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Autore: Name of fire    22/07/2014    1 recensioni
Siete sicuri che quella che vi circonda sia una razionale realtà?
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Le dico la verità, Signora Tirone. In ventun'anni di carriera non ho mai avuto un caso  come quello di sua figlia. Ma questo non significa che non cercherò di aiutarla, per quanto mi sia possibile. Ora, la prego di mantenere la sua mente lucida e forte, non possiamo permettere che lei crolli, altrimenti la situazione non farà altro che peggiorare. I comportamenti che presenta sua figlia non sono diversi da quelli che si riscontrano in qualsiasi persona che abbia subito un trauma. Ma questo comportamento di Larissa in relazione ad Anna, mi è completamente nuovo.

Mia madre, la signora Claudia Tirone, seduta di fronte al Dottor Filisco, passa in rassegna tutti i fogli sparsi sulla scrivania. Fogli che contengono la vita di sua figlia: Larissa Frasto. Una figlia di diciotto anni che ha avuto la sfortuna di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. O forse, il posto era giusto e il momento sbagliato. Perché il mare mi è sempre piaciuto. Ma un mare in tempesta non genera frutti buoni, non genera sogni, ma solo incubi e rumori troppo forti da sopportare.

Pensano che io non comprenda fino in fondo quel che accade, per questo mi permettono di restare qui, ad ascoltare le sentenze di questo giudice sconosciuto che tutti chiamano "dottore", vestito di bianco, come i muri della nostra casa.                  

Ma io possiedo tanti pezzi. Pezzi che devo mettere in ordine, far combaciare.                   

Lo ha detto anche la signorina Crozzi che devo solo aspettare di trovare ogni singola, parte mancante per poi capire, finalmente capire. Mentre io cerco i pezzi mia madre e il dottore vestito di bianco cercano un nome. Un nome per classificare il mio comportamento. Personalmente lo chiamerei "momentaneo disordine interiore", ma a loro non sta bene. Credono che, trovando un nome, troveranno anche una mappa per ritrovare i pezzi che ho perso. Io spero la trovino, questa mappa.

-Mamma!

Si volta e mi sorride delicatamente.

-Dimmi.

Sento gli occhi del dottore vestito di bianco su di me.

-Posso uscire un attimo? Ho sete!

Annuisce. Continua a guardarmi fin quando non lascio la stanza, chiudendo la porta dietro di me. Quello del dottore vestito di bianco è uno studio privato, fuori dal suo ufficio c'è un'ampia
sala.                                                                                                          

Due divanetti rossi, sbiaditi dal tempo, si trovano ai lati delle porte. Su uno è seduta  Anna. Mi siedo accanto a lei.

-Di cosa parlano la mamma e il dottore?

Percorro le cuciture del divanetto con le dita.

-Di me. Di quello che non va.

Mi accarezza il volto e io la lascio fare. La sua mano calda e il profumo di casa mi tranquillizzano. Il silenzio, tipico degli studi medici, ci culla dolcemente. Lascio il mio posto e mi avvicino al distributore di fronte a noi. Frugo nelle mie tasche e tiro fuori il portafoglio. Con un tonfo che rompe il silenzio cade la bottiglietta d'acqua. La apro e ne bevo un sorso. Mi volto, per chiedere ad Anna se ne vuole un pò. Fa no con la testa e mi dice che dovrei rientrare.
L'ascolto e rientro nell'ufficio. Mia madre è seduta nella stessa posizione di poco prima. Non faccio in tempo a spostare la sedia per sedermi che mia madre si alza, prende la borsa e mi dice che è ora di andare. Il dottore vestito di bianco mi stringe la mano e mi dice qualcosa, una qualche promessa riguardo alla mia salute. Promesse che non ascolto, perché sono troppo impegnata a guardare i fogli ora riordinati sulla scrivania. Su quello in cima, vicino al nome compare una scritta in corsivo, che prima non c'era:
"Demenza post-traumatica".

Leggo e dimentico. Il pensiero che abbiano trovato un nome mi fa sentire in trappola e non posso liberarmi, dal momento che le mie mani tremano. Mia madre me le afferra fuori lo studio medico e prova a farle fermare stringendole. Non funziona e io mi allontano. Rimango in piedi ad aspettare Anna, che non ho più visto seduta sul divanetto. Aspetto che esca. Aspetto. Aspetto con mia madre in silenzio accanto a me. Le dico che forse è andata a bere, visto che prima aveva rifiutato l'acqua. Forse le è venuta sete e sicuramente ora sta bevendo. Anna non arriva e io inizio a a gridare, sfuggendo alle braccia di mia madre che mi tirano e poi mi stringono.

Quando mi risveglio Anna è accanto a me. La fisso in silenzio. Mi lascio cullare dal suo respiro ritmico e leggero. Ha i capelli bagnati, dalle punte scivolano veloci  piccole gocce, che si precipitano sulla coperta.

-Dov'eri finita?

Si alza e prende un asciugamano dalla scrivania. E' bianco. Appena piegato, con ancora sopra il caldo del sole che lo ha asciugato. Si risiede sul bordo del letto. Il suo peso è così leggero che se non la vedessi non mi accorgerei dei suoi movimenti. Apre l'asciugamano, abbassa la testa, cattura i suoi capelli scuri, stringe l'asciugamano e rialza la testa. Mi guarda. La guardo.

- Ero in macchina. Hai iniziato a gridare, a stringerti la testa e da lontano ti ho vista finire a terra, priva di sensi. Mamma ha iniziato a gridare, è uscito il Dottor Filisco. Quando ti sei un pò ripresa ti hanno caricata in macchina e siamo tornate a casa.

Si rialza e raggiunge la finestra a piccoli passi. Scosta la tenda e rimane lì, in piedi, a fissare il mare. Ai bordi delle finestre ci sono ancora residui di plastica, dell'imballaggio originale. Sono sette mesi che viviamo in questa casa, eppure sembra sia nostra da sempre. Mia madre, un giorno, ha deciso di trasferirsi al mare. Non c'è voluto molto a trovare una piccola casa. Un pò più di tempo ci è voluto per salutare la città in cui siamo cresciute, il quartiere in cui giravo in bicicletta, i posti che hanno sentito i nostri passi e le persone con cui abbiamo condiviso i nostri sorrisi.                                                                    

-Questo trasferimento l'aiuterà a superare il trauma!

Sentivo dire dai parenti venuti a salutarci prima di partire.

-Quante volte devo ripeterti che non puoi fare così? Non puoi iniziare ad agitarti in mezzo alla strada, Lari.

Anna è ancora in piedi alla finestra, di spalle. Mi tiro su le coperte e mi giro dall'altra parte.

-Mi dispiace.

Sussurro.

Prima di uscire dalla stanza si avvicina e mi bacia sulla tempia, accarezzandomi i capelli.
   
 
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