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Autore: wings_of_dreams    24/07/2014    2 recensioni
Di tutta la giornata c’era un determinato momento che Sofia amava di più, sicuramente nessuno aveva mai gustato più di lei il suono dell’ultima campanella, la salvatrice dopo tutte quelle estenuanti ore di scuola. Non l’amava solo perchè poneva fine al supplizio giornaliero, no il vero motivo era un altro.
“Andiamo da quanto tempo vieni qui? Possibile che balbetti ogni santa volta?” bisbigliò per non farsi sentire.
“Non è colpa mia, io mi sforzo anche, ma ho quell’orrenda maledizione di fare solo figuracce quando sono agitata”.
“No cara, quando sei con qualcuno che ti interessa”.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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BAKERY BOY

Di tutta la giornata c’era un determinato momento che Sofia amava di più, sicuramente nessuno aveva mai gustato più di lei il suono dell’ultima campanella, la salvatrice dopo tutte quelle estenuanti ore di scuola. Non l’amava solo perchè poneva fine al supplizio giornaliero, no il vero motivo era un altro.
Ogni singolo giorno dopo scuola si recava nel posto che preferiva in assoluto di tutta Holmes Chapel, una piccola e graziosa forneria adibita anche come bar. Essendo di ridotte dimensioni, emanava una rincuorante atmosfera familiare, il profumo di pane fresco era una goduria per i sensi, chiunque vi entrasse era trattato con estrema cortesia, non smielata, ma calorosa e sentita. Sofia si sentiva a casa ogni volta che varcava la soglia.
Ogni volta si accertava di essere in condizioni presentabile, scatenando l’ilarità di Ronnie che l’accompagnava più spesso delle altre sue amiche.
Le due ragazze erano molto unite, conoscevano le varie sfumature l’una dell’altra, la prima aveva una passione smodata e ossessiva per la scrittura e la povera Ronnie, ogni santo giorno a scuola doveva subirsi le sue idee, anche quando non le interessavano minimamente, ma nonostante questo le piaceva lo stesso parlare con l’amica, lei aveva capito prima di chiunque il vero motivo per cui amasse quel posto.
“Sembro decente?” le domandò incerta Sofia prima di entrare.
“Per la milionesima volta, sì” sbuffò annoiata.
Aprirono la porta e un profumo a dir poco delizioso accompagnò il tintinnio del campanello.
Presero posto nel solito tavolino strategico e aspettarono.
Sceglievano sempre quel posto perchè fra tutti e quattro i tavolini, quello era quello che dava una vista migliore al bancone.
“Ciao ragazze, che vi porto?” chiese gentilmente una voce roca e profonda.
Le guance di Sofia cominciarono a bruciare, già perchè quel ragazzo alto e riccio, con due smeraldi luminosi al posto degli occhi, un sorriso a dir poco luminoso e due fossette irresistibili quanto dolci e innocenti, erano il vero motivo per cui lei andasse ogni giorno in quella forneria.
Ronnie dovette fare uno sforzo immane per rimanere seria anche quella volta.
“Io prendo una fetta di torta al cioccolato e una Coca Cola”.
“Tu invece?”
chiese il riccio a Sofia.
“Uhm... Io credo che... uhm... potrei avere... un muffin... se è possibile”. Stava sempre attenta a cosa prendere non voleva che la reputasse una che si abbuffava.
“Li abbiamo al cioccolato, alla mela, ai frutti di bosco”.
“Frutti di bosco”.
“E da bere?”.
“Yorkshire Tea”.
“Perfetto!”
sorrise allontanandosi.
Ronnie scosse la testa divertita, non riusciva a credere una ragazza così eccessivamente vulcanica potesse diventare timida e impacciata in quelle circostanza, non balbettava mai se non quando il bel commesso della panetteria le rivolgeva la parola.
“Uhm io... ehm... io... sposami...” la imitò ridendo.
“Non sei per niente simpatica”.
“Andiamo da quanto tempo vieni qui? Possibile che balbetti ogni santa volta?”
bisbigliò per non farsi sentire.
“Non è colpa mia, io mi sforzo anche, ma ho quell’orrenda maledizione di fare solo figuracce quando sono agitata”.
“No cara, quando sei con qualcuno che ti interessa”.

“Il riccio non mi interessa” la fulminò con lo sguardo.
Ronnie roteò gli occhi al cielo. Sempre la solita storia, era tipico di Sofia, non ammetteva mai le cose più evidenti nella speranza di convincersi di avere ragione, questo non faceva altro che farla sembrare ancora più ridicola, ma quella volta non sarebbe finita così, aveva un piano.
 
Quel giorno Sofia si presentò da sola alla forneria, nessuna delle sue amiche poteva accompagnarla, anche se alcune avevano usato scuse a dir poco idiote, in più era anche abbastanza scornata perchè il suo diario era sparito, aveva ribaltato casa e classe, ma niente, non lo aveva trovato.
Si sedette al solito posto, tirò fuori un nuovo foglio a buchi dal fedele blocco blu, trovò una penna e subito si immerse nei suoi pensieri.
Amava scrivere più di ogni altra cosa, era capace di isolarsi completamente per ore, scegliere le parole e darci il giusto peso la divertiva, creare trame e personaggi era la sua passione. A casa lo faceva di nascosto o quando era sola, sua madre riteneva che i suoi racconti fossero cavolate, anche se non li aveva mai letti dato che erano in pochi a conoscenza di questo suo hobbie.
“Scusami, Sofia giusto?”.
La ragazza rizzò la testa di scatto spaventata, temeva sempre che qualcuno leggesse di nascosto i suoi testi. Ebbe un tuffo al cuore quando scoprì quei occhi verdi osservarla curiosi.
“S... sì?” riuscì a sibilare.
“Hai dimenticato questo ieri” disse porgendole il suo diario.
“Grazie”.
“Ho letto il tuo nome per scoprire di chi fosse, scusa non volevo farmi gli affari tuoi”.
“Non fa nulla... grazie ancora”.
“Io sono Harry”.
“Piacere... è carino”
. Subito si morse la lingua, si stava scavando la fossa con le proprie mani.
Il riccio rise leggermente. “Grazie anche il tuo mi piace”. E in quel momento giurò che il mondo si fosse fermato. “Posso portarti qualcosa?”.
“Yorkshire Tea”.
“Solo?”.
“Sì per favore”.
“Sai, da quando lavoro qui, sei l’unica che conclude le ordinazioni con per favore”
rise andandosene.
Il cuore di Sofia batteva ancora all’impazzata, come aveva fatto a dimenticare il suo diario, non aveva mai toccato la cartella, era andata in bagno lasciandola a... Ronnie... ecco perchè non era venuta con lei.
Era meglio se tornava a scrivere o sarebbe sicuramente morta dall’imbarazzo.
Harry.
In effetti aveva una faccia da Harry, anche se il suo metro di paragone era Potter, ma del resto nel libro era descritto con gli occhi verdi e capelli indomabili, peccato per la cicatrice, se l’avesse avuta l’avrebbe sposato seduta stante.
“Cosa scrivi?” le domandò portandole il suo adorato the.
“N... nulla”.
“Tutte le volte che vieni qui da sola ti vedo riempire di inchiostro interi fogli, non può essere un nulla”.

Sofia non capiva più nulla, non solo conosceva il suo hobby, lui la guardava!
“Sono solo... stupidi racconti” arrossì violentemente.
“Non voglio sembrarti invadente, ma... potrei mai... leggerne uno?”.
“Sono banalità, non voglio farti perdere tempo”.

“Non dovevo chiedertelo scusa, d’altronde non ci conosciamo neanche tanto”.
La ragazza sussultò per un breve istante. “Ci penserò” soffiò alla fine.
“Grazie! Ora però devo tornare al lavoro, a dopo” concluse con un sorriso smagliante.
“Ronnie io ti uccido”
sbottò una volta rimasta sola.
La tazza di Yorkshire Tea che bevve quel giorno fu la migliore di tutte quelle precedenti.
 
Ronnie si presentò da sola alla forneria quel giorno, subito notò lo sguardo confuso del riccio quando venne a chiederle cosa volesse prendere.
“Come mai sola oggi? Senza di te e la tua amica le entrate ne risentano” scherzò allegro.
“Sofia è in gita a Parigi per questo non è più venuta”.

“Oh”
commentò “Bellissima città!”.
“Mi ha chiesto di darti questa”
disse allungandogli una busta.
“Cos’è?”.
“Non ne ho idea”.

Harry la rigirò fra le mani con un piccola punta di timore, poi l’aprì, ne trasse fuori alcuni fogli, gli diede un’occhiata veloce e sorrise. “Non ci credo”.
“Che cos’è?”.
“Un racconto”.
“Sofia ti ha scritto un racconto?! Lei non fa leggere quasi a nessuno i suoi scritti”.
“Perchè non sei via con lei?”.
“Non siamo in classe insieme”.
“Quanti anni ha?”.
“Diciotto, o meglio diciannove ad aprile”.
“Io venti li ho fatti da poco”.
“Oh auguri!”.
“Grazie, se la senti dille che mi ha fatto un bel regalo di compleanno”.

 
“Parigi è una città meravigliosa, era da tanto che non ci tornavo, ne sono completamente innamorata!” concluse con occhi sognanti il racconto. “Novità qui a Holmes Chapel?”.
“Io e Liam usciamo insieme”.

Le due amiche si abbracciarono forte. Sofia riteneva che Payne fosse davvero fortunato ad uscire con lei, era una ragazza unica.
“Direi che bisogna festeggiare!”.
“Dai che Harry ti aspetta”.
“Non è vero”.
“Ma se mi hai detto che l’ultima volta ti ha restituito il diario e ha rivelato che ti osserva!”.
“Finchè mi apposto come un gendarme nel suo negozio...”.
“Ha chiesto di te mentre eri a Parigi”.
“Sarà stato felice di non trovarmi lì”.
“Ma smettila, ti odio quando fai così”.
“Si chiama realismo”.
“Si chiama stupidità”.

Non appena arrivarono notarono la scritta riservato sul loro tavolo, fecero per prenderne un altro, ma subito il riccio corse a toglierla.
“Prima c’era molta gente e temevo che voi due rimaneste in piedi. Bentornata Sofia” la salutò facendole l’occhiolino.
“Falle uno Yorkshire, continua a lamentarsi di come non sia riuscita a trovare té decente in Francia!”.
“Ronnie!”.

Harry scoppio a ridere divertito. “Questa è una vera emergenza, rimedierò subito al danno! Altro?”.
“Io una Coca e una fetta di torta al cioccolato”.

“Io una fetta di torta al cocco...”. L’aveva vista in vetrina e subito le era venuto il languorino, per una volta poteva anche trasgredire.
“L’ho fatta io, dimmi com’è”.
“O..ok”.
“Questo è destino”
sussurrò l’amica una volta rimaste sole.
Sofia fece finta di non aver sentito. “È davvero buona!” esclamò dopo il primo boccone.
Il riccio era dietro al bancone, era curioso di sapere cosa ne pensava, si rallegrò non appena vide la sua reazione.
“Felice che ti piaccia”.
“Ehm... non pensavo di averlo detto ad alta voce”.
“Mi ha fatto piacere però saperlo così, per ringraziarti posso dirti che il tuo racconto mi è piaciuto davvero”.

La ragazza corrugò la fronte. “Il mio cosa?”.
“Questo”
ripose lui raggiungendola con dei fogli.
“Oh no” sbuffò non appena capì cosa fosse. “Come hai fatto ad averlo?”.
“Me lo ha dato lei dicendo che era da parte tua”
rispose stranito.
“Ronnie come hai potuto!” urlò irata.
“Mi dispiace, avevo buone intenzioni lo giuro”.
“Sai quanto sia difficile per me far leggere i miei racconti, da te non me lo sarei mai aspettato”.
“Non è successo nulla di grave, non lo dirò a nessuno”
provò il riccio per sistemare le cose.
“Stanne fuori, non sono affari tuoi!”.
“Non volevo causare problemi, volevo solo aiutarti”.
“Aiutarmi? E per cosa?! Hai sbandierato uno dei miei racconti più personali ad un completo sconosciuto solo perchè ho detto che ha dei bellissimi occhi?! Qual è la tua logica!”.
“Ti piacciono i miei occhi?”
domandò sorpreso.
Fra tutte le gradazione di rosso conosciuto al genere umano, quello che tinse il viso della ragazza era di una straordinaria intensità mai vista prima.
“Puoi non farti gli affari miei? Tornate dietro il tuo stupido bancone, sei un estraneo, stai al tuo posto, cazzo sono già stata umiliata abbastanza, avrai pure degli occhi belli, ma sei un vero stupido, non hai il cervello perchè nel tuo caso era un optional, non capisci quando è il momento adatto per stare muto? Quanto ti devo?”.
“S..Sei sterline” balbettò spaventato.
Sofia tirò fuori i soldi e lasciò cadere con rabbia sul tavolino. “Eccole, io qui non ci metto più piede” sputò acida prima di lasciare il negozio.
Ronnie rimase seduta con lo sguardo basso, voleva solo far avvicinare quei due, voleva solo dare ai due uno spunto per una conversazione che si spingesse oltre ai normali convenevoli da scambiare con i clienti. Sorseggiò tremante la sua Coca.
Harry le appoggiò una mano sulla spalla. “Come stai?”.
“Non benissimo”.
“Non dovevi mentirmi”.
“Io non avevo mai pensato che sarebbe finita così”.
“Vedrai che chiarirete”.
“Lo credi davvero?”.
“Ho imparato a conoscervi”.
“Spero che tu abbia ragione”.
“Le piacciono davvero?”.
“Cosa?”.
“I miei occhi”.

Ronnie sorrise e scosse la testa. “L’ha urlato. Ora scusa tolgo il disturbo, provo a fare pace”.
“Fammi sapere!”.
 

Sofia non si presentò più alla forneria.
Ogni volta che suonava la campanella si precipitava in fretta e furia a casa, evitava Ronnie in tutti i modi, non riusciva a capacitarsi ancora di come avesse tradito la sua fiducia, perchè in fondo era proprio quello ciò che l’aveva ferita, si stendeva sul letto e faceva qualsiasi cosa per tenersi impegnata.
Harry era scomparso completamente dai suoi pensieri, certo aveva chiesto alla domestica di comprare lì il pane per la sua famiglia perchè lo riteneva sempre il migliore di Holmes Chapel, ma riusciva a non associarlo al riccio, era stata solo una stupida cottarella, era davvero lieta che fosse terminata.
Una cosa le mancava, non aveva più il suo posto speciale in cui rifugiarsi. Quella non era solo una panetteria, non era uno stupido anonimo bar, no, quello era il suo regno, il luogo prediletto dove l’ispirazione la prendeva in braccio e le guidava la mano, mentre le soffiava all’orecchio le parole.
La vetrina che dava sulla strada le permetteva di osservare il via vai di persone, ne coglieva le sfumature e le usava, inventava vere e proprie vite per ciascuno di loro, le targhe delle auto erano le iniziali dei suoi personaggi, delle città, delle vie e così via.
Le mancava sorseggiare il suo amato Yorkshire in un ambiente così confortevole.
 
Harry stava lasciando il negozio, Barbara, l’adorabile proprietaria su di età, gli aveva detto di chiudere prima quel giorno perchè sarebbe andata in ospedale a trovare la figlia che aveva appena partorito. Il ragazzo pensava che sarebbe stata una nonna fantastica!
Pioveva, le gocce si tuffavano nei suoi ricci indomabili, scivolavano sulla sua giacca, doveva solo chiudere la porta e tirare giù la saracinesca, poi si sarebbe riparato al calduccio in casa sua. Aveva voglia di tornarci, sua sorella era appena rientrata in città e gli piaceva passare del tempo con lei.
Harry era così per quanto fosse di gradevole aspetto, era un semplice ragazzo dolce, spesso veniva additato come rubacuori o con altri termini, ma a pochissimi importava la sua gentilezza spontanea, la sua tenerezza e vivacità, era un ragazzo che ancora arrossiva quando gli facevano i complimenti.
Questo suo lato compensava il suo carattere allegro ed estroverso, era testardo, il divertimento non era mai sottoposto al disdegno, anche se aveva dei limiti ben precisi che si era autoimposto.
Un vento freddo si alzò, i brividi imprigionarono il suo corpo, voleva andare a casa, quella situazione gli metteva inspiegabilmente tristezza. Sfilò le chiavi dalla serratura, usò troppa forza e queste scivolarono dalle sue mani cadendo in una piccola pozzanghera lì accanto. Lo specchio d’acqua si infranse, schizzando sugli stivaletti del ragazzo sporcandoli.
“Merda!” imprecò.
Si abbassò per raccogliere le chiavi con riluttanza, gli stivali erano nuovi!
Sbuffando si rialzò e fu allora che la vide.
Un beanie le riparava la testa, i capelli erano succubi della pioggia, doveva essere per strada da un po’, gli occhi erano arrossati, il viso diafano, anche a causa del freddo, era solcato da righe nere, trucco sbavato dalle lacrime.
Si muoveva silenziosa, era un’anima dannata dell’inferno dantesco.
La vide arrabbiarsi quando trovò la panetteria chiusa, la vide spaventarsi e sgranare gli occhi quando notò la sua presenza intenta a studiarla, ma subito fece come se nulla fosse.
Silenziosa come era apparsa, girò i tacchi e si allontanò.
Harry non ebbe bisogno di ragionare sul da farsi.
Gli bastarono poche ampie falcate per raggiungerla, le afferrò la mano senza dire una sola parola, la incatenò alla sua per impedirle di scappare, perchè sapeva che ci avrebbe provato. Aprì la porta e la spinse dentro, un gesto assolutamente privo di cavalleria, appena entrò anche lui chiuse l’uscio a chiave.
Accese le luci e la fece sedere, le tolse con cura il beanie, le sfilò la giacca zuppa d’acqua e l’adagiò sul calorifero più vicino. Si precipitò dietro al bancone e mise su dell’acqua. La vide tremare dal freddo, prese la propria giacca e gliela mise sulle spalle.
Quando finalmente si sedette di fronte a lei poggiò due tazze fumanti sul tavolo, dove aveva già lasciato biscotti e pane.
“È Yorkshire Tea”.
Nessuno dei due aveva ancora aperto bocca, ma quelle parole risvegliarono la ragazza dallo stato di trance in cui era caduta convinta di ritrovarsi in un sogno. Afferrò con urgenza la tazza per scaldarsi le mani, vi accostò le labbra.
Fu come tornare a respirare dopo una corsa disperata, il primo tuffo delle vacanze al mare, i raggi caldi del sole sul viso in una giornata primaverile passata in giardino, la risata di Ronnie, guidare a tutta velocità in autostrada. Com’era possibile che un intruglio di varie erbe e aromi essiccati potesse farle provare sensazioni del genere?
“Perchè?” chiese ad un filo di voce senza staccare lo sguardo dalla tazza.
“Perchè sono stupido, non importa se una completa sconosciuta mi infama da capo a piedi davanti a tutti i clienti, non mi importa se per lei sono senza cervello, se la vedo fuori dal mio negozio devastata, sono così idiota da non poter fare a meno di aiutarla”.
“Dovresti detestarmi”.
“Già, dovrei. Cos’è successo?”.
"Credi davvero che io te lo dica? Ti ricordo che siamo estranei"
"Io so il tuo nome, tu sai il mio, so che ti piace lo Yorkshire tea, il mio pane, la torta al cocco e i miei occhi"
affermò divertito.
"Oh perfetto possiamo sposarci, ci conosciamo così bene che non so nemmeno che cognome diventerà il mio" sputò acida.
"Styles".
“Quindi tu sei Harry Styles” ripetè sorseggiando il contenuto della tazza.
“Potrei sapere il cognome da nubile della mia futura moglie?” scherzò.
“Ovviamente no”.
“Perchè stavi piangendo da sola sotto la pioggia?”
le chiese con preoccupazione.
“Ti importa davvero?”.
“Ti ho fatto entrare solo per noia”
rispose ironico.
“Allora dovevi lasciarmi fuori”.
Harry perse le staffe e battè con violenza il pugno sul tavolo. “Oggi potevo uscire prima, ho riaperto solo per te, perchè mi sono preoccupato per te, puoi smetterla di stare sulla difensiva? Voglio solo accertarmi che tu stia bene, sparisci per giorni e ti ritrovo in pessime condizioni! Scommetto che non hai ancora fatto pace con Ronnie, altrimenti non saresti qui. Sinceramente non so perchè mi abbia dato il tuo racconto, ma potresti anche perdonarla, tu le manchi e lei manca a te”.
Nuove lacrime seguirono i lineamenti della ragazza. “Hai maledettamente ragione” soffiò sperando di non essere udita.
“Non tenerti tutto dentro, dopo esplodi, non arrabbiarti, ma la protagonista del tuo racconto faceva il tuo stesso errore. Per quale motivo ti senti anche tu in trappola?”.
“Era una finzione”.
“Si leggeva fra le righe”.
“Ora capisci perchè non volevo che tu lo leggessi”
ammise con un sorriso amaro.
“Non c’è nulla di male nello sfogarsi”.
“Perchè tu lo fai?”.
“Qualsiasi essere umano lo fa”.
“E comunque non scrivo solo cose come quelle”.
“Mi stai dicendo che sei una romanticona?”.
“Non in modo esagerato, odio tutto ciò che è tremendamente diabetico, diciamo che apprezzo i piccoli gesti, quelli inaspettati sono i migliori”.
“Cosa può far crollare una ragazza vulcanica come te?”.

Ci pensò un attimo. “Questo tè”.

“Il tè?”
ripeté curioso.

“Sì, vagavo sotto la pioggia al freddo, ritrovarsi al calduccio sorseggiandone una tazza è piacevole”.

“Ti immagino tantissimo sdraiata sul divano, a leggere un buon libro mentre sorseggi il tè”.


Sofia sorrise. “In effetti lo faccio”.
“Perchè muore?”
la riscosse bruscamente.

“Chi?”.

“La ragazza del tuo racconto. Aveva dei buoni amici, era la sera della festa per il suo diploma, avrebbe potuto vincere tutte le avversità. Lei non sapeva se Vincent ricambiava i suoi sentimenti, forse lui sarebbe riuscito a far cambiare idea ai suoi genitori, lui era l’unico che si era accorto che qualcosa non andava, e il fiore che le lascia sulla tomba?”
.
Sofia rimase sorpresa, Harry non riusciva ad accettare veramente il finale, o non voleva?
“Vincent non era innamorato di lei. Il suo suicidio non ha come causa una futile cotta, lei stava soffocando, era molto più sola di quanto pensi. Non aveva alcun potere decisionale su di sè, non poteva nemmeno più sognare. Non si è suicidata, è stata uccisa, con quell’ultimo folle gesto ha voluto solamente distruggere i castelli di carta di chi viveva accanto a lei”.

Harry non lo voleva capire quel dannato finale, ma il racconto gli era piaciuto davvero. La storia era spaventosamente verosimile, le descrizioni e i pensieri dei vari personaggi lo avevano conquistato, tutto era così curato, certo errori e imprecisioni c’erano, ma nel complesso era davvero ben strutturato. Tuttavia il finale non gli andava proprio giù.

Vincent e Odette erano innamorati, lei si era sottovalutata, era in grado di trovare un’altra soluzione.
Era così infervorato dal racconto che rischiò di dimenticarsi la domanda fondamentale a cui era deciso a trovare la risposta. “Perchè eri sola fuori sotto la pioggia?”.
“Sei il ragazzo dei perchè”
commentò amara la ragazza.
“Che ti ha salvata da una broncopolmonite assicurata”.
“Io credo sia meglio se me ne vada”.

In verità Sofia era spaventata a morte, perchè quel ragazzo era così apprensivo? In fondo era solo due sconosciuti, lei una stalker per di più.
Battere in ritirata in circostanze sfavorevoli era una scelta lei odiava e rifuggiva, tuttavia sapeva di non poter fare altro. Si alzò dal tavolo senza perdere tempo.

“So che hai problemi a casa”.
Harry era ancora lì seduto, le gambe accavallate, le braccia conserte al petto, lo sguardo puntato fuori dalla vetrata e il volto serio come non lo aveva mai visto. Sofia si maledisse, non doveva guardare, non sarebbe mai riuscita a negare quanto fosse... bello.
“I miei hanno divorziato, anni fa. So cosa vuol dire non star bene in casa propria, la tua espressione, i tuoi modi freddi, non mi sono estranei”.

Calò il silenzio.
 Harry volutamente non la guardava.
Sofia era spiazzata. Non capiva cosa stesse succedendo.
“I miei non stanno divorziando” farfugliò. “Ma stanno decidendo la mia vita senza di me, ho fallito un esame per una delle facoltà che vogliono che io segua all'università. Quindi eccomi qui, il grande fallimento, la delusione cocente e costante”.
Dove aveva appena trovato la forza e il coraggio per esprimersi così liberamente con uno sconosciuto?
“Tu vorresti fare altro vero?”.

“Già”.

Harry si alzò.
“Non sei un fallimento Sofia”.
La ragazza si sciolse. Era lì davanti a lei, con le mani sulle sue spalle e lo sguardo penetrante, fisso nel suo. Troppo per il suo povero cuore.

“Io non volevo disturbarti, ma questo posto è ormai una seconda casa, è così accogliente. Non sapevo che oggi chiudesse prima”.
Cercava di sottrarsi a quella presa. Era indietreggiata, ma nulla accennava a cambiare.
Una strana idea le balzava per la mente.
Non vorresti sapere quanto sono soffici le sue labbra? O quale sia il loro sapore?
Era spaventata da questi stupidi pensieri... maledettamente reali. Tuttavia non riusciva a cacciarli via, come non riusciva più a compiere un solo passo, pur sapendo che lui non era cosciente di ciò che aveva provocato.
“Hai scritto la storia di Odette, ora scrivi la tua”.
“Ha smesso di piovere”
esclamò voltandosi velocemente.
Le mani di Harry si ritirarono lentamente.
Il riccio portò lentamente lo sguardo nello stesso punto della ragazza. Le nubi scure andavano diradandosi e alcuni flebili raggi di sole si specchiavano nelle pozzanghere incolori facendo così sembrare la strada ricoperta di pietre preziose.
“È tempo che io torni a casa” continuò lei speranzosa di poter così liberarsi da quella paradossale situazione.
“Hai bisogno di un passaggio?”.
“No, non serve”.

“Davvero non è un disturbo per me”.
“È meglio così”.
“Per favore, voglio solo accertarmi che tu arrivi a casa sana e salva, che tu stia bene”.

A Sofia morì il respiro in gola.
Di primo impatto arrossì per quella frase, ma subito dopo tutta la confusione che provava si tramutò in odio.
Lui non sapeva... agiva senza badare alle conseguenze, lui non immaginava nemmeno cosa scatenasse in lei, lui non ne era consapevole, non provava lo stesso e quella sua bontà d’animo strideva, feriva Sofia perchè era disinteressata, non provava nulla per lei. Era devastante. Era solo la semplice cliente che si era spinta troppo oltre.
“No ti prego smettila” disse infastidita.
Quella reazione stupì Harry. La fissò senza capire il motivo della sua risposta. Aveva detto o fatto qualcosa di sbagliato?
Quella ragazza era strana.
Le sue mani erano ancora sulle sue spalle, non accennava a lasciarla andare via, non ne aveva motivo, ma non gli importava. Osservò i suoi lunghi capelli castani, le punte non più zuppe erano ora ondulate, le sue labbra avevano ripreso colore e il calore del tè le aveva ammorbidite e liberate dalle screpolature.
Sofia ormai era persa, irrecuperabile, andata, spacciata.
Verde smeraldo.
Ormai era totalmente succube di quei occhi verdi, così belli, così vividi, accessi, profondi, brillanti, confortevoli, incantevoli e associabili a tutti gli aggettivi postivi di questo mondo.
Si era innamorata di loro quando ancora non la conoscevano.
“Scusa, mi sono espressa male. Intendevo dire, che sei già stato fin troppo gentile, non ti voglio far perdere altro tempo, come hai detto tu, oggi chiudevi prima”.
Pronunciò quelle parole con un sorriso.
Nascondere, rinchiudere, non dare a vedere.
Era il suo modo per sfuggire situazioni sgradevoli.
Bastava solo un falso sorriso, qualche parola di cortesia, non sbilanciarsi troppo e magari atteggiarsi come l’interlocutore si aspettava. Una sorta di political correct.
Si sottrasse dalle mani del riccio, velocemente tolse la giacca del ragazzo e si riappropriò dei propri indumenti.
“Grazie” sorrise nuovamente prima di andarsene.
Camminò tranquillamente davanti alla vetrina, mentre il riccio la guardava confuso, raggiunse la sua fermata dell’autobus.
Controllò i tempi d’attesa, 20 minuti.
Si abbandonò sulla panca.
Cosa diavolo le era saltato in mente? Andare a piangere come una bambina in quella panetteria. Davanti a lui.
Scoppiò a ridere in modo isterico. Il danno era fatto, a che serviva piangere?
La sua stupidità non la stupiva nemmeno più, forse era per questo che aveva fallito miseramente quel dannatissimo test. Beh non che le dispiacesse in realtà.
Tornò a casa.
Si gettò stanca sul suo letto, tanto per cambiare i suoi erano al momento erano troppo impegnati, ammirava la loro dedizione al lavoro, ma era convinta che non si fossero nemmeno accorti della sua temporanea fuga.
Prese il computer e cominciò a guardare Game of Thrones.
Amava alla follia quella serie, lotte fra nobili casate, personaggi unici, draghi, sesso e una sigla d'apertura meravigliosa. Aveva un solo difettuccio: il proprio personaggio preferito era sempre destinato a morire, dato che più o meno tutti lì morivano.
Finito l’episodio, si rese conto di una cosa.
Le mancava da morire Ronnie, Styles aveva ragione.
Si stava comportando come se nulla fosse successo, menare aveva bisogno di capire, di parlare con qualcuno dei fatti di quel pomeriggio. Era un atteggiamento davvero infantile.
Prese il telefono, Ronnie era fra i contatti preferiti.
“Pronto?”.
“Te la senti di parlare con una terribile amica?”.

 
HEY THERE!!!
Ultimamente sto aggiungendo scrivendo più storie...
Questa in realtà è una One Shot che avevo cominciato a scrivere mesi fa, ma per varie ragioni avevo deciso di accantonarla, ma dato che non ho nulla da fare, ho deciso di provare a continuarla. It's my most personal story, yeah.. I'm the protagonist. 
Per comodità mi hanno consigliato di dividerla in più parti, dato che è molto lunga.
Massive thank you a chi mi ha spronata a pubblicarla!
  
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