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Autore: Karmilla    30/07/2014    2 recensioni
"Non ho intenzione di indorarti la pillola e trattarti come un malato in convalescenza, Kaname. Tu sei il mio più caro amico, siamo cresciuti insieme come fratelli e sono successe così tante cose che non ho nessuna intenzione di fingere né di non conoscerti, né di non sapere chi sei per il nostro mondo. Potrai anche aver perso la memoria, ma ti giuro che farò in modo di raccontarti ogni singolo, piccolo, minuscolo dettaglio di chi eri, di cosa hai fatto, di chi siamo tutti noi e del perché sei qui adesso.
Tu sei Kaname Kuran. Lo sei sempre stato e non potrai mai essere che questo."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hanabusa Aido, Kaname Kuran, Nuovo Personaggio, Takuma Ichijo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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backtolife2

Adattarsi alla nuova vita non era affatto facile, soprattutto se circondato da vampiri.

Ormai Kaname era sicuro di condividere la casa con dei vampiri, anche se questi non lo avevano mai detto apertamente. Non era stato difficile capirlo, di certo a Kaname non erano sfuggiti gli strani ritmi di sonno veglia, le compresse ematiche che spesso trovava in giro per casa e quella strana sfumatura di rosso che di tanto in tanto vedeva nelle iridi dei suoi coinquilini.

In quelle di Himeka, soprattutto.

Takuma si era rivelato non solo un amico formidabile, ma anche una guida insostituibile, perché aveva continuato ad aiutare Kaname ad integrarsi nel nuovo mondo, giorno dopo giorno, instancabilmente.

Aveva studiato con lui, visitato quell'enorme casa, il giardino, l'Accademia Cross ma anche quello che rimaneva della vecchia Associazione Hunter. Tutto quello che aveva avuto un ruolo importante nella vecchia vita di Kaname era stato accuratamente analizzato, nulla era stato tralasciato.

In realtà anche Himeka ed Ichiru si stavano dando un gran da fare per aiutare Kaname, ma il loro aiuto era più famigliare, domestico. Erano due adolescenti e per tanto cercavano di fare in modo che Kaname si sentisse a proprio agio nella vita quotidiana insieme a loro, perché non si sentisse perso o fuori luogo nel momento in cui Takuma ed Hanabusa avessero deciso di lasciare Villa Kuran.

Non era certo facile relazionarsi a due adolescenti, specialmente se uno dei due continuava a sfuggire, perché se da una parte Ichiru ormai si era abituato alla presenza di Kaname e non mostrava più alcun segno di disagio, lo stesso non poteva dirsi per sua sorella che, invece, non riusciva ad avvicinarsi al padre, nonostante lo desiderasse così tanto.

E Kaname, dal canto suo, aveva intenzione di rispettare il più possibile questo silenzio imposto da sua figlia perché capiva quali sentimenti si agitassero nel cuore della ragazza.

Cosa si può mai dire ad un padre che non hai mai conosciuto?

E cosa si può mai dire ad una figlia che non sapevi neanche di avere?

La paura di Himeka era la stessa di Kaname, nessuno dei due aveva idea di come compiere il primo passo verso l'altro, benché entrambi sentissero il bisogno di conoscersi, di parlarsi, di ritrovarsi.

Solo i loro sguardi tradivano questo bisogno, perché i loro occhi erano un misto di gioia, emozione e sofferenza ogni volta che si incrociavano. E troppo spesso gli occhi di Himeka si tingevano di una sfumatura di rosso acceso, un colore che spaventava lei, ma che affascinava ed inchiodava Kaname.

Tempo, ci serve solo tempo, continuava a ripetersi Kaname, cercando un modo per avvicinarsi a sua figlia.

E d'altro canto sembrava servisse tanto tempo anche per avvicinarsi ad Hanabusa, che troppe volte eludeva non solo lo sguardo di Kaname, ma anche la sua presenza adducendo come scusa delle ricerche da terminare e chiudendosi in laboratorio.

Finché un giorno Kaname decise che la porta di quel laboratorio non si sarebbe più chiusa dietro alle spalle di Hanabusa.

“Non credi che adesso sia il caso di parlare, Hanabusa?”, disse il sangue puro con una nota severa nella voce della quale si pentì subito perché non era certo sua intenzione apparire così autoritario, Non poteva negare, però, che questo atteggiamento di Hanabusa lo irritava e non poco.

Perché aveva bisogno di lui, perché voleva parlare con lui e ritrovarlo, così come era successo con Takuma.

“Hanabusa, ti prego, usciamo in giardino e parliamo un po'. Credo che sia necessario ad entrambi”, continuò, ammorbidendo la voce e sorridendo, alleggerendo così anche lo sguardo.

Hanabusa riconobbe quello sguardo, e cedette.

Annuendo seguì Kaname in giardino, non proferendo parola durante tutto il tragitto.

Kaname si sedette all'ombra di una grande quercia e Barbusa lo imitò, restando però chiuso nel suo silenzio.

“Grazie”, disse semplicemente Kaname.

Aidoh si voltò spalancando i suoi grandi occhi azzurri, certo di non aver capito bene.

“Cosa?”, gli chiese.

“Ti ho detto grazie, Hanabusa”, ripeté Kaname guardando l'uomo seduto accanto a sé che abbassava lo sguardo.

“Se non fosse stato per te, io adesso non sarei qui. So cos'hai fatto per me. So che la bara di ghiaccio è stata opera tua e per questo ti ringrazierò per sempre”.

Hanabusa era commosso e visibilmente a disagio.

Tutto quello che voleva fare era scoppiare a piangere, abbracciare Kaname e dimostrargli quanto fosse contento di averlo ritrovato, ma era certo che lui non avrebbe mai apprezzato queste esternazioni.

Non le aveva mai apprezzate, in passato.

“Sai, Hanabusa, Takuma mi ha parlato molto di te. Mi ha raccontato la tua straordinaria abilità in Chimica, le tue geniali doti di ricercatore e la tua magistrale padronanza del ghiaccio. Sei un genio, questo mi ha detto”.

“Beh...Takuma ha un po' esagerato, Kaname...”

Kaname sorrise, era la prima volta che Aidoh rispondeva.

“E mi ha anche detto che hai un cuore enorme, che hai vegliato su Yuuki e sui bambini per tutto questo tempo, e anche su di me.”

“Abbiamo vegliato tutti su di te, Kaname, nessuno escluso...”

Hanabusa cercava di interrompere il discordo di Kaname, si sentiva estremamente in imbarazzo e non voleva sentire oltre.

“Sì, ma io ti ho fatto credere di aver ucciso tuo padre.”

Un gelo improvviso scese fra i due. Ecco, finalmente era giunto il momento di parlarsi chiaramente, di chiudere i conti con il passato per poi ricominciare.

“Ti ho odiato, in quel periodo, Kaname...ho passato mesi a chiedermi perché tu avessi compiuto un gesto così crudele davanti a me e a Yuuki e non riuscivo a darmi una risposta, non riuscivo a capire quale potesse mai essere stata la colpa che aveva condannato mio padre a quella fine orribile”.

Kaname ascoltava con attenzione. Sapeva cosa era successo tra loro, Takuma gli aveva raccontato anche quello, pertanto non aveva nessuna intenzione di interrompere il flusso di parole di Aidoh.

“Ho continuato a stare vicino a Yuuki perché te lo avevo promesso, perché nonostante tutto non riuscivo ad odiare i Kuran, o almeno non lei, che era così ingenua e sprovveduta. E poi avevo la sicurezza che se fossi rimasto accanto a Yuuki, prima o poi ti avrei rivisto, perché ero certo che un giorno o l'altro vi sareste trovati faccia a faccia, l'uno contro l'altra.”

“Già, hai ragione. Ho continuato a scappare da Yuuki ben sapendo che lei mi dava la caccia, ma sapevo anche io che sarebbe giunto il momento in cui mi sarei fermato e mi sarei lasciato catturare.”

“Non avrei immaginato che saresti arrivato a tanto...Kaname!”

La voce di Hanabusa adesso tremava e il suo sguardo era duro, severo. Tutta l'emozione trattenuta a forza stava uscendo, insieme a tutte quelle parole sepolte nel suo cuore da mille anni.

“Perché noi...perché quella decisione orribile?”

“Perché volevo andarmene senza che nessuno di voi provasse mai rimpianto per me. Se tutti voi mi aveste creduto un freddo assassino, un cinico manipolatore incapace di amare, nessuno avrebbe pianto la mia morte e io avrei potuto portare a termine il mio piano serenamente.”

Ormai non aveva più senso mentire, non dopo tutti quegli anni e tutto quello che era successo.

“Kaname, mi dispiace dirtelo, ma non hai mai capito niente di noi...”

Kaname sorrise sarcastico. Aidoh aveva ragione.

Come aveva potuto credere che sarebbe bastato quel folle gesto per far sì che smettessero di credere in lui e di volergli bene?

Non era servito a niente, lo sapeva perfettamente.

“Non lo so, Hanabusa. Forse perché sono sempre stato solo, forse perché Yuuki non mi ha mai veramente...”

“So che c'erano dei problemi, tra voi. Me ne sono accorto quando ho visto Yuuki in preda ad una sete non normale per una vampira che beveva abitualmente il tuo sangue. Ma so anche che quello che provava Yuuki per te era sincero e forte, lo ha dimostrato sempre, fino all'ultimo giorno della sua vita.”

“Sì...ma non bastava...e non bastavo neanche io...”

Hanabusa sgranò gli occhi.

Quanto costava ammettere tutto questo?

Hanabusa guardava Kaname con ammirazione e rispetto, perché si rendeva conto di quanto fosse doloroso per lui rivangare il suo passato e la sua storia con Yuuki.

Kaname non aveva mai parlato con lui in questo modo. Aveva una grande fiducia in lui, questo lo sapeva, ma mai e poi mai si era confidato.

Sorrise, chiedendosi se finalmente era giunto il momento in cui avrebbero finalmente avuto un rapporto di amicizia alla pari.

“Sai, Hanabusa, so anche che hai portato a termine le mie ricerche, ma che purtroppo non sei riuscito a salvare la donna che amavi”.

Hanabusa guardò un punto lontano, aveva bisogno di distogliere lo sguardo da Kaname.

“Takuma ti ha proprio raccontato tutto, eh?”, chiese sospirando.

“Non doveva?”, gli fece eco Kaname.

“No...è solo che...ecco...è...doloroso parlarne”.

Kaname decise di non andare oltre e di aspettare che Hanabusa volesse condividere spontaneamente quei ricordi con lui, sperando che quel momento arrivasse il prima possibile.

Una domanda, però, doveva fargliela, e subito.

“Hanabusa...com'è essere un padre?”

Hanabusa sorrise.

“Problemi con i ragazzi?”, gli chiese ridendo.

Kaname rise, stendendosi sull'erba ed incrociando le braccia sotto alla nuca.

“No...sì...beh...non saprei da dove cominciare”, ammise.

“Comincia dall'inizio...”, lo invitò il biondo vampiro.

“Beh, vedi, all'inizio ero sicuro che avrei avuto più problemi con Ichiru, mi aveva accolto con molta freddezza, e invece con lui sta nascendo un ottimo rapporto.”

“Ichiru somiglia moltissimo a Zero, Kaname. E' freddo e diffidente per natura, ma una volta conquistata la sua fiducia è una persona splendida.”

“E' vero. Mi sta aiutando molto, mi racconta tanti episodi della sua infanzia insieme a Zero, Yuuki e Himeka, mi sta facendo entrare nella famiglia un passo alla volta”.

Hanabusa notò con piacere che lo sguardo di Kaname si era addolcito nel momento stesso in cui aveva iniziato a parlare di Ichiru. Forse la vicinanza di quei ragazzi era davvero la migliore cura possibile per quel cuore pieno di disperazione.

E poi gli piace molto uscire con me. Mi ha portato in città per fare alcune spese. Cose da uomini, ha detto a sua sorella e poi...” Kaname si fermò, scoppiando a ridere.

“Perché ridi? Cosa ti ha fatto fare?” chiede Aidoh, incuriosito da quella reazione.

Niente, mi ha solo detto che uscire con me gli serviva per avvicinare alcune ragazze...”

Hanabusa si batté un mano sulla fronte, ridendo.

“E' un adolescente, starà sperimentando le prime cotte...” sogghignò.

Lo credo anche io”, continuò Kaname, “perché mi ha anche detto che ha notato come mi guardano per strada e quindi è sicuro che uscendo con me verrà notato anche lui, specialmente da alcune compagne di scuola che sembra non riesca ad avvicinare, che non ha esitato un attimo a presentarmi, definendomi il suo famoso altro padre!”

Una serena e sincera risata mise fine a quel discorso e anche all'imbarazzo che c'era da troppo tempo tra i due uomini.

“Sto bene con quel ragazzo, è allegro e solare, si vede che i suoi genitori lo hanno amato molto.”, concluse Kaname.

“Sì, è vero, Ichiru è stato molto amato, ma ti assicuro che gli è stato insegnato ad amare anche te allo stesso modo. Non ho mai sentito Yuuki o Zero dire qualcosa di negativo su di te anzi, hanno cresciuto i due ragazzi rendendoli consapevoli del fatto che anche tu eri loro padre. Beh...per Ichiru un padre acquisito...ovviamente”

“Lo so...invece, Himeka...”

Lo sguardo di Kaname divenne più triste, velato, ma anche estremamente emozionato e pieno d'amore.

“Scommetto che è con lei che hai dei problemi, vero?”

Kaname annuì alla domanda di Aidoh.

“Lo immaginavo. Mentre Yori stava dando alla luce il nostro primo figlio, io tremavo di paura. Ero certo che non sarei stato in grado di tenerlo in braccio, di parlargli, di educarlo, di giocare con lui, di crescerlo.”

Kaname si tirò su sui gomiti e rimase ad osservare Hanabusa.

“Ma poi mi bastò guardarlo negli occhi una volta sola, e tutta la paura e l'inquietudine sono sparite di colpo. Certo ho commesso degli errori, come tutti, ma mi sono sempre lasciato guidare dall'istinto e dall'amore per i miei figli”.

Kaname ascoltava Hanabusa con attenzione.

“Devi solo lasciarti andare, Kaname. Affidati all'istinto, al tuo cuore. Hai paura come ne ha lei, ma se nessuno dei due fa il primo passo, rimarrete cristallizzati nella vostra paura per sempre, e vi perderete la cosa più bella della vostra vita. Himeka ti somiglia tantissimo, Kaname. Ha il tuo stesso carattere, ha paura a fidarsi della gente ma ha tanto bisogno di amore. Ha sofferto tantissimo per la tua mancanza e da quando ha scoperto la tua esistenza, tanto tempo fa, non è passato un solo giorno in cui lei non sia venuta da te, sedendosi per terra a parlarti per ore.”

Gli occhi di Kaname si velarono di lacrime a questo racconto, perché ebbe la conferma che quella voce di bambina che sentiva sempre era esistita davvero, non era frutto della sua immaginazione.

“Sai, Aidoh, io la sentivo...Himeka, voglio dire. La sentivo. In quella bara di ghiaccio io non ero completamente addormentato, ero semi cosciente e sentivo quello che capitava intorno a me. Ho sentito tutti voi, e ho sempre sentito lei. Solo che, una volta svegliato, credevo fosse solo frutto della mia immaginazione...”

Aidoh si commosse a questo racconto e si rese conto di quanto fossero stati dolorosi quei mille anni per Kaname, benché tutti credessero che fosse addormentato.

“A maggior ragione, Kaname, se l'hai sempre sentita sai quanto è grande il suo bisogno di te. Tu sei suo padre, tocca a te avvicinarla, lei si aspetta questo.”

“Sì, ma come? Appena faccio un passo verso di lei, sfugge via.”

Hanabusa ci pensò su un attimo, poi decise che era arrivato il momento di esaudire una richiesta di Yuuki.

“Vieni con me, Kaname”, disse al suo amico ritrovato.

Andarono nella stanza di Hanabusa e qui questi gli diede un pacchetto.

“Aprilo”, gli disse.

Kaname aprì la scatola e sgranò gli occhi. Avvolto in un panno di velluto rosso c'era un diario.

“Ma questo...” lo riconobbe, lo aveva regalato lui stesso a Yuuki quando era tornata a vivere con lui, sperando che la potesse aiutare a mettere ordine nelle sua emozioni.

“E' il diario di Yuuki. Ha iniziato a scriverlo quando ha scoperto di aspettare vostra figlia e ha continuato fino all'ultimo giorno. Mi ha detto di dartelo per aiutarti a conoscere Himeka.”

Poi Hanabusa andò verso la scrivania e prese una lettera da un cassetto.

“E invece questa l'ha scritta per te.”

La mani di Kaname tremarono mentre si posarono su quella lettera.


   
 
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