianchi mentre cominciava a dondolarsi dentro di lei. Il dolore fu intenso, ma relativamente breve, perché le sue labbra non lasciarono mai le proprie e la distrassero abilmente. In quel momento sentiva di essere sua, con un dolcissimo senso di appartenenza che non aveva sperimentato con nessuno prima d’allora.
Le spinte divennero più frequenti e rapide, mentre i battiti acceleravano e sentiva l’apice giungere. Il ragazzo si accasciò su di lei, serrando la presa intorno al suo corpo e affondando il volto tra i suoi capelli. «Prima o poi smetterò di essere soltanto innamorato di te. Allora sarà la fine, per entrambi.», sussurrò languido al suo orecchio prima di chiudere gli occhi.

*
 
Quando si svegliò, aveva i muscoli indolenziti per quel tipo di attività mai provata prima, ma anche il sorriso sulle labbra. Draco continuava a tenerla stretta, come se avesse avuto paura che svanisse nel nulla. Desiderava intensamente sapere che ora fosse e apparve una finestra che mostrava un cielo ancora scuro. Era presto, in fondo poteva concedersi qualche altra ora di sonno. «Adesso sì, che dovremmo parlare, Hermione.» Si girò per poterlo guardare in faccia: nonostante la semi-oscurità notava le palpebre socchiuse e il sorriso soddisfatto che gli increspava la bocca.
«Di cosa?» In quel momento, nonostante tutto, ebbe paura di quello che le avrebbe detto. «Non dovremmo decidere di comune accordo che siamo fidanzati e che nessun altro ragazzo potrà più guardarti? Mi dispiacerebbe mettere le fondamenta del nostro rapporto sulla mancanza di comunicazione.» Proseguì ironico. La sua gelosia era qualcosa di terribilmente infantile. Non rispose e strofinò le labbra contro le sue, come conferma di quello che provava. Abbassò le palpebre e si addormentò nel suo abbraccio.

*
 
Destra, sinistra, destra, sinistra.
«Hermione.»
«Draco.»
Destra, sinistra, destra, sinistra.
«Ti amo.» Gli sussurrò mentre lo raggiungeva.
Destra, destra, destra, sinistra.

*
 
Era la fidanzata di Draco Malfoy, per Merlino!, e nessuno ne aveva la più pallida idea. Da quasi due settimane viveva in uno stato di esaltazione costante, che aveva giovato ai suoi studi, al suo sonno, al suo subconscio. Ginny non immaginava ciò che era successo, ma era contenta per lei, quindi le sarebbe andato bene tutto. Non passava minuto senza che pensasse a lui o a quello che era successo tra loro. Lo amava, lo amava da morire e sapeva che prima o poi il suo sentimento si sarebbe trasformato in qualcosa di più maturo.
Aveva proposto di tenere nascosta la loro relazione per trascorrere tranquillamente gli ultimi mesi di scuola. Poi Draco avrebbe voluto portarla via, lontano dagli sguardi malevoli e malpensanti della gente, in un posto dove nessuno avrebbe conosciuto la loro identità e il loro passato, dove avrebbero potuto vivere tranquillamente il loro amore. Si era opposta più volte a quel progetto facendogli notare che lei non avrebbe rinunciato ai suoi amici e alla sua famiglia, dopo tutto quello che era successo l’anno precedente.
Il ragazzo aveva accettato di buon grado questo suo desiderio, ma restava fortemente contrariato. Avevano più volte litigato a causa della sua gelosia, che arrivava puntuale come la morte ogni qual volta che scambiava qualche parola con altri ragazzi. Sentiva in qualche modo minato il suo ruolo di fidanzato e il suo orgoglio ne usciva sempre ferito. Ogni volta le toccava spiegargli che non avrebbe rinunciato ai contatti sociali per i suoi capricci. Allora assomigliava spaventosamente al suo Malfoy-mentale quando era arrabbiato. Non sapeva se restare e combattere la sua paura irrazionale, oppure scegliere una ragionevole fuga dai suoi mostri.
Quello era l’unico aspetto negativo della loro storia, quel suo identificare il Malfoy che amava – e che l’amava – con quello che era stato il suo aguzzino per mesi. Si ripeteva che era un errore e che doveva continuare a distinguerli, per il bene della sua relazione. Voleva a tutti i costi proteggere il loro rapporto e non avrebbe permesso ai disturbi della sua mente di distruggere tutto.
Aveva anche lui i suoi momenti di oscurità, oltre le scenate di gelosia, quando si chiudeva in se stesso e le impediva di parlargli o anche solo di avvicinarsi. Aveva supposto che avesse bisogno dei suoi spazi, che non fosse disposto ad avere un rapporto fatto di vita in simbiosi, per quanto si dimostrasse contrario a una relazione più aperta. In quegli istanti si sentiva di troppo nella sua vita, come se non conoscesse nulla di lui o del suo passato, come se non potesse fare niente per alleviare la sofferenza che sembrava provare.
«Draco.»
«Hermione.»
L’aveva bloccato verso la biblioteca, dove anche lei stava andando per una ricerca sulla preparazione del Veritaserum. «Cos’hai oggi?» Teneva le braccia lungo i fianchi, i pugni stretti e le palpebre ridotte a una fessura. Sperava vivamente che le rispondesse, perché non riusciva più a tollerare i suoi cambiamenti d’umore. Era spesso divisa tra la necessità di andargli incontro e rassicurarlo a prescindere dai suoi dubbi e quella di dargli un paio di ceffoni. «Niente, Granger. Lasciami in pace.» «Non sembravi dello stesso avviso l’altra notte.» «Touché.» Le rispose, e quello scambio di battute si concluse con un sorriso e la malcelata promessa di un chiarimento.

*
 
Le spiegazioni non erano mai giunte è andavano a diventare pezzi di quel puzzle che era Draco Malfoy. Un rompicapo che sperava di risolvere prima di ufficializzare quanto correva tra loro, per dimostrare ai più scettici che il suo non era un salto nel vuoto.
Quel primo marzo era sabato e lei e Ginny sarebbero andate a Hogsmeade per festeggiare il compleanno di Ron con i due amici, che avevano preso un giorno di licenza dal loro apprendistato da Auror. Avrebbe preferito restare al castello e approfittare dell’assenza di molti per trascorrere un po’ di tempo in pace con Malfoy, ma l’amica non aveva voluto sentire ragioni.
Si erano fermate ai Tre Manici di Scopa, aveva ordinato quattro Burrobirre e avevano aspettato di essere raggiunte. I ragazzi furono abbastanza puntuali – Harry aveva miracolosamente imparato le leggi della Smaterializzazione – e il pomeriggio parve passare senza intoppi.
Con la mente e con cuore correva sempre alla Sala Comune dei Serpeverde, dove probabilmente si trovava l’oggetto dei suoi pensieri, dove si concentravano tutti i suoi pensieri. «Terra chiama Hermione! Sei con noi?» Harry stava provando ad attirare la sua attenzione, mentre Ron le sventolava una mano sotto il naso. Entrambi sembravano divertiti dal suo essere distratta, quando era sempre attenta ad ogni minimo particolare. «Sì, certo, Harry. Sono… proprio qui con voi.» Se capirono che si trattava di una bugia non lo diedero a vedere, cominciando a raccontare a raffica notizie sul Ministero, di Percy che aveva conosciuto un’adorabile signorina di nome Audrey e della quale si era innamorato, di Fleur che aveva da poco saputo di aspettare un bambino, di Teddy che ormai correva dappertutto facendo disperare la nonna.
Quando furono in procinto di separarsi, Ron diede segno di voler parlare con lei, in privato. L’aveva trascinata in un angolino del pub e sembrava cercare le parole adatte, balbettando un po’. «Vedi Hermione io… Ho avuto modo di pensare in questi mesi…» Fece una pausa e strofinò contro il maglione le mani sudate. «Credo che sia stato un errore mollare tutto, lo scorso luglio. Vorrei provarci davvero, se ti va.»
Ecco, questa era una cosa che non si sarebbe mai aspettata. Cosa poteva rispondergli? ‘Mi dispiace, Ron, ma da quasi tre settimane sono fidanzata con Malfoy, sono innamorata di lui da chissà quanto e mi duole ferire i tuoi sentimenti, davvero, ma non rinuncerò mai a stare con lui?’. Appoggiò cauta una mano sulla palla, preparandosi rifiutarlo con la massima gentilezza. «Ron…» Si bloccò quando vide un sorriso allargarsi sul volto del ragazzo. Nonono. Le intrappolò tra le mani e la baciò. Mentre cercava di mandarlo via da sé, pregò che nessuno stesse assistendo alla scena e che Malfoy non dovesse mai venire a conoscenza di quello che era accaduto. Il ragazzo la guardò confuso mentre prendeva le distanze. «Ron, hai frainteso. Apprezzo il fatto che tu abbia cambiato  idea, ma io non provo più gli stessi sentimenti per te.» Si chiese se li avesse mai davvero provati oppure se anche lui fosse stato una scusa per convincersi di non essere attratta da Malfoy.
Aveva sporto lo sguardo un po’ più in là, per non essere costretta guardare Ron in un momento del genere, quando i suoi occhi incontrarono quelli gelidi e furenti di rabbia di Malfoy. Aveva stretto i pugni e stava ripercorrendo hìa grandi falcate la High Street, per tornare a Hogwarts. «Oh, Merlino! Scusami Ron, devo andare!»
Si era precipitata fuori dalla locanda di Madama Rosmerta senza pensarci due volte, ignorando sia Harry sia Ginny, che aveva invano cercato di attirare la sua attenzione. Se Malfoy avesse visto quello che era successo tra lei e Ron, avrebbe pensato a un inganno, o a un doppio gioco. Intanto il ragazzo era già sparito tra le mura di Hogwarts e non le restava che andarlo a cercare.
Ore dopo, con il cuore angosciato per il malinteso e pochissime speranze di ritrovarlo e aggiustare il loro rapporto, vagava per le scale che dal sesto piano portavano al settimo. Era esausta e le dolevano le gambe, aveva un groppo alla gola e un peso sullo stomaco. Quando quell’incubo fosse terminato, si sarebbe fatta ricoverare da Madama Chips fino alla fine della scuola.

*
 
Destra, sinistra, destra, sinistra.
Ancora una volta, il corridoio del settimo piano faceva da sfondo ai lori incontri. Era appoggiato a una parete, la porta della Stanza delle Necessità poco lontana da lui. Quello non era il Malfoy a cui aveva donato il suo cuore – e se stessa. Quello era – precisamente – il Draco Malfoy aguzzino e assassino dei suoi incubi. Proprio lui, con il ciuffo biondo che cadeva su un occhio, lo sguardo cattivo, la bocca contratta in un ghigno crudele. Deglutì e facendosi coraggio si avvicinò. Diamine, era Hermione Granger, aveva sconfitto Voldemort, sopportato le torture di Bellatrix Lestrange, era sopravvissuta all’attacco di un Basilisco e a una maledizione mortale a soli quindici anni, e adesso aveva il sacrosanto terrore di avvicinarsi al suo fidanzato.
Destra, sinistra, destra, sinistra.
«Hermione.»
«Draco.»
C’era stata una notte, pochi giorni prima, in cui aveva amato il modo in cui pronunciava il suo nome, costringendolo a ripeterlo all’infinito mentre facevano l’amore. In quel momento, la sfumatura di minaccia che aveva le fece preferire che riprendesse a chiamarla Granger, o Sanguesporco, se preferiva.
Destra, sinistra, destra, sinistra.
«Non credi, che so, di dovermi delle spiegazioni?»
C’era stato un incubo nel quale lui le faceva quella domanda e lei non voleva rispondergli. In quel momento voleva solo spiegare che era stato un malinteso, un errore, una svista. Gli aveva stretto la mano tra le sue ed era entrata nella Stanza delle Necessità.
Destra, sinistra, destra, sinistra.
«Posso spiegare. Ma lo faccio perché sono io a volerlo, non tu a pretenderlo. Devi capire che non funziona sempre come vuoi tu.» Le aveva ringhiato una risposta e le aveva strattonato un polso per avvicinarla. Se avesse potuto, si sarebbe buttata tra le sue braccia, lui avrebbe stretto il capo contro il suo seno e lei gli avrebbe accarezzato i capelli senza un domani.
«Allora facciamo a modo tuo? Perfetto!, domani mi troverai avvinghiato a Pansy sotto gli occhi di tutta la scuola!»
Si morse un labbro e lo fermò prima che potesse continuare.
«Non è quello che intendevo. Non ho baciato Ron, c’era stato un malinteso, aveva capito male…»
«E ti ha baciata? Perché, Weasley ti bacia tutte le volte che non vi capite? Sempre buono a sapersi!» Le aveva stretto la nuca e aveva le labbra contro le sue.
«Mi sembrava avessimo chiarito che non voglio assolutamente che tu parli con altri ragazzi. Figurarsi andare in giro a baciarli!»
Destra, sinistra, sinistra, sinistra.
«Tu mi hai tradito, e non mi sembravi la faccia della colpevolezza mentre Weasley ti…»
«Basta Malfoy! Per amore di Merlino! Io non ti ho tradito e non è colpa mia se sei convinto del contrario. Quando sarai tornato in te, allora ne riparleremo.»
Camminava svelta avanti e indietro, dopo essersi separata da lui. La rabbia che le montava nel petto aveva preso rapidamente il posto dell’angoscia. Sapeva perfettamente che non sarebbe stato facile fargli credere che quello che era successo era stato soltanto un terribile equivoco, un incidente di percorso. Dopo le sue ultime parole si era alzato di scatto e l’aveva trascinata sul divano con lui. Quella volta era tutto verde e in quell’istante si rese conto di trovarsi nel luogo su cui aveva fantasticato per gran parte della giornata.
Aveva ceduto nuovamente alle sue labbra e seppe come sarebbe andata a finire prima ancora che le sue mani cominciassero a spogliarla.
Destra, sinistra, destra, sinistra.

*
 
Destra, sinistra, destra, sinistra.
Qualche ora dopo Draco continuava a tenerle il muso lungo, ma, nonostante tutto, la cosa sembrava essersi aggiustata.
«Non ti ho tradito.» Gli ripeté, come se dicendolo all’infinito avesse potuto farglielo dimenticare. Non diede segno di averla sentita, ma rafforzò la stretta sui suoi fianchi.
«Però hai baciato Weasley. Non avresti dovuto.» Sottolineò, cominciando a morderle le pelle del collo. Mugolò in segno di protesta e quella situazione non le piaceva più come fino a poco prima. Si allontanò. «Te l’ho detto prima. Pensavo avessimo chiarito la faccenda. Non deve esserci nessun altro. Non voglio che ci sia qualcun altro.»
Destra, sinistra, sinistra, sinistra. 
In quel momento si stavano fronteggiando, opposti l’uno all’altro come non lo erano più da mesi. Sbagliati l’uno per l’altra, sporchi per macchie di nascita – Sanguesporco, Mangiamorte – che non sarebbero mai andate via. Eppure non poteva fare a meno, guardandolo, di sentire che in fondo erano giusti, almeno l’uno per l’altra.
Avevano entrambi preso le bacchette e sembravano intenzionati a duellare – forse così avrebbero risolto la faccenda. Se le puntavano contro, in attesa che qualcuno facesse la prima mossa, che qualcuno scagliasse il primo incantesimo. In un altro momento – mesi, anni, secoli prima – trovarsi a combattere contro Malfoy, nuda, dopo aver fatto l'amore con lui l’avrebbe sconvolta. In quell’istante le sembrava una cosa normalissima. Forse stare con lui – essere innamorata di lui – l’aveva cambiata, aveva corrotto qualcosa anche in lei.
Sinistra, sinistra, sinistra, sinistra.
Si chiese se potesse riuscire a fargli del male, senza poi soccorrerlo e sentire il senso di colpa scorrere più veloce nelle sue vene. Si chiese se non gliene avesse fatto già, del male, e non se ne fosse accorta. Poi non ebbe più tempo di chiedersi nulla perché fu impegnata a parare uno Schiantesimo. «Protego. Malfoy, mi aspettavo di meglio.» Le venne in mente l’ultimo duello di Sirius, mentre spronava la cugina a sfoggiare qualche altra arma del suo repertorio.
Avrebbero dovuto fermarsi. A ogni incantesimo lanciato si avvicinavano, continuando a guardarsi, complementari e ugualmente opposti. Sentiva l’adrenalina far pompare più in fretta il sangue, le guance arrossate per lo sforzo e i capelli scomposti. Si chiese fino a dove si sarebbero spinti, fino a che punto avrebbero retto la loro ostilità, prima che sentissero il bisogno di una tregua dalla guerra interiore che sapeva che anche lui stava portando avanti.
Probabilmente però nessuno avrebbe rinunciato finché non avrebbe ottenuto ciò che voleva. Non gli avrebbe permesso di vincere, non in quel momento che non era lo stesso Malfoy di sempre, ma qualcuno di più tagliente e possessivo. E avrebbe dovuto sconfiggerlo, altrimenti non avrebbero avuto mai pace. Era per il suo bene. Era per il loro bene.
Malfoy aveva abbassato la bacchetta e avanzava verso di lei.
«Mi arrendo, Granger.»
Sinistra, sinistra, sinistra, sinistra.
L’aveva stretta, ma la sensazione di inquietudine non l’aveva abbandonata, mentre la baciava con la stessa irruenza dei suoi incubi, e quasi le rompeva le costole a furia di premere le braccia sul suo corpo. Poi le aveva sorriso, aveva allontanato il volto pur non lasciando la presa.
Sinistra, sinistra, sinistra,sinistra.
«Mia o morta, Hermione.»
Sinistra, sinistra, sinistra, sinistra.
Il terrore le congelò i muscoli e la voce.
«Ardemonio.»
Le fiamme divamparono intorno a loro, avviluppandosi intorno ai loro corpi, circondandoli e impedendo qualsiasi via di fuga. Stavolta non sarebbero arrivati Harry e Ron a salvarla. Non sarebbero stati i loro corpi a bruciare, non si sarebbe svegliata durante la notte ansimante, cercando di calmarsi.
Stavolta a bruciare erano loro.

È un incubo, solo un incubo.
Quanto vorrebbe fosse vero.

*
 
Note dell’autrice:
okay, non ho mai sofferto tanto come durante la stesura di questa OS, che considero il mio capolavoro. Non avrei mai pensato di poter scrivere tanto, la cosa mi ha stravolto parecchio.
Comunque, prima che mi saltiate addosso dicendo che quelli non sono Draco e Hermione, lasciatemi giocare le mie carte!
Allora, partendo da Draco, vi prego di considerare la cosa partendo dal presupposto che, alla fine della guerra, probabilmente era stato abbandonato da tutti, quindi, Hermione, che nutriva un profondo e malsano interesse per lui, è stata vista come qualcosa di assolutamente prezioso e da non perdere a qualunque costo. Anche la morte, sì.
Per i sogni – prologo compreso – vorrei sottolineare quel destra/sinistra, in cui è oscillata l’intera narrazione. Destra sta a simboleggiare ciò che è giusto, positivo. Sinistra indica ciò che è sbagliato, negativo. Ho agito – e scritto – di conseguenza.
Il finale. Come avete notato c’è quel destra/sinistra tipico dei sogni, quindi è aperto a due possibilità:
  1. Era effetivamente un sogno, quindi non era successo niente del genere.
  2. Era realtà, quindi finale tragico e nessuno visse felice e contento.
So di aver scritto qualcosa di un po’ contorto, quindi, se avete dubbi, ci vediamo nelle recensioni o contattatemi in messaggio privato!
- Fede 
  
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